giovedì 2 aprile 2009

GIOCANDO ALLA TRAPATTONI NON SI BATTE IL TRAP

Pareggiando a Bari contro l’Irlanda di Trapattoni e Tardelli, l’Italia si complica la vita nelle qualificazioni ai prossimi mondiali di calcio. Di più, latitante il gioco, impostato sulla difesa ad oltranza della porta di Buffon. Gli addetti ai lavori ci spiegano che tutto è dipeso dall’ingiusta espulsione di Pazzini al terzo minuto di gioco che ha costretto gli azzurri in dieci per ben 90 minuti. Nulla di più falso, perché l’Italia ha giocato esattamente come nel primo tempo col Montenegro, cioè male e in pratica senza attacco, costretta a difendersi dalla maggiore velocità e intraprendenza degli avversari. La verità è che l’Italia gioca col reparto offensivo dell’Udinese, squadra di centro classifica del nostro campionato. Pepe, Quagliarella e Di Natale, infatti, titolari della nazionale con l’Udinese al vertice della classifica, sono poi rimasti tali anche dopo, anche se Pepe è ormai raramente titolare in campionato, Quagliarella è più una speranza che una certezza e Di Natale, con i suoi 32 anni, ha sempre alternato prestazioni superlative a prove scialbe soprattutto nelle partite decisive. Ed ecco pronto l’altro alibi del non-gioco italiano: il recente infortunio di Di Natale e l’assenza forzata di Tony e Giardino i quali ultimi, per la verità, quando scesero in campo contro il Brasile a Febbraio, toccarono ben poche palle e l’Italia perse per 2 a 0, pur con l’alibi di un goal regolare annullato sullo 0-0, ma con l’evidente incapacità di impostare un gioco offensivo degno di questo nome.

Tornando alla partita di ieri contro l’Irlanda del Trap, la scelta di non far giocare Cassano, al momento il miglior attaccante italiano, nel “suo” stadio di Bari poteva avere persino qualche giustificazione, tenuto conto del carattere “difficile” del talento barese, ma ci si sarebbe almeno aspettato di vedere in campo Giuseppe Rossi in veste di fantasista. La difesa ad oltranza del “golletto” di Iaquinta ha invece maturato l’idea di privarsi nel secondo tempo anche di Pirlo, l’unico centrocampista italiano in campo capace di “aprire” al gioco offensivo e, puntualmente, a due minuti dalla fine è arrivato il pareggio degli irlandesi con un’Italia zeppa di difensori veri e improvvisati e che negli ultimi secondi ha rischiato addirittura di perdere.

La verità è che questa nazionale, così com’è concepita, ha scarse possibilità di difendere il titolo mondiale conquistato nel 2006, sempre che riesca a qualificarsi per la fase finale, come peraltro è probabile. Si ha l’impressione che Lippi attenda con fiducia il rientro dei tanti assenti (Bonera(!), Legrottaglie, Gattuso, Perrotta, Tony, Gilardino etc…) piuttosto che operare i necessari innesti: Balotelli (se non gli riesce di “gestire” Cassano, vorrà il nostro commissario cimentarsi con l’irrequieto giovane campione?), Amauri e Rossi in attacco (e se in forma nella primavera del prossimo anno perché no anche Totti, Del Piero e lo stesso Cassano?), Santon e Santacroce in difesa e per il centrocampo tenere sotto costante osservazione i vari Brighi e Marchisio (interditori), Giovinco, Montolivo, Aquilani, Maggio (propulsori di gioco assieme a Pirlo e Camoranesi) etc…

Qualche timida apertura in tal senso per la verità Lippi l’ha già fatta. Occorre peraltro riconoscere al nostro commissario tecnico il merito non solo di aver vinto il titolo mondiale ma – a quel che se ne dice – di ritenere insostituibile in questa nazionale Camoranesi, allorché (si spera) sarà completamente ristabilito e di valutare seriamente la possibilità di servirsi di Amauri divenuto italiano. Almeno sotto questo punto di vista, sono sicuro che Lippi abbia personalità e carisma per “sfidare” le tante vestali pronte a difendere la “purezza della razza italica” qualora, oltre all’italo-argentino Camoranesi, già campione del mondo, entrino a far parte della nazionale Amauri (brasiliano ma calcisticamente italiano) e persino Balotelli già nazionale under 21 e italiano per adozione. In un mondo sempre più multi-etnico, sorprende infatti il lamento delle sempre più numerose vestali che ritenendosi depositarie di una visione autenticamente nazionale, non si rendono conto del malcelato provincialismo che le anima. Basta fare un giro per l’Europa calcistica per rendersi conto di come le più importanti nazionali (ma anche le meno importanti calcisticamente parlando) abbiano da tempo fatto ricorso ad abbondanti “contaminazioni”. Vedi la Francia, vice-campione del mondo, con l’abbondanza dei suoi tanti campioni africani, coloni o nazionalizzati, vedi l’Olanda e l’Inghilterra che tra le loro file non ne contano di meno, vedi la Germania che ha nazionalizzato persino alcuni giocatori polacchi, vedi la Spagna, campione d’Europa, la cui fonte di gioco scaturisce da un giocatore brasiliano o il Portogallo e i suoi oriundi venuti dal Brasile.

Nessun commento:

Posta un commento