venerdì 1 luglio 2011

IL "CANTICO DEI CANTICI" TRA ALCHIMIA E QABBALAH







Shir ha-shirim, il Cantico dei Cantici è stato oggetto, nel tempo, di diverse chiavi di lettura tra cui, in particolare, quella alchemica e quella kabbalistica[1].Per la prima, sarebbero facilmente individuabili nel Cantico le varie fasi dell'opera alchemica, per la seconda si tratterebbe di un'unione amorosa e cerimoniale in parte riconducibile al maithuna tantrico[2], senza tuttavia utilizzare di questo né le particolari tecniche, né l' arresto seminale.




L'interpretazione di senso alchemico ha suscitato sempre molto fascino e non c'è quasi testo di alchimia che non la richiami. Tra i più recenti, citerò Alchimia Pratica di Pancaldi. L'autore sottolinea come tutto il Cantico, a cominciare dal versetto I-5: "Sono nera, ma formosa", possa essere letto in chiave alchemica. "Per l' amante dell'arte -egli osserva[3]- l'apparire della nerezza è buon segno, è il segno che la putrefazione avviene, ed il fuoco, nei suoi regimi, rende manifesta la nuova forma." Per continuare poi con i versetti V-10 e V-11: "Il mio diletto è bianco e rosso, e si distingue tra mille. Il suo capo è oro puro, i suoi riccioli sono grappoli di palme, neri come il corvo...". "Chi conosce le immagini alchemiche dei filosofi -osserva ancora il Pancaldi[4]- sa subito di cosa si tratta in questi versetti, e chi parla."




Per un'interpretazione ben più antica e riferita alle diverse fasi della 'Grande Opera', si può ricordare il Commentario sul Cantico dei Cantici di Rabbi Issa'char Baer. Anche se il Rabbi presenta un commento nel secondo senso del 'Pardès' ,cioè il 'Remmez' allegorico[5], il traduttore, nel dedicare il libro al maestro e amico Gérard Encausse, altrimenti noto come Papus, non può fare a meno, nell' introduzione, di tracciare le linee di una interpretazione di senso alchemico del Cantico, a cominciare dal solito versetto I-5:"Sono nera ma bella...", individuandovi il soggetto e la materia dell' arte. Per continuare poi con i seguenti versetti: I-6: il 'lilium artis', II-4: la preparazione e la purificazione, II-7 e IV-6: il fuoco, III-1: la putrefazione, III-6: la sublimazione e la distillazione, da V-9 a V-14: la coagulazione e il cambiamento di colore, II-12 e VIII-4: la fissazione, VI-7: la moltiplicazione, VIII-8: l' aumento e la proiezione[6].




Non c’è dubbio che se ci incamminiamo su questa strada, se cioè procediamo in una lettura analitica e talora frammentaria del Cantico, ricercando ogni volta i simboli che abbiamo in mente, noi troveremo convincente la lettura in chiave alchemica dello Shir ha-shirim, ma ciò può valere anche per altre opere, per esempio per Meshalim o Proverbi della sapienza di Salomone. Se, però, esaminiamo il Cantico nel suo insieme, noi vi troviamo qualcosa di diverso. Due giovani in carne e ossa sono i protagonisti, la poesia che si manifesta dal parlare l’uno dell’altro, dallo stare l’uno con l’altro è ben reale, il loro amore suggellato da grande spiritualità è tuttavia anche fisico e, come lirica d’amore, il Cantico non teme il confronto con i più grandi versi della poesia classica e profana. D’altra parte, se di operazione alchemica si tratta, si tratta di un’operazione a due vasi, ma un’operazione a due vasi è veramente un’operazione alchemica?[7]




Le operazioni a due vasi possono essere di tre tipi. Un primo tipo si caratterizza nell'usare l'amore per 'lavare col fuoco', come si suole dire. Tecnicamente l'operazione è semplice: in un ambiente saturo di profumi, gli amanti si siedono, immobili, l'uno di fronte all'altra con l'unico compito di amarsi e di desiderarsi, soprattutto spiritualmente[8].E' appena superfluo sottolineare che tale operazione presenta almeno due rischi: il primo è che il fuoco utilizzato per 'lavare l'acqua' sia tanto forte da impedire l'amalgamazione del mercurio oppure che sia troppo debole per essere un vero e proprio lavaggio col fuoco. Un altro rischio è la sublimazione del desiderio e la sua trasformazione in un atteggiamento di devozione mistica.




Un secondo tipo di operazione a due vasi è un autentico atto di magia sessuale, con doppia uccisione dello zolfo e del mercurio[9].




Il terzo tipo di operazione a due vasi è un atto di magia cerimoniale dove il congiungimento degli amanti si trasforma in un rituale vero e proprio. Nella magia sessuale la donna è mero oggetto e quanto meno è riservata la sua condotta e spento il suo intelletto, tanto più l'operazione è in grado di riuscire: tra tutte, le predilette sono le fanciulle di bassa casta e le cortigiane[10]. Nella magia cerimoniale, al contrario, la donna deve essere giovane, bella e saggia: si tratta cioè di trasformare, utilizzando tecniche respiratorie e astrali, un mero atto biologico in un rituale e di fare della coppia umana, una coppia divina[11].




Tra le scuole orientali, oltre al tantrismo, anche il taoismo ricorre ad operazioni alchemiche a due vasi. L'uso di pratiche di magia sessuale o cerimoniale, tuttavia, appare nel taoismo finalizzato alla realizzazione dell'albedo (l'opera al bianco della tradizione occidentale), per conseguire la longevità e la salute del corpo. La Sezione Ventottesima dell'antico Libro delle prescrizioni mediche offre tutta una serie di ricette per curare le diverse malattie e non si stanca mai di sottolineare l'importanza del mercurio nella risoluzione delle principali affezioni corporee, ivi compreso l'invecchiamento. La cosa più sorprendente, alla luce del tradizionale maschilismo che sempre descrive le operazioni a due vasi, è poi contenuta nella parte della Sezione denominata Segreti dell'alcova di Giada, in cui il maestro Chung insegna alle donne come appropriarsi dello yang: "Lo yin nutrito dallo yang non c'è malanno che non allontani, non c'è viso a cui non dia colore, non c'è pelle che non renda vellutata, e non c'è vecchiaia a cui non rechi il dono immenso della giovinezza"[12]. Nel libro, le tecniche del congiungimento sono descritte con pignoleria, anche se sono tutte da ricondurre ad analogie cosmiche e alla corrispondenza tra macrocosmo e microcosmo. L'uomo e la donna si uniscono secondo il ritmo del Cielo che ruota verso sinistra e della Terra che ruota verso destra. Come nella Tavola Smeraldina di Ermete Trismegisto ciò che è in alto è come ciò che è in basso e come nell'arte regia si tratta di fare della terra, il cielo e del cielo, la terra preziosa.




Appare dunque evidente come le pratiche orientali di magia sessuale e di magia cerimoniale, sin qui esaminate, facciano tutte riferimento all'alchimia. Tantrismo e Hatha-Yoga ad un'alchimia indiana preesistente all'alchimia diffusasi con la penetrazione islamica dell'India[13]. Il taoismo cinese ad un'alchimia i cui testi risalgono almeno al IV secolo av.C.[14]. In particolare, l'alchimia indiana è attestata da antichi testi sanscriti e si viene sviluppando come Rasayana, che, letteralmente, significa 'la via del succo(rasa) o del mercurio'. Quanto alle differenti specie di Yoga tantrico, la loro somiglianza con l'alchimia è ancora più netta. In effetti, sia il seguace dello Hatha-Yoga che quello del Tantra mirano a tramutare il proprio corpo in un corpo incorruttibile che chiamano 'corpo divino', 'corpo della gnosi', 'corpo perfetto' o, in altri contesti, 'corpo del libero nella vita'. Dal canto suo, l'alchimista persegue la trasmutazione del corpo e sogna di conservare indefinitamente la giovinezza, la forza e l'agilità. Inoltre, sia nel Trantra-Yoga che nell'alchimia il processo di trasmutazione del corpo comporta un'esperienza di morte e di risurrezione iniziatica. C'è infine da osservare che lo Yoga tantrico, proprio come il taoismo e l'ermetismo, si basa sulle corrispondenze tra macrocosmo e microcosmo: Kundalini Shakti è l'unica energia che si trova nel corpo umano come nell'universo, anche se nel macrocosmo prende il nome di Mahakundali. Il Vishvasara Tantra ripete con altre parole, ma con lo stesso significato, l'assunto ermetico della Tavola di Smeraldo: "Ciò che è qui è ovunque, ciò che non è qui non è in nessun luogo". Kundali è il serpente arrotolato che si manifesta tanto nei mondi quanto alla base della spina dorsale dell'uomo. Kundalini è il potere del serpente che 'si srotola', la sua energia si realizza in spiralità creative di mondi o 'uova di Brahma', rotanti nelle loro orbite circolari. Kundalini è energia cosmica che può ridestarsi anche nell'uomo e la sua struttura, all'interno dell'organismo umano, ricorda quella del caduceo di Mercurio. Senza il risveglio di questo fuoco interno nulla è possibile, ma, proprio come avviene in alchimia, non basta ridestare il 'fuoco del serpente' per operare la trasmutazione. Perché questa sia possibile, infatti, occorre che il serpente risvegliato e il fuoco ridestato sappiano provvedere alla giusta cottura del mercurio[15]. Quanto all'alchimia cinese, il suo rapporto con il taoismo è evidente dal momento che tale filosofia di vita 'risale sino alle confraternite di fabbri, che detengono la più prestigiosa tra le arti magiche e il segreto delle potenze prime'[16]. Si viene così sviluppando un'alchimia taoista che, mediante fabbri, confraternite, maestri e 'segreti del mestiere' trasmette il sapere alchemico: compito degli iniziati è 'sacrificare al forno' per ottenere la 'polvere del cinabro', l'equivalente cinese della 'polvere di proiezione' che, come nell'alchimia occidentale, può essere mutata in oro finissimo. Quest'oro farà dell'uomo comune l'Uomo Reale e dell'antica arte della metallurgia l'Arte Regia[17].




Ciò che accomuna le diverse alchimie della purificazione dei metalli, sia nell'area orientale che medio-orientale, è l'assimilazione della luce e del seme. Tale assimilazione è presente in molti miti indiani, cinesi, tibetani e iraniani. Tra i più diffusi è un mito tibetano delle origini: al principio gli uomini irradiavano direttamente la luce e Sole e Luna non esistevano. Quando negli uomini si destò l'istinto sessuale, in loro si spense la luce e i due luminari apparvero in cielo[18].




Da ciò che si è detto, è evidente come le operazioni a due vasi siano vere e proprie operazioni alchemiche. Non sembra dunque potersi rivelare grande differenza tra un'interpretazione di senso alchemico del Cantico e una interpretazione che, sia pure dichiaratamente kabbalistica, si prospetti come un'operazione a due vasi assimilabile al maithuna tantrico. D' altro canto, ove lo si devitalizzi dei suoi principi di senso, che tecnicamente sono la respirazione e l'arresto seminale e teoricamente è l'unità dello spirito, il maithuna cessa di essere un'operazione alchemica a due vasi per divenire niente altro che un'unione erotica o tutt'al più un atto di magia sessuale. In questa stessa prospettiva, il Cantico, il libro più santo dell' intera Torah, altro non sarebbe che una sorta di ierogamia finalizzata alla dissoluzione della diade uomo-donna nell'androgine originario, archetipo antropomorfico dell'Uno-Dio. Vero è che nella visione della Kabbalah, 'l'unione mistica', facendo discendere la Shekhina sugli sposi, si pone al servizio della procreazione[19]. Si spiega così anche la funzione del flusso seminale che, in luogo di essere arrestato, viene sparso abbondantemente, come nei rirtuali ierogamici dei primitivi, quale elemento propiziatorio di collegamento e di fecondazione tra Cielo e Terra, tra 'alto' e 'basso'.




Per quanto 'tranquillizzante' possa apparire questa chiave di lettura del Cantico, non sembra credibile sostenerla ad una più attenta osservazione, non tanto e non solo per l'arcaicità e la semplicità dei simboli che ogni ierogamia è costretta a riproporre, quanto perché l'idea della 'dissoluzione della diade' che la sorregge è puramente illusoria, almeno in un'ottica che si ispiri alla Kabbalah, dovendosi ricordare come lo Zohar[20] parli sempre di 'Deveqùth' cioè di 'comunione', 'unificazione', mai di 'dissoluzione' e di Uno. La stessa 'Ma'aseh Bereschith[21]che consente di raggiungere l'unificazione mediante l'unione dell'uomo e della donna, mantiene sempre l'Uno come trascendenza e come indicibile lontananza. Proprio su ciò si basa la differenza tra Kabbalah ebraica e i 'sistemi' sin qui ricordati. L'ermetismo alchemico, le varie filosofie dell'induismo e del buddismo, lo Yoga tantrico, il taoismo e ogni visione ierogamica dell'universo, pur nella diversità delle condizioni storiche da cui provengono, sono tutte concezioni dell'immanenza, dove ogni idea di rettificazione o di reintegrazione tende alla riscoperta del proprio originario e al desiderio dell'uomo di farsi Yogi, Dio, Uno, Spirito. Nella visione della Kabbalah, al contrario, sempre sussiste quella 'indicibile lontananza' che blocca sul nascere ogni aspirazione prometeica dell'uomo a farsi Dio o ad annullarsi in Lui. D'altra parte, nell'iniziazione kabbalistica, mutano anche il ruolo dell'uomo e della donna. In una lettura di senso alchemico la donna è 'l'elemento fluidificante', 'l'acqua corrosiva e terribile'. Prostituta o dea, la sua demonizzazione come la sua divinizzazione non hanno altro scopo che il tirocinio ascetico del neofita. In ogni altro caso la donna è, per così dire, vampirizzata a fini magici o terapeutici oppure è terra irrorata.




C'è nel Cantico, pur nella diversità, una sostanziale parità e dignità degli amanti: "Io ho desiderato d'essere all'ombra tua e mi vi sono posta a sedere"(I-3). E' questo il versetto citato da Giordano Bruno nel De umbris idearum a proposito dell'ombra e della luce. La donna è la polarità lunare, la luce riflessa, l'ombra della luce, necessaria quanto la luce stessa per la reintegrazione. Ciò che tuttavia potrà essere reintegrato non è l'Uno in quanto tale, ma l'Uno come 'unificato'. Si legge in Zohar: "Qui la donna si unisce al suo sposo. Quando si siano stretti l'un l'altro in un abbraccio, allora bisogna che le loro membra siano aderenti e i loro tabernacoli congiunti, come se fossero Uno e che la loro comunione si diffonda in ogni parte di loro secondo il desiderio del cuore, per potersi elevare nella direzione di Ain Soph[22], affinché tutto si unisca laggiù per fare di quelli dell'alto e di quelli del basso un desiderio solo"[23]. E' opportuno osservare che qui 'alto' e 'basso' non assumono lo stesso significato che hanno nella massima ermetica della Tavola di Smeraldo. Qui si vuol dire che quando Tiphereth[24]-lo sposo e Malchuth-la sposa si uniscono, si uniscono lassù anche Chochmah-il padre e Binah-la madre, tutti accomunati nel medesimo desiderio verso Kether. Resta del tutto fuori portata Ain-Soph, mentre la stessa aspirazione di raggiungere Kether, più che una possibilità effettiva, manifesta la volontà simbolica dell'unificazione. La differenza non è poca e spiega quel riferimento alla ‘indicibile lontananza’ che è caratteristica dell’iniziazione kabbalistica.




Conviene a questo punto tentare un’introduzione di senso kabbalistico alla lettura del Cantico:




"I tuoi amori sono migliori del vino"(I-2): una sposa invoca lo sposo il cui amore è giudicato essere migliore del vino. Il vino, nel linguaggio della Kabbalah, è il diffondersi della sephira Binah sino a Malchuth, passando attraverso Gheburah: la sephira Binah insieme a Chochmah e a Kether costituisce la triade suprema, questo amore migliore del vino è dunque una effusione che fluendo innanzi tutto da Kether giunge a Tiphereth lo sposo perché egli ne faccia dono a Malchuth la sposa. Tiphereth è nell'Albero della vita l'aspetto mascolino della divinità e porta il nome di sposo, di sole e di cielo. La sua immagine umana è quella di un re. Tiphereth è sephira centrale, pietra angolare e di equilibrio di tutto l'Albero, la sua funzione è quella del collegamento tra 'Alto' e 'Basso', tra 'polo nord' e 'polo sud' della psiche (la sephira nascosta Daath e Yesod), tra opposti (Chochmah e Binah, Hesed e Gheburah) e, infine, tra simili (Hesed e Hod, Gheburah e Netzach). Gli influssi che da ogni sephira fluiscono in Tiphereth, si riversano in Malchuth per mezzo di Yesod.




Malchuth è l'aspetto femminile della divinità, è la sposa che si congiunge allo sposo attraverso Yesod. Nell' universo è la Luna, nella parte alta dove si unisce a Yesod e, nella sua parte inferiore, è la terra, il regno, il campo, la vigna.




Yesod o fondamento è il membro maschile del corpo sephirotico e raccoglie, appoggiandosi a Tiphereth, gli influssi che provengono da tutti gli altri sephiroth per introdurli in Malchuth. Ha l'aspetto di un uomo nudo, forte e bello. Per la parte superiore, dove si unisce a Tiphereth, è il firmamento del cielo, per la parte inferiore, dove si unisce a Malchuth, è la Luna[25].Così, la Luna, in Malchuth, rappresenta l'aspetto femminile della divinità, mentre in Yesod diventa il membro maschile del corpo sephirotico: ciò si spiega non solo per la doppia polarità di Yesod, maschile in collegamento con Tiphereth, femminile in collegamento con Malchuth, ma soprattutto in riferimento ai noti versetti del Genesi dove è detto che Dio creò l'uomo a sua immagine e somiglianza e subito dopo che lo creò maschio e femmina (I-27). Senza contare, poi, l'antico costume dei popoli nomadi di adorare la Luna come divinità maschile[26].




Continuando nella lettura del Cantico si giunge ai versetti I-5 e I-6: "Sono bruna ma bella..." e "Non fateci caso se sono un pò mora: è il Sole che mi ha abbronzata...", versetti citati assai spesso a sostegno dell' interpretazione di senso alchemico. In realtà, dal punto di vista della Kabbalah, i due versetti insieme anche al già richiamato versetto II-3: "All'ombra di lui che desideravo mi sono seduta..." rappresentano la luna che si veste d'ombra, che si nasconde. E' questo il momento del novilunio, quando scompare la luce e con lei si ritirano Grazia e Clemenza divine (la sephira Hesed) per lasciare il posto al Rigore (la sephira Gheburah). Il momentaneo ritrarsi della luce divina è il segno che l'uomo è lasciato a se stesso e in balìa dei propri peccati: "La luna s'è nascosta, ciò significa che domina il serpente malvagio che può nuocere al mondo, ma quando si desta la Clemenza, la luna riappare liberandosi della sua veste d'ombra"[27].




Quanto al versetto I-6 (...il Sole mi ha abbronzata), può anche intendersi tanto Malchuth come terra dove nella densità si oscura la luce del Sole, che Malchuth come luna le cui fasi oscure, così come la luce, dipendono dal Sole. cfr. Le Zohar, a cura di C. Mopsik, vol. I-t. II, Verdier, Paris 1984, pp. 128, 171-2, 246, 274, 328, 394-6, 429, 491 note comprese.




"I figli di mia madre..." dello stesso versetto I-6 sono le sephiroth del piano inferiore, tutte nate da Binah che è anche madre di Malchuth. E ancora il : "Guardare la vigna..." sembra un compito di Malchuth-Luna nei confronti di Malchuth-Terra. Il versetto I-8: "A una cavalla dei cocchi di Faraone io ti paragono..." sembra alludere alla raffigurazione mitica della Luna piena[28]. Il versetto I-11: "Noi ti faremo dei fregi d'oro con cubetti d'argento..." è un altro riferimento alla bellezza lunare della fanciulla[29]. Nel versetto I-15: "Gli occhi tuoi sono di colomba..." è contenuto un ulteriore riferimento alla Luna. La Dione greca e la Diana dei Latini sono altrettanti nomi della Luna o dea della colomba. L' identificazione di luna e colomba è in realtà molto più antica e si deve far risalire al mito pelasgico e cananeo della creazione[30]. In tale mito, la luna ha una doppia funzione: è matrice cosmica che emerge dal Caos ed è al tempo stesso il luminare che oggi conosciamo. Come matrice cosmica il suo nome era presso i Sumeri Iahu o 'divina colomba'. Uscita dal Caos, la dea è fecondata dal vento del nord o Borea, poi identificato, nei miti ebraico-egizi e nel mito orfico con il serpente Ofione. Volando sul mare, la dea prese la forma di una colomba e depose l'Uovo Universale, ordinando poi ad Ofione di arrotolarsi sette volte intorno all'uovo: questo infine si schiuse e ne uscirono i sette pianeti.




Nel secondo capitolo c'è un duplice riferimento al melo, come albero (II-3) e come pomo (II-5). Il melo è pianta di Tiphereth, lo sposo solare e l'intera immagine evocata richiama il Giardino delle Esperidi della tradizione occidentale e l'undicesima fatica di Ercole, l'iniziato solare. Particolarmente importante, in chiave sephirotica, è poi il versetto II-6. Dice la sposa: "La sua sinistra è sotto il mio capo, la sua destra sta per abbracciarmi...". Qui il riferimento è in Zohar: la sinistra di Tiphereth è Gheburah, la sua destra è Hesed, quando Tiphereth e Malchuth si uniscono è la Grazia (Hesed che è a destra dell' Albero della vita) a sostenere Malchuth, mentre il Rigore (Gheburah o Din che è a sinistra) si ritrae[31].




I versetti che seguono, da II-7 a II-17 manifestano ancora il rapporto tra i due luminari: Sole-Tiphereth e Luna-Malchuth: ora è il Sole che non vuole che la Luna si svegli, ora è la Luna che vede il Sole "saltellare tra i monti", venir giù, cioè dalle alture dove dimora Kether e ancora: è la Luna che vede il Sole "far capolino dalla finestra, spiare tra le grate", poi è il Sole che la insegue tra le fessure delle rocce[32]. Infine è la Luna che invoca lo sposo prima che giunga la notte: "Prima che muoia il giorno e si allunghino le ombre, ritorna" (II-17)




Nel successivo capitolo del Cantico, la fanciulla va in cerca del suo amante: è notte profonda e durante la notte Tiphereth e Malchut non sono più insieme. "Le guardie di ronda" del versetto III-3 sono forse i sette palazzi[33]. che circondano Malchuth; il ritrovamento e l'abbraccio degli amanti avviene infine nel momento aurorale (III-4), allorché nuovamente Malchuth introduce lo sposo nella casa della madre Binah [34].




Il versetto III-6: "Chi è costei che sale dal deserto, simile a colonne di fumo, profumata di mirra e d'incenso..." è in chiara simbologia con la simbologia lunare dei profumi e con l'olocausto dei noviluni. Infine, gli ultimi tre versetti del capitolo si ricollegano tutti all' Albero della vita: il legno con cui è fatto il baldacchino del re viene dal Libano, cioè da Kether. Salomone, il re, cioè Tiphereth, è seduto nel centro dell'Albero: le colonne d'argento di cui parla il Cantico sono i sephiroth alla sua destra, la spalliera d'oro è la colonna centrale che risale a Kether, il sedile di porpora è Yesod[35]. Nel IV capitolo, lo sposo esalta la bellezza della sposa sino al momento dell'unione. Tutta la simbologia femminile e lunare è qui riproposta persino nel particolare del melograno, simbolo a un tempo di Yesod e di Malchuth, della luna e della terra, della morte e della risurrezione.




Su questa scia si potrebbe continuare a lungo se questo fosse un vero e proprio studio sul Cantico dei Cantici, ma l'intento è piuttosto quello di mostrare la fondatezza di un interpretazione del Cantico dal punto di vista della Kabbalah, tenendo altresì conto che un'interpretazione alchemica male si concilia con la tradizione religiosa degli Ebrei e che proprio nell'ultimo capitolo del Cantico traspare il nome stesso del Tetragramma[36].E' vero, d'altra parte, che nel quinto versetto del penultimo capitolo: "Il tuo capo è come il Carmelo e le chiome del tuo capo sono come la porpora del re legata nei canali" le due interpretazioni, almeno nel commento dello Zohar, si conciliano e che, se collochiamo tutti i 'sistemi' iniziatici sin qui ricordati sull' Albero della vita, ci accorgiamo che conducono tutti a Tiphereth, cioè alla realizzazione della Grande Opera. In ciascuno, tuttavia appare diverso il cammino per raggiungere la sephira centrale dell' Albero. Se ascendiamo infatti per i due sentieri[37] centrali: il trentaduesimo o sentiero di Saturno, che unisce Yesod a Malchuth, e il venticinquesimo che va da Yesod a Tiphereth, noi operiamo secondo i principi dell'alchimia ermetica. Se utilizziamo per l'ascesa le varie tecniche di magia sessuale o di magia cerimoniale, dobbiamo procedere 'a serpentina', sino a raggiungere Tiphereth dal lato sinistro dell'Albero. Passiamo in tal caso per i sentieri ventinovesimo, ventisettesimo e ventiseiesimo a meno che, all'ultimo momento non prendiamo la scorciatoia offerta dal ventiquattresimo sentiero che da Netzach sale direttamente a Tiphereth. E' questa però una strada assai difficile o addirittura impraticabile perchè il ventinovesimo sentiero ci appesantisce e ci riempie di scorie.




Per tentare di raggiungere Tiphereth dal lato sinistro dell'Albero ci sono altre due strade: quella che passa per i sentieri trentunesimo e ventiseiesimo e quella che passa per i sentieri trentaduesimo, trentesimo e ventiseiesimo. Anche se il secondo è un sentiero più bilanciato dell'altro, sono entrambi sentieri della mano sinistra e della magia.




Per salire a Tiphereth, a questo punto, non resta che una strada: quella che passa per i sentieri trentaduesimo, ventottesimo e ventiquattresimo. Per la verità, un'autentica ascesa a Tiphereth, come si è visto dalla lettura del Cantico, presuppone l'unificazione di tutte le sephiroth. In altri termini, per ascendere lungo l'Albero occorre non solo saper salire a Tiphereth, ma una volta qui dobbiamo ricevere l'illuminazione che ci consenta di seguitare a viaggiare per tutti i sentieri che corrono tra la terza e la decima sephira. Solo allora saremo stabilmente in Tiphereth e avremo infine realizzato l'Opera.




Non è tuttavia indifferente il modo di salire per la prima volta a Tiphereth. In definitiva, non ci sono che tre sentieri che conducono alla sephira centrale: il venticinquesimo, proprio dell' alchimia, il ventiseiesimo, comune alle varie forme di magia rossa e nera e, infine, il ventiquattresimo attraverso il quale può tentare di salire l'iniziato della Kabbalah il quale abbia compreso il significato di santità che la tradizione religiosa degli Ebrei riconosce al Cantico dei Cantici.






















[1]Sulle principali interpretazioni del Cantico, cfr. G.Dreifuss, Maschio e femmina li creò - l'amore e i suoi simboli nelle scritture ebraiche, Giuntina, Firenze 1996, pp.81-111.








[2]Sul significato del maithuna nel tantrismo cfr. M.Eliade, Tecniche dello Yoga, Boringhieri, Torino 1984, pp. 191 e ss.








[3]A.Pancaldi, Alchimia pratica, Roma 1983, p.67.








[4]Ibidem








[5]Gli Ebrei distinguevano nei libri sacri quattro sensi distinti. Il primo era il Pashut o senso letterale, il secondo il Remmez o senso allegorico, il terzo il Derash o senso simbolico, infine il quarto era il Sod con cui esprimevano il senso segreto. Le quattro consonanti iniziali costituiscono per Notariqon una nuova parola: PRDS, divenuta poi con l' introduzione delle vocali, Pardès e tradotta generalmente con Paradiso.








[6]RABBI ISSA'CHAR BAER, Commentaire sur le Cantique des Cantiques, Archè, Milano 1979, riprod. ediz. Paris 1897, trad. dall' ebraico di March Have, pp.20-21.








[7]‘Non c’è che una sola cosa, un solo vaso, un solo lavoro’ ricorda nei Principi per l’opera Karl von Eckhartshausen (cfr. Alchimia Pratica, cit.,p.175 )








[8]In proposito, conviene ascoltare Abraxa (Introduzione alla Magia, Gruppo di Ur, Roma 1971, vol. I, pp. 243 e ss.): 'Il fuoco dell'Eros, abitualmente polarizzato verso il basso, ossia verso il sesso e la natura animale, va isolato nel corpo fluidifico ed alimentato tanto da produrvi lo stato di esaltazione necessario affinché si costituisca quel mercurio androgine e igneo.......L'ora più propizia è verso l'alba. Sedetevi l'uno di fronte all'altra, immobili, tu faccia ad Oriente.......amarsi, desiderarsi, così senza movimento, senza contatto, in modo continuo, aspirandosi reciprocamente e 'vampiristicamente', in una esaltazione che va avanti senza tema di possibili zone di vertigine. Avvertirai un senso di amalgamazione effettiva, un sentire l'altra in tutto il corpo, non per contatto, ma in un amplesso sottile che la sente in ogni punto e se ne compenetra come un'ebbrezza che si impossessa del sangue del tuo sangue. Ciò ti porta, al limite, alla soglia di uno stato di estasi, che è quel punto di equilibrio magico in cui il fluido ignificato e supersaturo può essere fulmineamente attratto e proiettato nell'idea.'








[9]Nel IV Libro del Pentateuco è condannata ogni magia sessuale come atto di iniziazione diabolica. La purificazione avviene solo con l'uccisione reale degli amanti. Si legge in Numeri, XXV, vv.3-8: "Israele si congiunse al Bà'al Pe'or e l'ira del Signore si accese contro Israele. Il Signore disse a Mosè: "Prendi tutti i capi del popolo e ordina che vengano impiccati davanti al Signore, di fronte al sole, affinché l'ira accesa del Signore retroceda da Israele". Mosè disse ai giudici di Israele: "Uccida ognuno i suoi uomini che hanno seguito il Bà'al Pe'or". Ed ecco che viene uno dei figli di Israele e presenta ai suoi fratelli una Midianita, agli occhi di Mosè e agli occhi di tutta l'assemblea dei figli d'Israele, i quali piangevano all'ingresso del padiglione della testimonianza. Lo vide Pinechas, figlio di El'azar, figlio del sacerdote Aron, si alzò di mezzo all'assemblea, e prese in mano una lancia; entrò dietro l'uomo di Israele nella tenda e trafisse tutt'e due, l'uomo di Israele e la donna sul giaciglio di lei, e s'arrestò la mortalità dai figli di Israele."(Assemblea dei Rabbini d'Italia, Pentateuco e Haftaroth, IV Ediz., con trad. it. e note, Roma 5749-1989, pp. 266-7)








[10]In un testo di autore tantrico si esalta la dombi o lavandaia: "O dombi! Tu hai tutto insozzato!...Certi ti chiamano laida. Ma i saggi ti stringono al loro petto. O dombi! Non c'è chi sia più dissoluto di te."(cfr. N.Shahidullah, Les Chants mystiques de Kanha, Paris 1928, p.120)








[11]"L'amante -scrive De laVallée-Poussin in Buddismo, studi e materiali, Bruxelles 1898, p.135- sintetizza tutta la natura femminile, essa è la madre, la sorella, la sposa, la figlia...". Sull'intera questione vale la pena di ascoltare M.Eliade (Tecniche dello Yoga, cit. pp.191 e ss.): "Il maithuna transustanzializza gli attori, li trasforma in dei, meglio ancora li porta a coincidere con le modalità ultime dell'essere.......Il rituale abolisce non soltanto lo spazio profano(.......) ma, come tutti i riti veri, abolisce altresì il tempo profano, il tempo che scorre. Ed il maithuna si realizza nel tempo mitico, 'ab initio', cioè nell'istante trans-temporale in cui ebbe luogo la creazione. Tutti i rituali proiettano coloro che li praticano in quello 'istante' aurorale, perché un rituale è, in ogni caso, la ripetizione di un gesto divino, astorico, realizzato in 'illo tempore', coincidente cioè col gesto archetipale, con la creazione.......Il rituale del maithuna appare il coronamento di un lungo e difficile tirocinio ascetico. Il neofita deve padroneggiare a perfezione i suoi sensi, e per riuscirvi deve accostarsi un pò alla volta alla 'donna devota'(nayika), e mediante una drammaturgia iconografica interiorizzata, deve trasformarla in dea. Onde raggiungere lo scopo, egli deve, per i primi quattro mesi, servirla come un domestico, deve dormire nella camera di lei e poi ai suoi piedi. Per altri quattro mesi, sempre continuando a servirla, dormirà nel letto di lei, dal lato sinistro. Per altri quattro mesi ancora dormirà dal lato destro, dopo di che dormiranno avvinti, ecc... Tutti questi preliminari mirano a 'rendere autonoma' la voluttà....... e a dominare i sensi...".








[12]A.Ishihara-H.S.Levy, Ventottesima Sezione del Libro delle prescrizioni mediche, in Il Tao del Sesso, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1971, p.35. Yang e Yin rappresentano rispettivamente, nella tradizione orientale, l'energia maschile attiva e solare e l'energia femminile ricettiva e lunare.








[13]M.Eliade, op.cit., pp.183 e ss.








[14]M.Eliade, Arti del metallo e alchimia, Boringhieri, Torino 1987, pp.97 e ss.








[15]Su Kundalini e sullo Yoga tantrico cfr. A.Avalon,Il potere del serpente, Ed. Mediterranee, Roma 1987, rist.








[16]M.Granet, Danses et Légendes de la Chine ancienne, Paris 1928, p.611








[17]Sull'alchimia cinese cfr. M. Eliade, Arti del metallo e alchimia, Boringhieri, Torino 1987, cap.11, pp.97-112.








[18]Cfr. M.Eliade, Mefistotele e l'androgine, Roma 1989, rist. cap.I : 'Esperienze della luce mistica', pp.15-70. Un famoso passo della Igueret ha qodesh (Lettera sulla santità) di autore anonimo rivela la stessa concezione nella tradizione religiosa e filosofica (Kabbalah) degli Ebrei: "...quando lo sposo si accoppia con la sposa e il suo pensiero si unisce con le entità superiori, è attirata in giù la luce dell'alto e questa luce si colloca sulla goccia e dirige la propria attenzione su di lei e a lei pensa.......e questa stessa goccia è legata in modo permanente alla luce risplendente..."








[19]Scrive in proposito Moshe Idel (Cabala ed erotismo, Mimesis, Milano 1993,. pp.22-23): “Lo sposo deve elevare il proprio pensiero sino alla sua fonte, al fine di compiere una unio mystica, che sarà seguita dalla discesa di forze spirituali dall'alto sul semen virile; qui, ascencio mentis, unio mystica e reversio sono delle tappe che precedono la concezione ideale.




Vale la pena di paragonare questa concezione mistica dell'atto sessuale con il punto di vista tantrico. In entrambi i casi, l'atto sessuale dev'essere effettuato con molta attenzione; un certo stato di coscienza mistica viene colpito durante l'atto corporeo. Tuttavia, l'utilizzo di pratiche sessuali per vivere delle esperienze sessuali è evidentemente differente. L'unione mistica del pensiero con la propria fonte è nella cabala, strumentale in rapporto allo scopo principale:il concepimento; la conoscenza spirituale è solo una fase preparatoria nel processo della procreazione che dev'essere compiuto con la cooperazione della Shekhina. Nel sistema tantrico, lo stato di coscienza mistica, la bodhicitta, è un fine in sé, al punto che lo stato di perfezione è ottenuto tramite l'arresto del flusso del semen virile. Al contrario, l'atto sessuale è considerato dai cabalisti come un atto che dona la vita. Presso i maestri del Tantra, l'eiaculazione è vista come una "morte". Mentre i cabalisti pongono l'unione mistica al servizio della procreazione, il Tantra pone la relazione sessuale infeconda al servizio della coscienza mistica.”








[20]Il Sepher ha Zohar o Libro dello Splendore è opera centrale della letteratura kabbalistica. Si compone di 24 Sezioni oltre ad alcune altre, note ai soli kabbalisti. In realtà non si tratta di un libro ma di un vero e proprio corpo completo di letteratura unito sotto un unico titolo. Sugli argomenti, la data di composizione, l'autore cfr. G.G.Scholem, La Cabala, Ed.Mediterranee, Roma 1989, rist., pp.215-244.








[21]Opera della Creazione. Trattasi della cosmologia mistica dell'epoca della creazione il cui insegnamento era riservato solo a pochi eletti.








[22]Nella visione della Kabbalah Ain-Soph indica l'impossibilità di cogliere l'origine e il fine ed ha solo la funzione di far desistere il pensiero dalla pretesa prometeica di voler essere dappertutto e tutto risolvere in se stesso. L'Ain ebraico, composto dalle lettere Alef-Yod-Nun non è privativo di qualità ma di luogo, in nessun caso, dunque, Ain Soph-Infinito può essere confuso con l'Apeìron di Anassimandro. Il Sepher ha Zohar così parla di Ain Soph: "Ain-Soph, Infinito: in lui non c'è alcuna apertura, ogni interrogativo è vano, come ogni idea per le possibilità del pensiero"(Zohar, I-21a). Più avanti (Zohar, II-239a) Ain-Soph è così definito:"Chiusura inaccessibile e sconosciuta (...) resiste ad ogni possibile conoscenza e non se ne può fare né una fine né un principio".








[23]Zohar, II-216 a-b. La traduzione del passo, come quella dei passi riportati nella nota precedente, è mia.








[24]Tiphereth è sephira centrale dell' Albero della vita: un diagramma costruito su tre colonne e sul quale si collocano dieci sephiroth, in nessun caso da intendersi come 'emanazioni' dell'Uno, bensì come 'forme' o possibilità della manifestazione. Corrispondono, da sphr-contare, ai primi dieci numeri da cui tutti gli altri sono formati (Cfr. in proposito il Sepher Yetzirah, il più antico tra i testi della letteratura kabbalistica. Ottima la versione italiana a cura di Gadiel Toaff: Il libro della Creazione, Carucci, Roma 1988). Circa i sephiroth e la loro collocazione sull'Albero: alla colonna centrale appartengono: 1 Kether-Corona, 6 Tiphereth-Armonia, 9 Yesod-Fondamento, 10 Malchuth-Regno. Alla colonna di destra: 2 Chochmah-Saggezza, 4 Hesed-Grazia, 7 Netzach-Vittoria. Alla colonna di sinistra: 3 Binah-Intelligenza, 5 Gheburah-Rigore, 8 Hod-Splendore.








[25]Sul significato del vino e di Binah, sull'identificazione di Tiphereth con il cielo e col sole, di Malchuth come luna e come terra, di Yesod come firmamento e come luna cfr. Le Zohar, a cura di C. Mopsik, vol. I-t. II, Verdier, Paris 1984, pp. 128, 171-2, 246, 274, 328, 394-6, 429, 491 note comprese.








[26]La luna assume diversi aspetti nella mitologia di tutti i popoli: è Selene nello splendore del plenilunio, è Atena o Minerva come rischiaratrice e guida della notte, è Artemide o Diana nel suo crescere o calare, è Leto o Latona nel novilunio, è Lilith o Ecate nel suo aspetto notturno e nascosto. Lilith era l'antica dea sumera della morte e la tradizione biblica la identifica con la prima moglie di Adamo, poi trasformata in strega notturna e prostituta del demonio. Lilith è anche la Luna nera degli astrologi. La Kabbalah la pone in analogia con Saturno come apportatrice di malinconia e di 'umor nero' e come creatura lussuriosa e diabolica. La luna è ancora Shin, il dio maschile della tradizione assiro-babilonese. E' maschio perché assume il ruolo di grande fecondatore della terra.








[27]Le Zohar, ed.cit. vol.I-t.II, p.128. La traduzione è mia.








[28]Selene o luna piena è spesso rappresentata come una bella donna a cavallo. Così ce la mostra Fidia alla base del suo Zeus di Olimpia, tale si trovava sull'altare di Pergamo e in molte pitture vascolari. Selene, in veste di fanciulla nel pieno fulgore della sua bellezza, appare su un carro tirato da cavalli sopra il frontone orientale del Partenone mentre al lato opposto è posta l'effigie di Elios-Sole. I cavalli, come i giovenchi e gli altri animali forniti di zoccoli, erano sacri alla Luna perché lasciavano sul terreno un'impronta a forma di primo quarto.








[29]Il versetto richiama un celebre frammento di Saffo, la grande poetessa del VI Secolo av.C. :"Gli astri d'intorno alla leggiadra luna / nascondono l'immagine lucente, / quando al suo colmo più risplende, bianca / sopra la terra"(trad. di S.Quasimodo). L'immagine della luna che brilla in cielo "inter minores ignes" è anche ripresa dal poeta latino Orazio (Carm. I, 12, 48).








[30]R. Graves, I miti greci, Longanesi, Milano 1983, pp.21-22.








[31]Le Zohar, ed.cit. p.401, 163 b.








[32]In questo versetto (II-14): "O colomba mia che stai nelle fessure delle rocce..." c'è un richiamo alla luna che si nasconde: Lete o Latona che significano 'la nascosta'. Noto è il mito greco: fecondata da Zeus e inseguita, per vendetta di Era dal serpente Pitone, Latona vaga per il mondo, sempre nascondendosi, finché trova riparo a Delo dove partorisce la dea Artemide e, tra un ulivo e una palma di datteri, dopo nove giorni di travaglio, anche il dio Apollo. In Egitto e in Palestina, Latona era onorata come Lat, dea della fertilità, dell'ulivo e della palma da datteri. Nei versetti VII-7 e VII-8 del Cantico il corpo della fanciulla è detto simile ad una palma.








[33]I Palazzi o Hekhaloth sono, nell'antica tradizione mistica degli Ebrei, le dimore custodite dagli angeli e degne di coloro che meritano di scendere nella Merkabah (Carro) per contemplare i misteri. Corrispondono, nel corpo dell'uomo, ai sette centri di consapevolezza o chakras della tradizione induista. Sui Palazzi, cfr. A.Ravenna, Cabbala ebraica. I sette Santuari, Tea, Milano 1990. Sui chakras, di ottima fattura: Anodea Judith, Chakras - Ruote di vita, trad. it., Armenia, Milano 1994.








[34]Zohar, cit., 178 a, pp.478-479.








[35]Ibidem, 162 b, p.397 nota compresa. Sull'olocausto dei noviluni cfr. anche: Paralipomeni, II-4.








[36]Ibidem, 141 a, p.278 e 147 a, p.317. Il Tetragramma è il nome sacro di Dio composto di quattro lettere: lo Yod, la Wau e la He che è ripetuta due volte. Lo stretto rapporto esistente tra sephiroth




e lettere dell'alfabeto ebraico è alla base del Sepher Yetzirah (cit.supra).








[37]I Sentieri o Canali dell' Albero della vita collegano le sephirot tra di loro. Ciascun sentiero è caratterizzato simbolicamente da una lettera dell'alfabeto ebraico. Sono in tutto 32, perchè alle 22 lettere dell'alfabeto si aggiungono le dieci sephiroth.








SERGIO MAGALDI

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