giovedì 22 novembre 2012

VENUTO AL MONDO film di Sergio Castellitto

VENUTO AL MONDO, regia di Sergio Castellitto, Italia, Spagna, Croazia 2012, 127 minuti



 Senza la presenza di un’appassionata Penelope Cruz, grande come sempre, e senza la convincente interpretazione di Adnan Haskovic nei panni del poeta bosniaco Gojko e di Saadet Aksov, in quelli di Aska, “la cicogna”, il film tratto dall’omonimo, ottimo libro di Margaret Mazzantini, avrebbe forse rischiato il flop.

 La regia non appare convincente, come del resto la sceneggiatura in cui, pure, Sergio Castellitto si è giovato della collaborazione della moglie e autrice del romanzo: dialoghi scarni e lapidari che dovrebbero favorire la comprensione e che finiscono col lasciare spazio a immagini e vicende che si susseguono rincorrendosi le une con le altre e strutturandosi come in tante scatole cinesi.






  Il patos che accompagna il lettore nelle pagine del libro si stempera spesso in una serie di “quadri” talora cruenti e ripetitivi. Per non parlare della musica assordante e/o spesso “fuori luogo” che scandisce le scene. Tutto ciò, senza dimenticare certe scelte del regista [Ironia tragica e voluta?], come quella di utilizzare nella parte di Pietro adolescente, il proprio figlio [Pietro Castellitto], bravo di sicuro, con gli occhi espressivi della madre vera [Margaret Mazzantini] e della madre del film, ma così troppo somigliante fisicamente al padre adottivo Giuliano [nella tragica realtà che il film presenta delle “paternità sconosciute”], il colonnello dei carabinieri, interpretato dallo stesso Sergio Castellitto. Nonché nell’utilizzare i sapienti “ammiccamenti” del grande interprete [Luca De Filippo] del suo geniale padre [Eduardo], nella parte di Armando, il padre di Gemma.

 Se non fosse per l’ultimo quarto d’ora o poco più, Venuto al mondo di Castellitto farebbe perdere di vista il dramma della guerra bosniaca, l’inferno di Sarajevo in fiamme, lo stupro etnico, la commozione e l’eterna malvagità dell’uomo e più probabilmente si segnalerebbe come la vicenda privata di una coppia borghese, ossessionata dall’idea di non poter avere figli e determinata a pagare qualsiasi cifra pur di adottarne uno che, agli occhi di una donna sterile e innamorata, “proprio come il padre sia bello come il sole”.

 Neppure si tratta, così come viene realizzata, di una grande storia d’amore, nonostante l’affermazione che risuona nel film e cioè che “gli amori più assurdi sono i migliori”, perché Diego, il bizzarro e fantasioso fotografo americano [Emile Hirsh, l’attore americano dal volto lunare e “bosniaco”, per me non del tutto convincente nel ruolo] e Gemma [Penelope Cruz, bella anche quando è invecchiata per esigenze di copione], non riescono ad essere gli amanti che sfidano il tempo: lei vuole un figlio da lui: “Un lucchetto di carne”, che incateni Diego a sé, lui dichiara mezzo imbambolato che un figlio è quello che vuole dalla vita, l’asseconda, ma in realtà è troppo chino su se stesso per volere realmente qualcosa. E persino la camera da presa, generosa quando va sui primi piani di sangue della morte e della nascita, allarga troppo l’obbiettivo sui particolari del corpo degli amanti, rendendo l’amplesso angoscioso e poco visibile.

 Insomma, non era facile tradurre sullo schermo un romanzo come Venuto al mondo, per i tanti piani di lettura che la scrittura pregevole della Mazzantini aveva saputo armonizzare, ma che la versione cinematografica tende inesorabilmente a squilibrare, appiattendo la narrazione e finendo col presentare messaggi talora contraddittori che fanno perdere di vista allo spettatore l’unità dell’opera. Dispiace, perché non è discutibile il talento di Pietro Castellitto come attore, né quello di Margaret Mazzantini come scrittrice. Un film comunque da vedere e che di sicuro dividerà nel giudizio critica e platea.






sergio magaldi

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