giovedì 6 dicembre 2012

AMORE E TRADIZIONE EBRAICA nel film LA SPOSA PROMESSA

La Sposa promessa, film di Rama Burshtein  e  Yigal Bursztyn, Israele 2012, 90 minuti




  Prima di entrare nella vicenda di Lemale et ha’halal [titolo ebraico] o Fill the void [“Riempi il vuoto”, titolo inglese] o La sposa promessa [titolo italiano], pregevole opera prima di Rama Burshtein e Yigal Bursztyn, occorre sapere che la famiglia ebraica di Tel Aviv di cui si parla nel film appartiene alla comunità chassidica. Questo ad evitare fraintendimenti e generalizzazioni di cattivo gusto.

 Shira, che ha appena 18 anni [la bella Hadas Yaron che per la sua interpretazione vince a Venezia la Coppa Volpi], si reca con sua madre Rivka [Irit Sheleg, altrettanto brava] a vedere il suo promesso sposo… a vederlo solo da lontano e senza neanche scambiare una parola con lui! Il giorno dopo è festa di Purim – la festa più gioiosa della tradizione ebraica, che si svolge nel mese ebraico di Adar [Febbraio-Marzo] e che per certi versi è paragonabile al nostro Carnevale – e Shira confessa alla sorella Estèr [Renana Paz], molto più grande di lei e in attesa di un figlio dal marito Yochai [un irreprensibile Yftach Klein], di essere entusiasta del fidanzato e coetaneo, prescelto per lei.

 Ma di lì a poco muta la sorte di Shira e della sua famiglia: Estèr muore nel dare alla luce Mordechai, e Yochai dovrà presto risposarsi perché suo figlio abbia una madre, mentre nel frattempo ad occuparsene sono la nonna Rivka e la zia Shira. Quando nella comunità si sparge la voce che la nuova moglie di Yochai sarà una donna ebrea che vive in Belgio, la madre di Shira per riempire il vuoto irreparabile che le causerebbe la separazione dal nipotino, si fa venire in mente l’idea di dare in sposa al genero la giovane Shira.

 A questo punto, il film ruota tutto attorno ai sentimenti dei protagonisti: l’egoismo di Rivka, l’entusiasmo che dopo lo sconcerto iniziale accende poco a poco l’animo di Yochai verso la giovane cognata, i dubbi di Aharon [Chayim Sharir], padre di Shira, che non vorrebbe dispiacere la figlia, i consigli della zia Hanna [Razia Israeli], l’anticonformista della famiglia e l’unica che sembra avere a cuore la sorte di Shira, e ancora: la tristezza della sposa promessa che cerca inutilmente nel suono della fisarmonica di vincere il dolore per la morte della sorella, l’amarezza causatale dalla richiesta di sua madre e il dispiacere per la rottura del fidanzamento che i genitori avevano concluso per lei e che ora hanno frettolosamente disdetto.

 La bellezza del film è nel cromatismo delle immagini, nei canti e nella musica della liturgia ebraica, nella sincerità della fede, nella grazia con cui Shira rifiuta il cognato, pur accettando d’incontrarsi con lui: “Sono la sorella piccola di Estèr…”, dice la giovane a Yochai che la chiede in moglie. E quando la ragazza si lascia infine convincere a sposarlo, per colmare il vuoto della disperazione di sua madre e della famiglia, ecco la saggezza del rabbino comprendere dalle parole di Shira - che non sa fingere - che in lei non c’è amore verso il cognato, ma solo un dovere da compiere, un vuoto da riempire. Il rabbi nega così il consenso alle nozze: “A chi nella vita almeno una volta dice la verità – egli osserva – il Signore riserva un posto speciale nel mondo a venire….





 In una comunità che sembra chiusa e soffocante, i cui valori religiosi e culturali appaiono distanti anni luce dalla mentalità occidentale, in una società dove i matrimoni combinati sono la regola; per raro paradosso, doveri e diritti, al di là delle apparenze, nascono dal profondo della coscienza e la libertà individuale non è mai conculcata, il diritto di amare non è mai messo in discussione. Così la famiglia di Shira si rassegna alla sorte, ma improvvisamente le sorti cambiano per tutti. 


 Non a caso la regia, dopo un breve antefatto, ha scelto la festa di Purim [Pur, sorte, Purim, sorti] per entrare nel vivo della narrazione.

 La leggenda di Purim si lega ad eventi della storia ebraica che risalgono al 361 av.C. [anno ebraico 3399], quando Assuero re di Persia, ripudiata la moglie Vasti, sceglie in sposa, tra le fanciulle del regno, Estèr, senza sapere che è ebrea e nipote di Mordechai, il quale, come esponente della comunità ebraica, ha un modesto incarico a corte.  Hamàn, ministro di Assuero, si reca un giorno a trovare il re e gli dice: “ C’è un popolo, disperso tra gli altri popoli in ogni provincia del tuo regno, vive separato e a modo suo. Ha leggi diverse e inoltre non osserva la tua legge. Non ti conviene lasciarlo vivere in pace. Se sei d’accordo con me, dà l’ordine scritto che sia sterminato…” [Estèr, 3, 8-9]. Il re acconsente e allora Hamàn fa tirare a sorte per sapere quale sia il mese e il giorno più adatto per lo sterminio [Estèr, 3, 7]. Mordechai, disperato, chiede aiuto a Estèr. Dopo diversi accadimenti, Estèr chiede ad Assuero di salvare la sua vita [confessa di essere ebrea], quella di Mordechai [che tempo prima aveva scoperto una congiura contro il re e l’aveva fatto mettere in guardia dalla nipote] e quella di tutto il suo popolo. Assuero, preso dalle grazie della regina, accoglie la sua preghiera. Così, mutarono le sorti [Purim]: gli ebrei furono salvi e Hamàn fu condannato a morte.





 Può essere interessante, a questo punto, ricordare alcune parti del Midrash di Purim che, con intento didascalico, coniuga gli eventi della leggenda ebraica con l’inizio del Genesi:

 [Hamàn] disse a se stesso:‘Getterò le sorti per la distruzione degli ebrei’[…]. Egli cominciò col primo giorno della settimana, la Domenica[…]. Ciascun giorno della settimana ha nel Cielo il proprio angelo custode. L'angelo del primo giorno si affrettò a comparire dinanzi al Trono Celeste:‘Padrone del Mondo! Il primo giorno Tu hai creato il cielo e la terra ed hai detto:‘Se non fosse stato per il Mio patto col Mio popolo, Io non avrei creato il cielo e la terra’. Ma se il perfido Hamàn distruggerà il popolo d’Israele, chi manterrà il Tuo Patto? Tanto varrebbe che tu distrugga il cielo e la terra, se permetterai che il perfido Hamàn distrugga il Tuo popolo’. E così il primo giorno fu risparmiato.

Hamàn tentò con il secondo giorno della settimana.
L'angelo custode del secondo giorno apparve subito davanti al Trono Celeste:
 'O Signore dell'Universo! In questo secondo giorno Tu hai diviso le acque sopra il firmamento da quelle sotto il firmamento ed hai proclamato che il popolo d'Israele sarà diviso altrettanto nettamente dagli altri popoli della terra, come sta scritto nella Torah:’Io vi ho separato da tutti i popoli, perchè Mi apparteniate’. Permetteresti che il perfido Hamàn distrugga il Tuo popolo in questo giorno? Tanto varrebbe che tu lasciassi ribollire e mescolarsi le acque superiori e le inferiori, se permetterai che il perfido Hamàn distrugga il popolo ebraico'.
Anche il secondo giorno fu risparmiato.

Hamàn tentò la sua fortuna col terzo giorno della settimana.
Su nel Cielo, l'angelo del terzo giorno si presentò davanti alla Corte Celeste per perorare la sua causa: 'Amato Signore! Nel terzo giorno Tu hai creato le erbe, gli arbusti e gli alberi, e tutto ciò che germoglia dalla terra. Da tutto ciò che egli raccoglie nei campi, negli orti e nei frutteti, il popolo di Israele dà la teruma (contribuzione) ed il ma'assèr (la decima) per nutrire i poveri ed i bisognosi. Essi Ti benedicono, rendendoTi lode, prima di mangiare qualsiasi frutto degli alberi o della Terra. Essi agitano rami di palma, di mirto e di salice, assieme all'Etròg (Cedro), in direzione dei quattro punti cardinali, ed anche verso l'alto e  il basso, proclamando che il Tuo Regno e la Tua Provvidenza si estendono ovunque. Se Tu permetti che il perfido Hamàn distrugga i Tuoi figli, che ne sarà del Tuo mondo bello e verdeggiante?”.

Le sorti non caddero il terzo giorno ed Hamàn ripeté il quarto giorno i suoi tentativi.
Subito l'angelo del quarto giorno comparve dinanzi al Trono Celeste e pregò: ‘Signore dell'Universo, in questo giorno Tu ponesti nel cielo il sole fiammeggiante e l'argentea luna e le stelle che sprizzano luce. Tu proclamasti che il popolo d'Israele è la luce del mondo e che tutti i popoli della terra cammineranno nella sua luce. I Tuoi figli Ti benedicono ad ogni Novilunio e in base alle lunazioni scandiscono le loro festività e le loro sacre ricorrenze; e sanciscono gli anni bisestili in base al corso del sole. A che serviranno più il sole, la luna e le stelle, se permetterai che il perfido Amàn distrugga i Tuoi figli in questo giorno?’.
Ancora una volta Hamàn perdette e le sorti non caddero il quarto giorno.

Non restò altro ad Hamàn che tentare il quinto giorno. Ma l'angelo del quinto giorno era già davanti al Trono Celeste che perorava: ‘Padrone del Mondo, in questo giorno Tu hai creato gli uccelli del cielo e gli animali dei campi. E hai ordinato ai Tuoi figli di offrirTi in sacrificio gli animali e gli uccelli puri[…].Che ne sarà delle Tue creature se non ci sarà più un ebreo a servirti?’.

Anche il quinto giorno sfuggì alle sorti di Hamàn. Impaziente egli tentò il sesto, giorno, ma non ebbe miglior fortuna. Infatti, l'angelo del sesto giorno apparve dinanzi all’Eterno senza perdere un istante e chiese misericordia: 'Nel sesto giorno tu hai creato l'uomo a Tua immagine. E non sono i figli d’Israele quelli che Ti assomigliano di più? Tanto varrebbe che Tu distrugga tutta l'umanità, se hai da permettere che Hamàn distrugga i Tuoi amati figli'.

Hamàn non poté ottenere che le sorti cadessero il sesto giorno. Non rimaneva ormai che un giorno, il Sabato. ‘Certamente le sorti cadranno in questo giorno’, pensava Amàn, mentre le gettava per la settima volta. Ma proprio allora l'angelo del Sabato [Shabat] comparve dinanzi al Trono Celeste:‘Padrone dell'Universo! Il giorno del Sabato è il simbolo del legame che Ti unisce al Tuo popolo. I Tuoi figli, osservando il riposo sabbatico, testimoniano che Tu hai creato i cieli e la terra in sei giorni, e che il settimo ti sei riposato. Tu facesti del Sabato un giorno santo, ed i Tuoi figli lo santificano. Vorresti permettere che Amàn distrugga i Tuoi figli nel santo giorno del Sabato?’.
E così anche il Sabato fu risparmiato […].

 Tornando al film - un piccolo gioiello candidato all’Oscar per il miglior film straniero - si può dire che la sorte muta nuovamente in positivo per Shira e per la sua famiglia a causa della sincerità della ragazza, così come Estèr della tradizione riesce a mutare la sorte del suo popolo, confessando al re e sposo di essere ebrea. Ma La sposa promessa, prima di essere una delle tante storie da raccontare sulla comunità chassidica di Tel Aviv e sulla religiosità ebraica al limite del sacrificio e della rinuncia, è innanzi tutto una storia d’amore, ed è proprio l’amore che nel film sembra dire l’ultima parola.

sergio magaldi






Nessun commento:

Posta un commento