giovedì 25 luglio 2013

DENUNCIA SOCIALE E SENSIBILITA' AL FEMMINILE nell'ultimo romanzo di Clara Sanchez

Clara Sanchez, Entra nella mia vita, Garzanti, Milano, 2013, pp.446


 Entra en mi vida di Clara Sánchez – pubblicato in Italia da Garzanti, finalmente col suo titolo originale, a differenza dei due libri precedenti della scrittrice spagnola, tradotti in italiano con i titoli impropri di Il profumo delle foglie di limone e La voce invisibile del vento [vedi il post Il sogno come terapia e verità…] – si potrebbe definire un romanzo al femminile, non solo per l’argomento trattato, ma anche perché sono soprattutto le figure femminili ad acquisire vita e spessore nella narrazione. Da Verónica, protagonista ed eroina, a Betty, la vittima che non esita a lottare ma che rimane sopraffatta dalla propria ingenuità, a Lilí, espressione di forza e intraprendenza ma anche di egoismo cinico, e così via, in una vasta gamma di personaggi che, nella loro diversità, completano efficacemente l’affresco dell’universo femminino e che rappresentano una scala di valori che dalla virtù ed dalla compassione scende sino al gradino più infimo del comportamento umano.

 Al contrario, le figure maschili, peraltro superficialmente tratteggiate, sembrano senza speranza e con loro la Sánchez non intende perdere troppo tempo. Ad accomunarle tutte è la debolezza, forse con l’eccezione di Daniel che, in pochi istanti di responsabilità e di coraggio, pretende di riscattare l’atteggiamento di decenni. Debole è Mateo, l’amore occasionale in cui s’imbatte Verónica, debole Ángel, il fratello della ragazza, delicato e bisognoso di protezione, debole Petre, il bosniaco guardaspalle di casa Valero che, nonostante l’ostentata forza fisica, va al tappeto al primo colpo bene assestato. E quando non sono deboli, gli uomini sono corrotti o si ubriacano e diventano molesti e/o violenti che “meritano” di essere presi a calci nelle palle o ammazzati, oppure sono “marchette letterarie” come nel caso dei fidanzati di Laura o addirittura fantasmi come l’investigatore Martunis.

 Insomma le donne di Clara Sánchez possono amare o provare compassione, essere indifferenti oppure odiare. Astute o ingenue, crudeli o virtuose, forti o deboli, rappresentano comunque l’essenza della vita reale e dell’uomo usano solo come specchio per guardare se stesse e per quel tanto che serve al piacere e alla generazione, come ogni ape-regina che si rispetti. Perché la vita reale è fatta di partorienti, di madri che allevano figli, di mogli che si prendono cura della casa e della famiglia, di donne che vegliano sui vecchi e sugli infermi e persino di donne in carriera più abili e intraprendenti degli uomini stessi.

 In tale prospettiva, gli uomini raccontati dalla scrittrice si mostrano confusi, superficiali, abitudinari e incapaci di accettare la sfida della cosiddetta vita reale: le sole risposte sembrano essere, per il maschio di ogni età, quelle della debolezza, della mancanza di fantasia, dello stordimento nell’alcool e nelle droghe, del maschilismo, della violenza e del potere. Naturalmente, la Sanchez si guarda bene dall’attribuire apertamente valori tanto rigidi all’universo maschile, ma le storie che racconta parlano per lei. Al massimo, credo, sarebbe disposta ad ammettere che donne e uomini hanno “vite e istinti diversi”, “sensibilità differenti”.

 C’è in ogni caso nella scrittrice che vive a Madrid, la tendenza alla denuncia sociale, mascherata dalle forti emozioni che riesce sapientemente a trarre dai fatti della storia e della cronaca, trasferendoli nel “privato”. Così è stato per Il profumo delle foglie di limone, contrariamente a ciò che ha sempre dichiarato, perché è dalla denuncia dei criminali nazisti, lasciati incredibilmente fuggire in altri continenti, che il romanzo  trae forza e universalità, ancorché la storia narrata tocchi profondamente la sfera del privato e dei sentimenti individuali.







 La denuncia della fragilità del maschio umano, la sua sostanziale incapacità di sognare per eccesso di realismo fine a se stesso – quando non si colori anche del rovescio della medaglia del maschilismo e della violenza – s’intravede già nel romanzo La voce invisibile del vento. Qui l’autrice mette nella testa di Julia, la protagonista, pensieri del tipo “talora riteneva che suo marito Felix non avesse sangue nelle vene”. Insomma, per la Sánchez, la sensibilità, quella vera e non il sentimentalismo, sembra potersi coniugare solo al femminile. E non c’è dubbio che i fatti di cronaca e la Storia sembrano darle ragione. Basti pensare agli uomini che uccidono le donne, le stuprano o le costringono a prostituirsi, basti pensare alle atrocità delle guerre e del terrorismo, giochi sempre al maschile, anche se poi anche le donne finiscono col parteciparvi…






  Entra nella mia vita, non fa eccezione. L’idea del romanzo, come riferisce l’autrice, nasce da un fatto di cronaca, dall’esigenza di una denuncia sociale. È vero che la storia narrata si sostanzi di altro, e che questo altro sia soprattutto l’inadeguatezza degli uomini rispetto alle donne, di cui si diceva sopra, ma è altrettanto vero che l’idea che resta nel lettore, una volta dimenticati i “sentimenti profondi” che agitano i personaggi, è proprio quella che ha ispirato il romanzo, la denuncia sociale che la scrittrice continua a negare:         

 Entra nella mia vita non è però un romanzo di denuncia, così come non lo era Il profumo delle foglie di limone. È una storia che smuove sentimenti profondi, gli stessi sentimenti che questi fatti di cronaca hanno suscitato dentro di me” [Nota dell’autrice].







  Personalmente, non credo che la Sánchez sia veramente convinta di ciò che afferma, non a caso qualche riga dopo, nella stessa nota, osserva:

 “Potrei dire che la storia di questo romanzo è inventata ma che la sua realtà è storica”.   

 Direi piuttosto che la sua maniera di fare denuncia sociale abbia bisogno di una storia parallela cui aggrapparsi, fatta di sentimenti ed emozioni individuali: un’esigenza di scrittrice, un modo per coinvolgere maggiormente il pubblico femminile al quale in prevalenza si rivolge. Certamente e comunque una formula di successo.

sergio magaldi  



domenica 14 luglio 2013

C'è L'INFERNO NEL FUTURO DEL MONDO?

Dan Brown, INFERNO, Mondadori, Milano, 2013, pp.522


 Nel porre l’interrogativo, sono portato a rispondere, forse come altri farebbero, che l’inferno non è solo il futuro ma è già il presente dell’umanità. Basti pensare alle periferie dei grandi centri urbani e alle periferie del mondo dove fame, malattie, degrado, incesto, prostituzione infantile e violenze d’ogni genere dominano incontrastate. Ma l’inferno, cui si riferisce il nuovo, ottimo romanzo di Dan Brown, è ben peggiore di quello che purtroppo alcuni conoscono e che per fortuna altri immaginano soltanto. È l’ INFERNO di Dante, come afferma l’Ombra misteriosa che Robert Langdon – famoso protagonista dei romanzi dello scrittore nordamericano – è costretto ad inseguire, pur essendo braccato a sua volta:

 “L’Inferno di Dante non è finzione… è profezia!
 Sofferenza e tribolazione. Questo è il panorama del futuro.
 L’umanità, se non è tenuta a freno, agisce come una pestilenza, un cancro… Il numero degli abitanti cresce a ogni generazione finché le risorse terrene che un tempo alimentavano la nostra virtù e solidarietà si ridurranno gradualmente a zero, svelando il mostro che è in noi, spingendoci a lottare fino alla morte per nutrire i nostri piccoli.
 Questo è l’Inferno dantesco.
 Questo è ciò che ci attende.
 Mentre il futuro si avventa su di noi, alimentato dall’inesorabile matematica di Malthus, noi restiamo in bilico sopra il primo cerchio dell’Inferno… e ci prepariamo a precipitare più rapidamente di quanto abbiamo mai immaginato[…]
 Non fare nulla significa accettare un inferno dantesco… affollato di anime affamate e sguazzanti nel peccato.
 E così, coraggiosamente, ho deciso di agire.
 Qualcuno inorridirà, ma la salvezza ha un prezzo.
 Un giorno il mondo arriverà a comprendere la bellezza del mio sacrificio.
 Perché io sono la vostra Salvezza.
 Io sono l’Ombra.
 Io sono la via che conduce all’era postumana.”[Cit., pp.167-168].

 Il riferimento che l’Ombra – dietro la quale forse si nasconde uno scienziato geniale – fa a Malthus lascia pochi dubbi circa l’esistenza di un piano diabolico per “contenere” la crescita demografica. Probabilmente un virus letale per decimare la popolazione del pianeta che, raggiunto il miliardo agli inizi dell’Ottocento, ha ormai superato i 7 miliardi di abitanti. L’accresciuto benessere degli ultimi due secoli, il progresso scientifico e tecnologico che ha permesso di combattere efficacemente le epidemie del passato, le guerre da continentali divenute regionali [in virtù delle esigenze del mercato mondiale e della globalizzazione, ma anche per l’accresciuta consapevolezza] sembrano smentire le previsioni matematiche di Malthus: la popolazione tende a crescere in modo geometrico ma lo strumento che in passato regolava il rapporto abitanti-disponibilità di cibo e risorse, sottoforma di guerre di sterminio, epidemie, pestilenze e carestie, ora è venuto meno. Secondo la filosofia dell’Ombra, il pericolo è ormai quello dell’estinzione del genere umano, dopo un lungo periodo di indicibile sofferenza. Peccato tanto più grave perché, mai come in questo momento, l’uomo sembra avviato finalmente a varcare la soglia della superumanità. Perché il sogno di Nietzsche si avveri e ad evitare l’estinzione degli umani, occorre dunque intervenire: il sacrificio di alcuni consentirà agli altri, secondo il principio darwiniano della sopravvivenza dei più forti, di proseguire nel loro cammino evolutivo verso il superumano.

 Tutto ha inizio con il risveglio di Robert Langdon in un letto d’ospedale, dopo essere stato operato alla testa per una ferita da arma da fuoco. Il professore non ricorda più nulla di quanto gli è capitato, né del perché, dagli Stati Uniti, si trovi catapultato a Firenze, come gli comunica Sienna Brooks, la giovane dottoressa che lo assiste e che poco dopo lo aiuterà a fuggire dall’attentatrice, entrata in ospedale per portare a compimento il proprio lavoro. Non è solo Vayentha – intenzionata ad ucciderlo – a dargli la caccia. Due  potenti organizzazioni, una pubblica e l’altra privata, insieme al consolato americano e alla pubblica sicurezza locale, per un motivo o per l’altro, cercano di catturarlo. Robert e Sienna, divenuta sua complice, cercano scampo per tutta Firenze, a loro volta sulle tracce dell’Ombra misteriosa che ha inscenato una sorta di macabra caccia al tesoro. È il piccolo cilindro di metallo lucido, che Robert ritrova in una tasca nascosta della sua giacca, ad aprire i giochi. Contiene un sigillo decorato con un diavolo a tre teste e tre bocche che divorano altrettanti uomini, simbolo medievale della peste nera. Sotto il demone, 7 lettere a formare la parola SALIGIA, le iniziali in latino dei 7 peccati capitali: Superbia, Avaritia, Luxuria, Invidia, Gula, Ira, Acedia. Il sigillo, come un vecchio proiettore per diapositive,   emana una foto ad alta definizione su una parete: è La mappa dell’inferno del BOTTICELLI, chiaramente ispirata all’INFERNO di Dante Alighieri.





 Nella mappa è aggiunta l’immagine di un uomo avvolto in un mantello con una maschera dal lungo becco: la maschera del medico della peste.




 Fuga e ricerca di Robert e Sienna proseguono tra il Giardino di Boboli, Palazzo Pitti e il Salone dei 500 di Palazzo Vecchio, dove i due troveranno nuovi indizi nella pittura murale del Vasari che rappresenta La battaglia di Marciano.





  Di qui, alla scoperta che un messaggio, che potrebbe risultare decisivo, è contenuto nella maschera mortuaria di Dante. Ma la maschera è scomparsa dalla teca e, per ritrovarla, Robert e Sienna devono cercarne “la chiave” nel XXV Canto del Paradiso dantesco. Non hanno a disposizione il testo e nel tentativo di trovare una copia della Divina Commedia – mentre continuano ad essere braccati da tutti – s’infilano nella Chiesa di Dante, Santa Margherita dei Cerchi, dove il poeta vide per la prima volta Beatrice Portinari e se ne innamorò, tanto da dedicarle il Poema sacro insieme ai versi più belli tra quelli scritti per la donna amata:

Tanto gentile e tanto onesta pare
la donna mia quand’ella altrui saluta,
ch’ogne lingua deven tremando muta,
e li occhi no l’ardiscon di guardare.
Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente d’umiltà vestuta;
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare.
Mostrasi sì piacente a chi la mira,
che dà per li occhi una dolcezza al core,
che ’ntender no la può chi no la prova:
e par che de la sua labbia si mova
un spirito soave pien d’amore,
che va dicendo a l’anima: Sospira.

 Santa Margherita dei Cerchi, dove da oltre sette secoli si trova la tomba di Beatrice, è meta continua di pellegrinaggi degli innamorati dal cuore spezzato.






 I due non trovano il testo della Divina Commedia, né all’interno della Chiesa né in possesso dei tanti visitatori ma, grazie ad internet e ad un iPhone di un’anziana turista, possono leggere i versi del Paradiso di cui hanno bisogno:

 Se mai continga che ‘l poema sacro
al quale ha posto mano e cielo e terra,
sì che m’ha fatto per molti anni macro,

vinca la crudeltà che fuor mi serra
del bello ovile ov’io dormi’ agnello,
nimico ai lupi che li danno guerra;

con altra voce omai, con altro vello
ritornerò poeta, e in sul fonte
del mio battesmo prenderò ‘l cappello; […]

 La ricerca prosegue dunque presso il Battistero di San Giovanni di Piazza del Duomo, lì dove Dante Alighieri – con Shakespeare forse il più grande poeta universale che sia mai esistito – era stato battezzato.




  Così, la maschera mortuaria di Dante viene infine ritrovata e con il suo ritrovamento il romanzo di Dan Brown entra nel cuore della narrazione.





 Le vicende si susseguono senza soluzione di continuità e l’attenzione del lettore è costantemente sollecitata da eventi inaspettati, descritti con logica serrata e senza mai cadere in contraddizione, come spesso accade in romanzi del genere. La realtà di volta in volta acquisita viene ribaltata, gli amici diventano nemici e viceversa, lo stile utilizza informazioni colte ma le traduce in una semplicità di linguaggio accessibile a tutti. In Inferno, Dan Brown rivela intuito e grande mestiere, scrivendo il suo libro più bello, forse persino più bello del celebre Codice da Vinci.


sergio magaldi  

domenica 7 luglio 2013

IL SOGNO ALCHEMICO




Marcello Simoni, La Biblioteca perduta dell'alchimista, Newton Compton editori, Roma, Ottobre 2012, pp.329




 Dopo il romanzo con cui  ha vinto il premio Bancarella [vedi il post E' POSSIBILE PARLARE CON GLI ANGELI? LA RISPOSTA NEL ROMANZO "Il mercante di libri maledetti"...], Marcello Simoni esce con questo LA BIBLIOTECA PERDUTA DELL’ALCHIMISTA, pubblicato per Newton Compton Editori. Una storia senza pretese ma che si legge piacevolmente, tra personaggi reali e di fantasia, e che ha come punto di riferimento il sogno alchemico della trasformazione dei metalli vili in oro. Perché la ricerca, in alchimia, conobbe sempre due dimensioni: quella condotta tra fornelli ed esperimenti e quella analogica tesa ad ottenere la trasformazione della coscienza e l’acquisizione dell’oro flosofico o spirituale [si veda il post  ALCHIMIA, UN SAGGIO DI GIOELE MAGALDI 












 Nella primavera dell’anno 1227, per ordine di Ferdinando III di Castiglia e Léon [regnante tra il 1217 e il 1252] – detto “Il re delle tre religioni” per l’equanime tolleranza nei confronti di cristiani, ebrei e musulmani – il mercante di reliquie Ignazio da Toledo, suo figlio Uberto, il cavaliere francese Willalme, coraggioso ma facile all’ira, e il nobile Filippo di Lusignano partono per la Francia meridionale con il compito di ritrovare la scomparsa e forse rapita Bianca di Castiglia [1188-1252], zia di Ferdinando III e reggente del regno di Francia  per il figlio Luigi IX il Santo, dopo la morte del marito Luigi VIII.


Ferdinando III di Castiglia e Léon









Le nozze tra Bianca di Castiglia e il re di Francia Luigi VIII


  Dopo varie e complesse vicende, Uberto si separererà dal padre per ritrovare la Turba Philosophorum, trattato alchemico di fondamentale importanza per comprendere il piano del Conte di Nigredo [nome chiaramente ispirato alla prima fase dell’Opera], signore del castello di Airagne e dedito alla fabbricazione dell’oro alchemico su larga scala. Un oro che sembra a tutti identico a quello esistente in natura ma che, per essere prodotto, richiede abbondanza di manodopera. Chi viene costretto a lavorare ad Airagne, prima o poi si ammala di saturnismo, una malattia che in breve conduce alla demenza e alla morte, con la necessità di far ricorso ad una quantità sempre crescente di lavoratori forzati.







......ARISTEO disse: La pietra è una Madre che concepisce il proprio Figlio e lo uccide e se lo mette nel ventre. Esso allora diviene più perfetto di quel che prima non fosse e d'essa si nutre. Poi egli uccide sua Madre, se la mette nel ventre e la fa putrefare; e il Figlio diviene il persecutore di sua Madre, ed entrambi per un certo tempo hanno comuni tribolazioni. Questo è uno dei massimi miracoli di cui si sia mai sentito parlare, ed è vero, perché la Madre genera il Figlio e il Figlio genera la propria Madre e l'uccide

SOCRATE disse: Sappiate che i Filosofi hanno chiamato Acqua-di-Vita l'Acqua nostra, ed hanno detto bene: giacché dapprima essa uccide il Corpo, poi lo fa vivere e lo rende giovane.....

LA TURBA disse: Maestro, tutto ciò che diciamo non è altro che far del fisso il volatile e del volatile il fisso; poi, far di tutto qualcosa che non è né secco né umido, né freddo né caldo, né duro né molle, né fisso né troppo volatile - qualcosa di intermedio fra i due: giacché esso ha in sé due Nature insieme congiunte. E sappiate che ciò si fa in sette buoni giorni, non in un momento. Poiché ogni alterazione avviene a mezzo di continua azione e passione. Di ciò, prendete nota.
[Citazioni da magiaonline.net/alchimia/turba.htm ]





   Ignazio da Toledo diviso tra anelito di giustizia e desiderio di conoscenza dei segreti della fabbricazione dell’oro, dovrà anche guardarsi da nemici segreti che vogliono tenerlo lontano da Airagne, ubicato non lontano dal famoso castello di Montségur, roccaforte dei Catari.

 “L’ombra sotterranea tremava al crepitio delle fiaccole. Dopo aver sfogliato a lungo, forse più del necessario, Ignazio soffermò lo sguardo su una pagina del Turba philosophorum e si trovò di fronte alla verità. Yutte le domande che si era posto nel corso della sua vita sulla natura delle cose e sulla trasmutazione della materia sembravano trovare risposta in quelle righe d’inchiostro. Avrebbe appreso segreti che solo a pochi eletti era concesso conoscere. Ma tutto ciò non gli recò alcun sollievo, anzi, accentuò in lui un senso di vuoto, come se nel suo animo si fosse aperto un baratro. Gli fu necessario uno sforzo di concentrazione per dominarsi, dopodiché fissò suo figlio, che dopo interminabili peripizie gli stava di nuovo accanto. Quel pensiero gli diede forza”. [Op.cit.,p.265]

 In conlusione, nel nuovo libro di Simoni, si nota una certa superficialità nell’accennare alle fasi del processo alchemico [nigredo-albedo-citrinitas-rubedo-cauda pavonis], d’altra parte si tratta di un romanzo e non di un saggio sull’alchimia. Risulta invece assai stimolante immaginare le operazioni che conducono alla fabbricazione dell’oro alchemico in una dimensione industriale, con tanto di impianti sofisticati che poco hanno a che vedere con le Officine artigianali in cui lavoravano individualmente gli alchimisti del Medioevo e del Rinascimento.

sergio magaldi     

sabato 6 luglio 2013

IL COMPORTAMENTO UMANO SEGUE LE LEGGI DELLA FISICA QUANTISTICA?



LA  “RIDUZIONE” DELL’ ENTANGLEMENT  PSICHICO  NEL MOMENTO
 DELLA DECISIONE
Di Alberto Zei

SOMMARIO  -  L’analogia dell’entanglement  della fisica quantistica e il comportamento umano in quanto espressione comune delle medesime leggi fisiche dell’ universo.

La coerenza delle leggi dell’universo
 Con questo post si riprendono i concetti espressi in quello precedente che si addentrava con l’entanglement  quantistico negli spazi siderali; spazi  dove particelle,  generate  con caratteristiche comuni, assumevano  contemporaneamente le medesime qualità  quando una di queste a causa della  “osservazione”,  cambiava di stato (carica, spin, ecc).




 E’ vero che il libero arbitrio è la più grande espressione dell’ atto volitivo quando  ciascuno di noi è chiamato ad esprimere il libero pensiero su ciò che effettivamente  intende e vuole. Quale è però, il  grado di libertà che effettivamente ci appartiene? Ad libitum?  Potrebbe anche essere. Ma vediamo prima se vi sono delle leggi universali che in qualche modo  accomunano gli eventi.




  Prendendo in prestito, per meglio sintetizzare l’idea, termini informatici, come  il “software di base” riferendolo alla intrinseca natura umana e il “software operativo” che simbolicamente renderebbe efficace l’ espressione della volontà,  non si può fare a meno di pensare  che l’ umana natura  si è  sviluppata  nell’ ambito del medesimo  insieme,  che in senso estensivo si potrebbe dire,   nell’ ambito  delle stesse leggi dell’ universo.

 Questa è una proposizione alla quale varrebbe la pena tentare almeno,  qualche timido  approccio di risposta razionale. 

 Risaliamo dunque, a quegli  aspetti umani che in qualche modo rimarcano  situazioni di sovrapposizioni comportamentali in   analogia   con le leggi cosmiche che, come abbiamo  visto in precedenza con l’ entanglement,  regolano il modo di reagire della materia o dell’energia allorquando  viene  misurata o solo “osservata”.

 Quando una persona “parla”, “va” o  “fa”  non esprime  che il risultato del  senso compiuto del termine; esprime un fatto concluso, in accordo con uno dei principi fondamentali della logica:  “Ciò che è non può non essere”.

L’ entanglement psichico
 Come prima accennato, l’intento di comprendere  qualcosa in più  sul nostro stesso modo di essere  in condizioni comportamentali che  richiamano per analogia l’entanglement, dà anche un senso più pragmatico alle decisioni che siamo indotti ad assumere nel corso della vita quotidiana.

 Non sempre infatti, anzi molto raramente, le azioni sono determinate da un atto di volontà pura, priva di conflittualità.

 La sovrapposizione di stati emotivi presenti  in tali condizioni conflittuali – circa l’atteggiamento da assumere come risposta a situazioni usuali quanto ripetitive con le quali abbiamo che fare nell’intero corso della  vita – potrà,  ad esempio, essere: “aggressione” o “acquiescenza” o “fuga” o altro ancora.    

 Quando  ci rendiamo conto di  essere anche astrattamente  osservati (nel senso che l’ atto mentale in fieri, in qualche modo, è divenuto noto), la contraddizione del comportamento da assumere che alberga nella natura umana improvvisamente si delinea, proprio a causa dell’“osservazione”, costringendoci  a prendere una decisione.

Il limite della sovrapposizione
Si generano a questo punto circostanze di natura comune con un altro partner per le quali si formano situazioni emotive (nel senso più ampio del termine) la cui risposta consiste nella  scelta decisionale da adottare.

 Dopo l’iniziale ambiguità e sovrapposizione di intenti contrari  sul fare o non fare,  arriva il preciso momento  in cui si opta  per una linea comportamentale. Tra le contraddizioni  che si frappongono nei nostri pensieri, soprattutto quando si avverte la consapevolezza che le risposte emotive vengono osservate, è proprio  allora che, rompendo ogni indugio, arriva, per l’improvvisa necessità di assumere un atteggiamento,  una risposta  univoca.

 Si tratta di un comportamento  specularmente simmetrico a quello dell’antagonista, anche se  vengono più spesso sacrificati gli aspetti logici e  consequenziali per lasciare spazio a quelli  più convenienti. Questo non cambia, però, il concetto.

 Difficilmente la sovrapposizione  degli stati emotivi e razionali nell’  “entanglement” psichico può  far prevedere quale sarebbe la conclusione; ma una volta presa la decisione anche l’ altro,   l’antagonista, assume immediatamente il medesimo atteggiamento sia pure manifestandolo con caratteristiche specularmente opposte. E’un caso?

La “riduzione” nell’ entanglement psichico
Per quanto  riguarda il momento della “riduzione”, cioè dell’uscita  dallo stato di sovrapposizione  di volontà contrastanti, improvvisamente  si concretizza  un preciso indirizzo volitivo, in quanto l’intima verità viene, per così dire, allo scoperto, ossia viene resa percepibile – non importa da chi –  come nell’entanglement particellare. È  infatti, la consapevolezza di ognuno di essere osservato che determina la “riduzione”, con il relativo cambiamento  di stato.

 Si tratta anche qui di sovrapposizioni  di condizioni  emotive, dell’essere e del non essere che si districano dall’ entanglement  in cui erano imbrigliati.  Contemporaneamente anche   l’altro partner   assume  una condizione univoca e specularmente opposta.

Il corollario del teorema
 Continuando ad applicare questo concetto matematico, si può notare che, come nella reciprocità della condizione “entangled”, valga anche qui la stessa legge che si determina nel momento in cui si realizza il “controllo”. Si tratta  della necessità di assumere univocità di atteggiamento psichico e comportamentale, quando viene introdotto all’interno della coscienza un elemento conflittuale esterno  che corrisponde alla rivelazione di uno degli stati di coscienza  sovrapposti.

 L’applicazione di questo principio, anche se in modo non scientifico, viene adottato  dalla Pubblica sicurezza di quasi tutti i Paesi civili nei quali, per far confessare i colpevoli di delitti, è stata abolita la tortura. La forza coercitiva usata nei confronti degli indiziati di reato da parte della polizia,  consiste nel mettere il colpevole di fronte alla contraddizione della sua innocenza. La reazione coattiva  che si sprigiona dalla rivelazione (entanglement dall’ esterno) di uno degli  stati mentali di sovrapposizioni antagonistiche ne “riduce” la molteplicità, l’eventuale colpevole preferendo,  all’improvviso e insopportabile disagio psichico, la pace dell’univocità  emotiva  che non può prescindere dalla   confessione.


Spazio e  soluzione di continuità
 Si ricorda dal precedente post da cui questo  trae spunto,  che il cosiddetto “effetto di non località” dell’ entanglement quantistico  si realizzava   quando una delle  due entità particellari entangled fosse stata “esaminata” (con l’idonea strumentazione). L’altra assumeva  immediatamente in modo speculare la medesime caratteristiche  di carica o di spin anche se si fosse trovata   agli antipodi dell’ universo. Il parallelismo anche  nel comportamento  psichico  dei   rapporti interpersonali  è  di meno immediata interpretazione, ma non per questo non si verifica. Tutto avviene, infatti,  come se si instaurasse tra le due entità emotive, un collegamento diretto senza  soluzione di continuità,  malgrado la  distanza interposta. 

 Viene tuttavia a supporto  la gestalt o “psicologia della forma”  a chiarire come la percezione  dell’evento possa essere avvertita a livello  di coscienza, a prescindere da una separazione  spazio-temporale. Infatti, anche un evento  che si verifica a ragguardevole  distanza, può essere  percepito  telepaticamene dalla mente del partner nello stesso modo di  un’informazione a tempo reale.


Radin  Dean, Menti interconnesse, Mediterranee, Roma, 2013, pp.275


  Si tratta quasi sempre  di una  rivelazione emotiva piuttosto che  razionale. In genere si avverte  soltanto la sensazione di ciò che avviene attraverso la percezione  nel momento in cui si crea  un collegamento di  pensiero. In questo senso si esprime anche  G. Jung  nelle considerazioni sulla sincronicità. Un altro piccolo esempio eloquente  nella quotidianità  di ognuno,  lo si ha quando ci si accinge a telefonare a qualcuno e ci vediamo precedere  dalla stessa persona o viceversa!


Massimo Teodorani, Sincronicità, Macro Edizioni, 3.a rist., 2011,pp.160



Al di là dello spazio-tempo
 Sarebbe interessante penetrare ulteriormente il comportamento umano, in un confronto comparato tra psicologia, antropologia e fisica quantistica. E’ infatti  più che plausibile ritenere che  leggi del cosmo che dominano la materia, non soltanto non siano avulse dall’apparente libertà dei comportamenti umani,  ma che siano le medesime che governano le energie psichiche dell’Uomo,  posto  al  centro  sapienziale di tutto  l’Universo, dove aleggia lo spirito della grande creazione.

              

           -----------------------------------------


 Come Rodin Dean, Massimo Teodorani e tanti altri, l’autore del post ritiene che una medesima legge valga per la materia di cui è fatto l’universo e per il comportamento umano. Tesi di tutto rispetto. Io non nascondo, tuttavia, di avere qualche perplessità in proposito. Perché – anche se in qualche caso l’esperienza crede di poter accertare l’analogia tra fenomeni fisico-cosmici e comportamenti psichici di individui umani di un piccolo pianeta di una sola galassia, tra cento miliardi di galassie – questa weltanshaaung mi sembra più che altro espressione dell’esigenza della mente umana di ridurre tutto ad unità, secondo una visione meccanicistica e deterministica della natura umana o, paradossalmente, in virtù di una concezione misteriosofica e religiosa che, dimenticando la lezione di Giordano Bruno degli “infiniti mondi in infiniti spazi”, fa dell’Uomo e della Terra il centro dell’Universo, salvo poi a considerare l’individuo umano alla stregua di un automa. Ciò che lo scientismo metafisico e/o teologico non riesce a comprendere è che il senso dell’esistenza umana, posto che questa abbia un senso, sta proprio nel risveglio della coscienza e nell’acquisizione della libertà di contro alla “necessità” della natura.

sergio magaldi 

martedì 2 luglio 2013

LE ULTIME FRONTIERE DELLA FISICA QUANTISTICA





L’ “ENTANGLEMENT”  E   LE  ULTIME FRONTIERE    DELLA 
FISICA QUANTISTICA

di Alberto Zei

SOMMARIO - Si tratta del paradosso spazio-temporale delle particelle sub atomiche  che anche quando sono separate  si comportano contemporaneamente nel medesimo modo.  Rivoluzionarie saranno le imminenti  applicazioni nel campo della informatica.  Ma non è  tutto.
                                                  
 Vi sono delle  situazioni nel mondo scientifico precisamente della fisica quantistica che rispondono a delle condizioni  apparentemente assurde in cui le attese di risultato  sono talmente intricate tra loro da non poter prevedere in nessun modo come potranno definirsi se non  dopo che uno degli eventi si è verificato. Ciò è  dovuto al fatto che lo stesso controllo da parte di coloro che partecipano all’esperimento riesce  di per sé a interferire  determinandone  il risultato nel  preciso istante che questo viene osservato.

Si tratta di un presupposto difficile ad essere compreso dalla nostra mente razionale poiché l’ambiguità di una situazione di questo genere ammetterebbe  che un problema regolato con leggi fisiche dell’universo possa essere determinato dallo spirito di osservazione degli sperimentatori nell’istante  che questi lo osservano.




Il dualismo onda particella
 Nella fisica quantistica infatti, vi sono molti esempi che realizzano  una situazione del genere. Tra di questi  vi è quello dell’ormai famoso gatto di Schrödinger  che nell’esperimento che lo coinvolge non sa  di essere vivo o morto se non nel momento stesso in cui qualcuno apre la porta dell’ambiente per controllarne lo stato vitale. E’ inutile scendere nei particolari ripetendo il racconto ormai noto, ma l’esemplificazione della sovrapposizione dello stato di vita o di morte del gatto in questione corrisponde alla condizione di ambiguità che nella fisica quantistica alcune particelle subatomiche assumono quando sono cogenerate. Infatti, queste particelle (fotoni, elettroni, neutroni, ecc.)  anche se una distanza siderale le separasse,  inizialmente manterrebbero lo stesso stato di ambiguità  di forma d’onda  o di corpuscolo particellare,   fino a quando non si andasse a rivelare la natura di una .della due. L’ altra,  fino allora incapace di  uscire  dalla propria promiscuità  di forma d’onda o di  corpuscolo particellare (materia o energia), assumerebbe  istantaneamente   la medesima natura di quella osservata dallo sperimentatore fino ad avere   spin  o carica  perfettamente speculare.

Sovraposizione di stati incongruenti 
 Il paradosso, che  alla luce del  buon senso  non si dovrebbe realizzare, ha un duplice aspetto. Il primo  consiste   nello stato di  sovrapposizione di essere e non essere  onda o particella; il secondo nel fatto di mantenersi in stato di indeterminazione  fino a quando non si cercherà  di “smascherare” attraverso l’osservazione  questa  doppia indefinita natura.

 Ecco che solo allora,  le due entità si presenteranno candidamente vestite con il medesimo abito: particella l’una, particella l’altra; onda l’una, onda l’altra. Insomma diverranno due gemelli  ma concepiti in modo contrario, come si trovassero  davanti allo specchio, a prescindere dalla distanza intercorrente tra di loro.

 In linea  teorica  se la prima onda particella rivelasse la propria natura nel laboratorio vicino casa, la seconda  si comporterebbe istantaneamente nella stessa maniera anche se si  trovasse nella galassia di Andromeda.

 La trasformazione di  stato, a causa dell’interferenza dell’osservazione umana che impone alle stesse entità di assumere le medesime “sembianze”,  prende corpo, come detto,  quando la prima delle due viene controllata. Questo fondamentale  passaggio  prende il nome di “riduzione”.

Nel concreto
 Se è vero, almeno fino adesso, che l’entanglement  potrà  trasportare  segnali alla velocità superluminali, quindi oltre il limite conosciuto della massima velocità  nell’universo, è altrettanto vero che i segnali  in questione non potranno contenere informazione a causa della imprevedibilità della assunzione di stato (ad es: positivo  o negativo, spin   up o down, ecc).






 Per questa fondamentale ragione,  non essendo possibile imprimere in input alle “particelle messaggere”  alcuna informazione voluta, resta chiaro che il segnale  in arrivo  trascina con sé il peccato originale della sua stessa aleatorietà. Un segnale senza informazione non serve a niente (o quasi). Un altro modo per teorizzare l’entanglement senza coinvolgere la insuperabilità della velocità della luce (“Relatività ristretta”  di Einstein)   è quello sostenuto da molti teorici  secondo i quali   le particelle entangled sono parti di un unico sistema che però è collocato in uno spazio  più espanso e che  quando reagisce,  si comporta come una entità unica integrata.  Per questa ragione la contemporaneità di risposta non realizza  alcuna violazione del limite cosmico della massima velocità consentita.

 L’entanglement  comunque, costituisce  la base di ricerca  delle tecnologie emergenti per il processamento dati i quali, unitamente all’indispensabile  utilizzo dei classici canali di supporto trasmissivo, consentiranno un prodigioso salto di qualità alla informatica in generale e agli  elaboratori elettronici in particolare.




 È bene però precisare che il salto qualitativo non riguarda  la  velocità di trasmissione, per le ragioni prima precisate,  ma la possibilità di superare il codice binario  (0,1) arricchendo l’informazione con la contemporanea trasmissione informatica di altri dati come l’ orientamento  di spin.

 La ricerca sulle possibili applicazioni è, infatti,  in procinto di aprire alla computeristica una nuova era   con  una vera e propria rivoluzione sulla quantità dei dati di elaborazione. Se questo avverrà, allora sarà possibile eseguire un numero esorbitante di operazioni al secondo.

 Il momento di “riduzione”
 Ritornando al  concetto dell’entanglement,  la teoria sta spingendo l’indagine nel cuore del sistema rappresentato soprattutto dal  momento della  “riduzione”.  Invero,  sappiamo che esiste  ad un istante del processo,  il momento  critico dal quale scatta la commutazione  ma ancora non riusciamo a comprendere completamente quale sia il preciso fattore scatenante il cambiamento.

 Si deve, infatti, tener conto che non solo queste entità  particellari  si comportano nel modo descritto  quando una di queste viene misurata,  ma anche quando ci si  accinge a preparare la misura quantunque questa non venga poi  eseguita.

 A questo punto si può ben comprendere su quale terreno l’entanglement ci ha condotto; terreno che qualcuno non esiterebbe a considerare metafisico se non esoterico.


Le nuove frontiere della scienza
 La prospettiva che si sviluppa nel campo della comunicazione ed in particolare dell'informatica è quella della di un'intelligente applicazione delle nuove possibilità offerte dall'entenglment. Omettendo una esauriente descrizione del  metodo, si vuol porre  soltanto in evidenza che mentre l’informatica classica si avvale  del “bit” dotato soltanto di due livelli di stato (zero o uno) l’entenglement offre invece con il  “qubit”  (quantum bit) una scala di valori praticamente senza soluzione di continuità così come può essere l’orientamento sincrono degli spin di due o più particelle entangled.

 Aggirare gli ostacoli che si frappongono  alle leggi dell’universo per attivare ciò che si rende necessario al progresso della scienza e dell’umanità, non è da poco. L’uomo possiede però la più potente arma dell’universo che la forza del pensiero creativo  espressa dalla sua volontà

Oltre la dimensione reale
 Molto ancora  vi sarebbe da approfondire sulla progressione degli eventi di coerenza che le particelle/onde  assumono nella fisica quantistica.

 Ma le leggi del cosmo  sono così differenti da quelle che sovraintendono il comportamento umano?


 Sarà interessante esaminare, in una prossima occasione, se le leggi che dominano la materia e l’energia siano le stesse che riguardano l’Uomo.