venerdì 29 maggio 2015

MATTEO RENZI TRA BONUS E CONTRORIFORME

Da Triskel 182.wordpress.com - Offerta di Primavera [Giannelli]



 Anche a chi ha sempre manifestato una certa simpatia per Renzi – magari solo riconoscendogli il merito di essere il più dinamico tra i Presidenti del Consiglio dei Ministri dell’Italia degli ultimi vent’anni – non sfugge che le ultime mosse del segretario del PD, nonché capo del governo, siano state improvvide. Per far fronte alla sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato incostituzionale il blocco delle perequazioni anche per le pensioni più basse, cosa escogita Matteo Renzi? Restituisce in minima parte quanto dovuto e sino a un massimo di 5 euro mensili alle pensioni lorde di 2860 euro mensili, cioè al di sotto delle 2000 euro nette, sbloccando per il futuro quel blocco che era stato definito solo “temporaneo” dal governo Monti-Fornero. Con due conseguenze immediate, l’una esplicita, l’altra implicita. Per la prima, visto che siamo in campagna elettorale, spacciando il provvedimento di mini-restituzione per un bonus simile a quello famoso degli 80 euro, senza tener conto che colui che percepisce una pensione sotto i 2000 euro mensili potrebbe godere di entrate ben superiori, se si tenesse conto della sua dichiarazione dei redditi. Con ciò perpetuando una fiscalità iniqua a danno degli italiani. Per la seconda stabilendo in via di principio che oltre la soglia dei 2860 euro lordi, siamo di fronte a pensioni cosiddette d’oro, per le quali il blocco “temporaneo” della perequazione continuerà a valere per il futuro. Con quale disinvoltura un politico italiano, consigliere regionale o parlamentare o ministro, riesce ad affermare che dai 2861 euro lordi le pensioni diventano d’oro?

 Non basta, perché a proposito di fiscalità, Matteo Renzi va strombazzando da tempo l’attuazione di un provvedimento che avrebbe fatto risparmiare tempo e denaro ai contribuenti [sempre se dotati di un pc]. La realtà mostra il contrario. Provate a chiedere il modello precompilato. Dovete essere in possesso di uno speciale PIN che forse riuscirete a ottenere, burocrazia permettendo, dopo diversi giorni. Se vi riuscirà di ottenerlo, capirete subito che avete fatto una fatica inutile e perso tempo prezioso, perché se, oltre al reddito di pensione o di lavoro, possedete altri redditi o avete diritto a detrazioni, dovrete presentarlo ugualmente a un CAAF. E qui viene il bello! Fino all’anno scorso la sola presentazione del 730 non era soggetta a costi [diverso il caso se incaricavate il CAAF della compilazione], da quest’anno vi chiedono una “tassa”, che di fatto è obbligatoria, per la sola consegna [CAAF-CGIL prende 10 euro per ogni dichiarazione presentata].

 Davvero un bel guadagno per i cittadini!

sergio magaldi


AMARE ISRAELE




Dall’ INTRODUZIONE di Rodolfo Chur Ballardini 
-Gerusalemme-
                                          
  L’argomento principale del testo è il processo intentato a Gesù nel Praetorium romano di fronte a Pilato e la sua condanna a morte, da secoli attribuita al popolo ebraico.

 Sulla base di tale accusa di ‘’Deicidio’’ […] gli Ebrei sono stati perseguitati, convertiti con la forza e decimati […]. 

 Appare quello del Canetti un lavoro improbo, una sorta di ‘’Missione Impossibile’’. Ma non è così. Una lettura attenta […] dovrebbe […] far sorgere dubbi sulla veridicità storica dei Vangeli i cui autori, non furono contemporanei del Gesù di Nazèreth […]

 Canetti non si pone la domanda se il Gesù dei cristiani sia davvero esistito per come è stato descritto, non vuole delegittimare una fede. Niente di tutto questo […] Gesù non ha nulla a che fare con questi efferati antisemiti. Era un buon giudeo, uno zelota,  un sionista ante-litteram,  un ebreo che combatteva contro Roma. Per queste ragioni Tiberio imperatore, su consiglio del famigerato prefetto Seiano, spedisce in Israele uno dei più sanguinari governatori, il noto Ponzio Pilato.

 Dunque come è possibile credere alle parole dei Vangeli che mostrano un Pilato clemente nei confronti di Gesù da lavarsi persino le mani del suo sangue? Non è stato forse lo stesso Pilato ad inviare nel Getzemani una coorte di soldati, una perfetta macchina da guerra, per arrestare Gesù insieme agli Apostoli che si erano rifugiati in quel luogo?

 E chi altri se non l’autorità imperiale avrebbe potuto condannare a morte un ribelle pericoloso per il seguito che aveva? Gesù entrò in Gerusalemme alla testa di centinaia di zeloti armati di bastoni acuminati e nascosti con rami di palme. Venne acclamato dalla folla dei presenti ‘’Re dei Giudei’’, quanto bastava per una condanna a morte da parte di Ponzio Pilato. 

 Alla luce di queste verità storiche il mondo cristiano è invitato a riflettere su quanto accaduto e valutare con obiettività il racconto evangelico sempre nell’interesse di un sincero dialogo […]


                    Dalla scheda tecnica di AMARE ISRAELE

  Fulvio Canetti traccia una confutazione delle infondate tesi del “deicidio” di Gesù, secondo i Vangeli, condannato alla crocifissione per volontà degli Ebrei. Le taciute responsabilità dei Romani, in particolare del Governatore della Giudea, Ponzio Pilato, costituiscono la pietra miliare di un pensiero antisemitico, oggi antisionista, che sarà cullato dal Cristianesimo nascente […]

 Sulla base di un’accurata ricostruzione storica dell’occupazione romana  della Giudea  e sui movimenti ebraici, che combattevano Roma, le vicende narrate nei Vangeli appaiono  lacunose. In effetti sono state descritte parecchi anni dopo gli avvenimenti, per sentito dire e con chiare intenzioni politiche […]

 Dalla distruzione di Gerusalemme, per mano dei Romani, fino alla creazione dello Stato di Israele, la storia degli Ebrei è stata costellata da persecuzioni, condanne, false accuse, frutto di calunnie e menzogne, senza nessun fondamento […]

 Gesù, oggi, viene  rappresentato nella Chiesa della Natività a Betlemme, coperto da una kèffia palestinese, insieme a suo padre Giuseppe, che porta la kèffia sulla testa. Secondo questa parodia, Gesù non solo non è un ebreo, ma neanche un ‘’cristiano’’. Lo scopo è evidente: presentare Israele come ‘’cattivo’ trasfigurando il Terrorismo in una Cristologia, dove i Palestinesi sarebbero tanti Gesù sulla croce, vittime innocenti dell’occupazione israeliana.


 La sopravvivenza del Popolo Ebraico e il suo ritorno nella Terra Promessa, coronati ambedue da successo, costituiscono invece un grande miracolo, unico, nella Storia […]

giovedì 21 maggio 2015

NAZISTI IN POLONIA nel romanzo di Ronald H.Balson

Ronald H.Balson, Volevo solo averti accanto, trad. Lucia Ferrantini, Garzanti, Milano, 2014,pp.420


 Questo romanzo d’esordio di Ronald H.Balson ha goduto di meritata fortuna grazie al passaparola. Il titolo in originale è Once We Were Brothers [“Un tempo eravamo fratelli”] e riprende le parole che Ben Solomon, nel raccontare del suo passato, rivolge all’avvocato che spera lo rappresenti in giudizio contro Elliot Rosenzweig, magnate e gran benefattore della città di Chicago. Il titolo italiano, Volevo solo averti accanto, è dunque totalmente inventato, come spesso avviene, e per giunta sa un po’ di retorica sentimentale. Il libro è però meritevole. Con il suo ritmo incalzante tiene desta l’attenzione del lettore e offre un ulteriore spaccato di ciò che fu l’occupazione nazista della Polonia, durante la Seconda Guerra Mondiale. Risulta inoltre accattivante la formula della narrazione - ancorché non nuovissima - incentrata su due simpatici protagonisti, Liam e Cat, rispettivamente un investigatore privato e una donna avvocato, che insieme cercheranno di far luce su una vicenda dai risvolti umani e drammatici.

 Durante il gran gala di apertura del Teatro dell’Opera di Chicago, l’ebreo Ben Solomon aggredisce, pistola alla mano, il cittadino esemplare Elliot Rosenzweig, accusandolo di essere stato un criminale nazista e di chiamarsi in realtà Otto Piatek. Costui si difende dichiarando il suo stato di sopravvissuto dei campi di sterminio e mostrando pubblicamente il tatuaggio impresso sul braccio, che reca i numeri con cui, com’è tristemente noto, i nazisti marcavano i prigionieri. Solo Liam Taggart, l’investigatore privato, sembra credere a Ben e si rivolge alla sua amica Catherine Lockhart, avvocato di un prestigioso ufficio legale della città, perché accetti la causa che l’ebreo vuole intentare contro Elliot Rosenzweig per averlo derubato dei beni di famiglia, quando ricopriva la carica di Hauptscharfürer di Zamość, una piccola città della Polonia sudorientale.

 Catherine non vuole saperne, ma per affetto [amore?] verso il suo amico Liam, accetta di ascoltare a più riprese la versione di Ben. La narrazione si dipana d’ora in avanti su due registri. Da una parte l’attualità [siamo nel 2004], con le ricerche dell’investigatore privato per acquisire prove da portare in tribunale, dall’altra il racconto di Ben Solomon che, nel ricordare un passato che risale al 1933, sembra quasi riviverlo in una specie di incantamento e con divagazioni che finiscono per sconcertare, ma anche per commuovere il suo avvocato. Soprattutto quando parla di Hannah, il suo grande amore, e della triste sorte toccata prima a sua sorella Rebecca, poi a tutta la sua famiglia.

 Otto Piatek, coetaneo di Ben, non ebreo e figlio di un polacco e di una donna tedesca, per intercessione di padre Xavier, era stato accolto dai Solomon ed era rimasto nella loro casa dai 12 ai 19 anni circa, sino al giorno in cui sua madre l’aveva convinto a lasciare quella “famiglia di ebrei” per assumere un incarico al servizio dei nazisti che occupavano Zamość. Otto aveva accettato anche perché il padre di Ben, al quale era molto legato, gli aveva suggerito che in quell’ufficio avrebbe potuto rendersi utile agli ebrei perseguitati. E il primo atto del ragazzo era stato quello di nascondere gioielli e oggetti di valore delle famiglie ebree di Zamość e dintorni, per evitare che finissero nelle mani dei nazisti. Con l’incalzare della guerra e della ferocia nazista, Ben aveva purtroppo assistito alla lenta metamorfosi di Otto, sino al momento in cui, colui che considerava un fratello aveva assunto il potere nella città, macchiandosi di crimini e organizzando la deportazione di gente con la quale aveva trascorso la propria adolescenza. Dal canto suo, Ben era entrato nella resistenza. La realtà storica racconta, infatti, che la difesa della regione di Zamość fu una delle pagine più gloriose dell’intera resistenza polacca. E per rendersi conto di quanto fu grande la barbarie nazitedesca in tutta la Polonia, semmai ve ne fosse ancora bisogno, vale la pena di ricordare che proprio agli inizi di quest’anno è stato rinvenuto un ulteriore documento:

 È stato ritrovato poche settimane fa in Polonia un documento che aggiunge un importante tassello a testimonianza di cosa avvenisse durante la Shoah. Si tratta di un diario scritto dagli ufficiali nazisti, che descrive giorno per giorno i accadimenti salienti che avvenivano nel Ghetto di Lodz, il secondo più grande d’Europa, in cui si stima siano passati circa 200.000 ebrei prima di essere deportati nel campo di sterminio di Auschwitz. Ne tornarono circa 10.000.
Nelle lucide quanto agghiaccianti pagine, vengono descritte le punizioni inflitte agli ebrei intenzionati a scappare, le torture a cui vennero sottoposti i personaggi più influenti della comunità per ricavarne informazioni e storie di famiglie cristiane che vennero colpite per aver tentato di aiutare gli ebrei e di nascondere bambini nelle proprie abitazioni.
Il diario è ora in possesso dello Shem Olam Institute for Education, Documentation and Research on Faith and the Holocaust, il quale ha presentato il diario che o nazisti avevano cercato di tenere nascosto, proprio ieri, nel giorno in cui l’ebraismo mondiale recita il Kaddish HaKlalì, una preghiera per tutte le vittime della Shoah che non hanno avuto sepoltura e di cui non si conosce l’anniversario della scomparsa" 

[Il testo e l’immagine che segue sono ripresi da www.progettodreyfus.com].






 Se quello delineato da Ben era il ritratto attendibile del suo coetaneo e quasi fratello, restava però da dimostrare che Otto Piatek e Elliot Rosenzweig fossero la stessa persona. Impresa quanto mai ardua, in mancanza di prove concrete. Il lettore resta così nel dubbio sino alla fine, sconcertato nel chiedersi se sia stato davvero possibile per un criminale nazista sfuggire alla cattura, fingendosi addirittura un sopravvissuto dei campi di sterminio, con tanto di marchio sul braccio, o se la mente di Ben Solomon, sconvolta dal dramma personale e familiare, abbia solo immaginato di vedere nel ricco magnate di Chicago, il “fratello” di un tempo.


sergio magaldi

mercoledì 13 maggio 2015

IL MITO DELL'ETERNA GIOVINEZZA

Adaline-L'eterna giovinezza, regia di Lee Toland Krieger, USA, 2015, 110 minuti


 Il mito dell’eterna giovinezza è ancora presente tra noi. Poco importa che oggi si riguardino con scetticismo e ironia le ricerche degli alchimisti dei secoli passati. L’idea di fondo dell’alchimia si basava sulla trasmutazione dei metalli e sul rinvenimento di una sostanza [pietra filosofale, santo graal, acqua aurea, elisir di lunga vita ecc…] capace di mutare il piombo in oro e, fuori di metafora, in grado di prolungare la vita, guadagnare l’eterna giovinezza e persino l’immortalità. Nobilitava il tutto un’impostazione ermetica di quest’arte, intesa come trasfigurazione dell’anima e “capacità di trasformare se stessi da pietra grezza in pietra filosofale, dall’oscuro metallo plumbeo della condizione umana all’oro splendente in cui possiamo mutarci, rettificando noi stessi in virtù della scintilla divina che è in noi” [citazione dal post ALCHIMIA, UN SAGGIO DI GIOELE MAGALDI. Clicca sul titolo per leggere].

 Naturalmente, non tutti i ricercatori avevano le stesse motivazioni: c’era chi andava in cerca della ricchezza materiale, chi di quella spirituale e chi perseguiva soltanto il fine della longevità e dell’eterna giovinezza, come ancora confessava candidamente circa mezzo secolo fa Paulo Coelho, nella prefazione del romanzo che gli avrebbe reso successo e fortuna: L’Alchimista: l’unico libro del noto scrittore brasiliano che mi sentirei di consigliare:

“Ho studiato Alchimia per undici anni. La semplice idea di trasformare i metalli in oro o di scoprire l'Elisir di Lunga Vita era già di per sé abbastanza affascinante da attrarre l'attenzione di qualunque apprendista nel campo della Magia. Confesso che l'Elisir di Lunga Vita era comunque ciò che esercitava su di me la maggior seduzione: ancor prima di capire e di sentire la presenza di Dio, l'idea che un giorno tutto sarebbe finito mi rendeva disperato. Così che, quando seppi della possibilità di ottenere un liquido in grado di prolungare per lunghi anni la mia esistenza, decisi di dedicarmi anima e corpo alla sua fabbricazione” [citazione dal post Narrativa e soprannaturale: P.COELHO. Clicca sul titolo per leggere].

 Insomma, molti anelano alla fabbricazione dell’oro, pochi sono coloro che lo conseguono, per aver scambiato l’oro filosofico con quello materiale o per essere mossi solo da intenti egoistici. In Aesh Mezareph, il più antico trattato di alchimia cabalistica, è detto che il conseguimento dell’oro dei saggi è circondato di molti misteri che non tutti sono in grado di penetrare:

  “Acqua Aurea, con questo nome compare infatti in Genesi 36, 39. Ma sappi, figlio mio, che in queste cose sono nascosti misteri tali da non poter essere proferiti da bocca umana: io pertanto più oltre non peccherò con la mia lingua, ma terrò chiusa la bocca, come sta scritto in Salmi 39.2.
   Ghechazi, servo di Eliseo è il tipico rappresentante degli studenti volgari della natura che si dispongono ad osservare la valle e le profondità della natura ma non penetrano i suoi segreti, per cui si affaticano invano e restano servi per sempre. Essi forniscono consigli su come procurare il figlio del saggio, la cui generazione è impossibile in natura(II Re 4,14,)ma non sono in grado di fare nulla per generarlo (per la qual cosa si richiede un Uomo come Eliseo). La Natura, infatti, non svela i suoi segreti a costoro (ibid.,26), ma li disprezza (ibid.,30), e per loro è impossibile resuscitare il morto alla vita (ibid.,31)” [citazione dal post ALCHIMIA E QABALAH nel I Capitolo di AESH MEZAREPH. Clicca sul titolo per leggere]



Lucas Cranach, Eterna Giovinezza


 Il mito dell’eterna giovinezza, o almeno quello del suo prolungamento, sopravvive oggi non più in virtù del sogno alchemico, ma grazie ai “miracoli” della chirurgia estetica. Il chirurgo che ridona l’illusione della giovinezza e il suo cliente hanno accettato il “lutto dell’onnipotenza”, rinunciando definitivamente all’idea di immortalità e persino a quella più realistica della longevità, che talora è addirittura messa a rischio dal tentativo di ingannare il tempo. Il chirurgo ha forse conseguito l’oro materiale degli alchimisti, dei cosiddetti soffiatori, e il cliente, ignorando che la sola giovinezza che il vecchio Saturno è in grado di dispensare è quella dello spirito, ha trovato con l’artificio la falsa trasmutazione del suo piombo, mutato non già nella purezza dell’oro, ma in quella ingannevole del similoro.

 “Nel passato sedicenti alchimisti hanno preso alla lettera il linguaggio criptico dei trattati riguardanti la produzione dell’oro e speso la loro esistenza in un sterile lavoro col crogiolo, per cercare soltanto la ricchezza materiale; ma i veri alchimisti li chiamavano, con disprezzo, soffiatori di carbone o 'farfalle affumicate'. A partire dal Rinascimento tutti i regnanti d’Europa ospitavano a corte un alchimista - insieme ad indovini, artisti e saltimbanchi - con la speranza di aumentare i propri depositi d’oro.
A Praga, nella seconda metà del Cinquecento, l’imperatore Rodolfo II d’Asburgo aveva al suo servizio più di duecento alchimisti; ma alcuni fecero una brutta fine. Infatti i soffiatori erano spesso torturati o imprigionati, sia perché rivelassero i segreti dell’Opera, sia perché non erano in grado di mantenere la promessa di arricchire i loro finanziatori. Accusati di produrre oro contraffatto, molti venivano processati per truffa e messi alla gogna con vesti dorate, oppure impiccati con un cappio dorato.”[Giorgio Sangiorgio, in La produzione dell’oro, Il Convivio, Centro di Studi Ermetici Alchemici, www.il-convivio.it ].

 Il film Adaline-L’eterna giovinezza [in originale, The age of Adaline e dunque: “L’età di Adaline”] si avvicina al mito in una prospettiva abbastanza diversa e che induce a riflettere. Per straordinarie e improbabili cause naturali, una donna di 29 anni, Adaline Bowman, interpretata da un’affascinante e coinvolgente Blake Lively [che in realtà ha 27 anni e un volto enigmatico, giovane ma senza età, che nel film le consente di portare egregiamente i suoi 106 anni…] cessa di invecchiare e, per nascondere il proprio segreto al Federal Bureau of Investigation [FBI] che ne farebbe una cavia, è costretta a cambiare continuamente identità, tralasciando affetti e amicizie che d’altronde lo scorrere del tempo si incarica ugualmente di separare da lei.

 Il regista Lee Toland Krieger si mostra abile nel creare un clima di suspense nello spettatore che, mentre attende di sapere dove la vicenda andrà a parare, comincia a chiedersi se la prospettiva di una eterna giovinezza e addirittura l’idea dell’immortalità non siano da preferirsi alle ben note certezze dell’invecchiamento e della morte. Chi non desidererebbe vivere per sempre in un’eterna giovinezza? I problemi cominciano quando lo spettatore esce dal cinema, riflette e prova a darsi qualche risposta. La più immediata sa di benevolenza e apparente altruismo: se ciò che capita a Adaline, capitasse a tutti, non ci sarebbe né perdita di identità, né di affetti e nemmeno il pericolo di fare da cavia. Insomma, senza vecchiaia e morte, saremmo tutti più felici! Già, ma allora si dovrebbero eliminare anche le nascite, altrimenti le risorse del pianeta si esaurirebbero in fretta. Se anche questo fosse possibile, avremmo però un’umanità senza futuro. Così riflettendo, lo spettatore appena uscito dal cinema arriva a concludere che la morte è una necessità della natura. Ma la morte, egli si sofferma a pensare, non è sempre frutto di invecchiamento, dunque basterebbe almeno eliminare la vecchiaia. Alla soglia dei trent’anni, così come per l’Adaline del film, il tempo dovrebbe fermarsi per tutti. La diminuzione dei decessi per malattia sarebbe compensata dalle morti incidentali, da quelle per motivi bellici e conflitti interpersonali, in forte aumento per la maggiore aggressività di popolazioni giovani. Così risolta la questione di una crescita demografica incontrollata della popolazione, in un mondo con la morte ma senza la vecchiaia, lo spettatore saggio si rende subito conto di un altro problema: la furente rivalità che si scatenerebbe tra individui giovani di pari età, costituenti la parte preponderante della popolazione. Una lotta senza tregua per accoppiarsi, accaparrare posti di lavoro, usufruire delle risorse disponibili. Una guerra più cruenta di quella che abbiamo oggi sotto gli occhi e che in breve tempo condurrebbe all’estinzione del genere umano. La conclusione è che il nostro spettatore si viene convincendo che, così come la morte, anche la vecchiaia è necessaria nell’economia dell’universo.

 Insomma, allo spettatore che non riguardi il cinema solo come momento di evasione, ma consideri possibile l’opportunità di una riflessione, il film di Lee Toland Krieger può far pensare tutto questo,  anche se la sceneggiatura di Adaline-L’eterna giovinezza è molto al di sotto del tema proposto, né mancano sequenze di sapore prettamente hollywoodiano. E, se lo spettatore è anche un po’ filosofo, non mancherà di ricordare l’affermazione di Leibniz   (1648 – 1716), secondo il quale “Quello in cui viviamo è il migliore dei mondi possibili”. Poco importa, sotto questo riguardo, se l’universo e la vita siano dono di Dio, come credeva il filosofo tedesco, o l’Opera di un impersonale e Grande Architetto o semplicemente il prodotto di una Legge immanente della Natura.

sergio magaldi 

giovedì 7 maggio 2015

I FINTI TONTI

Immagine ripresa da www.novara5stelle.it

  
 Una volta si diceva: “Ci sono o ci fanno” per definire quanti si accontentino di un’analisi incompiuta, rispetto a un dibattito di rilevante interesse. Una presa di posizione parziale che non tiene conto, più o meno volutamente, di tutti gli elementi in questione. Parafrasando da un’espressione mediamente nota, si potrebbe dire che “La madre dei finti tonti è sempre incinta”. Se n’è avuto un esempio eloquente in occasione del voto di fiducia alla Camera sulla nuova legge elettorale. Gli ineffabili del PD [fortunatamente pochi], e non solo, ci hanno spiegato ripetutamente, sulla stampa e in TV, che “le regole del gioco” [dei ludi politici, s’intende], per avere credibilità e osservanza della democrazia, devono essere scritte a più mani, con ciò chiarendo che devono essere condivise dal maggior numero di legislatori, comprendendo perciò, oltre alla maggioranza di governo, anche le opposizioni o buona parte di loro. Più che giusto. Solo che si dimentica di dire che all’appello del governo per riscrivere le regole [nuova legge elettorale e riforme costituzionali], rivolto in prima istanza al Movimento Cinque Stelle – il partito più votato nelle ultime elezioni politiche, se si esclude il voto degli italiani all’estero – e successivamente agli altri gruppi dell’opposizione, solo Forza Italia rispondeva positivamente. Nasceva così il cosiddetto Patto del Nazareno, subito esecrato a cominciare da quegli stessi ineffabili del PD che oggi alzano la voce. Dopo un anno e qualche mese di commissioni parlamentari, dibattiti ed emendamenti, finalmente l’Italicum veniva approvato dal Senato con il voto del PD, dei suoi alleati di governo e di Forza Italia, parte considerevole dell’opposizione. Com’è noto, poi, lo stesso testo, neppure mutato di una virgola, era respinto alla Camera da Forza Italia, che prima chiedeva il voto segreto, poi disertava la votazione, dando prova di una incoerenza – incredibilmente e pretestuosamente motivata dalla mancata intesa sull’elezione del Capo dello Stato – di cui il suo elettorato non potrà non tenere conto. Che senso hanno allora le critiche degli ineffabili [dei quali peraltro sono stati accettati nel testo definitivo preziosi emendamenti] e di tutti gli altri che hanno deciso in partenza di non collaborare alla stesura delle cosiddette regole del gioco o di quelli che hanno contribuito a scriverle e approvarle, per poi bocciarle all’ultimo momento, e senza motivazioni specifiche, perché non potevano averne, dal momento che il testo approvato al Senato è identico a quello rifiutato alla Camera? Nessun senso, oppure quello dei finti tonti, appunto. Una “pianta” prolifica come mai in questi giorni.

 Si vedano per esempio i tanti giudizi positivi della stampa estera sull’Italicum, in un Paese che ha sempre vantato un primato in fatto di scarsa durata dei governi e di approvazione delle riforme, annunciate e mai portate a compimento, vuoi per la fragilità dell’esecutivo, vuoi per l’esistenza del bicameralismo perfetto. E questo mentre in Inghilterra si vota senza la prospettiva di poter costituire una maggioranza, in Germania governano “le larghe intese”, che di fatto bloccano da sinistra l’opposizione alla Merkel, e in Spagna si guarda da più parti alla nuova legge elettorale italiana, magari nell’eventualità di importarne il modello. Si fa finta di ignorare tutto ciò e si preferisce dire che aver posto la fiducia sulla nuova legge elettorale sa di attentato alla democrazia e di fascismo.

  E ancora, si veda la discussione circa la recente e giusta sentenza della Corte Costituzionale che ha giudicato irricevibile il blocco delle perequazioni delle pensioni. Qui c’è anche una responsabilità dell’attuale governo che avrebbe dovuto sbloccare un provvedimento ritenuto temporaneo, almeno per le pensioni più modeste, prima che la Consulta si pronunciasse in merito. Su questo tema, sembra addirittura mancare la tradizionale “astuzia elettorale” imputata al presidente del consiglio dei ministri, nonché segretario del PD. Tenuto conto, a quanto dicono i sondaggi, che il Partito Democratico gode di un considerevole consenso tra gli elettori con più di 54 anni e che per i cittadini compresi tra i 18 e i 54, il primato spetta ai Cinque Stelle, con oltre il 29% dei voti attribuiti. Ciò premesso, c’è da chiedersi perché si fa finta di girare attorno al problema e si continua a fare calcoli circa i costi della sentenza, che alcuni quantificano addirittura in 16-17 miliardi, mentre è noto a tutti, e prima di ogni altro ai super pagati consiglieri costituzionali, che il governo può al massimo disporre di un miliardo e mezzo [il famoso “tesoretto”!] e che la gestione delle risorse economiche di una nazione è dettata in Europa dall’infausta politica della BCE. Non sarebbe più utile, invece delle chiacchiere dei finti tonti, un provvedimento immediato per sbloccare la perequazione, tranne che per le “pensioni d’oro” [che sarebbe tempo di definire in termini accettabili e non ridicoli], rinviando a un momento più propizio la questione del rimborso degli arretrati? Ma le argomentazioni dei finti tonti hanno una funzione importante: preservare l’esistente.

 Devo purtroppo costatare che anche all’interno del Movimento Roosevelt fiorisce la pianta di cui sopra. Già nel corso del primo incontro tra gli Amici del MR del Lazio, sollecitai un dibattito sull’Italicum, sulla questione dei migranti ecc… Ho poi pubblicato due post all’interno dei gruppi facebook del Movimento, in cui parlavo della nuova legge elettorale. Con scarso risultato, perché a parte qualche generico “mi piace”, nessun roosveltiano è entrato nel merito della discussione, criticando magari quello che avevo scritto e/o aggiungendo ulteriori considerazioni. È vero che, senza riferirsi ai miei interventi, c’è stato qualche accenno all’Italicum, ma solo per demolirlo a prescindere, perché “roba di Renzi” e, dunque, per ciò stesso, irricevibile. Io credo che MR debba avere l’importante funzione, oltre che di battersi per la compiuta realizzazione dei diritti umani, sanciti coraggiosamente da Eleanor Roosevelt all’indomani della liberazione dal nazifascismo, anche di intervenire su questioni di stringente attualità. Come, per esempio, la nuova legge elettorale. Non basta dare per scontato che la si respinge in blocco e senza puntuali e realistiche motivazioni. Lo hanno già fatto in tanti. Cosa non va dell’Italicum? Il premio di maggioranza? Le preferenze dei cittadini, limitate al 40% degli eleggibili? Il limite del 3% perché un partito possa entrare alla Camera? O che altro? Io ho provato [vedi il post Dalla Bicamerale all’Italicum e clicca sopra per leggere] a indicare dei correttivi per il futuro di questa  legge: vincolo di mandato per gli eletti, riduzione del premio di maggioranza [330 deputati contro i 300 da assegnare alle opposizioni, rispetto all’attuale rapporto 340-290], aumento della soglia utile per far scattare “il premio” al primo turno [dal 40 al 45%]. Consapevole, tuttavia, che pretendere ora l’introduzione di emendamenti al testo già approvato dal Senato [come avevano prospettato gli ineffabili del PD], sarebbe stato solo il machiavello con cui rinviare ancora una volta la legge al Senato, affossare definitivamente la riforma e sancire la sconfitta di Renzi.

 Insomma, il mio auspicio è che i roosveltiani di facebook, i soci fondatori e gli iscritti di MR partecipino volentieri e in piena libertà di coscienza a un dibattito approfondito sui tanti temi che riguardano la vita dei cittadini di questo Paese e del mondo intero.


sergio magaldi  

martedì 5 maggio 2015

DALLA BICAMERALE ALL'ITALICUM

Immagine ripresa da wordpress.com


 La denuncia del Patto del Nazareno da parte di Forza Italia non ha avuto, almeno per il momento, l’esito felice che, per il centrodestra, ebbe la rottura della Bicamerale. Com’è noto, fu l’allora segretario del PDS, Massimo D’Alema, con Prodi al governo, a contrarre un patto con Berlusconi per istituire una Commissione Parlamentare per le Riforme Costituzionali che prevedeva anche una nuova legge elettorale. Inaugurata nel Febbraio del 1997, la Commissione, nel cosiddetto incontro della “crostata” del 18 Giugno 1997, suggellava l’accordo tra PDS, PPI, AN e FORZA ITALIA, per una repubblica semipresidenziale e una legge elettorale a doppio turno di coalizione. A qualche mese di distanza, Berlusconi denunciò l’accordo faticosamente raggiunto, chiedendo a sorpresa, per meri calcoli elettoralistici, l’introduzione del cancellierato e una legge elettorale di tipo proporzionale, determinando così il fallimento della Bicamerale.

 Le dinamiche che hanno portato alla rottura del Patto del Nazareno sono solo formalmente identiche a quelle che affossarono la Bicamerale. Sfasciando la Commissione, Berlusconi e Forza Italia, allora in rampa di lancio, si preparavano alla vittoria elettorale del 2001. Questa volta si è trattato invece, col pretesto dell’elezione non concordata di Mattarella al Quirinale, di arrestare l’emorragia di voti del proprio elettorato, sceso, durante le trattative per il varo delle riforme costituzionali e della nuova legge elettorale, di oltre il 10% dei consensi. Con il paradosso che l’Italicum, votato compattamente al Senato da Forza Italia, è rigettato inutilmente dai forzisti alla Camera senza essere mutato di una virgola.

  L’ineffabile Brunetta [e con lui anche la democratica Rosy Bindi] parla di “vittoria di Pirro” da parte di Renzi, perché si dichiara certo che la riforma costituzionale del Senato non passerà [così come prospetta un altro ineffabile, il democratico Roberto Speranza], stante i rapporti di forza all’interno di quel ramo del Parlamento e che, in conseguenza di ciò, l’Italicum, varato per un sistema monocamerale, verrà dichiarato incostituzionale, se non lo farà già nelle prossime ore il Presidente della Repubblica, come chiedono anche Cinque Stelle, Lega ecc… Una richiesta davvero strana e pretestuosa, giacché Mattarella, sebbene provenga dalla Corte Costituzionale, non ha certo in mente di rubare le prerogative e le competenze della Consulta. Un invito che serve solo alle opposizioni per prendere finalmente le distanze dal Capo dello Stato, così come fecero nei confronti di Napolitano.

 Non entrerò nel merito della nuova legge elettorale approvata ieri, per averlo già fatto [Vedi: Qualche considerazione sull’Italicum, cliccando sul titolo per leggere]. Mi limito a osservare che avrei preferito l’introduzione del vincolo di mandato per gli eletti, un premio di maggioranza meno consistente [330 per la maggioranza e 300 per le opposizioni, in luogo del rapporto 340 – 290, sancito dalla legge], una percentuale di voti del 45%, e non del 40%, per far scattare il “premio” al primo turno. Una misura più alta avrebbe infatti garantito quasi sicuramente il ballottaggio tra le due liste più votate, rendendo meno difficile da digerire il correttivo della democrazia parlamentare, rappresentato dal premio di maggioranza. Infatti, il previsto 40% dei voti espressi, tenuto anche conto del fenomeno sempre più rilevante dell’astensione e che, in una stessa lista [fortunatamente solo al primo turno], sia pure con un simbolo unico, possono confluire più partiti, rischia di essere raggiungibile, vanificando l’istituto del ballottaggio, presidio democratico di questo Italicum. È vero tuttavia che il limite di  ingresso del  3%, dovrebbe ostacolare di molto il raggiungimento del quorum che fa scattare il premio di maggioranza per una lista, già dal primo turno.

 Non sarà inutile accennare alle vere ragioni delle opposizioni per spiegare la scelta del voto segreto e dell’Aventino sulla legge elettorale. Forza Italia, che pure aveva accettato, per averlo votato in Senato, il principio del ballottaggio senza coalizione di liste, si rende ora conto che diventa difficile creare l’unita del centrodestra sin dal primo turno e soprattutto spiegare a quel che resta del proprio elettorato [11% secondo tutti i sondaggi] l’unificazione sotto la leadership del leghista Salvini [circa il 15% ], con Fratelli d’Italia e Casa Pound, per un programma elettorale che prevede addirittura l’uscita dall’euro. Cinque Stelle, dal canto suo, sa di essere, almeno sulla carta, avvantaggiata dal poter andare al ballottaggio contro il PD, ma sa anche che il Partito Democratico [appoggiato da SEL e altre forze di sinistra] potrebbe vincere già al primo turno e che comunque vincerebbe al secondo, grazie ai voti dell’elettorato di centrodestra che, tra Renzi e un pentastellato, sceglierebbero di sicuro il segretario del PD [opinione di cui non sarei tanto sicuro]. Ma, soprattutto, il Movimento di Grillo teme che il centrodestra, superando le divisioni interne, si presenti unito sin dal primo turno e che sia lui ad andare al ballottaggio. Timore non del tutto ingiustificato e che sottoscrivo anch’io. Circa le ragioni dell’opposizione all’Italicum, da parte della cosiddetta sinistra del PD, rimando al post citato sopra.

 Ciò premesso, resta da chiedersi se il vero problema per le opposizioni, oltre i calcoli di bottega sublimati di spirito democratico, non sia rappresentato dal non poter disporre, davanti all’opinione pubblica, di un leader credibile da opporre validamente a Matteo Renzi.


sergio magaldi