mercoledì 7 dicembre 2016

I PRIMI FRUTTI DELL'ALBERO DEL NO




Si cominciano a vedere i primi frutti dell’ Albero del No:

-  il suggerimento all’Italia, da parte di ambienti governativi tedeschi, di chiedere il soccorso del Fondo Monetario,

-        la secca intimazione di Bruxelles che l’Italia colmi al più presto il buco di bilancio di 15/17 miliardi,

-   l’invito rivolto al nostro Paese da più parti, di varare una patrimoniale da 15 miliardi per far fronte alla crisi,

-      l’impossibilità di andare a votare in tempi brevi, come hanno chiesto Grillo, Salvini e lo stesso Renzi,  per le seguenti ragioni:

a)manca una legge elettorale alla Camera come al Senato,       perché l’Italicum era previsto per l’elezione dei deputati solo nell’ipotesi di abolizione del Senato elettivo,

   b)la Corte Costituzionale deve pronunciarsi sulla costituzionalità dell’Italicum e, nell’ipotesi più ottimista, non lo farà che tra la fine di gennaio e i primi di febbraio. Solo dopo quella data si comincerà a discutere per due nuove leggi elettorali [una per la Camera, l’altra per il Senato]. Prevedendo il tempo record di tre mesi, si andrebbe a maggio e quindi, considerati i 60 giorni dallo scioglimento del Parlamento, si potrebbe votare a luglio, mese impraticabile perché è già estate. Tutto sarà perciò rimandato all’autunno: scioglimento dei due rami elettivi, 60 giorni, campagna elettorale ecc..

    c)una legge elettorale condivisa prima che si pronunci la Consulta è di fatto impensabile,
    
   d)l’esigenza di deputati e senatori di arrivare alla data del 17 settembre per assicurarsi vitalizi e pensioni
 
    e)l’ago della bilancia nel Pd diventa il correntone di democristiani doc che ha il suo punto di riferimento nel Quirinale e che per l’esperienza di mezzo secolo si muove sempre con passo felpato e naturale circospezione.

-        la certezza, dunque, in base ai punti a, b, c, d ed e, è di andare a votare non prima di dicembre 2017 o addirittura alla scadenza naturale di febbraio 2018,

-     l’ulteriore certezza di avere per più di un anno a Palazzo Chigi un esecutivo debole in patria e tuttavia fortemente condizionato dalla volontà di Bruxelles e di Eurogermania.

Con ciò non si intende sostenere che con la vittoria del Sì [peraltro impossibile: il 25% del PD, senza la minoranza, contro circa il 70% di tutti gli altri partiti] i frutti sarebbero stati migliori: il peggiore di tutti l’ulteriore peccato di Ubris da parte di Renzi: credersi imbattibile.
L’unica speranza, al momento, è che si verifichi qualcosa di positivo nella Direzione del Pd che si aprirà tra pochi minuti.



sergio magaldi

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