venerdì 31 marzo 2017

INTRODUZIONE ALLO STUDIO DELLA QABBALAH [Parte Ottava]




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 Clicca su ciascun titolo per leggere. I termini in grassetto, riportati una sola volta all’interno della stessa voce, indicano altrettante voci del glossario essenziale per lo studio della Qabbalah.

Etz Da‘at
 
 Etz Da‘at o albero della conoscenza è strettamente collegato al serpente tentatore e, del resto, Rabbi Lev, il creatore del Golem, in Sepher Netivot Olam (“Il libro delle vie del mondo”) sostiene la parentela tra l'uomo e il serpente. Secondo una leggenda talmudica, alla morte di un uomo, dalla sua spina dorsale nasce un serpente. La ghematria di Nachash, che si scrive da destra a sinistra con le lettere Nun-Chet-Shin (50+8+300=358=7), stesso numero minore di Eden: Ayin-Daleth-Nun=70+4+50=124=7] è la stessa di Mashiach, messia, scritto con le lettere Mem-Shin-Yud-Nun  (8+10+300+40)=358=7 e di Choshen, pettorale: Chet-Shin-Nun (50+300+8)=358=7. Il messia può essere scudo e salvezza oppure divenire un astuto tentatore. Il serpente, come strumento di Samaele (diavolo) che lo cavalca, è in realtà un cammello assai prezioso nel deserto.  In Genesi Rabbah (XX,2) si fa notare che dopo che Adamo ed Eva ebbero mangiato, Dio discute con loro, ma non col serpente che viene immediatamente condannato (Genesi, 3, 14), perché parlare con lui è inutile, egli è astuto ed avrebbe sostenuto che così come Dio aveva dato un ordine, lui aveva suggerito un'altra scelta. Non si deve parlare con lui perché è un incantatore: di qui la tradizione cristiana che identifica i suoi incantesimi verbali con quelli del demonio: "Sì... sì... no... no, il resto è del maligno".  L'astuto serpente aveva sopraffatto Eva, è detto in Genesi Rabbah XIX, 4, facendo insinuazioni sul suo creatore e affermando: “Dio ha mangiato di quest'albero e poi ha creato il mondo, per questo vi ha detto di non cibarvene, perché non possiate creare altri mondi... e divenire come lui".

 Gli studiosi della Torah s'interrogarono a lungo su che albero fosse quello della conoscenza e dunque sul frutto che il serpente dette ad Eva ed Eva ad Adamo. Furono sempre indecisi tra quattro frutti: il grano, l’uva, il cedro e il fico.  Alcuni dissero: “è il grano”, altri risposero: “anche se la conoscenza ci viene dal grano, è scritto albero e non esiste un albero del grano”. Rabbi Jehudah b. Ilaj disse che era uva perché in Deuteronomio è scritto: “la loro uva è uva velenosa ed i grappoli sono grappoli amari”. Quell’uva, infatti, fu amara al mondo esiliato da Dio. Qualcuno si alzò e disse: “non è l’uva perché da lei viene il vino che è il simbolo della vera conoscenza della Torah e della sua dolcezza.  E la vite da cui l’uva viene è come Israele che si appoggia alla Torah”. Rabbi Abbà di Akko disse: “era un cedro, come sta scritto in Genesi: la donna vide che era buono l’albero da mangiarsi”. E spiegò: “l’unico albero che si mangia come il frutto è il cedro, non ci nutriamo forse dei suoi germogli freschi?”. “No – disse Rabbi José – è il fico”. E chiarì prima i motivi per cui non era il cedro.  “L’albero della conoscenza del bene e del male – aveva concluso Rabbi José – è dunque il fico, perché fu l’unico albero ad accogliere Adamo ed Eva dopo il peccato; cioè, l’albero di cui mangiarono il frutto che provocò la malattia, fu anche l’unico ad offrire le foglie del farmaco temporaneo”. Ma anche Rabbi José trovò i suoi oppositori e qualcuno disse che non era il fico, il frutto della caduta, perché il fico è come la Torah. L’albero del fico ha radici morbide e che, tuttavia, s’infiltrano anche nella roccia più dura, proprio come la Torah. E questo è un albero i cui frutti si raccolgono un po’ per volta, come solo un po’ alla volta è possibile studiare la Torah. E come il fico è un albero che fin tanto che lo frughi trovi frutti, così è la Torah che più si studia, più se ne traggono insegnamenti. E insomma il vero frutto dell’albero della conoscenza non fu mai trovato.

 Esaminiamo ora cosa si dice dei due alberi in Genesi, II, 8: “E il Signore Dio piantò un giardino in Eden [Gan Eden= 53+124=177=15=6; cioè Tiphereth, la sesta sephirah dell’albero delle sephiroth o colonna di mezzo] a oriente, e vi pose l’uomo che aveva formato, 9: E il Signore Dio fece spuntare dal suolo tutti gli alberi belli a vedersi, dai frutti soavi al gusto. Fece crescere Etz Chayyim gan betrok (l'albero della vita entro o in mezzo al giardino) e l'albero della conoscenza (del bene e del male)” [Etz Da‘at, cioè: ’Ayin-Tzade e Daleth-’Ayin-Taw = 160+474=634=13=4 con lo stesso valore numerico di Amud Hashidrah, colonna vertebrale e di Yar-din, il fiume del giudizio, il quaternario. Diverso invece il valore numerico dell’albero della vita: Etz Chayyim: 160+8+10+10+40=228=12=3. I due alberi sono dunque distinti anche nel loro minore valore numerico, ma l’unità dei due alberi [la loro somma e la loro moltiplicazione] fa scomparire nuovamente il valore dell’albero della conoscenza. La loro somma produce il 7, come Nachash, serpente, Eden, paradiso, Mashiach, messia e Choshen, pettorale, e la loro moltiplicazione nuovamente il 3 [4x3=12=3], il valore dell’albero della vita.

 Così continua Genesi II, 10: “Dall’Eden sgorgava ad irrigare il paradiso, un fiume che dal paradiso si sprigionava in 4 fiumi diversi II, 15: Il Signore Dio perciò prese l'uomo e lo pose ad abitare nel giardino di Eden affinché lo coltivasse e lo custodisse, 16: Gli diede questo comandamento: ‘mangia pure di ogni albero del giardino 17: ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare, perché nel giorno in cui ne avrai mangiato certamente morirai’, III, 1 Il serpente [...] disse alla donna: ‘Perché Dio vi ha comandato di non mangiare del frutto di tutte le piante del giardino?’ 2-3: la donna disse al serpente: ‘Dei frutti di qualunque albero del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell'albero che sta betrok gan, (entro o in mezzo al giardino), Dio ha detto: ‘Non ne mangiate, anzi non lo toccate altrimenti morirete’, 4-5: ma il serpente disse alla donna: ‘No, voi non morrete. Anzi, Dio sa bene che in qualunque giorno ne mangerete, si apriranno i vostri occhi e sarete come lui, conoscitori del bene e del male’. Dopo di che (III,6) la donna tocca e mangia e ne dà ad Adamo.”.

 Che si tratti di un solo albero non c’è dubbio. La stessa Eva, nel rispondere al serpente, non nomina l'albero della vita né lo distingue da quello della conoscenza, ma chiarisce al serpente che l'albero di cui è proibito toccare e mangiare i frutti è quello che si trova in mezzo o per entro il giardino. Esattamente quel che è detto con quel Etz Chayyim gan betrok… (l’albero della vita che sta in mezzo o entro…) del versetto II, 9.

 L'albero della vita distinto da quello della conoscenza si trova menzionato solo nel versetto II, 9 del racconto biblico e lo incontreremo nuovamente solo alla fine della vicenda, quando Adamo ed Eva avranno già consumato il frutto.  D'altra parte e ancora: se gli alberi fossero stati due e i frutti dell'albero della vita non fossero stati proibiti, l'uomo avrebbe potuto mangiarne e rendersi immortale prima ancora di assaggiare i frutti dell'albero della conoscenza. E se erano proibiti anche i frutti dell'albero della vita, allora gli alberi da cui era vietato mangiare sarebbero stati due e non uno soltanto come si ribadisce più volte. Si deduce da tutto ciò: in mezzo o entro l’Eden c'è un giardino irrigato (Fiume del Giudizio) in cui solo Adamo ed Eva possono entrare e che hanno il dovere di custodire. Come abbiamo già visto questo giardino è un luogo chiuso, circondato dai Palazzi divini che si trovano al centro del Gan Eden. Per entro (be-trok) il giardino in realtà si trova un solo Albero, l'albero della vita che per tutti gli uomini diviene albero della conoscenza del bene e del male, allorché Adamo ed Eva lo toccano e ne mangiano il frutto proibito. Questa stessa interpretazione si trova nel Chassidismo: "Il primo uomo peccò a causa dell'albero della conoscenza e introdusse una divisione tra tale albero e quello della vita" osserva Baal Shem Tov.   In altri termini, l'albero della conoscenza sta all'albero della vita, come l’occulta e misteriosa Daat, che peraltro non è una Sephirah, sta all'albero delle Sephiroth. E Daat non è una Sephirah perché in origine non appartiene all'Albero, analogamente la conoscenza diventa un progetto umano ma non è parte originaria del progetto divino. Del resto, “il segreto dell'albero della vita collegato a quello della conoscenza”, come in Sha 'aré Orah (“Le Porte della Luce”) afferma Joseph Gikatila, è ben noto ai cabbalisti prima ancora dei Chassidim. Già l'autore del Sepher bahir si mostra convinto che non ci sia che un solo albero. Qui è Dio a parlare in veste di agricoltore archetipico (22, 14b): "Io sono colui che ha piantato quest'albero...tutto ho fissato in esso e l'ho chiamato Totalità, giacché da esso tutto dipende e da esso tutto deriva". Cos'è quest'albero? Lo dice ancora il Sepher bahir (119 e 85): "le forze del Santo, benedetto egli sia, sono poste una dentro l'altra e assomigliano a un albero. Come l'albero dà frutti grazie all'acqua, così il Santo, benedetto egli sia, accresce le forze dell'albero per mezzo dell'acqua [...]  Grazie a cosa sgorgano le acque? Grazie [...] alla Shekinah..."


GALGAL
Galgal è la ruota celeste che designa lo zodiaco. Nel Bahir (106) è l’utero o ventre ed ‘è nell’anno come un re nella provincia’ (Sepher Yetzirah,6:3). Non definisce il tempo ma vi si trova dentro. Le 22 lettere dell’alfabeto ebraico in connessione con Galgal formano le 231 Porte della conoscenza, come è scritto nel Sepher Yetzirah (2:4): ‘22 lettere… Le collocò in circolo come un muro con 231 Porte’. Netiv, sentiero, ha valore numerico 462, sommando le 4 lettere dell’alfabeto ebraico che formano la parola (Nun 50+ Taw 400+ Yud 10+ Beth 2 =462). La metà del suo valore è 231, il numero delle porte della Conoscenza, attraverso le quali si accede a tutta la realtà. Israele le rappresenta simbolicamente: la parola Israel si scrive in ebraico con le lettere Yud-Shin-Resh-Aleph-Lamed, lettere che si possono suddividere in Iesh [Yud-Shin] - Rela [Resh-Lamed-Aleph] che significa “Sono 231”. In tal senso, Israele perde qui i suoi connotati di realtà storico-geografica ed etnica per acquisire la dimensione dell’universalità.
GAON
Titolo onorifico attribuito ad un leader spirituale. Il più noto fu il Gaon di Vilna [1720-1797], Eliyahu ben Shlomo Zalman, lituano, rabbino e maestro di Qabbalah.

sergio magaldi




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