domenica 4 giugno 2017

JUVE di CHAMPIONS: le ragioni di una sconfitta



 La brutta figura rimediata dalla Juve nella finale di Champions non deve sorprendere più di tanto, perché ha cause ben precise. Non solo la tradizione che l’ha vista perdente, con questa, in ben 7 finali su 9, ma soprattutto la condizione fisica di una squadra che nell’ultimo mese ha rischiato addirittura di perdere uno scudetto già vinto e di cui la critica continuava a dire che centellinava le proprie forze in previsione dei tanti impegni, tra campionato, coppa Italia e Champions. La verità è che la Juve è arrivata stressata alla partita più importante dell’anno. La quadratura del cerchio trovata da Allegri per non scontentare i suoi grandi attaccanti, schierandoli contemporaneamente tutti in campo, e nell’intento di migliorare un modello di gioco poco spettacolare, alla lunga ha finito per mostrare i suoi limiti: con 10 giocatori costretti da mesi a correre a tutto campo per ovviare all’inconveniente di non poter contare su un vero centrocampo, formato di incontristi e di un grande regista. Si aggiunga a ciò, nell’ultimo mese e dopo due stagioni esaltanti, il crollo di Cuadrato e, per l’intera stagione appena conclusasi, lo snaturamento di Dybala, costretto a compiti di copertura che non gli sono congeniali e che solo saltuariamente gli hanno consentito di mettersi in mostra. Cuadrado e Dybala, i due giocatori determinanti nel gioco offensivo della Juve. Scrivevo tra l’altro in un precedente post:

 “la squadra […] quando gli avversari attaccano è costretta ad arretrare perché non fa filtro a centrocampo, e come potrebbe […] con Pjanic e Khedira che non sono né interditori né veri centrocampisti, ma buoni interni o trequartisti […]? L’inconveniente potrebbe anche essere sanato con un ordinato gioco d’attacco, che succede invece? Che gli esterni, i trequartisti e un Dybala che da seconda punta, l’allenatore ha trasformato in altro, si buttano tutti insieme in avanti, a turno cercando gloria personale senza servire Higuain, la vera e unica punta di questa squadra”.

Sono tornato sulla questione in un altro post, allorché si è cominciato a fare il confronto con la Juve finalista di due anni fa; scrivevo tra l’altro:

“Si ha un bel dire […] che la Juve si è nel frattempo rafforzata, ma i bianconeri sono davvero più forti,  con Pjanic, Cuadrado, Mandzukic, Higuain e Dybala [che ormai segna solo su rigore] e senza Pirlo, Vidal, Pogba, Morata e Tevez e con un pacchetto difensivo, per ragioni anagrafiche, meno impenetrabile di prima? Sulla carta forse sì, ed è vero che la Juventus da qualche tempo ha cominciato a giocare all’europea, ma è proprio certo che il gioco di Allegri con quattro attaccanti sia davvero più offensivo di quello con i tre centrali, con cui ha giocato sino a poco tempo fa? A giudicare da quello che si vede in campo e anche dal numero dei goal che segna mediamente si direbbe di no, anche se bisogna ammettere che ne ha guadagnato lo spettacolo. Pur apprezzando lo sforzo della società per rafforzare la squadra e renderla maggiormente competitiva in Europa, continuo a pensare che ai bianconeri manchi un grande centrocampista per tentare la grande impresa  e anche un’organizzazione più razionale di gioco, in grado di mettere Higuain nelle condizioni di finalizzare a rete più spesso, così come il Napoli della scorsa stagione riusciva a fare con l’argentino”.

 La Juventus della finale di due anni fa contro un grande Barcellona fu in gara per tutta la partita. Privata di un calcio di rigore, capitolò definitivamente solo negli ultimi minuti. La Juve di ieri notte ha resistito un tempo al Real Madrid, crollando poi nella ripresa, dove è stata quasi sempre costretta nella propria area e dove Buffon e la difesa hanno certamente avuto le loro responsabilità, fortemente mitigate, tuttavia, dalla mancanza di un centrocampo in grado di fare filtro, impedendo il dilagare degli spagnoli. Nonostante la sonora sconfitta, sono convinto che l’organico della Juve non sia inferiore a quello del Real Madrid. Ieri notte, gli uomini di Zidane erano solo meno stressati dei loro avversari, con più organizzazione di gioco, meglio schierati in campo e con la capacità di far valere la manifesta superiorità del centrocampo.


sergio magaldi

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