lunedì 9 marzo 2020

CORONAVIRUS E "CASO ITALIA"




 Il coronavirus porta alla luce drammaticamente e definitivamente il “Caso Italia”: gli italiani, ultimi in Europa per crescita e sviluppo grazie all’imperizia delle classi dirigenti, primi ora nel Continente per diffusione del contagio, secondi nel mondo solo alla Cina per contagiati e numero di morti, più della Corea del Sud, più del Giappone, più di ogni altro paese asiatico e/o confinante con la Repubblica Popolare Cinese. Perché? Il primo e anche il più facile pensiero va ai nostri governanti che hanno esordito bloccando gli scali diretti dalla Cina, senza esigere il controllo di tutti quelli che dal continente asiatico (cinesi, italiani e non) hanno fatto ritorno in Italia per altre vie, diffondendo il contagio. Il secondo pensiero va ai nostri imprenditori, per nulla intenzionati a interrompere i contatti personali con i rappresentanti del colosso asiatico, pur di fare affari a rischio dell’incolumità pubblica. Il terzo pensiero infine va ai comuni cittadini, vacanzieri e non, che per leggerezza  e/o presunzione hanno sottovalutato quella che non era una “comune influenza” e che già si annunciava come una vera e propria pandemia.

In un post del 29 febbraio – otto giorni fa i contagiati nel nostro paese erano 888 rispetto ai circa 7500 di ieri – annotavo come l’atteggiamento dell’italiano medio di fronte al virus non fosse troppo dissimile da quello osservato 390 anni fa, al tempo della peste di Milano, descritta da Alessandro Manzoni nel XXXI capitolo de “I promessi Sposi” [cfr. Il Belpaese e il virus, cliccando sul titolo]. Non è inutile ora riportare anche uno scorcio del XXXVII capitolo:

« Dice adunque che, al primo parlar che si fece di peste, don Ferrante fu uno de' più risoluti a negarla, e che sostenne costantemente fino all'ultimo, quell'opinione; non già con ischiamazzi, come il popolo; ma con ragionamenti, ai quali nessuno potrà dire almeno che mancasse la concatenazione.
– In rerum natura, – diceva, – non ci son che due generi di cose: sostanze e accidenti; e se io provo che il contagio non può esser né l'uno né l'altro, avrò provato che non esiste, che è una chimera. E son qui. Le sostanze sono, o spirituali, o materiali. Che il contagio sia sostanza spirituale, è uno sproposito che nessuno vorrebbe sostenere; sicché è inutile parlarne. Le sostanze materiali sono, o semplici, o composte. Ora, sostanza semplice il contagio non è; e si dimostra in quattro parole. Non è sostanza aerea; perché, se fosse tale, in vece di passar da un corpo all'altro, volerebbe subito alla sua sfera. Non è acquea; perché bagnerebbe, e verrebbe asciugata da' venti. Non è ignea; perché brucerebbe. Non è terrea; perché sarebbe visibile. Sostanza composta, neppure; perché a ogni modo dovrebbe esser sensibile all'occhio o al tatto; e questo contagio, chi l'ha veduto? chi l'ha toccato? Riman da vedere se possa essere accidente. Peggio che peggio. Ci dicono questi signori dottori che si comunica da un corpo all'altro; ché questo è il loro achille, questo il pretesto per far tante prescrizioni senza costrutto. Ora, supponendolo accidente, verrebbe a essere un accidente trasportato: due parole che fanno ai calci, non essendoci, in tutta la filosofia, cosa più chiara, più liquida di questa: che un accidente non può passar da un soggetto all'altro».

Com’è noto la sorte di Don Ferrante fu quella di morire di peste, dopo averla negata.

Ebbene, cosa sta succedendo oggi in Italia? Nella notte tra sabato e domenica il governo – come sempre “illuminato” da una pletora di scienziati ed esperti, gli stessi che da giorni imperversano sui media – ha varato un nuovo decreto antivirus che “chiude” la Lombardia e 14 province, precisando tuttavia (Art. 1, lettera a) che era “consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza”.

L’effetto immediato del “lungimirante” DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 8 marzo 2020 è stato ed è l’assalto ai treni e ai pullman da parte degli italiani che hanno fissa dimora e parenti al centro e al sud della penisola, ma che studiano, lavorano o hanno affari nelle zone “rosse e chiuse” del nord. Viaggi che sono durati diverse ore in più del consueto per i cosiddetti controlli, cioè la presa (inutile) dei nominativi dei viaggiatori per raccomandare loro, una volta arrivati nei luoghi di origine, la quarantena fiduciaria che è un po’ il biglietto da visita di questo governo. Alcuni, poi, forse per non essere schedati (ammesso che davvero lo siano stati tutti i viaggiatori) e/o dovendo fermarsi a Roma e dunque compiere un tragitto più breve, hanno optato per il taxi che, con una spesa di 1200 euro, da Milano li ha condotti sino alla capitale.

Considerando che un esercito di potenziali “untori” è dunque ormai sparso nella penisola, cosa dobbiamo attenderci nei prossimi giorni? Ma la domanda vera e sulla quale gli addetti ai lavori dovrebbero rispondere è: "Perché siamo arrivati a questo, perché l’Italia, dopo la Cina, è il paese al mondo con più morti e più contagiati dal virus?".

sergio magaldi 

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