domenica 30 agosto 2020

Referendum costituzionale: tagliare o non tagliare?


 

 Il referendum costituzionale della seconda metà di settembre non sembra presentare reali incognite quanto al suo esito. Molte invece le implicazioni di carattere politico. Gli ultimi sondaggi, anche se con il No al taglio dei parlamentari in rimonta, assegnano il 66% al e il 34% al No. Percentuali che non lasciano adito al dubbio, anche se le sorprese sono sempre possibili soprattutto quando - come in questo caso - le posizioni dei partiti che influenzano il voto dei cittadini sono strumentali.

 

I Cinquestelle che hanno la paternità dell’iniziativa del “taglio” si schierano tutti per il . È la loro posizione di sempre e lo è tanto più oggi che il loro consenso si è dimezzato. È una modalità per sopravvivere facendo leva sul sentimento di antipolitica diffuso nell’opinione pubblica per l’inconcludenza dei parlamentari, le loro prebende, le tante corruzioni. C’è di più: è anche un mezzo per evitare la fine anticipata della legislatura o addirittura per posticiparla: la vittoria del determina infatti la necessità di riformare i collegi e successivamente di varare una nuova legge elettorale. Templi biblici per chiunque abbia una conoscenza anche soltanto superficiale della politica italiana.

 

Il Partito Democratico dichiara ufficialmente di doversi schierare per il nel rispetto dell’accordo di governo con i Cinquestelle, ma lascia intendere chiaramente che preferirebbe il No. E in effetti i neodemocristiani sono gli unici a trarre vantaggi qualunque sia l’esito del referendum: il assicura la continuità di governo e il varo di una legge elettorale proporzionale, il No una definitiva supremazia sui Cinquestelle e il loro inevitabile assorbimento, nonché una ritrovata verginità come paladini della democrazia rappresentativa così com’è concepita oggi, e cioè con la scelta dei parlamentari da parte delle segreterie politiche dei partiti.

 

La Lega appare divisa e paradossalmente ha una posizione simile al PD. Ufficialmente è per il con Salvini che, convinto com’è dai sondaggi, teme di schierarsi con gli sconfitti, ma che lascia libertà di coscienza, tant’è che Borghi ha fatto sapere qualche giorno fa le motivazioni che lo inducono a votare No.

 

Tutto qui il significato del voto referendario: nelle manovre politiche che faranno seguito al voto. Nulla di ciò che viene contrabbandato come il senso della votazione dai paladini della democrazia formale – per i quali l’Italia risulterebbe gravemente danneggiata dal non essere più il paese europeo con il maggior numero di parlamentari - e dai sostenitori del “taglio”, fatto per risparmiare e portare acqua al mulino della democrazia diretta. Conservatori i primi, senza proporre riforme per far fronte alla crisi della democrazia rappresentativa; velleitari i secondi, incapaci di realizzare le tanto strombazzate riforme di democrazia sostanziale.

 

sergio magaldi


domenica 16 agosto 2020

GRANDI CONGIUNZIONI PLANETARIE E CORONAVIRUS, parte XII (Giove e il monoteismo)

 


SEGUE DA (clicca sui titoli per leggere):

 

GRANDI CONGIUNZIONI PLANETARIE E CORONAVIRUS

GRANDI CONGIUNZIONI PLANETARIE E CORONAVIRUS, parte II(astrologia e mitologia)

GRANDI CONGIUNZIONI PLANETARIE E CORONAVIRUS, parte III (Plutone e il mito)

GRANDI CONGIUNZIONI PLANETARIE E CORONAVIRUS, parte IV (Plutone e i Misteri Eleusini)

GRANDI CONGIUNZIONI PLANETARIE E CORONAVIRUS, parte V (i doni di Plutone)

GRANDI CONGIUNZIONI PLANETARIE E CORONAVIRUS, parte VI (Plutone e l’inconscio)

GRANDI CONGIUNZIONI PLANETARIE E CORONAVIRUS, parte VII (Saturno e il mito)

GRANDI CONGIUNZIONI PLANETARIE E CORONAVIRUS, parte VIII (Saturno: croce, mezzaluna e falce)

GRANDI CONGIUNZIONI PLANETARIE E CORONAVIRUS, parte IX (ambivalenza di Saturno)

GRANDI CONGIUNZIONI PLANETARIE E CORONAVIRUS, parte X  (Giove e Saturno)

GRANDI CONGIUNZIONI PLANETARIE E CORONAVIRUS, parte XI (Giove padre di uomini e dei)


I significati di Giove

 Pur rappresentando la continuità con il principio maschile dei suoi avi, tutte divinità indoeuropee di società patriarcali, Zeus-Giove ha il merito di ridestare il principio femminile e matriarcale, mostrandone l’importanza per la civilizzazione e il miglioramento della condizione umana. Lo fa quasi senza volerlo e nel modo più piacevole per lui: attraverso le tante nozze e le unioni libere con dee, ninfe e donne mortali e la vasta prole di dei e semidei che con le loro attività gratificano il genere umano.

La saggezza l’apprende da Metis, la prima moglie, la giustizia e l’equilibrio nel diritto e nella natura da Temi, la seconda moglie, e da lei nasceranno le Stagioni per scandire con ordine il Tempo e le leggi della natura, e le Moire a ricordare la precarietà della vita umana contro ogni ubris o presunzione: Cloto che fila lo stame della vita, Lachesi che lo avvolge al fuso e Atropo che lo recide al momento giudicato opportuno. Dall’unione con la ninfa Eurinome genera le Grazie: Aglaia o dell’ornamento e dello splendore, Eufrosine, la gioia, Talia, portatrice di fiori e di prosperità. Dalle nozze con Mnemosine, la dea che presiede alla memoria del mondo, senza la quale gli esseri umani vagherebbero alla cieca finendo con l’impazzire, genera le nove Muse per rallegrare l’umanità: Calliope dalla bella voce che protegge l’Epica, Clio che rende celebri e presiede alla Storia, Erato che provoca il desiderio e cura la Poesia amorosa e il suono della lita, Euterpe che allieta lo spirito con la Poesia lirica e al suono del flauto, Melpomene, colei che canta e presiede alla Tragedia, con maschera, spada, e bastone di Eracle, Polimnia, che ha a cuore gli inni e si occupa dei Mimi, Talia, la musa della Commedia, Tersicore che protegge la Danza e infine Urania che punta un bastone verso il cielo e sostiene l’Astronomia.

E via via, passando di unione in unione, di figli in figli, Zeus-Giove mostra la dimensione progressiva del reale. Con Era-Giunone, l’ultima moglie, non certo l’ultima amante, il “padre degli uomini e degli dei” annuncia al genere umano il ruolo e il valore dell’istituzione matrimoniale, ancorché – come testimonia la sua lunga convivenza con la dea – la vita coniugale si riveli spesso fonte di incomprensioni, di conflitti e tradimenti. Il fatto è che l’anelito del dio è sempre proiettato verso una totalità che non sarà mai raggiunta ma solo costantemente accresciuta nel bene e nel male, all’insegna di un potere non incondizionato ma mediato dalle molteplici figure di cui si circonda. Ciò che lo avvicina e allo stesso tempo lo allontana dalla visione del divino propria del monoteismo.

Non a caso, il suo regno nell’universo – peraltro condiviso con i fratelli Hades-Plutone e Poseidone-Nettuno – durerà sino alla nascita di una nuova concezione che assegna al divino l’onnipotenza, l’onniscienza e la totalità del bene, e all’umano, sua creatura, la perfettibilità e la responsabilità delle proprie azioni e, dunque, la sovranità del male. D’altra parte, Zeus-Giove è consapevole di non essere il creatore del genere umano ma proprio come il Dio del Vecchio Testamento che invece ne è l’artefice, diffida dell’umanità e pensa di distruggerla con il diluvio universale, ma poi concede agli esseri umani ancora una possibilità: come Noè, Deucalione e Pirra ripopoleranno la Terra della razza umana:

«Quando avvenne il cataclisma che noi chiamiamo diluvio oppure inondazione, tutta la razza umana perì ad eccezione di Deucalione e Pirra che si rifugiarono sull’Etna, il monte più alto (si dice) che sorga in Sicilia. Essi non potendo sopravvivere per la solitudine, chiesero a Giove di concedere loro degli uomini oppure di annientarli come era successo agli altri. Allora Giove ordinò di gettare delle pietre dietro la schiena: quelle gettate da Deucalione divennero uomini, quelle da Pirra donne. Questa è l’origine della parola laos (“popolo”), poiché in greco Laas significa pietra.»  (Igino Astronomo, Fabulae, 153).

Pur disperando del genere umano, di cui a differenza del Dio biblico non è responsabile, e temendo addirittura di esserne spodestato (come poi avverrà, con l’affermazione del monoteismo), Zeus-Giove mostra nell’occasione – così come nell’episodio di Prometeo che gli ruba il potere del fuoco per darlo ai mortali – la capacità di perdonare e l’infinita benevolenza di cui è portatore.

 sergio magaldi

 


lunedì 10 agosto 2020

JUVE RISCHIATUTTO

 

 Durante tutto l’anno non ho mancato di portare la mia critica a Sarri, dando addirittura per probabile che non avrebbe vinto trofei. E invece è arrivato il nono scudetto consecutivo anche se poi seguito dall’eliminazione negli ottavi di Champions. Sorte che la Juve condivide con il Real Madrid di Zidane, vincente in Liga ma eliminata con due sconfitte negli ottavi di Champions. Anzi, i bianconeri hanno fatto addirittura meglio dei madridisti perché a Torino hanno battuto il Lione (2-1) anche se all’andata avevano perso per 1-0. Eliminati dunque per aver subito un goal in casa, secondo un regolamento europeo che non ha tenuto conto che l’esigenza dettata dal covid 19 di giocare senza pubblico rendeva nullo il vantaggio di giocare in casa, tanto più che la partita di andata, invece, era stata giocata regolarmente davanti al pubblico francese. Si aggiunga a ciò l’arbitro olandese, famoso per il suo atteggiamento sempre poco benevolo nei confronti delle squadre italiane: un rigore per parte, entrambi inesistenti, ma il primo concesso al Lione, per di più dopo un fallo da giallo non punito su Higuain, ha determinato il passaggio del turno. Diversamente ci sarebbero stati almeno i tempi supplementari e la Juve dell’ultima mezz’ora sembrava occupare il campo meglio degli avversari…

 Tutto ciò premesso, la dirigenza juventina fa sapere che l’esonero di Sarri non è dipeso dall’ultima partita ma è il risultato di una riflessione compiuta sull’intera stagione. Riflessione breve, perché presa nel giro di poche ore dal termine della partita. Decisione che scarica sull’allenatore le responsabilità di un mercato a dir poco da dilettanti. Non solo l’ultimo ma anche il precedente, quando arriva Ronaldo al suono di trombe e centinaia di milioni, ma viene cacciato Higuain, determinante nella vittoria dello scudetto di quell’anno proprio contro il bel Napoli di Sarri e che con l’asso portoghese avrebbe ricomposto il tandem vincente del Real Madrid. E soprattutto il mercato di quest’anno, che ha visto il ritorno di Higuain – peraltro osteggiato sino all’ultimo, con l’umiliazione del giocatore, privato del numero 9 sulla maglia – ma anche la messa in vendita di pezzi pregiati della rosa bianconera, in parte fortunatamente respinta dagli interessanti e dallo stesso mercato Così, la Juve si è presentata quest’anno al via con tre soli esterni bassi di ruolo: Danilo, De Sciglio (!) e Alex Sandro, con centrocampisti giudicati veri e propri “colpi di mercato”, perché presi a parametro zero, ma il cui rendimento è stato ben al di sotto della propaganda che aveva salutato il loro arrivo, mentre in attacco se ne andavano Moise Kean e Mario Mandžukić. Restavano: Bernardeschi, impiegato spesso da Sarri come “trequartista del nulla” e il fantasma  funambolico di Douglas Costa. Tant’è che per sostituire Dybala nella partita decisiva per la qualificazione ai quarti di Champions s’è fatto ricorso a Marco Olivieri.

 Naturalmente Sarri non è esente da responsabilità, come per esempio quella di aver preteso da Cuadrato di portare la croce: costringendolo a correre in su e in giù per tutto il campo per difendere e contemporaneamente rilanciare la manovra offensiva. Cuadrado che anche nella Juve di Allegri è sempre stato determinante, da esterno alto, con i suoi assist per gli attaccanti. Sarebbe tuttavia sbagliato –  ripeto quanto detto più volte –  attribuire a Sarri la colpa di non essere riuscito a dare ai bianconeri il gioco scintillante che aveva saputo dare al Napoli. A Torino ha trovato una squadra già strutturata, da cinque anni educata al credo calcistico di Allegri, credo vincente ma per nulla spettacolare. In circa sette mesi (considerando la pausa del coronavirus), forse nessuno avrebbe potuto fare di più. Sarri non ha modificato in meglio il gioco della Juve, brutta ma vincente di Allegri, ha però il merito di aver spostato in avanti il baricentro della squadra e di aver riportato in attacco e rivalutato Dybala, costretto da Allegri per anni a fare il mediano


 E soprattutto Sarri ha il merito di aver vinto lo scudetto al termine di una stagione che, per la prima volta dopo diversi anni, ha visto dei contendenti organizzati, quali sono stati l'Inter di Conte, la Lazio e l'Atalanta. E ora Sarri ha anche il primato in serie A di essere stato licenziato non tanto dopo la conquista di uno scudetto (ciò che era capitato l’anno scorso anche ad Allegri) ma dopo averlo vinto al primo tentativo. Una riflessione degna di questo nome avrebbe fatto propendere per concedergli ancora un anno, dando così a Pirlo, nuovo tecnico bianconero, la possibilità di fare esperienza con la Under 23. Grande campione Pirlo, ma anche futuro grande allenatore? Evocare i casi di Trapattoni e di Zidane, i quali peraltro avevano già qualche esperienza come allenatori in seconda, non serve a molto e rischia di essere fuorviante, gettando persino ombre sul vero significato della nomina di Pirlo: impossibilità oggettiva di fare mercato? È arrivato invece l’esonero di Sarri con un comunicato stringato della società in cui si ringrazia il tecnico per lo scudetto conquistato ma si lascia intravedere un giudizio sulla modestia della sua carriera e forse delle sue ambizioni. Sarri aveva detto che lo scudetto era l’obiettivo, la Champions il sogno, Agnelli replica ora dicendo che la Juve ha smesso da tempo di considerare la Champions un sogno e di considerarla un obiettivo. Bene su questo punto il presidente bianconero al quale tuttavia va ricordato che con questa rosa a disposizione – nonostante la presenza di un super campione come Ronaldo – difficilmente la Juve potrà raggiungere il suo obiettivo principe.

 

sergio magaldi

 


lunedì 3 agosto 2020

GRANDI CONGIUNZIONI PLANETARIE E CORONAVIRUS, parte XI (Giove padre di uomini e dei)




SEGUE DA (clicca sui titoli per leggere):

 

GRANDI CONGIUNZIONI PLANETARIE E CORONAVIRUS

GRANDI CONGIUNZIONI PLANETARIE E CORONAVIRUS, parte II(astrologia e mitologia)

GRANDI CONGIUNZIONIPLANETARIE E CORONAVIRUS, parte III (Plutone e il mito)

GRANDI CONGIUNZIONIPLANETARIE E CORONAVIRUS, parte IV (Plutone e i Misteri Eleusini)

GRANDI CONGIUNZIONI PLANETARIE E CORONAVIRUS, parte V (i doni di Plutone)

GRANDI CONGIUNZIONI PLANETARIE ECORONAVIRUS, parte VI (Plutone e l’inconscio)

GRANDI CONGIUNZIONI PLANETARIE ECORONAVIRUS, parte VII (Saturno e il mito)

 GRANDI CONGIUNZIONI PLANETARIE ECORONAVIRUS, parte VIII (Saturno: croce, mezzaluna e falce)

GRANDI CONGIUNZIONI PLANETARIE ECORONAVIRUS, parte IX (ambivalenza di Saturno)

GRANDI CONGIUNZIONI PLANETARIE E CORONAVIRUS, parte X (Giove e Saturno)


I significati di Giove

 La satira che caratterizza la figura di Giove nei “Saturnali” di Luciano di Samosata (vedi Grandi Congiunzioni Planetarie e Coronavirus, parte X, cliccando sul titolo) manifesta in realtà la mutata concezione del politeismo greco: un dio, un dio soltanto è detto ora “padre degli uomini e degli dei”, prefigurando in nuce l’avvento del monoteismo. Tant’è che Luciano di Samosata fa dire a un suo personaggio che il dio non ha fatto del mondo un regno di pace e di giustizia, ma che, al contrario, con la sua astuzia e la sua prepotenza ha contribuito a diffondere la malvagità tra gli esseri umani. Dunque, Zeus-Giove è agli occhi dello scrittore l’unico e  il solo responsabile di quanto accade nella realtà. Diversamente il monoteismo risolverà il problema che d’après Leibniz si dirà della teodicea: la presenza del male nel mondo non è imputabile alla giustizia divina ma al diavolo e al comportamento umano, oppure è soltanto un bene differito perché “Le strade del Signore sono infinite”.  

Zeus-Giove è innanzi tutto un dio del cielo, come lo era stato suo nonno Urano ma con un significato ben diverso, più vicino al Dio del cielo e della terra delle religioni monoteistiche. A differenza dell’avo, Giove non governa i cieli standosene appartato e rivelando una natura eccentrica e poco socievole (Urano), al contrario, egli fa in modo che cielo e terra si corrispondano e manifesta verso tutti coloro che credono in lui e gli offrono sacrifici la massima disponibilità e socievolezza (giovialità, appunto…). La lotta per la conquista del potere gli ha insegnato ciò che Saturno e Urano avevano ignorato: l’importanza degli altri e delle alleanze, senza nemmeno farsi troppi scrupoli, nella conquista e soprattutto nella gestione del potere.

Urano aveva relegato nelle caverne la prima generazione cosmica per timore di esserne spodestato e al tempo stesso per la ripugnanza che quelle forme, talora mostruose suscitavano in lui: sei Titani (Oceano, Ceo, Crio, Iperione, Giapeto e Crono) e sei Titanidi (Tea, Rea, Temi. Teti, Febe e Mnemosine), i Ciclopi che avevano un solo occhio in mezzo alla fronte e gli Ecantochiri o Centimani che avevano cento braccia e cinquanta teste dalle quali sputavano fuoco. Quando Crono-Saturno spodestò suo padre Urano, liberò i suoi fratelli Titani, ma lasciò in catene Ciclopi ed Ecantochiri: per l’eccessiva prudenza che gli era congeniale, Saturno non si fidava di loro. Nel muovere guerra contro Saturno, Giove liberò Ciclopi ed Ecantochiri, ottenendo in cambio non solo un’alleanza preziosa contro Saturno e i Titani ma i doni-simbolo del potere regale e celeste: folgore, fulmine e gestione del fuoco. Conquistato il potere, sempre su consiglio di Metis o Saggezza che fu la sua prima moglie (poi inghiottita per tenerla sempre con sé!), Zeus-Giove decise di dividerlo con i suoi fratelli Ades-Plutone e Poseidone-Nettuno. Il “padre degli uomini e degli dei” come Omero chiama Giove non fu solo un antesignano del monoteismo ma anche della democrazia, per tutto ciò che di buono rappresenta in sé ma anche per tutto ciò che nasconde di intrighi, manipolazioni, alleanze strumentali.

La progressiva universalizzazione di Zeus-Giove è ben visibile dal proliferare, accanto al culto generale del dio, di una miriade di culti locali a sottolineare gli attributi della divinità nonché specifiche protezioni che il dio era in grado di accordare quando lo si invocava e gli si offrivano sacrifici. Abbiamo così, tra l’altro, Zeus Nemeo, dalla città di Nemea in Argolide, dove con cadenza biennale si svolgevano i Giochi Panellenici; Zeus Olympios, relativo al dominio del dio su tutti gli altri dei; Zeus Panhellenios o signore di tutti i Greci; Zeus Xenios o custode delle leggi dell’ospitalità; Zeus Agoraios o Zeus che vigila sugli affari pubblici; Zeus Soter o Zeus salvatore di tutta l’umanità; Zeus Erceo o protettore della casa; Zeus Bulaios o protettore dello stato; Zeus Eleutherios o custode della libertà e così via… Un po’ quello che avviene con i santi del monoteismo cattolico, con la differenza che a quest’ultimi sono assegnati più che altro compiti di protezione dei fedeli (sino ai miracoli) piuttosto che attribuzioni di liberalità.

Zeus-Giove, tuttavia, non è ancora il Dio unico delle religioni del Libro, non solo perché non è esente da colpe e insieme agli altri dei è pienamente responsabile di quanto di negativo accade nel mondo, ma anche e soprattutto perché non è un dio creatore, benché lo si dica “padre di uomini e dei”, e non è onnipotente né onnisciente. Egli può molto, è vero, e sa molte più cose degli altri – dei ed esseri umani – ma potere e scienza non sono in lui assoluti. È buono, cordiale e talora caritatevole – come sarà con i fedeli e con i suoi tanti figli, ad eccezione di Ares Marte che proprio non sopporta per il carattere – ma non è “l’infinitamente buono”, e non è esente dai vizi e dalle passioni che appartengono al genere umano. All’occorrenza, per difendersi dai nemici, egli non esita dal ricorrere alla violenza (in questo ricordando più il Dio del Vecchio Testamento che il Cristo dei Vangeli, ancorché neppure Lui esente da scatti d’ira), come dimostrò nel reprimere la rivolta dei Giganti con l’aiuto di Eracle e nel folgorare il mostruoso Tifòne che lo aveva fatto prigioniero e dal quale riuscì a liberarsi grazie all’aiuto di Ermes e di Pan.

 [S E G U E]

 sergio magaldi