martedì 20 ottobre 2020

LA NOSTRA DIFESA DAL CORONAVIRUS


 

La miglior difesa contro il coronavirus non potrà mai prescindere dal corretto  atteggiamento mentale che non è quello dell’estrema cautela

 

Di Alberto Zei

 

Il pensiero positivo

Il vecchio adagio  di “volere è  potere“, ripetuto da generazioni in virtù dei risultati empirici ottenuti con questa impostazione mentale, poggia su concetti profondi della nostra coscienza, ossia sull’inconscio.

Il pensiero positivo contro la malattia che crea un atteggiamento biologico consapevole o inconsapevole, percorre due differenti virtuali direzioni. La prima che agli occhi della maggior parte delle persone appare la più importante, è quella del comportamento prudenziale assunto nel contesto sociale per ottenere il risultato che si desidera. Ma questo soltanto potrebbe non bastare per il successo sperato se manca il convincimento del volere veramente, ossia del “voler  volere“.

 



Un esempio

 Quando si desidera di smettere di fumare, il desiderio autentico non è rivolto all’abbandono delle sigarette ma solo al non voler provare più desiderio di fumare per poi comodamente lasciare le sigarette senza sacrificio. Un atteggiamento di questo genere, che riguarda la prima impostazione conflittuale del pensiero, non risolve il problema.  Non lo risolve  in quanto la creazione di contraddizioni della volontà nelle quali il piacere della nicotina e degli  arabeschi azzurri del fumo a cui si rinuncerebbe  e che fanno da protagonisti per ore ed ore, indeboliscono il risultato dei settori psicobiologici interessati, in conflitto tra loro. 

Emblematico in questo periodo è  il timore del coronavirus a cui si pensa per gran parte del tempo. Tutto infatti deve essere visto con i piedi per terra, in quanto la forza del pensiero prevalente per la salute, nel corso della giornata, rappresenta sempre una situazione di interferenza con gli eventi futuri. L’impostazione mentale di ciò che realmente si vuole, come è facile accorgersi, porta quasi sempre a conclusioni positive. Ma se tutto il pensiero volitivo e il risultato desiderato è formato di elucubrazioni mentali, ossia del continuo ripetere proprio di ciò che si teme, ecco che allora il meccanismo psichico della forza del pensiero, prodotta e protratta  nel tempo, rinforza quella stessa idea. Ma quale idea? L’ idea dominante che è quella che con un “non” o un altro tipo di negazione, si vorrebbe invertire.

Per analogia

Si ricorda per analogia l’efficacia del pensiero ricorrente espresso in un vecchio detto popolare che rende bene il concetto del risultato che si ottiene quando ci si preoccupa troppo dello stesso argomento: “Ma quello  dai e dai, se l’è  proprio tirata!“

Questo non significa che non vi siano dei limiti prudenziali da adottare, allorché gli eventi lo richiedano. L’obiettività dei pericoli, quando i fatti lo dimostrano, non può essere sottovalutata perché in tal caso il vecchio adagio di cui sopra, potrebbe trasformarsi: “Ma allora se l’è proprio voluta!“

Manzoni racconta nei Promessi Sposi che, durante l’imperversare della peste del 1600 a Milano, Don Ferrante si fosse convinto che il contagio non potesse propagarsi tra una persona e l’altra; di conseguenza non adottava alcuna precauzione. Andò tra gli appestati e morì di peste.

L’ estrema difesa

Pensare di dover fuggire dall’aggressione del coronavirus assumendo un atteggiamento mentale di estrema difesa, indebolisce proprio quelle stesse differenze psichiche del convincimento che si riflettono nel sistema biologico prima accennato. Alla lunga, la riflessione dei pericoli incombenti continuamente evocati,  passano e ripassano per la mente lasciando il segno. Non sarà quindi quella semplice convenzione grammaticale della particella negativa a ribaltare le immagini mentali dei pericoli o delle contrarietà lungamente evocate proprio nel modo in cui si temono. Nella psiche, ovvero nell’inconscio, si crea in tal caso quella presenza mentale degli eventi che influenzano le risposte biologiche del sistema immunitario, predisponendo il relativo risultato.

La  convenzione  del “non”

Si  deve  convenire  che il pensiero nella quotidianità esistenziale si è evoluto nel linguaggio comunicativo fino a rappresentare per economia  discorsiva di una stessa frase  il diritto e il rovescio dell’ atteggiamento opposto  che poggia su “non“, mentre la intera struttura della frase e quindi del pensiero, rimane identica. Ma l’ energia psichica ogni volta prodotta, proprio per esprimere quello stesso concetto con l’ aggiunta di una negazione, mantiene per differenza il livello di intensità per tutto il  tempo dedicato all’intero concetto. Per dare un’idea della condivisione dell’efficacia del pensiero che raggiunge un risultato, non importa quale, si riporta un aforisma indiano riguardante la credenza religiosa induistica. “A colui che ama Dio occorrono sette incarnazioni per raggiungere la perfezione, a colui che lo odia ne bastano tre, perché colui che lo odia penserà a lui più di colui che lo ama “.

Il saper volere

Questo deve farci riflettere. Non serve approfondire l’argomento per comprendere la forza dell’idea temuta del coronavirus e per di più, ripetuta mentalmente durante la giornata, possa cambiare in virtù di una semplice negazione.

Così il flusso creativo della mente realizza una sorta di contenitore chiamato, “forma di pensiero“. Questa è alimentata dal continuo ragionamento il quale, ripetendo l’idea temuta,  esprime l’effetto nella direzione opposta a quella voluta.

Ecco che il timore conduce proprio all’evento che si intende evitare, mentre l’atteggiamento mentale opposto, consapevole delle proprie capacità di difesa, naturalmente entro ragionevoli limiti, favorisce l’ottenimento del successo che prima o poi arriverà, se si comprende che cosa significa effettivamente saper volere.


1 commento: