venerdì 21 maggio 2021

Lo Zibaldone on line N.4 di Sergio Magaldi. Il Capitalismo della Sorvegl...

lunedì 17 maggio 2021

IL PUNTO SUL CAMPIONATO A 90' DAL TERMINE, MENTRE SI SCATENA L' ANTI-JUVE MEDIATICA (N°9)


 

  Delle tre condizioni che ponevo alla vigilia di questo turno di Campionato (Vedi Il Punto sul Campionato quando tutto sembra deciso (N°8) e clicca sul titolo per leggere), perché la Juve fosse ancora in corsa per la Champions, se ne sono realizzate due: la vittoria dei bianconeri sull’Inter e il pareggio del Milan col Cagliari, mentre il Napoli ha concluso vittorioso la prima e forse la più difficile delle due gare che la separano dal traguardo europeo. Ora, la parola definitiva è rinviata agli ultimi 90/95 minuti: se la Juve vince a Bologna e il Milan non riesce a battere l’Atalanta, oppure – ipotesi meno probabile – il Verona ferma il Napoli, i bianconeri potranno disputare la Champions, UEFA permettendo.

Nella lotta per il 7° posto della classifica, utile per partecipare alla Conference League, alla Roma – come già dicevo nel post precedente – che ha vinto meritatamente il derby, è sufficiente un pareggio contro lo Spezia per mantenere a distanza il Sassuolo che, anche battendo la Lazio, non potrebbe scavalcarla, vantando una peggiore differenza reti, a parità negli scontri diretti. Pareggiare contro una squadra già salva non dovrebbe essere un’impresa difficile, occorre però verificare quanta voglia abbiano i giallorossi di partecipare a questa competizione europea, per così dire, di consolazione.

Infine, la terza squadra destinata a retrocedere scaturirà innanzi tutto dal recupero Lazio-Torino di domani. Se i granata dovessero anche solo pareggiare, sarebbero salvi. Perdendo, tutto sarebbe rinviato allo scontro diretto di domenica prossima con il Benevento, al quale, dopo il pareggio contro il Crotone, resterebbe per salvarsi un solo risultato utile: vincere, raggiungendo il Torino a 35 punti e quindi superandolo negli scontri diretti (la partita di andata, infatti, si era conclusa sul 2-2).

Il vero interrogativo – quasi il finale di un thriller – di domenica prossima è però rappresentato dal desiderio di sapere quale delle tre squadre in lizza, tra Napoli, Milan e Juventus, non parteciperà alla Champions del prossimo anno. Si scatena intanto l’anti-Juve mediatica, chiamando a sostegno anche i commenti della stampa spagnola e inglese, le quali invece di interrogarsi sulle improbabili rimonte, rispettivamente, di Atletico Madrid e Liverpool, commentano pesantemente Juve-Inter di sabato pomeriggio, ricordando anche le “colpe” dei bianconeri nel sostenere la Superlega.

A giudizio quasi unanime della grande stampa nazionale, delle TV sportive e delle radio locali, il fronte antijuventino sostiene che il goal della vittoria bianconera è un regalo dell’arbitro Calvarese per compensare l’ingiusta espulsione di Bentancur all’inizio del secondo tempo – bontà loro che la ritengono ingiusta!–. Insomma, il calcio di rigore realizzato da Cuadrado a pochi minuti dalla fine non doveva essere concesso perché non c’era un fallo di Perisic su Cuadrado ma addirittura il contrario! Giudizio frettoloso e di parte: Cuadrado entrando in area di rigore cambia passo, come è solito fare, e Perisic lo tocca all’altezza della caviglia facendogli perdere pallone ed equilibrio. Un rigore che si poteva anche non dare ma che è almeno in linea con quello che permette all’Inter di pareggiare, quando Lautaro allunga all’improvviso la gamba all’indietro e De Ligt non può evitare di toccarlo sul calcagno! E ancora, si dice: l'arbitro ha annullato uno "splendido" goal di Lautaro! In realtà, Calvarese ha fischiato prima che tutti si fermassero e che Lautaro facesse la sua solitaria rovesciata a rete. Quanto al primo rigore concesso alla Juve, il fallo era evidente con un doppio e plateale placcaggio in area di rigore. Si è sempre detto che questi falli, che nel nostro campionato vengono spesso ignorati, sono sempre sanzionati in campo europeo! In ogni caso, il fallo su Cuadrado era più rigore di quello (ridicolo) che ha permesso al Napoli di sbloccare la partita contro la Fiorentina, costringendo i viola a restare in dieci. Allora di che parliamo?! Non è colpa della Juve se il Milan non è riuscita a battere un Cagliari già salvo.

Ciò premesso, penso anch’io che Milan e Napoli forse meritano di più la partecipazione alla Champions e le ragioni le ho già espresse in diversi post precedenti. Resta il fatto che se la Juventus dovesse farcela all’ultimo minuto, non avrà rubato nulla, se invece resterà fuori dalla massima competizione europea (attenzione all’euforia, agli arbitraggi e al VAR) la responsabilità sarà stata soltanto sua.  

 sergio magaldi                                 

venerdì 14 maggio 2021

IL PUNTO SUL CAMPIONATO QUANDO TUTTO SEMBRA DECISO (N°8)


 

 

 A due giornate dal termine, la Serie A sembra ormai aver emesso tutti i suoi verdetti, anche se matematicamente qualcosa di diverso è ancora possibile.

A giocare la Champions del prossimo anno con ogni probabilità saranno, oltre all’Inter che ha vinto lo scudetto, Atalanta, Milan e Napoli. Fuori la Juve, dunque, ma il fatto non sorprende più di tanto. In un post che risale al 29 ottobre 2020 dal titolo Il predestinato e il grigiore bianconero avevo già fatto la previsione che per i bianconeri quest’anno sarebbe stato difficile persino conquistare un posto utile per la Champions. Purtroppo non era una previsione avventata perché si basava sull’inesperienza dell’allenatore, sul gioco messo in mostra e sui risultati sin lì conseguiti dai bianconeri. La realtà di oggi prova soltanto che l’analisi di allora era addirittura ottimistica. Scrivevo tra l’altro:

 Del resto, è un fatto che il nuovo allenatore juventino - con i suoi tanti esperimenti che si sostanziano nell’idea di schierare tutti insieme i giocatori considerati sulla carta i più forti, senza distinzione dei ruoli e senza tener conto dei necessari equilibri - stia cercando di applicare il verbo contenuto nella sua recente Tesi di Coverciano per il Master Uefa Pro. Scrive nell’introduzione: «L’idea fondante del mio calcio è basata sulla volontà di un calcio propositivo, di possesso e di attacco […] un calcio totale e collettivo, con 11 giocatori attivi in fase offensiva e difensiva. Manipolando spazi e tempi, abbiamo l’ambizione di comandare il gioco in ambedue le fasi. Il ‘gioco’ deve essere il filo conduttore della mia squadra […] un gioco basato sul collettivo ma che sia in grado di esaltare le individualità più forti».

Parole in sé condivisibili da parte di ogni allenatore e che si commentano da sole per la loro vacuità ed efficacia retorica ma che, prima di essere pronunciate, dovrebbero confrontarsi oltre che con la modestia e con l’esperienza, anche con la realtà del campo e dei giocatori a disposizione. Eppure, si ha come l’impressione che con i ritorni in squadra di De Ligt, Alex Sandro, Ronaldo e in più l’acquisto a gennaio di un buon terzino e di un centrocampista di rango e di esperienza (forse quel Jorginho che tanto piaceva a Sarri, forse un altro più capace di assomigliare proprio al Pirlo calciatore), la Juventus potrebbe ancora rimettere in piedi la propria stagione che al momento attuale pare già compromessa sia in Campionato che in Champions. Sempre che non si abbia la voglia e la forza di dire ai tifosi che la squadra sta vivendo un anno di transizione (verso dove?), con l’unico obiettivo di raggiungere almeno il quarto posto del Campionato, utile per partecipare alla Champions del prossimo anno. Obiettivo peraltro non facile a giudicare dal gioco e dai risultati di oggi e in virtù della concorrenza di diverse altre squadre, come Inter, Milan, Napoli, Atalanta, Lazio, Roma e persino Sassuolo.

Sulla carta tutto è ancora possibile: la Juve dovrebbe intanto battere l’Inter domani pomeriggio. Cosa di per sé poco probabile: la recente vittoria contro il Sassuolo non deve ingannare. Per circa mezz’ora i bianconeri hanno rischiato di andare sotto e, se non è successo, il merito è di Buffon (forse alla sua ultima con la Juve ma non probabilmente in Serie A: Lazio, Roma o Atalanta la prossima meta?) che ha parato di tutto, compreso un rigore.

Battere i neo campioni d’Italia, dunque, e poi sperare che l’indomani la Fiorentina (ormai salva) fermi il Napoli almeno con un pareggio, oppure che il Cagliari, in lotta ancora per non retrocedere ma al quale basta un punto per salvarsi (punto che può tranquillamente prendersi nell’ultimo turno giocando in casa con il Genoa ormai salvo) pareggi con il Milan e che poi i rossoneri non vincano l’ultima sfida contro un’Atalanta già certa di fare la Champions. Come si vede, tutte ipotesi poco probabili, anche perché Napoli e Milan sono in gran forma e inoltre avranno il vantaggio di conoscere in anticipo l’esito dello scontro tra Juve e Inter. Il paradosso è che se i bianconeri non avessero lasciato sul campo ben 14 punti con le ultime della classifica (5 col Benevento, 5 con la Fiorentina, 2 col Crotone e 2 col Torino), il derby d’Italia di domani sarebbe stata una sfida scudetto con la Juve a 86 punti e l’Inter agli attuali 88.

Al di là dei rimpianti per uno scudetto che i bianconeri non hanno avuto né la forza né il coraggio di difendere, resta la grande responsabilità dei dirigenti che, pur avendo speso circa duecento milioni solo nell’ultimo anno, hanno costruito una squadra con scarso equilibrio affidandola per di più ad un allenatore – grande talento calcistico è vero! – in assoluto alla prima esperienza. Di più, non avendo avuto il coraggio, dopo la disfatta casalinga con il Benevento, di cambiare in corsa, riuscendo a salvare il salvabile, con la conquista almeno di un posto in Champions. Così, invece di giocare in una competizione più prestigiosa della stessa Champions (la fantomatica Superlega), la Juve sarà beffata nel giocarne una minore (l’Europa League), sempre che l’UEFA non le tolga anche quella. Insomma ai tifosi juventini non resta ormai che la speranza di battere l’Inter, tifando poi per la Fiorentina contro il Napoli e per il Cagliari contro il Milan.

Decisa forse anche la lotta per non retrocedere, anche se qui la questione è più complessa. Salve ormai Genoa e Fiorentina, al Cagliari per salvarsi manca un solo punto da poter prendere in due partite. Restano in lotta Torino e Spezia con 35 punti e Benevento con 31. Chi vince lo scontro diretto tra Spezia e Torino è salvo, se il Torino perde avrà ancora due opportunità di fare punti nel recupero con la Lazio e poi nell’ultima proprio contro il Benevento. Se a perdere è lo Spezia, resta tutto in sospeso tra Benevento e Spezia. Se infine pareggiano, la lotta a 3 rimane in piedi sino all’ultima giornata. La logica, tuttavia, dei rispettivi e attuali punteggi lascia pensare che a retrocedere, insieme a Crotone e Parma, sia il Benevento, anche se la squadra di Pippo Inzaghi, superando il Crotone, avrà poi l’opportunità di battersi contro il Torino nell’ultima giornata, in uno scontro che per una delle due potrebbe rivelarsi decisivo per la permanenza in Serie A.

Infine, e questo sembra in realtà l’unico magro interrogativo proposto dalle ultime due giornate di Campionato, resta da vedere chi conquisterà il 7° posto della classifica, utile per disputare la terza competizione istituita dall’UEFA (Conference League): Roma o Sassuolo? Terza anche per ordine d’importanza, sembra più che altro attrarre il Sassuolo. Molto dipenderà dal derby capitolino in programma domani sera. Con una vittoria, la Roma dovrebbe confermarsi al 7° posto, anche poi pareggiando l’ultima fuori casa contro il pericolante Spezia. Infatti, a parità degli scontri diretti, i giallorossi vantano una migliore differenza reti rispetto ai neroverdi di De Zerbi. Ma più che per partecipare alla Conference League (da taluni considerato più un male che un bene), la vittoria nel derby sarebbe per la Roma una prova di orgoglio e l’occasione di una rivincita contro la Lazio che nella partita di andata l’aveva sconfitta per tre reti a zero. 

 sergio magaldi


martedì 11 maggio 2021

ADALINE - L'Eterna giovinezza


 

 A sei anni di distanza dalla sua prima uscita, Cinema Premium 2 di Sky ha riproposto ieri in prima serata Adaline-L’eterna giovinezza. Per la verità, non si tratta di un film che guadagni dall’essere rivisto, come a volte può accadere. Innanzi tutto perché viene meno quel clima di attesa che avvolge lo spettatore per circa due ore nella curiosità di conoscere l’esito di una vicenda che si gioca tutta sull’immediato futuro, poi e soprattutto perché ogni successiva visione di questo film sembra piuttosto accrescere la possibilità di coglierne i difetti.

Il tentativo di coniugare insieme una grande storia d’amore con l’eterna giovinezza ha tuttavia il pregio – forse persino al di là delle intenzioni del regista – di relegare tra le illusioni due tra i miti più significativi e persistenti della nostra civiltà. Il mito dell’Amore e quello dell’Eterna Giovinezza, appunto. Se il titolo originale si limita a parlare dell’età di Adaline (The AGE of ADALINE), la locandina italiana non solo scopre subito le carte con un titolo che vuole essere coinvolgente: ADALINE l’eterna giovinezza, ma vi aggiunge lateralmente – in caratteri piccoli e opportune maiuscole per meglio “catturare” l’osservatore – la scritta: Il TEMPO si ferma per AMORE. Il che dà l’impressione che ci si accinga a vedere una storia dove l’amore trionfi sul tempo e invece avviene proprio il contrario: la protagonista s’innamora ogni volta in funzione del tempo che per lei si è fermato e per di più in una situazione che da ultimo rasenta il grottesco. Naturalmente, lei non ne ha colpa ma è la prova che l’Amore non è mai per sempre, come si suole dire, ma strettamente legato allo scorrere del tempo.




L’altro mito, quello dell’eterna giovinezza, merita qualche riflessione in più. Entriamo allora nella dinamica del film. Per straordinarie e improbabili cause naturali, una donna di 29 anni, Adaline Bowman, interpretata da un’affascinante e coinvolgente Blake Lively [che in realtà ha 27 anni e un volto enigmatico, giovane ma senza età, che nel film le consente di portare egregiamente i suoi effettivi 106 anni…] cessa di invecchiare e, per nascondere il proprio segreto al Federal Bureau of Investigation [FBI] che ne farebbe una cavia, è costretta a cambiare continuamente identità, residenza e lavoro.

Come già dicevo, il regista Lee Toland Krieger si mostra abile nell’avvolgere in un clima di suspense lo spettatore che, mentre attende di sapere dove la vicenda andrà a parare, comincia a chiedersi se la prospettiva di una eterna giovinezza e/o addirittura l’idea dell’immortalità non siano da preferirsi alle ben note certezze dell’invecchiamento e della morte. Chi non desidererebbe vivere per sempre in un’eterna giovinezza? I problemi cominciano quando lo spettatore esce dal cinema, riflette e prova a darsi qualche risposta. La più immediata sa di benevolenza e apparente altruismo: se ciò che capita a Adaline, capitasse a tutti, non ci sarebbe né perdita di identità, né di affetti e nemmeno il pericolo di fare da cavia. Insomma, senza vecchiaia e morte, saremmo tutti più felici! Già, ma allora si dovrebbero eliminare anche le nascite, altrimenti le risorse del pianeta si esaurirebbero in fretta. Se anche questo fosse possibile, avremmo però un’umanità senza futuro. Così riflettendo, lo spettatore appena uscito dal cinema arriva a concludere che la morte è una necessità della natura. Ma la morte, egli si sofferma a pensare, non è sempre frutto di invecchiamento, dunque basterebbe almeno eliminare la vecchiaia. Alla soglia dei trent’anni, così come per l’Adaline del film, il tempo dovrebbe fermarsi per tutti. La diminuzione dei decessi per malattia sarebbe compensata dalle morti incidentali, da quelle per motivi bellici e conflitti interpersonali, in forte aumento per la maggiore aggressività di popolazioni giovani. Così risolta la questione di una crescita demografica incontrollata della popolazione, in un mondo con la morte ma senza la vecchiaia, lo spettatore saggio si rende subito conto di un altro problema: la furente rivalità che si scatenerebbe tra individui giovani di pari età, costituenti la parte preponderante della popolazione. Una lotta senza tregua per accoppiarsi, accaparrare posti di lavoro, usufruire delle risorse disponibili. Una guerra più cruenta di quella che abbiamo oggi sotto gli occhi e che in breve tempo condurrebbe all’estinzione del genere umano. La conclusione è che il nostro spettatore si viene convincendo che, così come la morte, anche la vecchiaia è necessaria nell’economia dell’universo. Sempre che ciascuno, almeno per ciò che riguarda l’eterna giovinezza, non pensi di risolvere la questione dal punto di vista personale, ricorrendo alla chirurgia estetica o – formula ben più consolidata – ad un bel patto col diavolo di cui la letteratura mondiale ci offre tanti esempi. Si pensi per tutti al Faust di Goethe che per ritrovare la giovinezza e sedurre la bella Margherita stringe un patto con Mefistofele.

Insomma, allo spettatore che non riguardi il cinema solo come momento di evasione, ma consideri possibile l’opportunità di una riflessione, il film di Lee Toland Krieger può far pensare a tutto questo,  anche se la sceneggiatura di Adaline-L’eterna giovinezza è molto al di sotto del tema proposto, né mancano sequenze di sapore prettamente hollywoodiano.

 sergio magaldi


domenica 9 maggio 2021

Zibaldone on Line N.3: Gnosi. Di Sergio Magaldi

venerdì 7 maggio 2021

sabato 1 maggio 2021

IL PUNTO SUL CAMPIONATO DOPO IL FALLIMENTO DELLA SUPERLEGA (N.7)


 

 Alla vigilia della 34.a giornata della Serie A, la lotta per partecipare alla Champions del prossimo anno si fa serrata. Dei quattro posti disponibili, uno è già praticamente assegnato all’Inter che vince lo scudetto con largo anticipo. Un altro, con ogni probabilità, andrà all’Atalanta che ha due punti di vantaggio sulle altre e che soprattutto si trova in evidente stato di forma. Ne restano, perciò, forse soltanto due, e la lotta per il 3° e 4° posto  della classifica del Campionato vede in lizza Milan, Juventus e Napoli, tutte con 66 punti, e anche la Lazio che virtualmente di punti ne ha 64, dovendo recuperare la partita casalinga con il Torino. Delle quattro squadre, sulla carta il Napoli ha il calendario migliore, dovendo incontrare nell’ordine Cagliari, Spezia, Udinese, Fiorentina e Verona. Gli ostacoli potrebbero venire dai due primi incontri, perché Cagliari e Spezia lottano per non retrocedere in serie B. Superati questi, i partenopei troverebbero poi la strada spianata, anche perché la Fiorentina a quel punto potrebbe essere già salva. Il calendario della Lazio presenta qualche incognita, non solo perché giocherà una partita in più delle altre ma anche perché, dopo la prossima in casa contro il Genoa, deve giocare con la Fiorentina, il Torino (in piena lotta per non retrocedere), nel derby con la Roma e infine col Sassuolo che ambisce al 7° posto della classifica. Milan e Juventus hanno la sfida diretta e un calendario per nulla tranquillo. Prima di andare a Torino contro la Juve, il Milan deve vedersela questa sera con il Benevento che fa parte delle squadre in lotta per non retrocedere, dopo la Juve nuovamente a Torino contro i granata, quindi in casa contro il Cagliari e da ultimo a Bergamo contro l’Atalanta. Infine la Juventus che gioca una partita già decisiva domenica contro l’Udinese, ha la sfida diretta col Milan e nell’ordine gli incontri con Sassuolo, Inter e Bologna. Solo battendo Udinese e Milan, i bianconeri potrebbero forse evitare la beffa di giocare il prossimo anno in l’Europa League invece che in Champions. D’altra parte, delle quattro squadre in lizza per la massima competizione europea, la Juve in questo momento ha il gioco peggiore, anzi non ha addirittura un gioco. Basti vedere il primo tempo con la Fiorentina, partita che, dopo lo 0-3 dell’andata, ha rischiato ancora di perdere senza Cuadrado uomo-assist e senza la prodezza di Morata, entrato a sostituire nel secondo tempo un inguardabile Dybala. Passaggi orizzontali a non finire tra Bonucci, Chiellini e De Ligt, scarso il filtro di centrocampo, nessuna profondità di gioco, un solo tiro nello specchio della porta avversaria, un Ronaldo poco servito dai compagni, che non segna da oltre un mese e che appare sempre meno convinto di continuare a giocare in questa squadra. Dato a Pirlo quel che è di Pirlo, bisogna riconoscere che questa Juve è stata costruita male, nonostante i tanti soldi spesi. La squadra manca soprattutto di una punta centrale da 15-20 goal a stagione. Senza le 25 reti di Ronaldo, ancora capocannoniere della Serie A, la Juve navigherebbe al centro della classifica. Altro che decimo scudetto consecutivo, altro che lotta per vincere finalmente una Champions! Morata e Dybala (anche se quest’anno ha giocato poco tra covid e infortuni) sono grandi giocatori, belli da vedere quando sono in forma, ma Morata non è un goleador (non a caso non ha mai giocato titolare nel Real Madrid, nel Chelsea e nell’Atletico Madrid) e Dybala lo è stato solo a tratti (record con la Juve: 22 goal nella stagione 2017-2018), soprattutto prima che Allegri lo trasformasse in un mediano. Lo scorso anno, grazie a Sarri che lo riportò in avanti, riuscì a segnare 11 goal in Serie A, comunque ancora pochi per la punta che servirebbe alla Juve accanto a Ronaldo (si pensi alla coppia Lukaku-Lautaro dell’Inter).

La Juve in Europa League invece che in Champions sarebbe una beffa anche alla luce delle note vicende della Superlega. La dirigenza bianconera è stata tra le protagoniste dell’annunciata manifestazione che il conformismo imperante ha condannato come una competizione riservata ai grandi club e senza meriti sportivi. Dove c’è almeno una contraddizione in termini: se sono grandi club, lo sono per le tante vittorie, quindi il merito sportivo non può essere messo in dubbio, semmai il problema è quello di giustificare la nascita di una nuova Lega calcistica, definita appunto Superlega, in grado di assicurare uno spettacolo calcistico degno di questo nome, gestendo in proprio le risorse che deriverebbero da una crescita di qualità collegata ad una formula nuova, quale sarebbe un vero e proprio campionato europeo. E la giustificazione è in linea con lo spirito capitalistico, è cioè legata al denaro. Le società di calcio sono imprese che rischiano in proprio, ma i profitti che sono in grado di generare sono gestiti da Fifa e Uefa che non rischiano nulla. I bilanci delle grandi squadre sono in rosso e non certo per il covid che ha imposto la chiusura degli stadi, ma per le spese crescenti determinate da acquisti ed ingaggi faraonici non solo di grandi campioni ma anche di giocatori mediocri, per le esose tangenti imposte dai tanti intermediari, e infine per l’impossibilità di rivendere i calciatori senza il loro consenso, rischiando così di vederli andar via a parametro zero. Si è detto che la colpa è delle società che non devono fare il passo più lungo della gamba, ma come si diventa competitivi (ecco il tanto declamato merito sportivo!) senza l’acquisto dei grandi campioni?! La verità è che, proprio in omaggio ad uno pseudo spirito capitalistico, Fifa ed Uefa si sono guardate bene dal porre un tetto di spesa ad acquisti, ingaggi e tangenti, mentre – rovescio della medaglia – i sindacati dei calciatori sono diventati di fatto i proprietari dei cartellini dei giocatori. D’altra parte, se l’opinione pubblica – segnatamente quella che guarda al gioco del pallone, opportunamente manipolata attraverso i media da corporazioni, istituzioni politiche e non – ha respinto con sdegno l’annunciata Superlega, ciò si deve all’ingenuità di chi se ne è fatto promotore: 1)senza chiarirne efficacemente in pubblico le ragioni costitutive, 2)senza collegarla ad una formula più sostenibile, 3)mostrando la scarsa coesione tra le squadre che si erano impegnate a farne parte e che ai primi “rumori” si sono sfilate una ad una con l’eccezione, naturalmente, delle sei inglesi. Non sarebbe stato più credibile concepire la Superlega come un torneo riservato alle vincenti di tutte le edizioni della Champions? In tutto sono 22 ma, togliendo almeno 8 squadre che da tempo non fanno più parte dell’élite calcistica, ne restano 14, alle quali aggiungere le più meritevoli degli ultimi anni, anche guardando ai campionati nazionali, sino ad un totale di 20-25 squadre, pensando anche ad eventuali spareggi per entrare a far parte della Superlega. Certo, Fifa ed Uefa ne sarebbero danneggiate e la Champions sicuramente perderebbe il suo fascino. Ciò è abbastanza comprensibile, ma allora perché non studiare una formula nuova da parte delle istituzioni che gestiscono (male) il calcio e i suoi profitti senza rischiare nulla in proprio? La nuova Champions a più squadre che dovrebbe iniziare dal 2024 non è la soluzione, forse è persino un rimedio peggiore del male. Il tetto agli acquisti, agli ingaggi e alle tangenti sarebbe molto più efficace, concorrendo a risanare i bilanci e restituendo anche maggiore competitività alle squadre del vecchio continente.

 

sergio magaldi