mercoledì 28 settembre 2022

PROCESSI MEDIATICI DOPO IL VOTO


 

 

  Con le elezioni del 25 settembre si conclude il “gioco” con cui l’Establishment, coadiuvato da media e social, ormai da qualche anno, utilizza Giorgia Meloni in contrapposizione a Matteo Salvini.

Preso atto dell’onda lunga del Centrodestra, della decadenza dei Cinquestelle, dell’inadeguatezza del Centrosinistra e della continua voglia di cambiamento degli italiani, sempre pronti, dopo la fine della Prima Repubblica – quando il voto era praticamente cristallizzato – a ricercare illusoriamente un capo credibile cui affidare le proprie sorti e quelle di un Paese sempre più alla deriva (dopo Berlusconi, Renzi, Grillo-Conte-Di Maio, e Salvini), l’Establishment ha pensato bene, per scongiurare il pericolo Salvini, di puntare su Giorgia Meloni, facendola apparire umile, coerente e più rassicurante anche se all’opposizione, a differenza del capo della Lega al governo, giudicato presuntuoso, tracotante e pericoloso per l’ordine costituito. Non si può negare che lo stesso Salvini abbia dato una mano in questo senso, cadendo innanzi tutto ingenuamente nel tranello del Papeete, ma prima ancora armeggiando in pubblico con santini e coroncine che non hanno contribuito certo a dare di lui il volto di uno statista. L’altra mano l’ha data la pandemia e la fine dell’austerità in Europa: se infatti avesse potuto prevedere che di lì a breve si sarebbero aperti i cordoni della borsa, difficilmente Salvini avrebbe piantato in asso il governo gialloverde.

Quanto alla prova di responsabilità che la Lega ha dato nel permettere il varo del governo Draghi, appare chiaro come gli italiani, e non solo quelli tradizionalmente di centrodestra, non l’abbiano apprezzata. L’appiattimento sui decreti sanitari di Speranza, le mance distribuite a destra e manca senza risolvere la questione della perdita del lavoro da parte di molti italiani per effetto del lockdown e di una forsennata campagna vaccinale, hanno progressivamente agevolato il disegno di ingrassare nelle file del Centrodestra l’unico partito di opposizione.

Occorre d’altra parte riflettere che il Centrodestra non avrebbe mai ottenuto una maggioranza netta, come quella che ha avuto, senza lo “sfondamento emotivo” di uno dei partiti della coalizione. E quale poteva essere questo partito? Non Forza Italia che ormai quasi sembrava lottare per la sopravvivenza, non la Lega di Salvini che il suo di sfondamento l’aveva avuto già nelle elezioni europee di tre anni prima, raggiungendo una percentuale di oltre il 34%. L’unico partito in grado di “sfondare” era Fratelli d’Italia, l’unico di opposizione e l’unico guidato da una donna: una novità che per uno strano paradosso ha certamente contribuito al successo. Una donna sicuramente intrepida che non si è minimamente preoccupata di cancellare dal simbolo del partito la fiamma tricolore del vecchio Movimento Sociale Italiano. Un fattore che, soprattutto nell’attuale contingenza, può aver avuto un certo peso nell’elettorato più anziano e nostalgico, tanto più che esattamente tra un mese, per le strane coincidenze della Storia, ricorrerà il centenario della Marcia su Roma.

Insomma, nulla di nuovo sotto il sole: il Centrodestra non ha aumentato i suoi voti rispetto al 2018: poco più di 12 milioni come allora, ma diversamente ripartiti se è vero – come sostiene la statistica – che a Fratelli d’Italia è andato circa il 40% del voto leghista. In altri termini, dopo l’exploit di Forza Italia e della Lega, anche il terzo partito della coalizione ha infine avuto il suo!

L’ipocrisia di regime nei suoi Talk Show rende a Letta il doppio merito di aver anticipato le sue dimissioni per il deludente risultato elettorale e al tempo stesso di traghettare il partito sino alla celebrazione del Congresso, condanna invece esplicitamente Matteo Salvini che, nonostante la magra percentuale di voti raggiunta (circa il 9%), non parla di dimissioni dalla segreteria della Lega ma addirittura rilancia.

Esemplificativo al riguardo il giudizio espresso ieri a Tagadà da Claudio Martelli, l’antico delfino di Craxi, che in look di reverendo afferma incredibilmente: “Letta ha annunciato le proprie dimissioni perché è una persona onesta”, lasciando intendere che chi non ha fatto altrettanto, pur essendo tenuto moralmente a farlo, onesto non è.

Dopo il processo della magistratura si consuma così anche l’ennesimo processo mediatico contro Salvini, messo in discussione dallo stesso nucleo storico della Lega, Maroni in testa, con Castelli che parla di lui come di “un leader usa e getta”, ancorché il Consiglio Federale, riunito in gran fretta in via Bellerio a Milano, gli rinnovi momentaneamente la fiducia e lo candidi per un ministero “pesante”. Ma la tentazione, neppure taciuta, per bocca di Speroni, è quella del ritorno alla Padania, dimenticando che Salvini ha preso la Lega a meno del 4% e l’ha portata sino oltre il 34% delle elezioni europee e a più del 17% delle ultime elezioni politiche, l’ha fatta cioè uscire dal ghetto regionale, trasformandola in un partito nazionale, mostrando altresì in questa occasione – pur nel calo dei voti per i motivi sopra esposti –  una notevole capacità di trattare con gli alleati, tant’è che per numero di parlamentari eletti – il solo numero che conta con queste percentuali di voto che salgono e scendono freneticamente un po’ per tutti i partiti – la Lega si colloca al terzo posto, appena poco al di sotto del Pd che pure vanta un numero doppio di voti. Va infatti chiarito che questa apparentemente bizzarra attribuzione di seggi non dipende solo dalla legge elettorale ma dalla complessa trattativa tra i partiti delle coalizioni per decidere le candidature nei collegi uninominali.

Salvini deve ora mostrare di non essere ingenuo e di saper tener duro, nonostante i processi di ogni genere, deve cioè saper trattare per sé un ministero davvero “pesante” che non può consistere in una vicepresidenza del Consiglio, magari insieme a Tajani, o addirittura nel ruolo istituzionale di presidente del Senato che, pur essendo la seconda carica dello Stato, lo relegherebbe forse definitivamente nella soffitta della politica con grande soddisfazione di “amici” e nemici.

 sergio magaldi

 

sabato 24 settembre 2022

Plenilunio e Croce di San Pietro all’ Isola d’ Elba




Dopo il passaggio degli argonauti all’ Elba secondo Apollonio Rodio,  la preistoria etrusca, la storia archeologica romana e la storia moderna hanno lasciato la loro profonda impronta in questa  isola rimasta per certi versi ancora un po’ misteriosa. Ecco nel cielo di Portoferraio l’apparizione di un fenomeno più unico che raro.

di Alberto Zei 


 In quella notte - Quando nella serata dedicata ai festeggiamenti di fine estate all’isola d’Elba il clima è ancora favorevole alle manifestazioni all’aperto ecco, nella bellissima notte di plenilunio del 10 settembre, il lungo susseguirsi di varie esibizioni artistiche sul lungomare del porto turistico di Portoferraio.

Vi sono colori e luci nella strada a ferro di cavallo che costeggia questo porto, fondato da Cosimo de Medici e dove una volta approdavano i velieri della flotta del Granducato di Toscana per far fronte ai pericoli delle incursioni piratesche.

Adesso invece i panfili e le imbarcazioni provenienti da tutto il mondo sono sempre accolti come  benvenuti in quest’isola trasformata dalla vitale difesa delle sue coste, alla totale festosa accoglienza di tutti i visitatori che dal mare approdano nei vari porti dell’Elba.

 Arriva il momento - Verso le 22 sul lungomare i complessi musicali dislocati a breve distanza si erano fusi tra loro in un surreale stordimento acustico dei presenti.

Tutto si incentrava in una comune partecipazione con suoni, note e parole mentre il volume sonoro delle percussioni e del ritmo frenetico dei contesti musicali  pervadeva l’intera area del porto illuminato a festa; tutto risuonava intorno, tanto che il silenzio non era neppure concepibile come ricordo.

A questo punto ecco che avviene qualcosa di strano, di molto strano.

 La croce di Pietro  – Intorno alla  luna antistante al porto, fino allora splendente nel chiaro plenilunio di settembre in un cielo sgombro di nubi della  notte, improvvisamente si forma una sorta di “croce capovolta” nello spazio sottostante.

 


L’immagine della croce rovesciata è un simbolo alquanto inconsueto. Così come inconsueta è la perpendicolarità dei due bracci in quanto le nubi assumono di solito conformazioni piuttosto parallele. C’è di più, la croce rovesciata ( o capovolgimento della croce latina) è detta anche Croce di San Pietro o, più semplicemente di Pietro perché, secondo Origene, fu richiesta dall’apostolo per essere crocefisso a testa in giù, non ritenendosi degno di subire la stessa crocefissione di Gesù Cristo. Col tempo, la croce rovesciata divenne simbolo della Chiesa ortodossa, ma in epoca recente è divenuta manifestazione dell’anticristo e del satanismo ed è stata spesso utilizzata dai cultori di musica black metal e death metal.

La forma lunare, intanto,  ancora visibile, emana una luce opalescente per la presenza di un agglomerato biancastro,  formatosi nella direzione tra i suoi raggi e il porto.

Il  fenomeno appariva molto insolito tanto da essere prontamente filmato da gran parte dei presenti. Successivamente assumeva per la sua singolarità uno sviluppo assolutamente imprevedibile anche per il noto meteorologo televisivo, Colonnello Giuliacci.

Quella specie di croce  opalescente sotto la luna si trasforma in un sorta di uccello con una ala alzata che si posa  sopra  l’ albero di una imbarcazione come per impedire la vista della luna.

La stranezza non finiva qui. Infatti, dal lungomare dove era stato collocato un grappolo di palloncini, un bambino ne distacca due che trascina poi in giro sulla banchina del porto.  Ad un tratto il bambino si ferma davanti al mare ma i due palloncini colorati tenuti da un lungo filo si spostano verso l’ immagine lunare posizionata sull’estremità dell’albero della stessa imbarcazione. Una volta raggiunta l’immagine, entrambi i palloncini si pongono uno accanto all’altro proprio sotto il bianco manto da cui sembrano ora fuoriuscire.



La trasformazione - Nei minuti successivi  questa strana immagine prende una nuova forma. Il chiarore si incentra sul  bordo del disco trasformandosi  in una specie di civetta appollaiata.

A questo punto non si può negare quanto accade davanti a tutti e stando al gioco delle formazioni meteo più uniche che rare, valga anche un’interpretazione mitologica per la presenza della civetta e del suo progressivo  cambiamento di colore che dal bianco lunare in breve si trasforma in una suggestiva opalescenza marrone.

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Andando oltre nei simboli della mitologia, è parso che la Luna (Selene) alla pallida luce dei suoi raggi non abbia “compreso" la fonte di tanto festoso chiasso.

Ecco quindi la  Civetta,  simbolo mitologico della Conoscenza, che sopraggiunge a fianco della Luna quasi a volerle spiegare cosa stia accadendo. Ma la Luna, prima immobile, ora si allontana, salendo più in alto, come infastidita e per non voler sentire.


giovedì 15 settembre 2022

ASTROLOGIA E ASTRONOMIA (Parte XII)


 

SEGUE DA:

 

ASTROLOGIA E ASTRONOMIA  Parte I

 

ASTROLOGIA E ASTRONOMIA  Parte II

 

ASTROLOGIA E ASTRONOMIA  Parte III

 

ASTROLOGIA E ASTRONOMIA  Parte IV

 

ASTROLOGIA E ASTRONOMIA  Parte V

 

ASTROLOGIA E ASTRONOMIA  Parte VI

 

ASTROLOGIA E ASTRONOMIA  Parte VII

 

ASTROLOGIA E ASTRONOMIA  Parte VIII

 

ASTROLOGIA E ASTRONOMIA  Parte IX

 

ASTROLOGIA E ASTRONOMIA  Parte X

 

ASTROLOGIA E ASTRONOMIA  Parte XI

 

 Non è un caso dunque che entrambi gli dei, Saturno e Giano bifronte, siano presenti nel simbolismo di diverse tradizioni a rappresentare la possibilità stessa di una nuova iniziazione, di un percorso nuovo da compiere, di un passaggio da una condizione di vita ordinaria ad una esistenza in cui si sceglie di procedere in modo alternativo e diverso, per rettificare se stessi, alla luce di una nuova consapevolezza o, se si vuole, di una illuminazione che prospetti la liberazione dalla prigionia della vita profana.

 La fusione di due figure mitologiche come quella di Ploutos, dio della ricchezza e quella di Hades, signore del mondo sotterraneo e dell’inconscio, erede della Grande Madre e di Eros cosmico, non crea ambivalenze nel Plutone astrologico. Ploutos è cieco e dispensa a caso le proprie ricchezze ma così facendo – tale lo rappresenta con ironia Aristofane (450-385 a.C.) nella sua commedia Pluto – egli finisce con l’arricchire i peggiori tra gli uomini. Vero o falso che sia l’assunto dal quale prende forma la satira di Aristofane (in realtà poco cambia – come mostra la commedia – quando le ricchezze vengono date ai poveri), non c’è dubbio che questa fosse la percezione della realtà nella tradizione popolare già ai tempi del grande commediografo greco. Non a caso una canzone conviviale di Timocreonte da Rodi, poeta lirico del V secolo a.C., attribuiva a Ploutos, a causa del denaro, la responsabilità di tutti i mali che capitano agli esseri umani:

 «Deh!, se mai, cieco Pluto,

né in terra, né sul pelago

t’avessimo veduto,

ma l’Acheronte e il Tartaro

fossero stati ognora

l’unica tua dimora!

Ché da te tutti i mali

Provengono ai mortali!» ([1] )

 Come Ploutos cieco, Hades non guarda in faccia nessuno e ci mostra la realtà per quello che è, senza illusioni. Scrivevo in un precedente post sull’argomento: 

 «[…] Insomma la morte non solo è parte della nostra natura sin dalla nascita, ma è anche il progetto finale di ogni essere vivente e Hades-Plutone ci svela senza infingimenti la nostra rimozione più grande: l’essere per la morte»

Diverso il caso di Saturnus-Kronos, il primo appartenente alla mitologia romana, il secondo a quella greca. Nella fusione resta un’ambivalenza di fondo che il Saturno astrologico mantiene, ancorché le due divinità siano poi accomunate dai festeggiamenti in loro onore: Il Saturno latino nei Saturnalia, il Kronos greco nelle Kronia di Atene che secondo la testimonianza del poeta romano Lucio Accio (II Secolo a.C.) consistevano nella celebrazione di un tempo altro, con il totale rovesciamento dell’ordine costituito e la sospensione del lavoro, mentre si banchettava per le strade e gli schiavi sedevano a tavola con i padroni. Ciò accadeva, naturalmente, quando Kronos era ormai considerato dai Greci come Signore del Tempo. Per onorare il dio si pensò di dedicargli una giornata speciale, diversa da tutte le altre, una grande festa che per la sua eccezionalità finiva col rinsaldare il potere costituito e la stabilità del tempo della quotidianità. I Romani ripresero questa tradizione quando il mito di Saturno si era ormai fuso con quello del Kronos greco. Nacquero i Saturnali sull’onda della leggenda di Giano che accoglie il fuggitivo Saturno e ne ottiene in cambio i doni dell’agricoltura e della preveggenza, inaugurando con lui la felice età dell’oro. Se le Kronia ebbero una motivazione ufficiale quasi metafisica, con il tempo che sembra fermarsi per un giorno prima di riprendere la solita routine, i Saturnalia ne ebbero una molto più concreta, in linea con lo spirito dei Romani. Entrambe le feste tuttavia raggiungevano il medesimo scopo di consolidare l’ordine costituito, partendo dal presupposto che l’eccezione non può mai essere la regola. In età imperiale, i Romani  festeggiavano Saturnus dal 17 al 23 dicembre, nei giorni cosiddetti solstiziali in cui il Sole sembra morire, Sol sistium o Sole fermo, quando l’astro raggiunge il punto di massima distanza dal piano equatoriale, invertendo il proprio moto e la notte sulla Terra si fa più lunga. I Saturnali rappresentano la prova generale della scomparsa del Sole, il rovesciamento dell’ordine naturale, il sovvertimento di ogni regola: è la felice età dell’oro di Giano e Saturno che riappare e che per essere celebrata degnamente deve consentire tutto ciò che normalmente è impossibile oppure è vietato e/o addirittura punito con la morte: cibo e vino in abbondanza per tutti, padroni che diventano servi e viceversa, schiavi in libertà, gioco d’azzardo e licenziosità di ogni genere.

 S E G U E

 sergio magaldi



[1] Aristofane Commedie, trad. di Ettore Romagnoli, Zanichelli, Bologna, 1971, p.1005


martedì 13 settembre 2022

JUVE TRA LOOK E GIOCO RIDICOLI CON FARSA FINALE


 

 Da ieri notte la Juve, al primato di avere ormai da oltre un anno il gioco più brutto della Serie A, aggiunge anche quello di aver fatto indossare ai propri tesserati una delle divise più ridicole che si siano mai viste sui campi di calcio. Primati assai inquietanti per una società che vanta una fama internazionale per le tante vittorie e soprattutto una tradizione di stile e di rispettabilità come il club bianconero.

Appena ho visto sul terreno dell’Allianz Stadium i calciatori juventini con quella divisa grottesca - maglietta rosa su fondo blu scuro con figure floreali geometriche e calzoncini aderenti blu pavone - ho subito pensato che non avremmo vinto e dire che, malgrado tutto, stavo per essere smentito!

Battute a parte, il primo tempo della partita contro la Salernitana confermava le mie peggiori previsioni: due goal subiti senza un accenno di reazione, un gioco inesistente e una scarsa condizione fisica. Tutto sembrava cambiare nei primi minuti del secondo tempo dopo la rete di Bremer. Cessava finalmente il “non gioco” della Juve o, per meglio dire, il suo gioco “semplice”, fatto di difesa bassa, passaggi stucchevoli tra terzini, centrali e portiere, con qualche rara ripartenza che non si traduce mai in una offensiva di squadra: i bianconeri, con la difesa finalmente alta cominciavano ad aggredire gli avversari con una foga, peraltro già vista in occasioni simili e che in realtà maschera la mancanza di una strategia e di una organizzazione di gioco. Questo vigore improvviso, che  se non altro ha il potere di accendere i tifosi, si traduce spesso in un fuoco di paglia. Tant’è che bisognava attendere il terzo minuto di recupero per ottenere il pareggio di Bonucci che ribatteva a rete il rigore paratogli dal portiere della Salernitana. Qualche istante dopo succedeva l’inverosimile: goal di Milik su azione di calcio d’angolo e la Juve va sul 3-2 in una partita che ancora alla fine dei tempi regolamentari la vedeva perdente! Dopo un po’, tuttavia, la rete veniva annullata su richiamo del Var per fuorigioco attivo di Bonucci che in realtà non disturbava il portiere né altri giocatori ma, anzi, aveva visibilmente la sua “splendida” maglietta tirata su fino al collo. E, cosa più grave di tutte, il Var non si accorgeva che Candreva, sulla linea del corner, teneva in gioco Bonucci anche ammesso che questi fosse stato davvero in fuorigioco attivo! A completare la farsa della notte calcistica (Chi controlla i controllori del Var?!) c’erano anche per i bianconeri le espulsioni di Milik, Cuadrado e Allegri.

Per chi crede nel Karma, si dirà che la Juventus non meritava di vincere e soprattutto che la Salernitana non meritava di perdere. Vero! Resta tuttavia la beffa della vittoria scippata dall’incompetenza e il danno dei 2 punti persi e dei due giocatori che salteranno la prossima o addirittura le prossime partite. Questione non irrilevante quella delle espulsioni, tenuto anche conto delle assenze di Pogba, Di Maria e Chiesa.

Già, perché mentre da parte degli addetti ai lavori si continua a dire che la Juve dispone dell’organico più forte del Campionato e si sottolineano le meraviglie della sua campagna acquisti-cessioni, faccio notare che alle partenze di Chiellini, De Ligt, Demiral, Bentancur, Arthur, Ramsey, Kulusevski, Morata, Dybala e Bernardeschi sono subentrati Bremer, Paredes, Kostic, Milik, Pogba e Di Maria. Siamo sicuri che il rapporto acquisti-cessioni abbia portato realmente un beneficio? Sicuramente sì per quanto riguarda la riduzione degli ingaggi, non ne sarei altrettanto sicuro sul piano delle risorse agonistiche. Una campagna celebrata dagli addetti ai lavori perché si è basata soprattutto sull’acquisto di due fuoriclasse: Pogba e Di Maria. In un post del 12 giugno scorso, scrivevo in proposito:

Tante le voci di mercato in entrata: a cominciare da Pogba, il cui contratto costerà alla Juve molto di più di quanto sarebbe costato il rinnovo di Dybala a 6 milioni a stagione, con l’osservazione che l’argentino nell’ultimo anno ha segnato 10 goal e Pogba uno solo, che l’ex juventino […] è più giovane, che il francese ha avuto uno scarso rendimento negli ultimi tre anni al Manchester UTD, e che, a mio giudizio, Pogba non è il centrocampista che serve alla Juve e, infine, che i “ritorni” sono raramente proficui. Il massimo sarebbe stato puntare su Milinkovic-Savic o quantomeno su qualche altro vero  e grande centrocampista.

Diverso il discorso per Di Maria, intrigante il suo possibile arrivo a Torino, se non fosse che l’ingaggio richiesto per pochi mesi (prima e dopo il mondiale) è addirittura assurdo (nove milioni di euro)”.

La realtà si è rivelata ben peggiore di ogni previsione: Pogba non ha mai giocato in Campionato e, se tutto va bene, comincerà a giocare dopo i mondiali, ma poi finirà col fare l’operazione sino ad oggi rimandata proprio per essere presente in Qatar e starà fuori per un altro anno. Di Maria, nonostante abbia già fatto vedere sprazzi del proprio talento, ha avuto e avrà sino al mondiale una presenza episodica, legata ad un’età che lo costringe spesso a fermarsi anche per non pregiudicare la sua partecipazione con l’Argentina nel mondiale di calcio ormai prossimo. Inoltre, è abbastanza improbabile che si fermi un secondo anno in una squadra per lui così poco appetibile

… Tutto ciò mentre Dybala, con un ingaggio di gran lunga inferiore a quello di Pogba e Di Maria, fa volare la Roma con goal, assist e bel gioco…

sergio magaldi


venerdì 9 settembre 2022

I VACCINI ANTI COVID. L' ALTRA FACCIA DELLA MEDAGLIA




 

Da un certo punto di vista il risultato anti covid finora ottenuto con gli pseudo vaccini somministrati ha avuto effettivamente un certo successo anche se il criterio adottato non potrà liberarci dal coronavirus  

di Alberto Zei  

Il vaccino dell’ emergenza - Il criterio terapeutico di opposizione al covid 19, stante la rapida diffusione virale della malattia divenuta progressivamente epidemia e infine pandemia, è stato quello dell’emergenza. In tali circostanze i protocolli di ricerca del giusto vaccino sono stati accantonati per trovare un rimedio più rapido almeno per arginare il progressivo diffondersi delle infezioni. Qualcuno potrebbe obiettare che di vaccini ve n’erano a sufficienza e i diversi tipi realizzati meglio si prestavano per la scelta di quello soggettivamente più idoneo. Questo è vero fino ad un certo punto; d’altra parte così è stato fatto, soprattutto in considerazione delle fasce di età della popolazione. Ma quando il tradizionale procedimento per creare un vaccino è stato sostituito con preparati da somministrare più volte e in tempi differiti, questo non corrispondeva più al criterio e all’efficacia dell’unico classico vaccino. Per meglio comprendere il perché, esaminiamo la differenza.








Come funziona - In breve, il vaccino è una sostanza contenente in un certo stato biologico, gli stessi virus da eliminare resi appunto innocui per l’organismo. Il sistema immunitario (S.I.)  riconosce questi virus come antigeni (nemici) da sopprimere creando a questo fine, specifici anticorpi (difensori). Questa simulata aggressione da parte di virus indeboliti accresce il numero degli stessi anticorpi che in questo modo nel futuro acquisendo la memoria della loro forma, potranno riconoscere e aggredire i virus reali di quella stessa specie, qualora penetrassero nell’organismo. Tutto ciò avviene attraverso il sistema immunitario (S.I.)  Invece, i vaccini finora somministrati non hanno questa risolutiva capacità descritta; sono infatti improntati sulla somministrazione di un preparato capace di generare una reazione dell’organismo (qualcuno direbbe una malattia) che ha come effetto desiderato la produzione di proteine che si posizionano sui recettori cellulari su cui si potrebbero insediare i virus del covid per penetrare nella cellula e infettarla.









Il cappello a teatro - Questo stato di occupazione che ricorda il cappello lasciato sulla sedia del teatro per mantenere  il posto ma che non può rimanere là a tempo indeterminato. Così il recettore impegnato: dopo un certo tempo il cappello viene rimosso. E allora o si rinnova il vaccino con il rischio di effetti indesiderati o se il covid entra nell’organismo si ricade nella possibilità di contagio. Non solo ma l’effetto indesiderato dell’attuale tipo di vaccini è quello di deprimere la reattività del S.I. (Sistema Immunitario); tanto che quando l’effetto della interdizione dei recettori viene meno, il sistema immunitario risulta depresso e quindi non riesce a svolgere la piena funzione di difesa dagli anticorpi (virus, batteri, allergeni) con cui entra in contatto. Sembra che questa sia la vera causa, apparentemente assurda, delle sopravvenienze della malattia virale. Infatti, dopo aver fatto il vaccino da qualche mese, è abbastanza illogico ammalarsi di covid.



 







L’ equilibrio immunitario - In effetti è il sistema immunitario che subisce una riduzione di efficienza proprio con lo scadere della protezione dei recettori cellulari e che come in certi ambienti si conferma, questa circostanza si riflette  sui  due sotto sistemi immunitari, Th1 e Th2.  La depressione così lasciata è altalenante tra Th1 e Th2. Il primo è deputato alla produzione di anticorpi per i virus, per i tumori, eccetera; mentre il secondo per le infezioni batteriche, parassitarie ed altro. La depressione del S.I. comporta per quanto qui più interessa, un abbassamento soprattutto del sottosistema Th1  responsabile degli anticorpi naturali dell’organismo per contrastare l’aggressione virale, la protezione si riduce ulteriormente rendendo pertanto più facile incorrere nell’infezione covid. Si tratta infatti di un differente risultato ottenibile in questa e in altre patologie in cui il S.I. interviene in simili condizioni. D’altra parte il S.I.  è il solo in grado di poterlo fare ripristinando lo stato di salute. Si tratta com’è noto del sistema pervaso in tutto l’organismo che consente di prevenire o di combattere ogni malattia. I farmaci possono soltanto aiutare, anche efficacemente, ma sempre aiutare l’unico vero difensore della nostra salute.

La domanda che sorge spontanea è perché allora, non si rivolge la dovuta attenzione a mantenere in efficienza il sistema immunitario. Guardandoci in intorno e osservando obiettivamente il  funzionamento del complesso sanitario nazionale, la risposta dei lettori potrebbe essere molto illuminante.