1984 di Geoge Orwell (1903-1950) – scritto tra il 1948 e il 1949
con puntuale riferimento all’Unione Sovietica e ai due personaggi
che insieme a Lenin (1870-1924) furono tra i maggiori protagonisti
della rivoluzione d’ottobre: Stalin (1879-1953) e Trotsky (1879-
1940) – è un romanzo sempre attuale per essere la più lucida
rappresentazione del rapporto tra potere, linguaggio e falsificazione
della realtà in un mondo che, anche laddove sembra essersi liberato
di ogni forma di totalitarismo politico – il che peraltro riguarda solo
una parte del pianeta Terra – non cessa di esercitare un controllo a
tutto campo per impadronirsi dell’immaginario collettivo e plasmare
le coscienze a vantaggio di ristrette oligarchie finanziarie.
Non a caso circa un anno fa – approvata dalla Fondazione Orwell –
la scrittrice americana Sandra Newman pubblicava la riscrittura del
libro di Orwell al femminile, mentre qualche anno fa Shoshana
Zuboff, in un saggio di oltre seicento pagine dedicato al
“capitalismo della sorveglianza”, citava esplicitamente alcuni brani
tratti da 1984 di George Orwell. Per non parlare del grande scrittore
giapponese Murakami Haruki che, nel suo romanzo più lungo e
significativo, cita più volte George Orwell, prendendone in prestito
anche il titolo che, com’è noto, trasforma in 1Q84. Ma di questi
autori e titoli avremo modo di parlare in un secondo momento; in
questa puntata ci dedichiamo invece alla rilettura del romanzo di
Orwell, interrogandoci sul destino del pensiero critico, sulla fragilità
con cui si costruisce oggi un sistema di verità, sulla manipolazione
delle coscienze attraverso le forme di una persuasione neppure
occulta quanto autoindotta.
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Leggendo anche il libro l'Altra Europa di Paolo Rumor ,Bagnara e Galli abbiamo praticamente la foto dei progetti di individui malati che tramano progetti criminali secoli di anticipo. Ora vediamo materializzarsi l'avvertimento non colto che Orwell ci ha voluto dare