sabato 23 luglio 2022

DRAGHI E LA DEMOCRAZIA

 




 IL GOVERNO DELLE “LARGHE INTESE” DI MARIO DRAGHI CADE NELLA TRAPPOLA COSTRUITA CON LE SUE STESSE MANI

 

  La caduta del governo Draghi era prevedibile sin dallo scorso 29 gennaio, quando alla Presidenza della Repubblica fu rieletto Sergio Mattarella. In un post di tre giorni prima avevo scritto tra l’altro:

 «[…]per il Presidente del Consiglio si configura sempre di più “la missione” di restare a Palazzo Chigi – come si sente ripetere da più parti – “per il bene del Paese”. Una maniera ipocrita per farlo fuori da tutto, restituendo la sovranità ad una classe politica che sembra avere il complesso del nano di fronte al gigante. Draghi al Quirinale è il solo italiano in grado di offrire sette anni di garanzia all’Europa e al mondo, Draghi a Palazzo Chigi, a capo di un governo che al massimo può avere otto mesi di vita è poco più di una presa in giro. Perché otto mesi? Perché dopo il 24 settembre di quest’anno verranno meno le ragioni che oggi impediscono lo scioglimento anticipato delle Camere: i parlamentari al primo mandato (e sono tanti in questo Parlamento!) avranno infatti (con quattro anni, sei mesi e un giorno) maturato il diritto alla pensione. A quel punto, la maggioranza si scioglierà come neve al sole e i partiti si dedicheranno alla campagna elettorale per le elezioni politiche del 2023» (post del 26 gennaio 2022: “Quirinal Show:la guerra delle due rose”).

Ciò che dimenticai di precisare allora fu che la durata del governo poteva esaurirsi ben prima del 24 settembre. Infatti, i parlamentari restano in carica sino all’insediamento del nuovo Parlamento per il quale occorrono come minimo 80 giorni dal giorno dello scioglimento anticipato delle Camere. Dunque, alla data del 14 luglio (prime dimissioni di Draghi) gli onorevoli di primo mandato erano praticamente certi, già da circa una settimana, di raggiungere i 4 anni, 6 mesi e 1 giorno di servizio, “scavallando” la fatidica data del 24 settembre.

Ciò premesso, ogni altro motivo che si voglia aggiungere per spiegare la caduta del governo deve collocarsi nell’ambito della ragione principale determinatasi  il 29 gennaio con l’elezione del Presidente della Repubblica: era impensabile che i partiti della cosiddetta unità nazionale rinunciassero alla propria autonomia sino alla scadenza naturale della legislatura, mentre Fratelli d’Italia, unico partito di opposizione, continuava ad “ingrossarsi” nei sondaggi.

 

Il partito di Conte e quello di Di Maio

 Il Movimento Cinque Stelle, secondo i calcoli di Conte, non aveva altro modo per fermare l’emorragia di voti e di parlamentari: andare alle elezioni prima possibile per impedire che Di Maio abbia il tempo di organizzare una forza politica in grado di competere sul piano elettorale ai danni di quello che resta del Movimento. Tutto ciò anche nella speranza di riguadagnare consensi in quella parte dell’opinione pubblica scontenta (da sinistra?!) della politica di Draghi, sia per quanto riguarda la guerra in Ucraina, sia per la critica delle misure che il M5S rivendica come fiore all’occhiello: il Reddito di cittadinanza e il Superbonus.

 

La “stanchezza” di Draghi

Già deluso dal Parlamento per la mancata elezione al Colle, Draghi ha dovuto, con il trascorrere dei giorni, sopportare i continui bisticci tra i partiti e rispondere alle persistenti critiche che gli venivano rivolte da esponenti della sua stessa maggioranza. A tale proposito, del tutto inascoltata la sua precisazione in ordine alla cattiva gestione dei due provvedimenti sopra menzionati di cui pure ha ribadito la validità. È un fatto che il reddito di cittadinanza sia andato a persone che non ne avevano diritto e che, allo stato, finisca anche col pregiudicare i cosiddetti lavori stagionali. Ed è altrettanto vero che il superbonus, così come è stato concepito, abbia causato frodi a non finire, con il risultato che le banche hanno ormai chiuso i rubinetti del credito, minacciando di gettare sul lastrico imprese e privati cittadini. Ci può stare, dunque, una certa stanchezza del premier nel continuare a gestire “il caso Italia”, come pure una eventuale sollecitazione a riservare le proprie energie in vista di un nuovo incarico di prestigio internazionale.

 

Le “determinazioni” di Draghi

Ciò che si comprende meno del Presidente del Consiglio è il comportamento tenuto dal suo governo che ha voluto collegare l’approvazione del Decreto Aiuti al voto di fiducia ben sapendo che il M5S non avrebbe approvato un decreto nel quale si contemplava un inceneritore per Roma. Perché poi inserire la drammatica questione dei rifiuti all’interno di un decreto “altro” e sul quale per giunta si poneva la fiducia al governo? Nonostante tutto, i Cinquestelle non hanno votato contro, limitandosi ad uscire dall’aula al momento del voto.

Più di una perplessità suscitano anche le motivazioni addotte da Draghi per giustificare le sue “prime” dimissioni, quelle presentate in gran fretta al Capo dello Stato dopo l’esito del voto del 14 luglio al Senato sul Decreto Aiuti, dove pure aveva ottenuto una fiducia quasi “bulgara” con 172 sì e 39 no. Il Presidente del Consiglio si è richiamato a questioni di correttezza istituzionale e di democrazia. Non essendo un Capo di Governo eletto, il suo incarico a Palazzo Chigi si giustificava solo come Capo di un Governo del Presidente della Repubblica e con una maggioranza di unità nazionale (non tutti, però, mancando Fratelli d’Italia).

Per la verità, Draghi è il settimo Presidente del Consiglio non eletto, dopo Ciampi, Dini, Amato, Monti, Renzi e Conte, i quali peraltro non sempre hanno governato con maggioranze di unità nazionale e addirittura l’ultimo (Conte), prima di Draghi, ha guidato senza soluzione di continuità governi con maggioranze alternative: prima quella gialloverde (M5S e Lega) e subito dopo quella giallorossa (M5S e PD).

Un governo di unità nazionale è un governo che non  ha opposizioni e dunque Draghi dirigeva un esecutivo non già di unità nazionale ma di “larghe intese”, una denominazione peraltro ricorrente nel panorama politico italiano. Ora, considerando che il M5S alla data del 14 luglio non era più lo stesso che aveva votato la fiducia a Draghi, per la scissione di Di Maio e la fuoriuscita di circa sessanta parlamentari e che lo stesso M5S il 14 luglio non ha votato la sfiducia ma si è limitato ad uscire dall’aula, non si comprendono le ragioni di Draghi se non facendo delle ipotesi: a) Draghi era davvero “stanco” delle continue diatribe tra i partiti della sua maggioranza. Anche se ciò resta difficile da capire in un personaggio di statura internazionale che si è trovato a gestire e risolvere ben altri contrasti, b) Draghi ha un concetto della democrazia molto particolare: se per un verso si richiama al fatto di non essere stato eletto dal popolo sovrano – smentendo la stessa tradizione italiana che in condizioni di particolare criticità per la Repubblica ha fatto ricorso, come si ricordava sopra, a presidenti del consiglio non eletti ma di particolare prestigio (con l’eccezione di Conte, designato dal partito di maggioranza relativa delle ultime elezioni politiche) con l’allargamento semmai del concetto di democrazia parlamentare – dall’altro sembra infastidito dalla dialettica politica, inevitabilmente sempre più vivace in prossimità di nuove elezioni, c) Draghi non ha valutato politicamente che la scissione all’interno del M5S gli offriva l’opportunità di continuare a governare il Paese più o meno con la stessa maggioranza di prima e in virtù forse di una certa aristocratica permalosità ha preferito gettare la spugna, anche considerando che tra alcuni mesi avrebbe dovuto comunque lasciare per la fine naturale della legislatura. Così, preferisce andarsene prima sulla scia di una malintesa (?) purezza istituzionale. Le tre ipotesi formulate, naturalmente, non ne escludono altre.

 sergio magaldi


lunedì 11 luglio 2022

Massoneria On Air n° 20 11-07-22 Neikos Eros e Filia

sabato 9 luglio 2022

FORMULA 1 FERRARI: "LA VITTORIA MUTILATA" DI SILVERSTONE


Tutto è stato ottimizzato ma qualcosa non va. Questo è sostanzialmente il concetto che rappresenta purtroppo la realtà delle Ferrari

di Alberto Zei 


I responsabili di settore

 Alle dirette ragioni tecniche dei  mancati  successi Ferrari in questi ultimi GP,  debbono aggiungersi altri ostacoli che, all'interno del "Box", i responsabili avrebbero dovuto  già  ipotizzare a tavolino per le strategie di gara; strategie che non hanno le complicate combinazioni di un gioco di scacchi ma che semplicemente necessitano di una giusta programmazione e non di improvvisazione con decisioni sbagliate del “muretto”.

Non solo, ma la cosa più preoccupante è che gli stessi personaggi che determinano il fallimento del risultato difendano poi  la loro decisione. Il che significa purtroppo che credendo di avere fatto il meglio che si poteva fare, la prossima volta si comporteranno alla stessa maniera:

In quel momento il buon senso suggeriva di dare la priorità alla macchina al comando, proteggendone la posizione in pista. Non c’è niente di inusuale in questa strategia, diamo sempre la precedenza alla monoposto nella posizione migliore, in questo caso Charles. Aveva le gomme più fresche… Allo stesso tempo abbiamo deciso di mettere Carlos sulla strategia opposta, in modo da coprire ogni possibilità. Se non lo avessimo fatto, avremmo rischiato di perdere la gara e consegnarla nelle mani dei nostri avversari”

Così Mattia Binotto giustifica “la strategia” che ha mandato Leclerc fuori dal podio nel Gran Premio di Silverstone.

Dal canto suo, Charles Leclerc non ha mancato di replicare:

 La scuderia ha voluto effettuare uno split: la macchina dietro rientra per montare le soft e quella davanti tiene la posizione. Non penso fosse la decisione giusta, ma ormai è andata... Non voglio che la mia rabbia, oscuri la domenica speciale di Carlos  

Tutto ciò  non  rappresenta  il problema del così detto  “latte versato” sul quale è inutile recriminare, ma il fatto che quanto è avvenuto si ripeterà, così come si sta ripetendo.

Parlando ancora di metodo, Napoleone mandava a casa i suoi generali “sfortunati“, tanto da assicurarsi in tal modo il risultato di ben 15 anni di successi.

Per quanto riguarda la Ferrari, basterebbe chiedersi cosa ha significato mantenere nei ruoli chi è intervenuto all’interno del box nel campionato 2010, quando Alonso,  richiamato al box  nel momento sbagliato non è stato più  in grado di risalire, mentre anche pochi punti in più di retrovia sarebbero bastati per vincere ad Abu Dhabi, in quell’ultima gara, il  campionato del mondo.

Dietro il muretto 

Nella recente  gara di Montecarlo, ove la quasi totalità dei sorpassi,  come in ferrovia, avvengono alle  stazioni, a Montecarlo si fanno ai box, come si ricorderà, con regole neppure uguali per tutti (superamento della linea gialla).

E’ stato pertanto inammissibile, perché nel momento sbagliato, chiamare al Box Ferrari, per il cambio gomme,  i due piloti in testa alla gara, facendoli retrocedere di posizione. 


   


   




   La linea  gialla dell’ uscita dai box





L’ analogo sorpasso dei treni in stazione   


D’altra parte le decisioni  ai box vengono prese da “esperti” di settore  che devono saper prevedere in anticipo con l’ ausilio di tutti i mezzi tecnici di cui dispongono (e sono tanti), il magico momento del cambio dei pneumatici.

Non si tratta, come detto,  del complicato gioco di combinazioni  degli scacchi ma di scelte molto più facili che non possono portare a risultati così deludenti. 

Ma i responsabili sono proprio  degli esperti o hanno solo il merito di ex appartenenti alla scuderia Ferrari?  Non è quindi un caso che anche  al muretto a Silverstone  si siano fatti sfuggire l’occasione della safety car per cambiare le gomme all’auto di Leclerc. Se ciò che conta è vincere il campionato del mondo, arrivare primi a Silverstone con Sainz e non con Leclerc, è una vittoria che lascia il tempo che  trova. 

Ecco dunque che le cose si ripetono e chi sbaglia anche una sola volta difendendo però il proprio operato, è destinato a ripetere simili errori  in futuro.

Come un opera d’ arte  

Nel  tema tecnico delle continue innovazioni migliorative della F1,  per ottenere il risultato finale, non è sufficiente che ogni dispositivo preso a sé stante  sia perfetto. La conclusione  vincente  infatti esige ben altro.

Nel suo genere, per  gli appassionati di questo sport, il funzionamento complessivo di una monoposto di Formula 1 deve realizzare in ogni dettaglio una sorta di poesia  che risuona con le aspettative di ciascuno; come una  poesia in omaggio al rosso Ferrari, che potrebbe intitolarsi: “Sogno  purpureo”.

Le parole di una poesia per racchiudere un sentimento di bellezza e di condivisione, devono poter esprimere un ritmo, ma anche così non significa trovarsi di fronte ad una poesia vera e propria, se l’ autore non riesce a trasmettere l’essenza stessa delle qualità e delle emozioni.

 Una nota di folclore

Sia consentita una punta di ironia a tanta “ sfortuna “ dei soliti esperti che giustificano le loro scelte non sapendo cogliere al volo quelle opportune.

I Greci conoscevano tre divinità del Tempo: Chronos che si occupava del tempo cronologico; Aiòn  che sovraintendeva al tempo eterno e Kairos che era la divinità del tempo fuggente e che, al momento opportuno, passava rapidamente davanti a chi riusciva a cogliere al volo un’ occasione favorevole. Gli uomini potevano trattenerlo  afferrandolo per il lungo e unico ciuffo di capelli che aveva sopra la fronte.

Bisognerebbe che qualcuno del Box Ferrari riuscisse a  prendere Kairos per i capelli.

 I possibili rimedi

 Allo stato delle cose, considerata l’importanza dell’incarico tecnico degli addetti ai lavori, chi  compie delle scelte sfortunate è molto probabile che ripeta   gli stessi errori. Quindi…….., se  le cose resteranno le stesse il risultato anche nel futuro non si discosterà di molto da quello a cui assistiamo. Se invece saranno ottimizzate le premesse,  stante la classe dei piloti Ferrari, soprattutto di Leclerc,  il successo non potrà mancare.


giovedì 7 luglio 2022

ASTROLOGIA E ASTRONOMIA (Parte VIII)

HADES - P L U T O N E

 

 SEGUE DA:

 

ASTROLOGIA E ASTRONOMIA  Parte I

 

ASTROLOGIA E ASTRONOMIA  Parte II

 

ASTROLOGIA E ASTRONOMIA  Parte III

 

ASTROLOGIA E ASTRONOMIA  Parte IV

 

ASTROLOGIA E ASTRONOMIA  Parte V

 

ASTROLOGIA E ASTRONOMIA  Parte VI

 

ASTROLOGIA E ASTRONOMIA  Parte VII

 

 

 Fratello di Zeus-Giove, Hades-Plutone collabora con lui e con Poseidone-Nettuno ad abbattere il dominio del padre comune Crono-Saturno e delle divinità più antiche. Del genitore – rinchiuso nel Tartaro, il luogo delle ombre e dei morti descritto da Esiodo nella Teogonia – Hades “l’invisibile” diviene il carceriere, finché con la spartizione dei tre regni fra gli dei nuovi (cielo e terra a Zeus, mare a Poseidone), egli ottiene definitivamente il dominio del mondo sotterraneo.

Come signore delle immense ricchezze del sottosuolo Hades è presto identificato anche con Plutos “ricco” che in realtà era un’altra divinità della mitologia greca. Tant’è che Aristofane  (450 - 385 a.C circa), nella celebre commedia “Pluto”, parla di lui prima che Hades e Pluto siano identificati con una sola divinità. Nella commedia, tale Scaracchia si adopera al fine di ridare la vista a Pluto per modo che il dio, disubbidendo a Zeus, dispensi le proprie ricchezze solo agli onesti, fuggendo i bricconi che sino ad allora aveva arricchito.

Interessante è nella commedia di Aristofane l’affermazione di Scaracchia circa il potere di Pluto considerato persino più grande di quello di Zeus-Giove. Una osservazione che varrà a maggior ragione anche per Hades-Plutone. Infatti, se i decreti di Giove possono essere mutati, quelli di Plutone sono immutabili perché espressione di Ananke, cioè la Necessità, il fato o destino, una divinità della cosmogonia orfica, con la quale, come vedremo in seguito, Plutone ha mantenuto più di un legame.

I decreti di Hades-Plutone sono dunque irrevocabili, di qui la supremazia che egli vanta nei confronti di tutti gli altri dei dell’Olimpo, Zeus-Giove compreso. Pure, il mito ci offre l’esempio di alcuni eroi che scesi e/o precipitati nel mondo sotterraneo riescono a fare ritorno sulla terra grazie non solo al loro coraggio ma all’intercessione di altri dei. È il caso di Sisifo che, almeno finché gode della protezione di Zeus e dell’aiuto di Persefone, scenderà più volte negli Inferi per ritornare ogni volta alla luce, ma che infine sarà costretto a rimanere del regno di Hades, condannato in eterno a far rotolare un masso con la testa e con le mani nel vano tentativo di spingerlo in alto, ogni volta ricominciando da capo. Insomma, nonostante le illusioni che è capace di generare nei viventi e persino negli dei, Hades-Plutone gode di una volontà incrollabile e di un potere che non si lascia scalfire e di cui concede solo qualche briciola al padre Crono-Saturno, il dio del tempo di cui è ancora il carceriere. Egli sorride beffardo quando eroi e semidei credono di averlo ingannato vincendo la morte. Di quell’apparente, momentaneo insuccesso egli sembra astutamente burlarsi e lascia che Saturno per un po’ si diverta a sua volta, prolungando l’esistenza mortale tra affanni, malattie e vecchiaia. E insieme al padre, di cui dirige la volontà, Hades-Plutone, si diverte a cacciare nella tomba persino gli dei antichi e quelli sempre risorgenti. Dov’è Zeus se il suo potere sulla terra e nel cielo – come diceva l’antica profezia – sarà abbattuto da un semidio, da un essere che ha insieme natura umana e divina? Si avvicendano gli dei, ma Hades-Plutone è sempre lo stesso perché il suo regno è invincibile e viene da molto lontano... 

Di dove viene il potere assoluto di Hades-Plutone, il solo tra gli dei che assiste impassibile al sorgere e al tramonto di ogni altra divinità? Che si fa beffe di eroi e semidei illudendoli di poterlo vincere? Ricco (Ploutos) padrone del sottosuolo, capace di annidarsi ovunque sopra la terra senza essere visto (Hades), egli è il Signore della vita e della morte, distruttore di tutto ciò che esiste, ma anche rigeneratore ciclico di ogni forma di esistenza. Divinità maschile, Hades-Plutone è nondimeno l’erede della Grande Madre, la divinità primordiale di ogni tradizione, che si tratti della dea sumera Ereškigal, della dea Kālī della tradizione hindu, della dea atzeca Coatlicue o della Magna Mater Cibele, la dea onorata dai Romani. D’altra parte, sembra certo che l’archetipo del femminile preceda ogni altra rappresentazione del divino, come attestano le tante sculture della Grande Madre dell’età della pietra ritrovate un po’ ovunque. Neppure era infrequente nelle culture più arcaiche l’attribuzione ad una sola divinità delle prerogative maschili e femminili insieme.

Hades-Plutone è l’erede della Grande Madre da quando in Occidente i nuovi dei si affermano contro i vecchi e scelgono nell’Olimpo una dimora opposta a quella delle divinità arcaiche e ctonie, da quando tra gli esseri umani si vanno spegnendo le ultime forme di matriarcato regolate dalla natura e ovunque si afferma il patriarcato con le sue ferree leggi. Non a caso, il nuovo sovrano esercita i poteri rigeneranti attraverso Persefone, la fanciulla rapita, stuprata e fatta sua sposa, e per il resto si affida alle divinità primordiali di sempre: Ananke, (necessità, fato o destino) su tutte e poi soprattutto le Moire e le Erinni. È questa eredità lo rende inviso agli dei con cui ha conquistato e diviso il potere, e terribile agli esseri umani che, pure, di lui apprezzano i doni  effimeri dell’eros, della vita e della ricchezza ma di cui aborrono gli eterni decreti della natura di cui è custode: la morte, l’inconscio, il karma.

 S E G U E

 sergio magaldi


venerdì 1 luglio 2022

NUOVA FONTE DI ENERGIA A PORTATA DI MANO...

 




Nuova fonte di energia a portata di mano in Italia

Quando tutto sembra a portata di mano, sono sempre gli ultimi scalini i più difficili da superare

 di Alberto Zei 

Un occasione da non perdere -  È stato recentemente riconfermato un forte interesse verso una   nuova fonte di energia proveniente dai nuclei della  materia,  a basso costo, praticamente priva di  immissioni radioattive, ipotizzata dalla fusione di coppie  di atomi di Idrogeno avvalendoci di specifici reticoli cristallini individuati in leghe a base di Nichel-Rame, come la costantana (il filo  incandescente delle stufe elettriche).

Si tratta degli ultimi sviluppi di nuove fonti energetiche che in questo particolare periodo di crisi mondiale da combustibili fossili potrebbe portare il nostro Paese e l’intera umanità a quel balzo di qualità sulle fonti di energia non inquinanti che le lobby internazionali dei predetti combustibili hanno finora  ostacolato per non compromettere i loro enormi profitti.

Tali tipologie di ricerche sono generalmente note come “Fusione Fredda”. Da oltre 10 anni il nome è stato modificato in LENR, cioè Low Energy Nuclear Reaction che meglio descrive il fenomeno.  Alcune delle più “moderne” reazioni LENR possono operare anche a temperature prossime a 1000 °C, quindi di immediato utilizzo tecnologico.

Tutto sembra dunque a portata di mano, stante la conoscenza e l’esperienza di ricercatori di tutto il mondo di questa fonte di energia, ma i finanziamenti per il perfezionamento e conclusione di tal genere di ricerca sono stati finora esclusi (a parte notevoli eccezioni, principalmente il Giappone) sotto il pretesto che se prima non viene dato modo di verificare la teoria e la ripetibilità degli esperimenti, la Fusione Fredda viene esclusa dai sostegni economici dello Stato.


DISPOSITIVO LENR








Mille teorie non valgano un fatto - La pretestuosità utilizzata per escludere la concorrenza LENR dal monopolio dei carburanti fossili, rappresentata da una nuova fonte di energia a basso costo e  “a volontà”, si basa come detto, sulla insufficiente dimostrazione teorica LENR per ottenere il funzionamento della ricerca.

Un atteggiamento del genere ricorda la avversione degli scienziati di inizio secolo scorso nei confronti di Guglielmo Marconi che dovette lasciare l’Italia e rivolgersi all’Inghilterra per sperimentare la propria invenzione. Ma anche là non riuscì a liberarsi completamente dall’ostilità del mondo. Tra gli Scienziati più in voga che avversavano le varie scoperte di Marconi  c’ era  Henri Poincaré che chiedeva se Marconi sapesse che la Terra è tonda    e  l’olandese Hendrik Lorenz, uno delle eminenze dell’elettromagnetismo. Quest’ ultimo  era addirittura insofferente nei confronti del giovane Marconi che proponeva la trasmissione a lunga e lunghissima distanza (tipo Londra-New York) di onde elettromagnetiche. Una idiozia di questo tipo faceva infuriare Lorenz, ben sapendo e scientificamente provando che le onde elettromagnetiche si propagano in linea retta e che quindi non potevano seguire la curvatura terrestre.

 

Il fatto… - Marconi non fu da meno, dimostrando al mondo intero in modo eclatante e folkloristico come da Londra egli potesse accendere attraverso la sua radio la pubblica illuminazione in America a Baltimora. L’esperimento riuscì perfettamente e la storia lo ricorda come un trionfo. Chi aveva ragione? Né Marconi né Lorenz sapevano che le onde elettromagnetiche si propagavano anche a zig-zag, “rimbalzando” tra la Terra e lo strato ionizzato dell’atmosfera. Ma l’esperimento funzionò a prescindere dalla conoscenza scientifica dell’epoca. La teoria venne dopo.








La storia si ripete – Anche la ricerca LENR è stata finora oggetto di contestazione con privazione di fondi pubblici. Ciò fa piuttosto evincere che l’avversione non consista nella insufficiente dimostrazione teorica ma nel reale pericolo che con un adeguato supporto economico ai vari Laboratori di ricerca (tollerati appena), si realizzi il temuto successo. Unicamente per dare l’idea della molteplicità dei differenti criteri di ricerca, si accennano alcuni metodologie LENR. Tra questi si ricorda: quello elettrolitico; quello che utilizza l’effetto piezoelettrico dei materiali; il sistema ad ultrasuoni; quello al plasma localizzato; altri ancora ve ne sono, così come altri saranno ulteriormente escogitati.

 

Di cosa si tratta -  Il sistema intrapreso in Italia da Ricercatori afferenti all’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare di Frascati (INFN-LNF) è quello dell’utilizzo di particolari fili di Costantana, una lega di basso costo a base di Rame e Nichel. Riassumendo, tale materiale viene sottoposto ad una serie di trattamenti superficiali per renderlo di dimensioni sub-micrometriche, tale superficie spugnosa viene ricoperta di altri materiali aventi una elevata facilità ad emettere elettroni a temperature medio-alte (600-1000 °C). Il tutto viene opportunamente “sagomato” a forma di bobina ed immesso in piccolo recipiente chiuso (“core” del reattore) in cui viene immesso l’Idrogeno. Il tutto viene opportunamente riscaldato tramite passaggio di corrente elettrica lungo il filo (ben noto effetto Joule).

 

Un’occasione da non perdere -  La crisi energetica determinata soprattutto nel nostro Paese dalla cronica dipendenza di carburanti fossili di provenienza estera, dovrebbe far cambiare almeno adesso, l’impostazione politica contraria a questo tipo di ricerca. Il primo atto dovrebbe essere quello di sovvenzionare massicciamente questa soluzione, peraltro a basso costo, all’interno di Istituzioni dello Stato dando nel modo più efficace e più immediato possibile il supporto necessario ai Laboratori dello INFN in cui il Dott. Celani, illustre Scienziato di fama internazionale, sta cercando di ultimare con limitate risorse economiche dedicate, la conclusione sperimentale di questa nuova fonte di energia.