LE LEGGI RAZZIALI PRELUDIO ALLA SHOAH
di Sergio Magaldi
Com’è
noto, Emanuele Filiberto ha inviato alla Comunità Ebraica Italiana una lettera
aperta con la data di oggi - 27 gennaio
2021, giorno della memoria della Shoah – nella quale chiede scusa a nome
della sua famiglia per le leggi razziali promulgate dal suo avo Vittorio
Emanuele III. Non è un caso che il discendente di Casa Savoia abbia scelto una
data tanto significativa, riconoscendo implicitamente che le leggi razziali
contro gli ebrei costituiscono il primo atto della tragedia che si consumò più
tardi in Europa con l’allestimento dei campi di sterminio voluti dalla Germania
nazista, grazie alla complicità di altre nazioni, come l’Austria, l’Italia, la
Francia di Vichy, la Polonia, l’Ungheria, la Slovacchia e altri paesi occupati dall’esercito
tedesco. La richiesta di perdono di Emanuele Filiberto, per quanto apprezzabile
in sé, giunge tardiva e la risposta indiretta della Comunità Ebraica Italiana
mi sembra più che legittima.
Oltre al testo integrale della lettera di Emanuele Filiberto di Savoia, pubblico di seguito, la nota in risposta della Comunità Ebraica di Roma, nonché due tra i provvedimenti più significati della legislazione antiebraica varati a suo tempo dal Parlamento Italiano (composto di soli fascisti) e promulgati dal re Vittorio Emanuele III con la firma di Benito Mussolini e degli altri ministri responsabili. Il primo riguarda l’esclusione di studenti e insegnanti ebrei dalla scuola italiana, nonché dalle Università e dalle Accademie ed altri Enti, il secondo concerne la proibizione, pena l’arresto, dei matrimoni con gli ebrei e al Capo II si dilunga in un’ampia casistica su chi debba essere considerato “ebreo”, per poi precisare all’art. 10 ulteriori divieti per gli ebrei tra cui una forte limitazione dei diritti di proprietà e di libertà.
Mi rivolgo a
tutti voi, Fratelli della Comunità Ebraica italiana, per esprimervi la mia
sincera amicizia e trasmettervi tutto il mio affetto nel solenne “Giorno della
Memoria”.
Vi scrivo a
cuore aperto una lettera certamente non facile, una lettera che può stupirvi e
che forse non vi aspettavate. Eppure sappiate che per me è molto importante e
necessaria, perché reputo giunto, una volta per tutte, il momento di fare i
conti con la Storia e con il passato della Famiglia che oggi sono qui a
rappresentare, nel nome millenario di quella Casa Reale che ha contribuito in
maniera determinante all'unità d'Italia, nome che orgogliosamente porto.
Scrivo a
voi, Fratelli Ebrei, nell’anniversario della liberazione del campo di concentramento
di Auschwitz, data simbolo scelta nel 2000 dal Parlamento della Repubblica
Italiana, a memoria perpetua di una tragedia che ha visto perire per mano della
follia nazi-fascista 6 milioni di ebrei europei, di cui 7500 nostri fratelli
italiani.
È nel
ricordo di quelle sacre vittime italiane che desidero oggi chiedere
ufficialmente e solennemente perdono a nome di tutta la mia Famiglia. Ho deciso
di fare questo passo, per me doveroso, perché la memoria di quanto accaduto
resti viva, perché il ricordo sia sempre presente.
Condanno le
leggi razziali del 1938, di cui ancor oggi sento tutto il peso sulle mie spalle
e con me tutta la Real Casa di Savoia e dichiaro solennemente che non ci
riconosciamo in ciò che fece Re Vittorio Emanuele III: una firma sofferta,
dalla quale ci dissociamo fermamente, un documento inaccettabile,un’ombra
indelebile per la mia Famiglia, una ferita ancora aperta per l’Italia intera.
Condanno le
leggi razziali nel ricordo del mio glorioso avo Re Carlo Alberto che il 29
marzo1848 fu tra i primi Sovrani d’Europa a dare agli italiani ebrei la piena
uguaglianza di diritti.
Condanno le
leggi razziali nel ricordo dei numerosi italiani ebrei che lottarono con
grandissimo coraggio sui campi di battaglia dell’Ottocento e del primo
Novecento da veri Patrioti.
Condanno la
firma delle leggi razziali nel ricordo della visita alla nuova Sinagoga di Roma
che proprio mio bisnonno Vittorio Emanuele III fece nel 1904, dopo che il 13
gennaio dello stesso anno si disse addirittura favorevole alla nascita dello
stato ebraico e così si espresse: “gli ebrei, per noi, sono Italiani, in tutto
e per tutto”.
Desidero che
la Storia non si cancelli, che la Storia non si dimentichi e che la Storia
abbia sempre la possibilità di raccontare quanto accaduto a tutti coloro che
hanno fame e sete di verità. Le vittime dell’Olocausto non dovranno mai essere
dimenticate e per questo motivo, ancor oggi, esse ci gridano il loro desiderio
di essere giustamente ricordate.
Anche la mia
Casa ha sofferto in prima persona, sebbene per motivi politici, ed è stata
ferita profondamente negli affetti più cari: come potremmo dimenticare la
tragica fine di mia zia Mafalda di Savoia, morta il 28 agosto 1944 nel campo di
concentramento di Buchenwald dopo un’atroce agonia?
Come potrei
dimenticare che anche mia zia Maria di Savoia fu deportata con il marito e con
due dei loro figli in un campo di concentramento vicino a Berlino?
Ed entrambe
erano figlie sempre dello stesso Vittorio Emanuele III.
Scrivo a voi
fratelli Ebrei, con viva e profonda emozione nel lancinante ricordo del rastrellamento
del Ghetto avvenuto il 16 ottobre 1943.
Scrivo a voi
fratelli Ebrei, nell’angoscioso ricordo delle troppe vittime che la nostra
amata Italia ha perso.
Scrivo a voi
questa mia lettera, sinceramente sentita e voluta, che indirizzo a tutta la
Comunità italiana, per riannodare quei fili malauguratamente spezzati, perché
sia un primo passo verso quel dialogo che oggi desidero riprendere e seguire
personalmente.
Con tutta la
mia sincera fratellanza,
REGIO DECRETO LEGGE 5 settembre 1938-XVI, n.
1390
REGIO DECRETO LEGGE 5 settembre 1938-XVI, n. 1390, Provvedimenti
per la difesa della razza nella scuola fascista (GURI n. 209, 13 settembre
1938). Convertito in legge senza modifiche con L 99/1939.
VITTORIO
EMANUELE III
PER
GRAZIA DI DIO E PER VOLONTA’ DELLA NAZIONE
RE D’ITALIA E IMPERATORE D’ETIOPIA
Visto l'art. 3, n. 2, della
legge 31 gennaio 1926-IV, n. 100;
Ritenuta la necessità assoluta ed urgente di dettare disposizioni per la difesa
della razza nella scuola italiana. Udito il Consiglio dei Ministri sulla
proposta del Nostro Ministro Segretario di Stato per l'educazione nazionale, di
concerto con quello per le finanze, Abbiamo decretato e decretiamo:
Art. 1
All'ufficio di insegnante nelle scuole statali o parastatali di
qualsiasi ordine e grado e nelle scuole non governative, ai cui studi sia
riconosciuto effetto legale, non potranno essere ammesse persone di razza
ebraica, anche se siano state comprese in graduatorie di concorso anteriormente
al presente decreto; né potranno essere ammesse all'assistentato universitario,
né al conseguimento dell'abilitazione alla libera docenza.
Art. 2
Alle scuole di qualsiasi ordine e grado, ai cui studi sia
riconosciuto effetto legale, non potranno essere iscritti alunni di razza
ebraica.
Art. 3
A datare dal 16 ottobre 1938-XVI tutti gli insegnanti di razza
ebraica che appartengano ai ruoli per le scuole di cui al precedente art. 1,
saranno sospesi dal servizio; sono a tal fine equiparati al personale insegnante
i presidi e direttori delle scuole anzidette, gli aiuti e assistenti
universitari, il personale di vigilanza nelle scuole elementari. Analogamente i
liberi docenti di razza ebraica saranno sospesi dall'esercizio della libera
docenza.
Art. 4
I membri di razza ebraica delle Accademie, degli Istituti e delle
Associazioni di scienze, lettere ed arti, cesseranno di far parte delle dette
istituzioni a datare dal 16 ottobre 1938-XVI.
Art. 5
In deroga al precedente art. 2 potranno in via transitoria essere
ammessi a proseguire gli studi universitari studenti di razza ebraica, già
iscritti a istituti di istruzione superiore nei passati anni accademici.
Art. 6
Agli effetti del presente decreto-legge è considerato di razza
ebraica colui che è nato da genitori entrambi di razza ebraica, anche se egli
professi religione diversa da quella ebraica.
Art. 7
Il presente decreto-legge, che entrerà in vigore alla data della
sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del Regno, sarà presentato al
Parlamento per la sua conversione in legge. Il Ministro per l'educazione
nazionale è autorizzato a presentare il relativo disegno di legge.
Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato,
sia inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno
d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a San Rossore, addì 5 settembre 1938 - Anno XVI
VITTORIO EMANUELE
Mussolini - Bottai - Di Revel
REGIO DECRETO-LEGGE 17 novembre 1938-XVII,
n. 1728
Provvedimenti per la difesa della razza
italiana (GURI n. 264, 19 novembre 1938; una rettifica in GURI n. 280, 9
dicembre 1938). Convertito in legge senza modifiche con L 274/1939.
REGIO DECRETO-LEGGE 17 novembre 1938-XVII, n.1728
Provvedimenti per la difesa della razza italiana.
VITTORIO EMANUELE III
PER
GRAZIA DI DIO E PER VOLONTA’ DELLA NAZIONE
RE D’ITALIA E IMPERATORE D’ETIOPIA
Ritenuta la necessità urgente ed assoluta di
provvedere;
Visto l'art. 3, n. 2, della legge 31 gennaio
1926-IV, n. 100, sulla facoltà del potere esecutivo di emanare norme
giuridiche;
Sentito il Consiglio dei Ministri;
Sulla proposta del DUCE, Primo Ministro
Segretario di Stato, Ministro per l'interno, di concerto coi Ministri per gli
affari esteri, per la grazia e giustizia, per le finanze e per le corporazioni;
Abbiamo decretato e decretiamo:
CAPO I
PROVVEDIMENTI RELATIVI AI MATRIMONI
Art. 1
Il matrimonio del cittadino italiano di razza
ariana con persona appartenente ad altra razza è proibito.
Il matrimonio celebrato in contrasto con tale
divieto è nullo.
Art. 2
Fermo il divieto di cui all'art. 1, il
matrimonio del cittadino italiano con persona di nazionalità straniera è
subordinato al preventivo consenso del Ministro per l'interno.
I trasgressori sono puniti con l'arresto fino
a tre mesi e con l'ammenda fino a lire diecimila.
Art. 3
Fermo sempre il divieto di cui all'art. 1, i
dipendenti delle Amministrazioni civili e militari dello Stato, delle
Organizzazioni del Partito Nazionale Fascista o da esso controllate, delle
Amministrazioni delle Provincie, dei Comuni, degli Enti parastatali e delle
Associazioni sindacali ed Enti collaterali non possono contrarre matrimonio con
persone di nazionalità straniera.
Salva l'applicazione, ove ne ricorrano gli
estremi, delle sanzioni previste dall'art. 2, la trasgressione del predetto
divieto importa la perdita dell'impiego e del grado.
Art. 4
Ai fini dell'applicazione degli articoli 2 e
3, gli italiani non regnicoli non sono considerati stranieri.
Art. 5
L'ufficiale dello stato civile, richiesto di
pubblicazioni di matrimonio, è obbligato ad accertare, indipendentemente dalle
dichiarazioni delle parti, la razza e lo stato di cittadinanza di entrambi i
richiedenti.
Nel caso previsto dall'art. 1, non procederà
né alle pubblicazioni né alla celebrazione del matrimonio.
L'ufficiale dello stato civile che
trasgredisce al disposto del presente articolo è punito con l'ammenda da lire
cinquecento a lire cinquemila.
Art. 6
Non può produrre effetti civili e non deve,
quindi, essere trascritto nei registri dello stato civile, a norma dell'art. 5
della legge 27 maggio 1929-VII, n. 847, il matrimonio celebrato in violazione
dell'art. 1.
Al ministro del culto, davanti al quale sia
celebrato tale matrimonio, è vietato l'adempimento di quanto è disposto dal
primo comma dell'art. 8 della predetta legge.
I trasgressori sono puniti con l'ammenda da
lire cinquecento a lire cinquemila.
Art. 7
L'ufficiale dello stato civile che ha
provveduto alla trascrizione degli atti relativi a matrimoni celebrati senza
l'osservanza del disposto dell'art. 2 è tenuto a farne immediata denunzia
all'autorità
CAPO II
DEGLI APPARTENENTI ALLA RAZZA EBRAICA
Art. 8
Agli effetti di legge:
a) è di razza ebraica colui che è nato da
genitori entrambi di razza ebraica, anche se appartenga a religione diversa da
quella ebraica;
b) è considerato di razza ebraica colui che è
nato da genitori di cui uno di razza ebraica e l'altro di nazionalità
straniera;
c) è considerato di razza ebraica colui che è
nato da madre di razza ebraica qualora sia ignoto il padre;
d) è considerato di razza ebraica colui che,
pur essendo nato da genitori di nazionalità italiana, di cui uno solo di razza
ebraica, appartenga alla religione ebraica, o sia, comunque, iscritto ad una
comunità israelitica, ovvero abbia fatto, in qualsiasi altro modo, manifestazioni
di ebraismo.
Non è considerato di razza ebraica colui che è
nato da genitori di nazionalità italiana, di cui uno solo di razza ebraica,
che, alla data del 1º ottobre 1938-XVI, apparteneva a religione diversa da
quella ebraica.
Art. 9
L'appartenenza alla razza ebraica deve essere
denunziata ed annotata nei registri dello stato civile e della popolazione.
Tutti gli estratti dei predetti registri ed i
certificati relativi, che riguardano appartenenti alla razza ebraica, devono
fare espressa menzione di detta annotazione.
Uguale menzione deve farsi negli atti relativi
a concessioni o autorizzazioni della pubblica autorità.
I contravventori alle disposizioni del
presente articolo sono puniti con l'ammenda fino a lire duemila.
Art. 10
I cittadini italiani di razza ebraica non
possono:
a) prestare servizio militare in pace e in
guerra;
b) esercitare l'ufficio di tutore o curatore
di minori o di incapaci non appartenenti alla razza ebraica;
c) essere proprietari o gestori, a qualsiasi
titolo, di aziende dichiarate interessanti la difesa della Nazione, ai sensi e
con le norme dell'art. 1 del R. decreto-legge 18 novembre 1929-VIII, n. 2488, e
di aziende di qualunque natura che impieghino cento o più persone, né avere di
dette aziende la direzione né assumervi, comunque, l'ufficio di amministratore
o di sindaco;
d) essere proprietari di terreni che, in
complesso, abbiano un estimo superiore a lire cinquemila;
e) essere proprietari di fabbricati urbani
che, in complesso, abbiano un imponibile superiore a lire ventimila. Per i
fabbricati per i quali non esista l'imponibile, esso sarà stabilito sulla base
degli accertamenti eseguiti ai fini dell'applicazione dell'imposta
straordinaria sulla proprietà immobiliare di cui al R. decreto-legge 5 ottobre
1936-XIV, n. 1743.
Con decreto Reale, su proposta del Ministro
per le finanze, di concerto coi Ministri per l'interno, per la grazia e
giustizia, per le corporazioni e per gli scambi e valute, saranno emanate le
norme per l'attuazione delle disposizioni di cui alle lettere c), d), e).
Art. 11
Il genitore di razza ebraica può essere
privato della patria potestà sui figli che appartengano a religione diversa da
quella ebraica, qualora risulti che egli impartisca ad essi una educazione non
corrispondente ai loro principi religiosi o ai fini nazionali.
Art. 12
Gli appartenenti alla razza ebraica non
possono avere alle proprie dipendenze, in qualità di domestici, cittadini
italiani di razza ariana.
I trasgressori sono puniti con l'ammenda da
lire mille a lire cinquemila.
Art. 13
Non possono avere alle proprie dipendenze
persone appartenenti alla razza ebraica:
a) le Amministrazioni civili e militari dello
Stato;
b) il Partito Nazionale Fascista e le
organizzazioni che ne dipendono o che ne sono controllate;
c) le Amministrazioni delle Provincie, dei
Comuni, delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza e degli Enti,
Istituti ed Aziende, comprese quelle di trasporti in gestione diretta,
amministrate o mantenute col concorso delle Provincie, dei Comuni, delle
Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza o dei loro Consorzi;
d) le Amministrazioni delle aziende
municipalizzate;
e) le Amministrazioni degli Enti parastatali,
comunque costituiti e denominati, delle Opere nazionali, delle Associazioni
sindacali ed Enti collaterali e, in genere, di tutti gli Enti ed Istituti di
diritto pubblico, anche con ordinamento autonomo, sottoposti a vigilanza o a
tutela dello Stato, o al cui mantenimento lo Stato concorra con contributi di
carattere continuativo;
f) le Amministrazioni delle aziende annesse o
direttamente dipendenti dagli Enti di cui alla precedente lettera e) o che
attingono ad essi, in modo prevalente, i mezzi necessari per il raggiungimento
dei propri fini, nonché delle società, il cui capitale sia costituito, almeno per
metà del suo importo, con la partecipazione dello Stato;
g) le Amministrazioni delle banche di
interesse nazionale;
h) le Amministrazioni delle imprese private di
assicurazione.
Art. 14
Il Ministro per l'interno, sulla documentata
istanza degli interessati, può, caso per caso, dichiarare non applicabili le
disposizioni dell'art. 10*, nonché dell'art. 13, lett. h):
a) ai componenti le famiglie dei caduti nelle
guerre libica, mondiale, etiopica e spagnola e dei caduti per la causa
fascista;
b) a coloro che si trovino in una delle
seguenti condizioni:
1) mutilati, invalidi, feriti, volontari di
guerra o decorati al valore nelle guerre libica, mondiale, etiopica, spagnola;
2) combattenti nelle guerre libica, mondiale,
etiopica, spagnola, che abbiano conseguito almeno la croce al merito di guerra;
3) mutilati, invalidi, feriti della causa
fascista;
4) iscritti al Partito Nazionale Fascista
negli anni 1919-20-21-22 e nel secondo semestre del 1924;
5) legionari fiumani;
6) abbiano acquisito eccezionali benemerenze,
da valutarsi a termini dell'art. 16.
Nei casi preveduti alla lett. b), il beneficio
può essere esteso ai componenti la famiglia delle persone ivi elencate, anche
se queste siano premorte.
Gli interessati possono richiedere
l'annotazione del provvedimento del Ministro per l'interno nei registri di
stato civile e di popolazione.
Il provvedimento del Ministro per l'interno
non è soggetto ad alcun gravame, sia in via amministrativa, sia in via
giurisdizionale.
Art. 15
Ai fini dell'applicazione dell'art. 14, sono
considerati componenti della famiglia, oltre il coniuge, gli ascendenti e i
discendenti fino al secondo grado.
Art. 16
Per la valutazione delle speciali benemerenze
di cui all'articolo 14 lett. b) n. 6, è istituita, presso il Ministero
dell'interno, una Commissione composta del Sottosegretario di Stato
all'interno, che la presiede, di un Vice Segretario del Partito Nazionale
Fascista e del Capo di Stato Maggiore della Milizia Volontaria Sicurezza
Nazionale.
Art. 17
E' vietato agli ebrei stranieri di fissare
stabile dimora nel Regno, in Libia e nei Possedimenti dell'Egeo.
CAPO III
DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
Art. 18
Per il periodo di tre mesi dalla entrata in
vigore del presente decreto, è data facoltà al Ministro per l'interno, sentita
l'Amministrazione interessata, di dispensare, in casi speciali, dal divieto di
cui all'art. 3, gli impiegati che intendono contrarre matrimonio con persona
straniera di razza ariana.
Art. 19
Ai fini dell'applicazione dell'art. 9, tutti
coloro che si trovano nelle condizioni di cui all'art. 8, devono farne denunzia
all'ufficio di stato civile del Comune di residenza, entro 90 giorni dalla data
di entrata in vigore del presente decreto.
Coloro che non adempiono a tale obbligo entro
il termine prescritto o forniscono dati inesatti o incompleti sono puniti con
l'arresto fino ad un mese e con l'ammenda fino a lire tremila.
Art. 20
I dipendenti degli Enti indicati nell'art. 13,
che appartengono alla razza ebraica, saranno dispensati dal servizio nei
termini di tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
Art. 21
I dipendenti dello Stato in pianta stabile,
dispensati dal servizio a norma dell'art. 20, sono ammessi a far valere il
diritto al trattamento di quiescenza loro spettante a termini di legge.
In deroga alle vigenti disposizioni, a coloro
che non hanno maturato il periodo di tempo prescritto è concesso il trattamento
minimo di pensione se hanno compiuto almeno dieci anni di servizio; negli altri
casi è concessa una indennità pari a tanti dodicesimi dell'ultimo stipendio
quanti sono gli anni di servizio compiuti.
Art. 22
Le disposizioni di cui all'art. 21 sono
estese, in quanto applicabili, agli Enti indicati alle lettere b), c), d), e),
f), g), h), dell'art. 13.
Gli Enti nei cui confronti non sono applicabili
le disposizioni dell'art. 21, liquideranno, ai dipendenti dispensati dal
servizio, gli assegni o le indennità previsti dai propri ordinamenti o dalle
norme che regolano il rapporto di impiego per i casi di dispensa o
licenziamento per motivi estranei alla volontà dei dipendenti.
Art. 23
Le concessioni di cittadinanza italiana
comunque fatte ad ebrei stranieri posteriormente al 1º gennaio 1919 si
intendono ad ogni effetto revocate.
Art. 24
Gli ebrei stranieri e quelli nei cui confronti
si applica l'art. 23, i quali abbiano iniziato il loro soggiorno nel Regno, in
Libia, e nei Possedimenti dell'Egeo posteriormente al 1º gennaio 1919, debbono
lasciare il territorio del Regno, della Libia e dei Possedimenti dell'Egeo
entro il 12 marzo 1939-XVII.
Coloro che non avranno ottemperato a tale
obbligo entro il termine suddetto saranno puniti con l'arresto fino a tre mesi
o con l'ammenda fino a lire 5000 e saranno espulsi a norma dell'art. 150 del
testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con R. decreto 18
giugno 1931-IX, n. 773.
Art. 25
La disposizione dell'art. 24 non si applica
agli ebrei di nazionalità straniera i quali, anteriormente al 1º ottobre
1938-XVI:
a) abbiano compiuto il 65º anno di età;
b) abbiano contratto matrimonio con persone di
cittadinanza italiana.
Ai fini dell'applicazione del presente
articolo, gli interessati dovranno far pervenire documentata istanza al
Ministero dell'interno entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del
presente decreto.
Art. 26
Le questioni relative all'applicazione del
presente decreto saranno risolte, caso per caso, dal Ministro per l'interno,
sentiti i Ministri eventualmente interessati, e previo parere di una
Commissione da lui nominata.
Il provvedimento non è soggetto ad alcun
gravame, sia in via amministrativa, sia in via giurisdizionale.
Art. 27
Nulla è innovato per quanto riguarda il
pubblico esercizio del culto e la attività delle comunità israelitiche, secondo
le leggi vigenti, salvo le modificazioni eventualmente necessarie per
coordinare tali leggi con le disposizioni del presente decreto.
Art. 28
E' abrogata ogni disposizione contraria o,
comunque, incompatibile con quelle del presente decreto.
Art. 29
Il Governo del Re è autorizzato ad emanare le
norme necessarie per l'attuazione del presente decreto.
Il presente decreto sarà presentato al
Parlamento per la sua conversione in legge.
Il DUCE, Ministro per l'interno, proponente, è
autorizzato a presentare il relativo disegno di legge.
Ordiniamo che il presente decreto, munito del
sigillo dello Stato, sia inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei
decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo
osservare.
Dato a Roma, addì 17 novembre 1938- XVII
VITTORIO EMANUELE
Mussolini - Ciano - Solmi - Di Revel - Lantini