domenica 30 luglio 2023

IL MITO DELL'ANROGINO E LA PIETRA FILOSOFALE (Parte terza)


  S E G U E   D A:


IL MITO DELL'ANDROGINO E LA PIETRA FILOSOFALE (Parte prima)


IL MITO DELL'ANDROGINO E LA PIETRA FILOSOFALE (Parte seconda)



  Dio-Uno è davvero il Grande Androgino descritto nel primo capitolo del Genesi, in alcuni trattati ermetici e nel pantheon delle diverse religioni? In contrasto con quanto si afferma sia nel Pimandro che nell' Asclepio, nel già menzionato discorso del nous ad Ermete, la soluzione prospettata, nonostante l'apparente dualismo, è decisamente in armonia col pensiero complessivo dell'ermetismo. Per un verso Dio, come principio trascendente, è incorporeo e dunque privo di forma, per altro verso Dio, creatore del cosmo, presenta tutte le forme attraverso i corpi.

Poiché, dunque, c'è forma solo per rapporto alla materia, Dio non ha forma, né può improntare di sé una qualsiasi forma da trasmettere all'uomo. Analogamente per gli Stoici Dio non ha forma umana: "Omitto de figura dei dicere, quia Stoici negant habere ullam formam deum (Preferisco non parlare dell'aspetto di dio, perché gli Stoici escludono del tutto che Dio abbia forma)", scrive Lattanzio (Stoici antichi, cit., fr. (B.f)1057, p. 899) e Clemente Alessandrino annota: "Dio per ascoltare non ha bisogno di avere forma umana, né gli servono i sensi, come dicevano gli Stoici, in specie quello della vista e dell'udito..." (Ibid., fr. (B.f)1058, p.901). 

Del pari si osservi che anche Giordano Bruno, nel De la causa, principio et Uno, ma anche negli altri dialoghi londinesi esclude che a Dio appartenga la forma umana, vuoi che questo significhi un comune sentire con l'eleatismo e il pitagorismo, vuoi magari con l’ermetismo o piuttosto con lo stoicismo.

D’altra parte, in Bruno non si tratta di una totale identificazione di Dio e Universo (Cosmo), come vorrebbe un’interpretazione panteistica della “nolana filosofia”, neppure si tratta tuttavia di una trascendenza divina rispetto allo stesso Universo: Dio è Uno e Tutto in Tutto (in ogni aspetto della realtà), l’Universo è Uno e Tutto ma non è in Tutto perché è composto di parti. 

In conclusione dunque androgino è il Cosmo, non l'uomo, nel senso che si manifesta nell'azione congiunta o separata della femmina e del maschio, e benché si dica che il Cosmo è formato a immagine di Dio,  la sua somiglianza, poiché Dio è privo di forma, si estrinseca nell'unicità e nell'immortalità, ma già differisce nel principio stesso della sua esistenza, armonico in sé ma suscettibile di contrasto e separazione nell'individuazione delle forme del divenire. Tant'è che gli ermetici lo dicono bello, ma non buono  ad indicare che è soggetto a passione e corruzione, non in sé, ma nel tempo e nello spazio. 

Cosa, d'altra parte, ci fa persuasi che il cosmo è uno, visto che la realtà si manifesta sempre nella forma della polarità e della contrapposizione (maschio - femmina, male - bene, odio - amore, luce - tenebre, giorno - notte, vita - morte...)? Non potendo creare un altro se stesso, se non come identità di sé, Dio scelse di formare, sì un dio, perché, a propria immagine e somiglianza, lo fece uno e immortale, ma un dio visibile e sensibile nella dualità, non tanto perché costui percepisse ma perché potesse essere percepito ([1]): nacque così l'androgino, primo mattone della costruzione del cosmo, mirabile pietra grezza in cui la trinità converge nell'unità ancora indistinta e caotica ([2]),  unico e vero figlio di Dio, logos divino in cui Dio si è fatto carne. Questi e solo questi è l' Adam Qadmon, l'androgino primordiale, il caos primigenio che contiene indifferenziati il principio maschile e il principio femminile, e per mezzo del quale nasce l'ordine (kosmos) e si conoscono le forme transeunti e molteplici del reale.

Sotto questo profilo, l'intera storia, non solo dell'umanità, ma di tutte le forme esistenti e di quelle di là da venire, altro non è che la grande epopea dell'Ermete Trismegisto, il mercurio tre volte grande, non perché - come è stato detto - egli sia figura umana dotata di straordinaria saggezza e signore nei tre regni, bensì, perché è l'anima di tutte le fasi della Grande Opera. Dove il mercurio è tre volte grande? Nell'essere materia prima dell'Opera, nel morire e nel saper rinascere. Egli è ad un tempo la pietra grezza, la pietra lavorata e la pietra filosofale. Non a caso il suo nome greco, Ermes, significa pilastro di pietra e in tale forma veniva spesso rappresentato. Nella mitologia greca, egli è padre di Ermafrodito (l'androgino, la pietra grezza), generatogli da Afrodite nata dalla spuma del mare, fecondata dai genitali recisi di Urano.

Cosa fa l'alchimista con arte spagirica? Egli separa l'unità indistinta e caotica degli elementi (sale, zolfo e mercurio) che formano la pietra che non è una pietra e li ricompone nell'unità mirabile e aurea della pietra filosofale.

Analogamente nella tradizione ebraica, il sigillo o esagramma di Salomone contiene, racchiusi in un cerchio (sale - terra), due triangoli contrapposti e incrociati, simboli del fuoco (zolfo) e dell'acqua (mercurio). L'esortazione contenuta nella Tavola di Smeraldo può essere compiuta: 'lavare col fuoco e bruciare con l'acqua'. E lo Zohar, in un passo che ha per tema la dialettica luce - oscurità, così ripropone il significato della creazione umana fatta a immagine e somiglianza di Dio:

    "‘A nostra immagine' corrisponde alla luce (principio maschile). 'A nostra somiglianza' corrisponde all'oscurità (principio femminile), che è una veste per la luce "([3]).

Nell'androgino ermetico, il maschio (la luce, il fuoco, il sole) è oscurato (velato) dalla femmina (la veste bianca della luna).

La tradizione cristiana si spinge anche oltre. Sa che può vincere osando attribuire alla figura umana le caratteristiche di Dio. Nella Lettera agli Efesini, Paolo di Tarso chiama Cristo pietra principale. Con Cristo (poco importa, sotto questo riguardo, se egli sia davvero esistito), la chiesa di Pietro ha inteso realizzare il 'sogno divino' di Adamo di trasformare la terra nell'oro dello spirito. Cristo, come Adamo, non nasce di donna, egli è figlio unigenito di Dio. A differenza di Adamo, egli finisce con l’ubbidire al padre: accetta infine la morte, ma per avere vita eterna. Il suo calvario addita la via da seguire per trasformare il piombo in oro, la pietra grezza in pietra filosofale. Risorge, infine, dalla tomba per essere lievito di vita. Egli è sì 'la via, la verità e la vita' ma solo come metafora dello spirito immortale presente nel primo mattone con cui Dio ha formato il Cosmo. 

 

sergio magaldi

 


 

[1] Cfr., Asclepio, 8, in Discorsi, cit., p. 183

[2] A Roma, sull'architrave della Porta Ermetica di piazza Vittorio, è inciso il sigillo di Salomone sormontato da una croce. Ai piedi della croce, un cerchio che al centro ne contiene uno più piccolo. Sigillo e cerchi sono chiusi da un cerchio più grande dove tutt'attorno è scritto in latino: "Tre sono le meraviglie: Dio e l'uomo, la madre e la vergine, il trino e l'uno". Ecco 'il miracolo della cosa una' di cui si parla nella Tavola smeraldina di Ermete Trismegisto.

[3] Cfr., Zohar, I, 22a-b.


venerdì 21 luglio 2023

IL MITO DELL' ANDROGINO E LA PIETRA FILOSOFALE (Parte seconda)



   S E G U E   D A:

IL MITO DELL'ANDROGINO E LA PIETRA FILOSOFALE (Parte prima)


 C'è di più: il mito dell'androgino, sotto il velo poetico e religioso, cela un'altra verità. L'avversione e l'invidia maschile per la femmina alla quale soltanto è concesso di generare, tant'è che, per un verso si dice che la donna è costruita, non creata ([1]) e, per altro verso, si pretende di annullare l'identità femminile, di farne a meno, per così dire, a tutto vantaggio di un ibrido di entrambi i sessi, sublimato per essere a immagine e somiglianza di Dio, come lui maschio bisessuato, dotato di straordinari poteri ([2]).

Così, l'androgino, lungi dall'essere 'un nuovo stato in cui le caratteristiche essenziali del maschio e della femmina coesistono armoniosamente' ([3]) o il luogo a cui 'la mente s'innalza al di sopra dei nomi e delle forme' e dove 'anche le divisioni sessuali vengono superate' ([4]), lungi dal rappresentare il ritorno alla condizione edenica e a Dio, ne è piuttosto l'allontanamento, con la discesa nel caos indistinto della natura naturans, dove ogni identità scompare nella babele delle forme, perché ogni forma è ancora lontana dall'individuazione ([5]).

Il Pimandro, sulla scia del Genesi (1:26-27), ripropone la bisessualità fondamentale della natura umana ([6]) la successiva separazione dei sessi per volere divino ([7]) e il conseguente appello all'accrescimento e alla moltiplicazione del genere umano ([8]).

In altri trattati ermetici, tuttavia, si fa strada una più complessa dinamica dei rapporti uomo - Dio. E' il mondo, il cosmo inteso come totalità del reale, ad essere creato a immagine di Dio, non l'uomo, e se il creatore è eterno e ingenerato (aidios)la realtà (mondo, cosmo) che è generata, è soltanto immortale (atanatos). L'uomo, invece, non è né eterno né immortale, perché generato dal mondo, sebbene egli partecipi dell'immortalità mediante l'intelletto (nous) ([9]) : 

 "Primo di tutti gli esseri, in realtà è Dio, eterno, ingenerato, creatore dell'universo; secondo è colui che è stato creato da Dio a sua immagine e che da Dio è tenuto in vita, nutrito e dotato di immortalità...Il Padre dunque, generandosi da sé, è eterno, il mondo invece, essendo generato dal Padre, è generato ed è immortale. E quanta materia era soggetta alla sua volontà, tutta questa il Padre la foggiò in forma di corpo e, avendole dato un volume, la rese sferica...Dio circondò il tutto di immortalità, affinché, anche se la materia volesse separarsi dalla composizione di questo corpo, non potesse dissolversi tornando al disordine che le è proprio...I corpi degli esseri celesti possiedono un unico ordine, quello che hanno ricevuto dal Padre fin dalla loro origine; e quest'ordine è conservato immutabile dal ritornare periodico di ciascuno di essi al suo posto primitivo (il ritorno periodico degli astri a un punto fissato della loro traiettoria, indica quindi l'immobilità dell'ordine celeste)...Il terzo essere vivente è l'uomo, creato a immagine del mondo, e che, a differenza degli altri esseri terrestri, possiede l'intelletto per volontà del Padre; non solo è unito per affinità al secondo dio, ma può conoscere il primo dio con la facoltà intellettiva." ([10])

  Il medesimo concetto, dell'uomo creato a immagine del mondo, è ripreso nel IX  Discorso: “Dio è dunque il padre del mondo, il mondo il padre di tutti gli esseri che si trovano in esso; il mondo a sua volta è figlio di Dio, e gli esseri che sono nel mondo sono figli del mondo. E giustamente il mondo è stato definito Cosmo(ordine), perché ordina tutti gli esseri per mezzo delle varie qualità delle generazioni, per mezzo della continuità della vita, della sua instancabile attività, del rapido movimento imposto dal destino, della combinazione degli elementi, e della disposizione ordinata di tutti gli esseri che nascono. ([11]).

Nel X Discorso all’affermazione che l’uomo è creato non ad immagine di Dio ma del mondo si aggiunge che il mondo è bello ma non buono perché soggetto a passioni: " Chi è dunque il dio materiale di cui parli?- chiede Asceplio ad Ermete - ed Ermete risponde:‘Il mondo, che è bello, ma non buono; è costituito infatti di materia, è soggetto a passioni ed è il primo di tutti gli esseri passibili; è il secondo nella serie degli esseri, ed è incompleto in sé stesso, ha avuto anch'esso un principio della sua esistenza, ma esiste sempre, perché esiste nel divenire...’ ([12])

In un passo successivo si ribadisce la gerarchia degli esseri: Dio, il cosmo e l'uomo ([13]). Infine, è ripreso di nuovo l’argomento nel discorso che l'intelletto o nous rivolge a Ermete per meglio fissare, in rapporto a Dio, i concetti di eternità, cosmo o mondo, tempo e divenire e per definire, in rapporto al cosmo, i reali significati di morte, trasformazione, visibile, invisibile, rotazione e sparizione "...Dio crea l'eternità, l'eternità il mondo, il mondo il tempo, il tempo il divenire. L'essenza di Dio è per così dire la saggezza; dell'eternità l'identità; del mondo l'ordine; del tempo il mutare, del divenire la vita e la morte...Così dunque l'eternità è in Dio, il mondo nell'eternità, il tempo nel mondo, il divenire nel tempo. E mentre l'eternità sta immobile intorno a Dio, il mondo è in movimento nell'eternità, il tempo si compie nel mondo, il divenire diviene nel tempo.: ([14]).

 S  E  G  U  E

 sergio magaldi



 

[1] Come detto sopra, secondo il racconto biblico, Dio costruisce la donna con ciò che toglie dal corpo di Adamo (Genesi, 2:22), tant'è che questi la chiama ishah perché da lui stesso (ish, uomo) è stata tratta e, nuovamente, grazie all'unione santa del matrimonio, sarà da lui incorporata (Genesi, 2:23-24).

[2] Naturalmente, anche una dea dotata di entrambi i sessi è un androgino, ma la sua rappresentazione, come  nel caso di Cibele, è molto più arcaica e, probabilmente, fa riferimento ad una ipotetica società matriarcale o comunque ad un'età in cui il potere di generare  riesce ancora ad imporsi su quello di fecondare.

[3] Cfr., A. Schwarz, Cabbalà e Alchimia, Saggio sugli archetipi comuni, La Giuntina, Firenze, 1999, p. 70

[4] Cfr., E. Zolla, op.cit., p. 11

[5] "Ques

ta concezione di Dio dotato di doppia natura, femminile e maschile, è molto comune nella letteratura religioso-filosofica del tempo; si ritrova nei neoplatonici, negli gnostici, nell'orfismo e ripetutamente negli scritti ermetici ... ed è strettamente connessa con l'altra concezione, per cui la natura propria e peculiare di Dio è il generare...".

Così osserva B.Maria Todini Portogalli in una nota del Pimandro da lei tradotto (Discorsi di Ermete Trismegisto, Boringhieri, I Ed.,1965, p. 31, nota 5).

[6] "...(L'uomo) possiede in sé la natura maschile e femminile insieme, perché è stato generato da un padre, che ha ambedue le nature..." , Pimandro, XV, ed. cit.,p. 34;

[7] "... compiutosi il periodo della rivoluzione, il legame, che teneva unite tutte le cose, si ruppe per volere divino. Tutti gli esseri viventi, che erano al tempo stesso di natura maschile e femminile, insieme all'uomo, si divisero in due e divennero in parte maschili, in parte femminili.", Pimandro, XVIII, ed. cit.,p. 36; cfr., Genesi, 2:21-22

[8] "Immediatamente Dio con un santo discorso disse loro: 'Crescete accrescendovi, e moltiplicatevi in quantità tutti voi, che siete stati creati e prodotti, e chi possiede l'intelletto riconosca se stesso immortale'...", Pimandro, XVIII, ed. cit.,p. 36; cfr., Genesi, 1:28

[9] Che cosa debba intendersi per nous o intelletto nella letteratura ermetica è argomento assai complesso. Sulla questione si rimanda alla lunga ed efficace nota di B. M. Todini Portogalli nel  già citato testo (nota 2, pp. 27-28). Si può tuttavia provare a riassumere i diversi significati, con le parole stesse del Pimandro:

   "L'intelletto...è della stessa essenza di Dio...non è ricavato dalla essenzialità di Dio, ma si dispiega da essa come la luce dal sole. Negli uomini questo intelletto è Dio..." (Discorsi di Ermete Trismegisto, cit., nota 2, p. 28)

[10] Cfr., Discorsi di Ermete Trismegisto, cit., VIII, pp. 80 - 82. Il corsivo in parentesi è contenuto in una nota di B. M. Todini Portogalli, in calce al testo.

[11]Cfr.,Discorsi,cit.,IX,8,pp.87-88

[12]Ibid.,X,10,p.96.

[13] "...Vi sono dunque questi tre esseri: Dio che è il padre e il bene al tempo stesso, il cosmo e l'uomo. Dio contiene il cosmo; il cosmo l'uomo; il cosmo nasce come figlio di Dio, l'uomo del cosmo, quindi come nipote di Dio." Ibid., X, 14, p. 98.

In proposito, B.M. Todini Portogalli osserva:

   "La concezione di un profondo legame tra i tre esseri divini: Dio, il mondo, l'uomo è il tema centrale dell'ermetismo, e deriva evidentemente dal tema stoico della  simpatia, principio di accordo e di unità del cosmo." (Ibid., p. 102, nota 26)

[14] Ibid., XI, 2, pp. 106 - 107

 


domenica 16 luglio 2023

IL MITO DELL' ANDROGINO E LA PIETRA FILOSOFALE (Parte prima)


 

 Il mito di un Grande Androgino primordiale di natura divina si spiega con l'esigenza di coniugare insieme la capacità di generare (principio femminile) e quella di fecondare (principio maschile).

Dal canto suo la Bibbia cerca di risolvere la questione affermando che Dio creò tutto con la parola, mentre nel primo capitolo del Sepher Yetzirah – il testo d’esordio della Qabbalah ebraica – è detto che Dio creò tutto con sepher (lettera), sephar (numero) e sippur (parola).

Circa la natura di Dio è tuttavia il Genesi a fare chiarezza,  precisando che Dio creò l'uomo a propria immagine e somiglianza (Genesi, 1:26) e che lo creò maschio e femmina (Genesi, 1:27).

Da allora non si è smesso quasi di assegnare a Dio entrambi i  sessi, facendo dell'Adam Qadmon un uomo cosmico primordiale di natura divina e bisessuale oppure nell’attribuirgli una larvata presenza asessuata e tuttavia spiritualmente comprensiva tanto del principio femminile che di quello maschile.

"Il fatto che uomo e donna, insieme, siano creati a immagine di Dio sottintende che Dio sia un'entità maschile/femminile, e non solo maschile", scrive G. Dreifuss in Maschio e femmina li creò. L'amore e i suoi simboli nelle scritture ebraiche, La Giuntina, Firenze, 1996, p. 30. Tesi, questa, condivisa da autori come Kaplan e Moshe Idel. Dreifuss, tuttavia, osserva che nel giudaismo normativo questa immagine di un'entità divina maschile/femminile non trova espressione” (Ibid., p. 31), mentre è presente nella letteratura midrashica ( Genesi Rabbah 8:1 e 17:6, Levitico Rabbah, 14:1, Midrash Salmi, 139, bEruvim, 18a ) contrariamente a ciò che sostiene E. Zolla (The Androgyne. Fusion of the Sexes, trad.it., Incontro con l'androgino, red edizioni, Como, 1995, p. 57), un autore che, per la verità, non sembra avere molta dimestichezza con 'la tradizione esoterica ebraica' cui, pure, dedica un paragrafo di questo suo libello.

L'immagine maschile/femminile della divinità è anche ben presente nella Qabbalah dello Zohar e, soprattutto, nella Qabbalah luriana dei Partzufim, dove il carattere antropomorfico della divinità è addirittura esaltato. Fa tuttavia notare Moshe Idel che in nessun caso l'unione del maschio e della femmina è funzionale all’emergere di una divinità androgina, ma è piuttosto “l'insistenza per l'ottenimento di una relazione armoniosa tra principi opposti, la cui esistenza separata è indispensabile per il benessere dell'intero universo. O per dirla con altre parole: la cabala teosofica non ha cercato una ristrutturazione drastica dell'esistenza, sia attraverso la trasformazione del femminile in maschile, sia attraverso la loro fusione finale in un'entità bisessuata o asessuata...Nella concezione gnostica, il mondo inferiore deve sforzarsi di copiare la regola superiore dell'androginia o della asessualità. L'attitudine gnostica risulta essere a certo riguardo simile all'attitudine cristiana di fronte alla sessualità, esse costituiscono un aspetto importante del loro più generale rigetto di questo mondo; le escatologie gnostiche e cristiane propongono una salvezza spirituale che riguarda sia la restaurazione dell'androginia paradisiaca sia uno statuto di asessualità per il credente. (cfr. M. Idel, Cabala ed erotismo, Mimesis, Milano, 1993, pp. 35 - 36).

Più avanti, in nota, Moshe Idel riporta, condividendolo, il pensiero del Meeks (The image of the Androgyne, p. 186): "Nell'ebraismo, il mito dell'androgino serve a risolvere un dilemma esegetico e a consolidare la monogamia". E Moshe Idel osserva: "In ogni caso, la cabala estatica utilizza a volte una produzione di immagini androginiche, sotto l'influenza della filosofia greca, e attraverso la mediazione delle opere di Maimonide...Un'altra differenza cruciale tra le concezioni ebraiche e greche dell'androginia è la visione ebraica positiva della separazione tra il maschio e la femmina, mentre in Platone la separazione è vista come una punizione..." ( M. Idel, op.cit., nota 84, p. 55)

Un’altra soluzione del problema è contenuta sempre in Genesi – con evidente contraddizione rispetto ai versetti citati sopra – allorché il principio femminile (la donna primordiale, Eva) nasce in virtù di un’operazione avvenuta sul corpo di Adamo, opportunamente addormentato. Sono ancora due versetti a spiegare l’accaduto. Nel primo (Genesi, 2:21) affermando che ' ...il Signore Dio mandò ad Adamo un profondo sonno ' e che  'mentre era addormentato, prese da lui una costola che sostituì con carne'; nel secondo (Genesi, 2:22) proclamando infine la “costruzione” della donna e presentandola al sonnolento e intorpidito Adamo.

A tale semplici e lineari conclusioni bibliche, comunemente accettate, fa spesso riscontro, nella tradizione occidentale, la visione più complessa e fantastica introdotta dal Simposio platonico. E per quanto anche qui si parli di un dio (Zeus) separatore, diversi sono i presupposti: l'androgino che subisce la separazione non è già più l'immagine speculare di un Dio, perché Zeus è un dio maschio.

L’androgino descritto da Platone, rinvia, per le sue fonti, ad una realtà ben più arcaica e primordiale, quando Zeus non era e i sessi si manifestavano congiunti nell'indistinzione caotica della natura naturans. Insomma, il mito di Cibele e di Agdistis.  ([1])

Ignorando il problema di un dio fecondatore e insieme capace di generare, problema che certo non compete a Zeus, dio relativamente giovane del politeismo greco, Platone immagina tre sessi originari: il maschio, la femmina e l'androgino. Distinzione questa che ripropone più o meno inconsciamente il rapporto tra una divinità primordiale, antropomorfa e totalizzante e la bisessualità della natura umana quale si manifesta nella polarità  maschio - femmina.

Ciò che nel Simposio, Aristofane dice a Eurissimaco, presuppone non solo l'esistenza di un Grande Androgino originario, ma attesta altresì di una ubris fondamentale presente nell'androgino umano, superbia e vigore in eccesso che, esattamente come avviene per Agdistis, devono essere puniti.

 "Dunque - dice Aristofane - i sessi erano tre e così fatti perché il genere maschile discendeva in origine dal sole, il femminile dalla terra, mentre l'altro, partecipe di entrambi, dalla luna, perché anche la luna partecipa del sole e della terra. Erano quindi rotondi di forma e rotante era la loro andatura perché somigliavano ai loro genitori. Possedevano forza e vigore terribili, e straordinaria superbia; e attentavano agli dei..." ([2])

Fu così che Zeus prese la decisione di punire gli androgini, ma, esattamente come per Agdistis, la punizione non comportò la privazione della vita, ciò che - osserva Platone - avrebbe determinato la scomparsa degli onori e dei sacrifici che gli uomini attribuivano agli dei e, se Agdistis fu evirato, gli androgini videro il proprio corpo tagliato a metà e, dopo di allora, dedicarono l'esistenza alla ricerca della metà resecata ([3]). E ciò non tanto col desiderio di unirsi alla propria opposta polarità, come vorrebbe far credere un'interpretazione sapienziale – alimentata da un'abbondante letteratura sull'androginia e da una sua altrettanto ricca rappresentazione nelle arti figurative – ma con l'idea della più completa reintegrazione dell'androgino primordiale.

 

S  E  G  U  E

 

sergio magaldi



[1] Greca d'importazione, Cibele è in realtà, in origine, la dea ittita Kubaba che dalle sponde dell'Eufrate trascorre in Asia Minore e in Frigia col nome di Kubebe e Kybele. In nessun caso, Cibele può essere assimilata a Rea come fecero i Greci e i Romani, la sua peculiarità, infatti, è di non essere soltanto la Grande Madre degli dei e degli uomini, ma di incarnare un principio più arcaico e primordiale. Cibele è la natura naturante nel momento del Caos, l'unità indifferenziata di maschio e femmina, allorché il principio creativo che è in lei non ha ancora operato la trasformazione in natura naturata.

In Frigia, nei pressi di Pessinunte, su una scogliera deserta, Cibele si manifestava come roccia o pietra nera (Agdos). Attis o Atti, discendente da seme divino caduto sulla pietra, tentò invano di vivere la propria sessualità maschile, unendosi in nozze con Atta, la figlia del re Mida di Pessinunte. Ad impedire le nozze, sopraggiunse Cibele nella sua veste maschile  e violenta di Agdistis. Al suono della siringa di Pan, Cibele-Agdistis provocò la follia dei convitati e dello stesso Attis che si evirò sotto un pino, assumendone poi la forma e tornando così all'androginia originaria e primordiale.

[2] Platone, Simposio, XIV, 189c - 190b, in PlatoneOpere, Vol.I, Bari,1966, pp. 681- 682.

[3] Ibid., XIV, 190c - 191a. 


mercoledì 12 luglio 2023

Dialogo su Giordano Bruno – 2ª parte



Con questa puntata, la settima, si conclude almeno per ora il ciclo che Zibaldone online ha dedicato a Giordano Bruno.
I temi trattati nel dialogo riguardano la concezione bruniana di Dio, Uno e Universo, il rapporto tra finito e infinito, la pluralità dei mondi e il significato del cosiddetto "multiverso", anche alla luce della Qabbalah del Sepher Yetzirah, della fisica quantistica e della teoria delle stringhe.
Il dibattito prosegue poi sul rapporto materia-forma-spirito, sulla differenza tra metempsicosi e metasomatosi e infine sulla figura di Cristo e più in generale sul Cristianesimo quali si delineano soprattutto in "Lo spaccio de la bestia trionfante".