S E G U E D A:
IL MITO DELL'ANDROGINO E LA PIETRA FILOSOFALE (Parte prima)
IL MITO DELL'ANDROGINO E LA PIETRA FILOSOFALE (Parte seconda)
Poiché, dunque, c'è
forma solo per rapporto alla materia, Dio non ha forma, né può improntare di sé
una qualsiasi forma da trasmettere all'uomo. Analogamente per
gli Stoici Dio non ha forma umana: "Omitto de figura dei dicere, quia
Stoici negant habere ullam formam deum (Preferisco non
parlare dell'aspetto di dio, perché gli Stoici
escludono del tutto che Dio abbia forma)", scrive
Lattanzio (Stoici antichi, cit., fr. (B.f)1057, p. 899) e Clemente
Alessandrino annota: "Dio per ascoltare non ha bisogno di avere forma umana, né gli
servono i sensi, come dicevano gli Stoici, in specie quello della vista e
dell'udito..." (Ibid.,
fr. (B.f)1058, p.901).
Del pari si osservi che anche Giordano Bruno, nel De la causa, principio et Uno, ma anche negli altri dialoghi londinesi esclude che a Dio appartenga la forma umana, vuoi che questo significhi un comune sentire con l'eleatismo e il pitagorismo, vuoi magari con l’ermetismo o piuttosto con lo stoicismo.
D’altra parte, in Bruno
non si tratta di una totale identificazione di Dio e Universo (Cosmo), come
vorrebbe un’interpretazione panteistica della “nolana filosofia”, neppure si
tratta tuttavia di una trascendenza divina rispetto allo stesso Universo: Dio è
Uno e Tutto in Tutto (in ogni aspetto della realtà), l’Universo è Uno e Tutto
ma non è in Tutto perché è composto di parti.
In conclusione dunque androgino è il Cosmo, non l'uomo, nel senso che si manifesta nell'azione congiunta o separata della femmina e del maschio, e benché si dica che il Cosmo è formato a immagine di Dio, la sua somiglianza, poiché Dio è privo di forma, si estrinseca nell'unicità e nell'immortalità, ma già differisce nel principio stesso della sua esistenza, armonico in sé ma suscettibile di contrasto e separazione nell'individuazione delle forme del divenire. Tant'è che gli ermetici lo dicono bello, ma non buono ad indicare che è soggetto a passione e corruzione, non in sé, ma nel tempo e nello spazio.
Cosa, d'altra parte, ci fa persuasi che il cosmo è uno, visto che la realtà si manifesta sempre nella forma della polarità e della contrapposizione (maschio - femmina, male - bene, odio - amore, luce - tenebre, giorno - notte, vita - morte...)? Non potendo creare un altro se stesso, se non come identità di sé, Dio scelse di formare, sì un dio, perché, a propria immagine e somiglianza, lo fece uno e immortale, ma un dio visibile e sensibile nella dualità, non tanto perché costui percepisse ma perché potesse essere percepito ([1]): nacque così l'androgino, primo mattone della costruzione del cosmo, mirabile pietra grezza in cui la trinità converge nell'unità ancora indistinta e caotica ([2]), unico e vero figlio di Dio, logos divino in cui Dio si è fatto carne. Questi e solo questi è l' Adam Qadmon, l'androgino primordiale, il caos primigenio che contiene indifferenziati il principio maschile e il principio femminile, e per mezzo del quale nasce l'ordine (kosmos) e si conoscono le forme transeunti e molteplici del reale.
Sotto questo profilo, l'intera storia, non solo dell'umanità, ma di tutte le forme esistenti e di quelle di là da venire, altro non è che la grande epopea dell'Ermete Trismegisto, il mercurio tre volte grande, non perché - come è stato detto - egli sia figura umana dotata di straordinaria saggezza e signore nei tre regni, bensì, perché è l'anima di tutte le fasi della Grande Opera. Dove il mercurio è tre volte grande? Nell'essere materia prima dell'Opera, nel morire e nel saper rinascere. Egli è ad un tempo la pietra grezza, la pietra lavorata e la pietra filosofale. Non a caso il suo nome greco, Ermes, significa pilastro di pietra e in tale forma veniva spesso rappresentato. Nella mitologia greca, egli è padre di Ermafrodito (l'androgino, la pietra grezza), generatogli da Afrodite nata dalla spuma del mare, fecondata dai genitali recisi di Urano.
Cosa fa l'alchimista con arte spagirica? Egli separa l'unità indistinta e caotica degli elementi (sale, zolfo e mercurio) che formano la pietra che non è una pietra e li ricompone nell'unità mirabile e aurea della pietra filosofale.
Analogamente nella tradizione ebraica, il sigillo o esagramma di Salomone contiene, racchiusi in un cerchio (sale - terra), due triangoli contrapposti e incrociati, simboli del fuoco (zolfo) e dell'acqua (mercurio). L'esortazione contenuta nella Tavola di Smeraldo può essere compiuta: 'lavare col fuoco e bruciare con l'acqua'. E lo Zohar, in un passo che ha per tema la dialettica luce - oscurità, così ripropone il significato della creazione umana fatta a immagine e somiglianza di Dio:
Nell'androgino ermetico, il maschio (la luce, il fuoco, il sole) è oscurato (velato) dalla femmina (la veste bianca della luna).
La tradizione cristiana si spinge anche oltre. Sa che può vincere osando attribuire alla figura umana le caratteristiche di Dio. Nella Lettera agli Efesini, Paolo di Tarso chiama Cristo pietra principale. Con Cristo (poco importa, sotto questo riguardo, se egli sia davvero esistito), la chiesa di Pietro ha inteso realizzare il 'sogno divino' di Adamo di trasformare la terra nell'oro dello spirito. Cristo, come Adamo, non nasce di donna, egli è figlio unigenito di Dio. A differenza di Adamo, egli finisce con l’ubbidire al padre: accetta infine la morte, ma per avere vita eterna. Il suo calvario addita la via da seguire per trasformare il piombo in oro, la pietra grezza in pietra filosofale. Risorge, infine, dalla tomba per essere lievito di vita. Egli è sì 'la via, la verità e la vita' ma solo come metafora dello spirito immortale presente nel primo mattone con cui Dio ha formato il Cosmo.
sergio
magaldi
[2] A Roma, sull'architrave della Porta Ermetica di piazza Vittorio, è inciso il sigillo di Salomone sormontato da una croce. Ai piedi della croce, un cerchio che al centro ne contiene uno più piccolo. Sigillo e cerchi sono chiusi da un cerchio più grande dove tutt'attorno è scritto in latino: "Tre sono le meraviglie: Dio e l'uomo, la madre e la vergine, il trino e l'uno". Ecco 'il miracolo della cosa una' di cui si parla nella Tavola smeraldina di Ermete Trismegisto.