mercoledì 27 marzo 2024
Le quattro libertà fondamentali – Per un Mondo come ‘dovrebbe essere’
domenica 24 marzo 2024
RILEGGERE SARTRE (P.6a: Sartre e il maggio francese)
Circa un anno fa, Riccardo De Benedetti
su Avvenire si poneva un interrogativo a cui dava subito una
risposta: “Che cosa resta di Sartre? Poco, ma decisivo”.
Sartre – osserva l’autore dell’articolo – è sempre stato in “situazione”, con ciò intendendo dire che egli ha quasi ininterrottamente inteso rappresentare il proprio tempo e quello della società e del mondo in cui viveva. È certamente vero, almeno sino al maggio francese. E proprio per questo – continua l’autore – Sartre ha finito col pagare con la dimenticanza o addirittura con l’oblio. Vero anche questo, ma bisogna tener conto del fallimento politico della rivoluzione che avrebbe dovuto portare “l’immaginazione al potere” e che invece ha realizzato il successo di quanti speravano di sbarazzarsi una volta per tutte della lotta politica, limitandola al terrorismo più o meno compiacente e preparando, attraverso la liberazione del costume e dei consumi, l’avvento della globalizzazione, del cosiddetto capitalismo della sorveglianza e dell’era tecnologica.
A questo punto, conviene chiedersi con De Benedetti se non sia venuto il momento di rileggere Sartre, tenuto conto che, come dice, “alla sovrabbondanza della tecnica corrisponde un diminuire, sin quasi alla scomparsa, dell’uomo”.
Il “poco” che resta di Sartre è dunque una riflessione sul significato dell’esistenza in un mondo che ha finito per relegare l’essere umano ai margini della Storia. L’occasione è offerta, e direi non solo, da una nuova edizione de L’essere e il nulla proposta di recente dal Saggiatore per festeggiare gli ottanta anni dalla sua pubblicazione (1943-2023).
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Per una rilettura, il più possibile completa, di Sartre ripropongo di seguito in sette post la relazione, con opportune modifiche, a suo tempo presentata per un convegno di filosofia.
Per quanto si riferisce “all’ultimo Sartre” e alle
polemiche accese dai suoi scritti più recenti, suggerisco il post:
Si vedano ancora, su Sartre in generale, i
video youtube seguenti:
RASSEGNA STAMPA sulla nuova edizione di L’essere
e il nulla, pubblicato da Il Saggiatore il 19 febbraio 2023
Un'esistenza che precede l'essenza
Che cosa resta di Sartre? Poco, ma decisivo
Una nuova veste per "L' essere e il nulla" di
Jean-Paul Sartre
Siamo condannati alla libertà.
SEGUE DA:
https://zibaldone-sergio.blogspot.com/2024/01/rileggere-sartre-p2a-sarte-filosofo.html
https://zibaldone-sergio.blogspot.com/2024/01/rileggere-sartre-p-1a-sartre-narratore.html
Sartre e il Maggio francese
Come è stato giustamente osservato, né
«dai rapporti di produzione assunti solo come ambito oggettivo di relazioni» né
«dalla negazione della temporizzazione sembra possibile giungere alla
spiegazione di un evento la cui dinamica è risultata sostanzialmente fondata
sopra la interiorizzazione del futuro»[1]
Althusserismo e strutturalismo — benché
quest'ultimo si proponga soltanto come una metodologia delle scienze umane —
appaiono inadeguati come discorso complessivo a reggere il confronto con la
nuova Weltanschauung che il maggio, come affermazione dialettica della lotta di
classe, imprevedibile secondo una pura analisi strutturale, è in grado di
offrire. In questo senso taluni hanno parlato della rivoluzione di maggio come
di una rivoluzione sartriana.
Ciò che, forse, non è nelle intenzioni e
nelle dichiarazioni degli studenti [2], ma se
si può parlare di una filosofia» del maggio, questa — si è osservato — è la
filosofia di Sartre; per spiegare l'esplosione rivoluzionaria del maggio non
c'è bisogno di ricorrere a Marx o a Marcuse. Una filosofia che lo
strutturalismo si era affrettato a sotterrare aveva profetizzato il maggio
francese otto anni prima, e questa era la filosofia di Jean Paul Sartre [3]:
«Sartre ha descritto dapprima nel suo
libro le forme passive, anonime dove gli individui sono alienati — è cioè che
egli chiama il «pratico inerte» — poi egli ha mostrato come un gruppo introduce
la negazione della storia e si forgia da se stesso invece di essere forgiato,
s'inventa in rottura con questa società passiva ed anonima, che un sociologo
americano chiamava nelle medesime circostanze «la folla solitaria». Gli
studenti che hanno fatto scoppiare la rivoluzione della primavera del '68 erano
formati, se non a questa seconda filosofia sartriana, almeno a un pensiero
dialettico della storia. Maggio '68, è l’insurrezione d'una negazione «selvaggia»
nella storia. L'incursione della libertà «sartriana», non della libertà
dell'individuo isolato, ma la libertà creatrice dei gruppi [4].
Così, non si tratta tanto di riconoscere
a Sartre il merito di moralizzatore della lotta politica rivoluzionaria, come
pure osserva efficacemente Rossana Rossanda: «L'impegno politico di Sartre è
una lezione di moralità politica rivoluzionaria. La sola che a un intellettuale,
nelle condizioni di separatezza e negli anni vissuti da Sartre, fosse
consentito di sperimentare e trasmettere. Ogni altra scelta sarebbe ricaduta
nell'opportunismo: o quello di chi, con vari alibi, s'è venuto staccando da un
rapporto diretto, per disperato che fosse, col movimento operaio, o quello di
chi si sente assolto dal pensare e ripensare per avere aderito al partito
comunista. Sartre insegna a non contentarsi: la sua intransigenza si esprime
nel bisogno inacquietato di verificare volta a volta quale è, dove si trova il
fronte di classe, e là collocarsi, insieme libero e solidale. Nel rifiutare
deleghe o discipline, ma nel cercare uno schieramento, intendere i bisogni e i
doveri. Nel rifiutare i tatticismi, ma nel cercare una unità. Nell'intendere
insomma il fare politico come una rimessa in questione permanente di sé, saper
ricominciare daccapo, ricostruire a ogni passo senza residui un impegno.
Difficile separare le sue "impasses" e i suoi fallimenti da quelli di
tutta la sinistra rivoluzionaria da quarant'anni a questa parte; speranze e
sconfitte della rivoluzione occidentale hanno in lui, come in pochi altri, non
un testimone o uno storico, ma un punto singolare di precipitazione, sono
diventate una vita che tempestosamente le ha precorse e riflesse»[5].
Si tratta piuttosto quanto, senza che si
possa parlare di identificazione tra ideologia sartriana e ideologia dei
«gruppi», di sottolineare come il pensiero sartriano — in quanto tentativo
storicamente fondato di «soggettivizzare» il marxismo — rappresenti, per entro
il materialismo dialettico, l'unica alternativa al marxismo ortodosso, sia in
prospettiva rivoluzionaria, sia per la critica del potere socialista nelle
forme storicamente esistenti.
S E G U E
sergio
magaldi
[1] Cfr. P.A. Rovatti, Sartre e il marxismo strutturalistico, in Aut Aut
n.136-137, luglio-ottobre 1973.
[2] Cfr. Les animateurs parlent in La
Révolte étudiante, Seuil, Parìs, 1968.
[3] Cfr. Epistemon, Ces idées qui ont ébranlé la France,
Fayard, Paris, 1968, p. 76.
[4] Le. Monde, 30
novembre 1968.
[5]R. Rossanda, Sartre e la pratica politica, in Aut Aut n. cit., p. 40