giovedì 4 gennaio 2024

RILEGGERE SARTRE (P. 1.a: Sartre narratore )


 


 Meno di un anno fa, Riccardo De Benedetti su Avvenire si poneva un interrogativo a cui dava subito una risposta: “Che cosa resta di Sartre? Poco, ma decisivo”.

Sartre – osserva l’autore dell’articolo – è sempre stato in “situazione”, con ciò intendendo dire che egli ha quasi ininterrottamente inteso rappresentare il proprio tempo e quello della società e del mondo in cui viveva. È  certamente vero, almeno sino al maggio francese. E proprio per questo – continua l’autore – Sartre ha finito col pagare con la dimenticanza o addirittura con l’oblio. Vero anche questo, ma bisogna tener conto del fallimento politico della rivoluzione che avrebbe dovuto portare “l’immaginazione al potere” e che invece ha realizzato il successo di quanti speravano di sbarazzarsi una volta per tutte della lotta politica, limitandola al terrorismo più o meno compiacente e preparando, attraverso la liberazione del costume e dei consumi, l’avvento della globalizzazione, del cosiddetto capitalismo della sorveglianza e dell’era tecnologica.

A questo punto, conviene chiedersi con De Benedetti se non sia venuto il momento di rileggere Sartre, tenuto conto che, come dice, “alla sovrabbondanza della tecnica corrisponde un diminuire, sin quasi alla scomparsa, dell’uomo”.

Il “poco” che resta di Sartre è dunque una riflessione sul significato dell’esistenza in un mondo che ha finito per relegare l’essere umano ai margini della Storia. L’occasione è offerta, e direi non solo, da una nuova edizione de L’essere e il nulla proposta di recente dal Saggiatore per festeggiare gli ottanta anni dalla sua pubblicazione (1943-2023).

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Per una rilettura, il più possibile completa, di Sartre ripropongo di seguito in sette post la relazione, con opportune modifiche, a suo tempo presentata per un convegno di filosofia.

Per quanto si riferisce “all’ultimo Sartre” e alle polemiche accese dai suoi scritti più recenti, suggerisco il post: 

https://zibaldone-sergio.blogspot.com/2019/08/le-ultime-interviste-di-sartre-lespoir.html


Si vedano ancora, su Sartre in generale, i video youtube seguenti:



https://zibaldone-sergio.blogspot.com/2022/04/zibaldone-online-n-24-04-04-22-sartre.html


https://zibaldone-sergio.blogspot.com/2022/04/zibaldone-online-n-25-11-04-22-sartre.html


 

RASSEGNA STAMPA sulla nuova edizione di  L’essere e il nulla, pubblicato da Il Saggiatore il 19 febbraio 2023

 

La riscossa esistenzialista

il manifesto

07 maggio 2023

 

Un'esistenza che precede l'essenza

Il Sole 24 Ore

05 marzo 2023

 

Che cosa resta di Sartre? Poco, ma decisivo

Avvenire

19 febbraio 2023

 

Una nuova veste per "L' essere e il nulla" di Jean-Paul Sartre

Critica Letteraria

18 febbraio 2023

 

Siamo condannati alla libertà

la Repubblica

25 gennaio 2023

 

 

 Sartre narratore


 Benché l'opera di Sartre sia stata in gran parte concepita du­rante la seconda guerra mondiale (dal settembre del '39 lavora a L'Age de Raison e a L'Etre et le Néant, nel marzo del '40 pubblica L'Imaginaire, nel­l'aprile dello stesso anno riceve per Le Mur il premio del romanzo populista) e sotto l'occupazione nazista (nel '41 termina di scrivere L'Age de Raison, nel '42 scrive Les Mouches che pubblica e rappresenta nell'anno successivo, nel '43 pubblica L'Etre et le Néant, scrive Les Jeux sont faits, Le sursis, Huis clos, pièce quest'ultima che rappre­senta poco prima della Liberazione) ed abbia conosciuto diffusione e successo nel periodo post-resistenziale, l'ingresso ufficiale di Sartre nella cultura francese deve ascriversi già al 1938, anno in cui pubblica il romanzo La Nausée.

Fu un ingresso notevole. Senza che il libro divenisse un best-seller (ciò fu dovuto, forse, al fatto che se ne sottolineò soprattutto l'aspetto filosofìco), Sartre fu te­nuto, per unanime giudizio della critica, per scrittore riguardevole, si parlò di lui come del Kafka francese (tranne che per un certo moralismo estraneo allo scrittore ceco) [1], si fecero raffronti con Valery e Proust [2], si collocò La Nausée tra le opere più significative dell'epoca[3].

La Nausée di Sartre è in un certo senso l'atto di nascita del romanzo esistenzialista anche se precedenti nella tematica e nello stile della narrativa dell'esistenzialismo sono ben visibili in Joyce, Conrad, Meredith, Galsworthy, Kafka, nel romanzo francese della condizione umana e nel romanzo americano del Novecento. 

Nella narrativa francese il romanzo esistenzialista fa epoca abbracciando gli anni dell'anteguerra, il periodo bellico e il dopoguerra sino alla metà degli anni Cinquanta. Con Les Mandarins del 1954 di Simone de Beauvoir l'epoca del romanzo esistenzialista può dirsi conclusa: già nel 1953 con Les Gommes di Alain Robbe-Grillet si viene affermando le «nouveau roman» di cui, d'altra parte, si era cominciato a parlare nel 1950 con Le Hussard bleu di Roger Nimier e con l'offensiva scatenata contro il romanzo esistenzialista come letteratura della disperazione e dell'assurdo, o addirittura nel 1947 con Portrait d'un inconnu di Nathalie Sarraute, presentato al pub­blico dallo stesso Sartre come un anti-romanzo, come un romanzo che si contesta da solo, che cerca di distruggersi nello stesso mo­mento in cui sembra doversi realizzare, che narra la storia del suo stesso fallimento come romanzo [4]

Si tratta, proprio come nelle opere divenute ormai classiche del «nouveau roman», di esprimere la malafede del romanziere attra­verso l'impossibilità stessa del raccontare e la gratuità della finzione letteraria in un universo trasbordante di realtà. Il «nouveau roman» diviene così sempre più rifiuto del genere romanzesco: lo scrittore non ci offre una storia ma solo delle briciole che il lettore può tentare di mettere insieme come in un «puzzle» [5]

Così, nonostante tutto, il «nouveau roman» non rappresenta la soluzione di continuità della narrativa francese, perché nella sua struttura permane un’interrogazione esistenziale di tipo collettivo circa un genere culturale prodotto dall'uomo e, perciò, in definitiva sull'uomo stesso. D'altra parte, neppure il romanzo esistenzialista s’impone con brusca rottura del passato, il romanzo della condizione umana che lo precede si caratterizza come opera di testimonianza e di denuncia proprio come il romanzo esistenzialista. Il gusto per l'autobiografia romanzata, la descrizione di eventi d'importanza internazionale ai quali partecipa lo stesso autore, la scelta di personaggi tratti dall’esperienza vissuta, l'esaltazione quasi eroica dell'individuale, la cri­tica e il sarcasmo della società borghese e dei suoi valori sono temi che si ritrovano, con diversa accentuazione, tanto nel romanzo della condizione umana che nel romanzo esistenzialista. Naturalmente, gli stessi temi non sempre hanno lo stesso significato e lo stile è spesso diverso. All'eroe positivo dei romanzi di Montherlant, Saint-Exupéry, Mairaux, Aragon, Giono ecc., si con­trappone spesso l'eroe negativo del romanzo esistenzialista: Roquentin, Mathieu, Mersault ecc. [6]

Alla vita come intrapresa eroica si contrappone spesso la vita come disperazione del romanzo esisten­zialista, all'esaltazione romantica dell'avventura e dell'amore, l'im­potenza e lo squallore dell'esistenza umana. Va detto, tuttavia che dietro l'angoscia dei personaggi del romanzo esistenzialista si na­sconde spesso il rimpianto per la «caduta» originaria, quasi la nostalgia di un paradiso perduto. Lo stile è certamente diverso: sotto l'influenza del romanzo americano, il romanzo esistenzialista oppone alla prosa fluente della narrativa precedente, un linguaggio scarno ed essenziale volto ad eliminare l'infinita mediazione tra le parole e le cose. Anche la tecnica romanzesca muta: si ricorre al simultaneismo che consente di descrivere contemporaneamente ma su piani diversi e secondo distinti punti di vista i medesimi avvenimenti [7].

La fortuna del romanzo esistenzialista si lega alla fortuna stessa di Sartre che ne è l'autorevole rappresentante, né appare credibile la tesi dell'esistenzialismo come di una moda viziata sin dalla nascita dalla tabe del dopoguerra. Il romanzo esistenzialista si colloca dunque con piena legittimità nel filone della narrativa francese [8], presentando per un verso notevoli punti di contatto almeno con il romanzo della condizione umana e con il romanzo naturalista [9], per altro verso fornendo notevoli spunti alla messa in crisi dello stesso genere romanzesco e perciò, come ho già detto, alla nascita del cosiddetto «nouveau roman»[10].

S E G U E

sergio magaldi



[1] Cfr. P. Nizan, Ce Soir, 16 maggio 1938. Più in generale, per il rapporto Kafka-Sartre nel contesto della lettera­tura francese del primo e del secondo dopoguerra, si veda: M. Gotti, Franz Kafka et les lettres françaises (1929-55), Paris, 1956.

2 Cfr. J. Daniélou, Etudes, t. CCCXXVII, ottobre 1938.



[3] Cfr. A. Robin, Esprit, n. 70, Luglio 1938.

 

[4] Cfr. J.P. Sartre, préface à Portrait d'un inconnu di N. Sarraute, in Situations IV, Gallimard, Paris, 1964, pp. 10 e ss. Sulla narrativa francese del secondo dopoguerra, con particolare riguardo a Sartre, cfr.: M. Nadeau, Le roman francais de.pu.is la guerre, Paris, 1963; H. Peyre, The Contemporary French Novel, Oxford, 1955.

[5] Tra le opere teoriche sul « nouveau roman » citiamo: A. Robbe-Grillet, Une voie pour le roman futur, Nouvelle Revue Francaise, luglio 1956, di A.A.V.V., A la recherche du roman, numero speciale di Cahiers du sud, 1956 (si veda soprattutto di N. Butor: Le Roman coamme recherche), di B. Pingaud, L'Ecole de Refus, Esprit, luglio-agosto 1958, numero speciale de­dicato al « nouveau roman ».

 

[6] Sull'eroe negativo,in Sartre si vedano: W. Fowle, Existential hero: a study of l'Age de raison, in « Yale French Studies » (primav.-est., 1948), pp. 62-65; D.J. Conacher, Oreste as existentialist hero, in « Philosophical Quarterly », XXXIII, n. 4, ott. 1954, pp. 404-417; R. Girard, L'anti-héros et les salauds, in « Mercure de France », marzo, 1965, pp. 427-450; A. Leclerc, De Roquentin à Mathieu, su « L'Arc », n. 30, gen.-marzo, 1967, pp. 71-76; C. Llech Walter, Héros existentialistes dans l'oeuvre littéraire de J.-P. Sartre, Perpignan, 1967; V. Brombert, The Intellectual Hero, Phila-delphia, 1961.

 

[7] Sulla tecnica letteraria di Sartre: S. John, The Literary Technique of Sartre, with Special Reference to Imagery, Doct. Diss., Wales, 1957-58; F.S. Jameson, The Origin of a Style, New Haven, 1961; R. Champigny. Langage et littérature selon Sartre, in « Revue d'Esthétique », 1966, pp. 131-148; G. Prince, Métaphysique et technique dans l'oeuvre romanesque de Sartre, Genève, 1968.

 

[8]  “Nella storia del romanzo francese, La Nausée è come l’ultima vetta di una vasta catena: Balzac, Flaubert, Proust, Sartre”, scrive Marcel Raymond (Le Roman depuis la révolution - Ub. A. Colin, 1971 p. 211).

 

[9] La critica ha messo in evidenza l'ispirazione comune di Mort à crédit (1936) di L. F. Céline o di La Nausée di Sartre. Marcel Raymond (op. cit., p. 207) rilevando i punti di contatto esistenti tra romanzo naturalista e romanzo esistenzialista (gli spettacoli sordidi, la tristezza della vita quoti­diana, ecc.) parla di La Mort dans l’âme di Sartre e di La Débâcle di Zola come di due testimonianze (in epoche diverse) sulla disfatta di un paese e il crollo d'un regime. Osserva tuttavia Sartre: « In Zola tutto obbedisce al più rigoroso deter­minismo. I libri di Zola sono scritti al passato, mentre i miei personaggi hanno un avvenire ». (Qu'est-ce que l'existentialisme? Bilan d'une offensive, in Les lettres françaises, 24 novembre 1945).

 

[10] Scrive ancora il Raymond (op. cit., pp. 209 e 210): «Si sarebbe tentati di dire che si assiste con la Nausée alla morte del romanzesco » e: « Con Roquentin si sottolinea il contrasto tra il "romanesque" e il "vécu" ».


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