sabato 6 gennaio 2024

RILEGGERE SARTRE (P.2a: Sartre filosofo dell'esistenzialismo)


 

 Meno di un anno fa, Riccardo De Benedetti su Avvenire si poneva un interrogativo a cui dava subito una risposta: “Che cosa resta di Sartre? Poco, ma decisivo”.

Sartre – osserva l’autore dell’articolo – è sempre stato in “situazione”, con ciò intendendo dire che egli ha quasi ininterrottamente inteso rappresentare il proprio tempo e quello della società e del mondo in cui viveva. È  certamente vero, almeno sino al maggio francese. E proprio per questo – continua l’autore – Sartre ha finito col pagare con la dimenticanza o addirittura con l’oblio. Vero anche questo, ma bisogna tener conto del fallimento politico della rivoluzione che avrebbe dovuto portare “l’immaginazione al potere” e che invece ha realizzato il successo di quanti speravano di sbarazzarsi una volta per tutte della lotta politica, limitandola al terrorismo più o meno compiacente e preparando, attraverso la liberazione del costume e dei consumi, l’avvento della globalizzazione, del cosiddetto capitalismo della sorveglianza e dell’era tecnologica.

A questo punto, conviene chiedersi con De Benedetti se non sia venuto il momento di rileggere Sartre, tenuto conto che, come dice, “alla sovrabbondanza della tecnica corrisponde un diminuire, sin quasi alla scomparsa, dell’uomo”.

Il “poco” che resta di Sartre è dunque una riflessione sul significato dell’esistenza in un mondo che ha finito per relegare l’essere umano ai margini della Storia. L’occasione è offerta, e direi non solo, da una nuova edizione de L’essere e il nulla proposta di recente dal Saggiatore per festeggiare gli ottanta anni dalla sua pubblicazione (1943-2023).

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Per una rilettura, il più possibile completa, di Sartre ripropongo di seguito in sette post la relazione, con opportune modifiche, a suo tempo presentata per un convegno di filosofia.

Per quanto si riferisce “all’ultimo Sartre” e alle polemiche accese dai suoi scritti più recenti, suggerisco il post:



 https://zibaldone-sergio.blogspot.com/2019/08/le-ultime-interviste-di-sartre-lespoir.html





Si vedano ancora, su Sartre in generale, i video youtube seguenti:














RASSEGNA STAMPA sulla nuova edizione di  L’essere e il nulla, pubblicato da Il Saggiatore il 19 febbraio 2023

 

La riscossa esistenzialista

il manifesto

07 maggio 2023

 

Un'esistenza che precede l'essenza

Il Sole 24 Ore

05 marzo 2023

 

Che cosa resta di Sartre? Poco, ma decisivo

Avvenire

19 febbraio 2023

 

Una nuova veste per "L' essere e il nulla" di Jean-Paul Sartre

Critica Letteraria

18 febbraio 2023

 

Siamo condannati alla libertà

la Repubblica

25 gennaio 2023

 

 SEGUE DA:

https://zibaldone-sergio.blogspot.com/2024/01/rileggere-sartre-p-1a-sartre-narratore.html


Sartre filosofo dell’esistenzialismo

 È però nel dopoguerra che s’impone la fama di Sartre filosofo esistenzialista, proprio nel momento in cui l'esistenzialismo ha preso, nella filosofìa francese, il posto privilegiato che era spettato al bergsonismo. Comprensibile, d'altra parte, il ruolo giocato dalla fi­losofia dell'esistenza all'indomani della Liberazione: ci si interroga sull' «immediatamente vissuto», sul significato dell'esistenza umana in un mondo sconvolto dal lutto, dalla miseria, dalle rovine; sui vecchi valori che pretendevano di sfidare il tempo e che sono crollati l’uno dopo l’altro sotto i primi bombardamenti.


La domanda ha per risposta una più inquietante indagine sulla condizione umana, nei suoi aspetti, per così dire, ritenuti eterni e universali. Ne deriva una prima riflessione sul significato della «deiezione» o «caduta» dell'uomo nel mondo, sulla libertà e sull'ambiguità dei valori, mentre si fa strada la sfiducia nel progresso e nella scienza e si cerca il senso dell’esistenza nella sua determinazione storica o «situazione», con la critica della società borghese, del suo facile ottimismo, della sua rispet­tabilità, del suo sistema di oppressione. Il risultato è l’anticonformismo e un atteggia­mento esibizionistico di denuncia dei costumi e della moda corrente che, quando non scade nel grottesco, assume una funzione profondamente liberatoria.

L'esistenzialismo, benché espressione di un'epoca, si radica pro­fondamente nella cultura filosofica francese. Da Montaigne a Bergson, la filosofia francese è sempre stata una filosofia del pensiero e della coscienza, nel senso di privilegiare la spiritualità dell’uomo rispetto alla sua materialità, nella visione che il filosofare è innanzi tutto interrogazione della coscienza, nella determinazione infine che libertà e soggettività sono i punti costanti di riferimento della rifles­sione filosofica.

D’altra parte  Montaigne è già il filosofo della coscienza e della condizione umana anche se in lui ogni tema è vissuto con il distacco proprio dell'aristocratico del Rinascimento. Pascal torna con più drammaticità sulla condizione dell'uomo nel mondo, sulle ragioni del cuore che solo l'«l’esprit de finesse» (come ciò che ci dà l'oggetto d'un colpo solo con lo sguardo della mente) può far valere, sul pensiero come la sola dignità del­l'uomo. Descartes può considerarsi il fondatore, con il cogito intuitivo, della riflessione contemporanea, Rousseau è il filosofo della spontaneità di coscienza. Il tema della coscienza è ancora l'alfa e l'omega della filosofia di Bergson.

Si noti infine come nella letteratura esistenzialista il malcelato disprezzo per il nostro «essere corpo», derivi da una ambiguità fondamentale: è con il corpo che ci troviamo nel mondo con gli altri, è con il corpo che esistiamo, ma il corpo è la cosa, la «fattità», ciò che si oppone alla nostra libertà.
Va inoltre considerato che l’esistenzialismo contemporaneo nasce e si sviluppa sullo stesso terreno della fenomenologia, proponendo tuttavia nuovi obiettivi all'indagine fenomenologica.

Favorito dal clima politico e culturale del primo dopoguerra, che segna una svolta profonda nella crisi dei valori annunciatasi all'inizio del secolo, l'esistenzialismo ha il suo atto di nascita nel 1927 con Sein una Zeit di Heidegger. L'esplosione di fermenti irrazionalistici sul piano sociale, che avranno uno sbocco disordinato e cruento nella nuova razionalizzazione dei regimi totalitari, ha un riscontro sul piano culturale con la « rinascita kierkegaardiana », il ritorno a Nietzsche, il collegamento con l'opera letteraria di Dostojewski e di Kafka (il cui primo romanzo appare postumo, nel 1925).

Sarà bene osservare che l'esistenzialismo contemporaneo, come fenomeno culturale complessivo, lungi dall'identificarsi con la «filosofia» del nazi­fascismo, con la messa in questione di ogni certezza, con la critica più o meno esplicita delle forme in cui si articola il potere, con il sarcasmo con cui colpisce ogni seriosità del vivere, ne sottolinea implicitamente l'as­surdo. Lo stesso irrazionalismo di cui si colora riguarda esclusivamente l'abbandono nella «fede della ragione» delle precedenti filosofie (fede co­mune anche alla fenomenologia husserliana) e il suo soffermarsi prevalen­temente sugli aspetti distruttivi e negativi dell'esistenza umana: il dolore, la malattia, lo scacco, l'incomunicabilità, la banalità, la noia, la morte.

L'esistenzialismo rovescia ed amplia, per così dire, il campo d’indagine della fenomenologia. Non più un’analisi limitata alla sfera conoscitiva né estesa al mondo-della-vita (come nell’ultimo Husserl), considerato solo nella sua positività. Il metodo d’indagine fenomenologia deve servire per descrivere la realtà esistenziale in tutte le sue manifestazioni: non la vita al servizio della consapevolezza razionale, ma la consapevolezza razionale al servizio della vita.

L'esistenzialismo fìlosofico è anche il punto d'approdo della riflessione filosofìca francese negli anni Quaranta. Dell'esisten­zialismo francese, d'altra parte, Sartre è uno dei più validi rappre­sentanti, se è vero che L'Etre et le néant è il primo grande libro e, in un certo senso, forse, il solo grande libro dell'esistenzialismo francese [1]. Proprio per questo, forse, il sartrismo, che non è la semplice sintesi di Hegel, di Kierkegaard e di Marx, di Husserl e di Heidegger è in grado di confrontarsi con il marxismo ortodosso, con quello strutturalistico e, in definitiva, con la «nuova» cultura francese. In tal senso è del tutto accettabile il giudizio «controcorrente» di Pier Aldo Rovatti: «mi sembra si possa giungere a una conclusione decisamente con­trocorrente: che l'impianto teorico sartriano, pur carente nei contenuti, non solo resiste al radicale attacco althusseriano, ma è anche in grado di demistificare ampiamente le affermazioni della cosidetta "nuova" cultura francese riconducendole alla loro matrice ideologica» [2]


La disputa attorno all'esistenzialismo e, particolarmente, at­torno al sartrismo è già fervente all'indomani della seconda guerra mondiale, non soltanto per le polemiche o i riconoscimenti di cui l'opera di Sartre è fatta oggetto, ma anche per i rapporti che il sartrismo ha con il pensiero francese, esistenzialista e non, di prima della guerra e del dopoguerra e, successivamente, con il marxismo. Per questo rispetto, troverà conferma sia la tesi dell'esistenzia­lismo e del sartrismo come di filosofie che si radicano al filone coscienzialistico della filosofia francese, sia la tesi che, da ultimo, il sartrismo è, in un certo senso, un marxismo che non rinuncia al cogito cartesiano dell'interpretazione husserliana.

Il dibattito su Sartre filosofo si annuncia già con l'apparizione di L'Etre et le Néant. Scrive in proposito Michel Tournier (Les Nouvelles Littéraires, 29 ottobre 1964): «L'Etre et le Néant. Ci fu un momento di stupore, poi una lunga e difficile digestione. L'opera era massiccia, irsuta, straripante, d'una forza irresistibile, piena di squisite sottigliezze, enciclopedica, superbamente tecnica, attraversata da un capo all'altro da una intuizione d'una semplicità diamantina. Già i clamori della canaglia antifilosofica cominciavano a farsi sentire sulla stampa. Non c'era alcun dubbio: un sistema era nato».


Bisogna tuttavia attendere ancora due anni prima che il libro cominci a far parlare di sé nella cultura francese e questo accade quando si è già affermata la fama di Sartre romanziere e dramma­turgo esistenzialista e l'esistenzialismo, divenuto una moda, si esibisce ormai nelle strade e nei locali notturni di Parigi.


 

S E G U E

 

sergio magaldi



[1]  Cfr. J. Wahl, Tableau de la. philosophie française, Gallimard, Paris, 1962, p. 148.

[2](Cfr. P. A. Rovatti, Sartre e il marxismo strutturalistico, pp. 41-46, in Aut-Aut, n. 136-137, luglio-ottobre 1973, p. 42).

 


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