Già lo scorso ottobre, prima della trasferta della Roma
a Cagliari, il Corriere dello Sport annunciò a tutta pagina il probabile esonero
di Mourinho in caso di sconfitta. Scrivevo allora: «C’è da chiedersi come la proprietà non si renda conto che la
squadra risulta notevolmente indebolita rispetto all’anno scorso (…) alla luce
di quanto sopra, come è possibile imputare a Mourinho il calo di rendimento
della squadra? Probabilmente la proprietà non conosce in modo approfondito il
mondo del calcio, ma perché ha consentito la politica del “Vorrei ma non posso”
che ha portato all’ingaggio di giocatori più o meno considerati importanti o
addirittura campioni, liberi sul mercato e dunque a parametro zero perché
reduci da infortuni anche gravi? Non sarebbe stato meglio qualche acquisto
mirato di giocatori sani, magari utilizzando una parte degli oltre
60 milioni ricavati dalla vendita di Ibañez e di giovani promettenti
come Volpato, Tahirovic e Missori?»
Poi i giallorossi vinsero 4-1 a Cagliari e il licenziamento
fu rimandato. Sino a questa mattina. Va via Mourinho, licenziato come si suole
dire su due piedi e arriva De Rossi. L’allenatore più amato dai tifosi lascia
il posto ad un romano, all’ex giocatore, forse il più amato, dopo Totti dagli
stessi tifosi, ma con la sola esperienza della panchina della Spal in serie B,
conclusasi con un esonero. La proprietà, che da tempo voleva liberarsi di
Mourinho, ha certamente agito con astuzia ma poco preoccupata del destino della
società giallorossa. Considerando infatti l’attuale rosa della Roma – tra
giocatori fragili, infortunati e/o modesti – viene da chiedersi se non fosse
proprio Mourinho, con il suo carisma, l’unico allenatore capace di portare la
squadra fuori dalla crisi, tentando ancora la scalata al quarto posto della
classifica (utile per accedere alla Champions) che del resto la Roma ricopriva
solo poco tempo fa. Per paradossale che possa sembrare, pur con tutti gli
auguri che si devono a De Rossi, emerge la preoccupazione che la squadra non si
ritrovi improvvisamente a lottare per non retrocedere. Facciamo pure tutti gli
scongiuri di rito, ma la preoccupazione resta!
sergio
magaldi
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