sabato 27 gennaio 2024

IL GIORNO DELLA MEMORIA 27 GENNAIO 2024


 

"Dopo ogni guerra gli uomini dicono: 'Questo non accadrà mai più, è stato così terribile, bisogna evitare a qualsiasi prezzo  che si ripeta, e sempre di nuovo gli uomini devono combattere gli uni contro gli altri, questo non cambierà mai: finché sulla terra vi saranno degli uomini saranno sempre in lotta e quando ci sarà la pace cercheranno nuovi pretesti per scontrarsi"

Anne Frank, Racconti dell'alloggio segreto, trad.it., Einaudi, Torino, 1983, p.152

martedì 23 gennaio 2024

Viaggio nella Qabbalah - Il Tetragramma e la Madre dei Mondi (p.6ª)




 La conoscenza unificata acquisita in Da’at che non fa parte dell’Albero della Vita o delle Sephirot ma che appartiene al progetto umano dell’Albero della Conoscenza, ci consente ora di salire in Binah, sephirah dell’intelligenza e della prudenza.

 

Collocata sul pilastro sinistro dell’Albero, Binah è “em ha’olam”, la “madre dei mondi”, la matrice universale di ogni forma, la Forza (Boaz) da cui scaturisce il fuoco che divampa dalla terra, così come alla sephirah Chochmah, collocata sul pilastro destro (Yachin), si suole assegnare l’acqua. In realtà, tuttavia, tra le due Sephiroth c’è interscambio degli elementi: dall’acqua delle profondità della terra, al fuoco del cielo (Shamayim= esh fuoco, mayim acqua) dove si raccolgono le acque superiori di Chokmah, così com’è detto in Genesi 1, 6-10:

 

«Elohim disse: vi sia un firmamento in mezzo alle acque che tenga separate le acque dalle acque. Elohim fece il firmamento e separò le acque che sono sotto il firmamento dalle acque che sono al di sopra del firmamento. E così fu. Elohim chiamò firmamento il cielo; e fu sera e fu mattina: secondo giorno. Elohim disse: si raccolgano le acque che sono sotto il cielo in un sol luogo e appaia l’asciutto. E così fu. Elohim chiamò l’asciutto “terra” e la raccolta delle acque chiamò “mari” ed Elohim vide che era cosa buona»

 

Nell’essere umano Binah rappresenta l’emisfero sinistro del cervello al quale, in gran parte, sono connesse le attività logiche: dal linguaggio, al calcolo, alla filosofia, alla scienza e ad ogni forma del pensiero razionale. D’altra parte, questa Sephirah, come già detto, non è da considerarsi isolatamente – così come l’emisfero sinistro del cervello si connette necessariamente al destro –  e la si comprende pienamente solo in relazione a Chochmah (Sapienza) e a Da’at (Conoscenza), così come è detto in Proverbi 24,3-4:

 

«La casa si costruisce con la saggezza e si rende stabile con intelligenza e prudenza, mediante la conoscenza se ne riempiono le stanze di ogni specie di beni preziosi e gradevoli»

 

La settima puntata di “Viaggio nella Qabbalah” andrà in rete lunedì 5 febbraio. 

martedì 16 gennaio 2024

L'ESONERO DI MOURINHO: si lotta per la Champions o per non retrocedere?


 

 Già lo scorso ottobre, prima della trasferta della Roma a  Cagliari, il Corriere dello Sport annunciò a tutta pagina il probabile esonero di Mourinho in caso di sconfitta. Scrivevo allora: «C’è da chiedersi come la proprietà non si renda conto che la squadra risulta notevolmente indebolita rispetto all’anno scorso (…) alla luce di quanto sopra, come è possibile imputare a Mourinho il calo di rendimento della squadra? Probabilmente la proprietà non conosce in modo approfondito il mondo del calcio, ma perché ha consentito la politica del “Vorrei ma non posso” che ha portato all’ingaggio di giocatori più o meno considerati importanti o addirittura campioni, liberi sul mercato e dunque a parametro zero perché reduci da infortuni anche gravi? Non sarebbe stato meglio qualche acquisto mirato di giocatori sani, magari utilizzando una parte degli oltre 60 milioni ricavati dalla vendita di Ibañez  e di giovani promettenti come Volpato, Tahirovic e Missori?»

 

Poi i giallorossi vinsero 4-1 a Cagliari e il licenziamento fu rimandato. Sino a questa mattina. Va via Mourinho, licenziato come si suole dire su due piedi e arriva De Rossi. L’allenatore più amato dai tifosi lascia il posto ad un romano, all’ex giocatore, forse il più amato, dopo Totti dagli stessi tifosi, ma con la sola esperienza della panchina della Spal in serie B, conclusasi con un esonero. La proprietà, che da tempo voleva liberarsi di Mourinho, ha certamente agito con astuzia ma poco preoccupata del destino della società giallorossa. Considerando infatti l’attuale rosa della Roma – tra giocatori fragili, infortunati e/o modesti – viene da chiedersi se non fosse proprio Mourinho, con il suo carisma, l’unico allenatore capace di portare la squadra fuori dalla crisi, tentando ancora la scalata al quarto posto della classifica (utile per accedere alla Champions) che del resto la Roma ricopriva solo poco tempo fa. Per paradossale che possa sembrare, pur con tutti gli auguri che si devono a De Rossi, emerge la preoccupazione che la squadra non si ritrovi improvvisamente a lottare per non retrocedere. Facciamo pure tutti gli scongiuri di rito, ma la preoccupazione resta!

 

sergio magaldi


domenica 14 gennaio 2024

RILEGGERE SARTRE (P.4a. Sartre nella critica di cattolici e marxisti)


 

 Meno di un anno fa, Riccardo De Benedetti su Avvenire si poneva un interrogativo a cui dava subito una risposta: “Che cosa resta di Sartre? Poco, ma decisivo”.

Sartre – osserva l’autore dell’articolo – è sempre stato in “situazione”, con ciò intendendo dire che egli ha quasi ininterrottamente inteso rappresentare il proprio tempo e quello della società e del mondo in cui viveva. È  certamente vero, almeno sino al maggio francese. E proprio per questo – continua l’autore – Sartre ha finito col pagare con la dimenticanza o addirittura con l’oblio. Vero anche questo, ma bisogna tener conto del fallimento politico della rivoluzione che avrebbe dovuto portare “l’immaginazione al potere” e che invece ha realizzato il successo di quanti speravano di sbarazzarsi una volta per tutte della lotta politica, limitandola al terrorismo più o meno compiacente e preparando, attraverso la liberazione del costume e dei consumi, l’avvento della globalizzazione, del cosiddetto capitalismo della sorveglianza e dell’era tecnologica.

A questo punto, conviene chiedersi con De Benedetti se non sia venuto il momento di rileggere Sartre, tenuto conto che, come dice, “alla sovrabbondanza della tecnica corrisponde un diminuire, sin quasi alla scomparsa, dell’uomo”.

Il “poco” che resta di Sartre è dunque una riflessione sul significato dell’esistenza in un mondo che ha finito per relegare l’essere umano ai margini della Storia. L’occasione è offerta, e direi non solo, da una nuova edizione de L’essere e il nulla proposta di recente dal Saggiatore per festeggiare gli ottanta anni dalla sua pubblicazione (1943-2023).

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Per una rilettura, il più possibile completa, di Sartre ripropongo di seguito in sette post la relazione, con opportune modifiche, a suo tempo presentata per un convegno di filosofia.

Per quanto si riferisce “all’ultimo Sartre” e alle polemiche accese dai suoi scritti più recenti, suggerisco il post: 





Si vedano ancora, su Sartre in generale, i video youtube seguenti:








RASSEGNA STAMPA sulla nuova edizione di  L’essere e il nulla, pubblicato da Il Saggiatore il 19 febbraio 2023

 

La riscossa esistenzialista

il manifesto

07 maggio 2023

 

Un'esistenza che precede l'essenza

Il Sole 24 Ore

05 marzo 2023

 

Che cosa resta di Sartre? Poco, ma decisivo

Avvenire

19 febbraio 2023

 

Una nuova veste per "L' essere e il nulla" di Jean-Paul Sartre

Critica Letteraria

18 febbraio 2023

 

Siamo condannati alla libertà

la Repubblica

25 gennaio 2023

 

 SEGUE DA:

https://zibaldone-sergio.blogspot.com/2024/01/rileggere-sartre-p3a-sartre-nel-teatro.html


https://zibaldone-sergio.blogspot.com/2024/01/rileggere-sartre-p2a-sarte-filosofo.html


https://zibaldone-sergio.blogspot.com/2024/01/rileggere-sartre-p-1a-sartre-narratore.html



Sartre nella critica di cattolici e marxisti

 

 Maurice Merleau-Ponty negli articoli «Un auteur scandaleux» e «La Querelle de l'existentialisme» (pubblicati nel '45 su Les Tempes Modernes e riprodotti nel saggio Sens et non sens, Nagel, Paris, 1948) fa il punto delle critiche che cattolici e marxisti rivol­gono a Sartre e all'esistenzialismo. Egli si chiede perché i critici parlino quasi all'unanimità di fango, d'immoralità e di mollezza e cita un critico di gusto come Emile Henriot scandalizzato dall'«orribile e sozzo» episodio di L'Age de raison, allorché Ivitch, dopo aver bevuto sino a star male, vomita e Sartre osserva: «Un aspro odore di vomito emanava dalla sua bocca così pura, Mathieu respirò appassionatamente quell'odore». Osserva Merleau-Ponty: «Senza alzare il tono e senza cercare il paradosso, si può trovare nella frase di L'Age de raison che tanto urta Emile Henriot come un piccolo sublime, senza eloquenza e senza illusioni, che è, credo, un'invenzione del no­stro tempo. Si parla da un pezzo dell'uomo come angelo e animale insieme, ma la maggior parte dei critici sono meno arditi di Pascal: trovano ripugnante mescolare l'angelico e l'animale nell'uomo, occorre loro un al di là del disordine umano e se non lo trovano nella religione, lo trovano in una religione del bello»[1]

D'altronde la fama di Sartre scrittore che ha il gusto dell'orri­bile, del sozzo e dell'osceno non si placa, ma al contrario si diffonde sempre più qualche anno dopo la pubblicazione di L'Etre et le Néant. Su Sartre si riversa, in tutta la sua asprezza, non soltanto la critica letteraria, ma ben più agguerrita e sottile la critica fìlosofica. Ciò che non si può tollerare è che Sartre non soltanto dipinga di oscenità i suoi romanzi e le sue pièces ma che addi­rittura pretenda di teorizzare tali cosiddette oscenità in un trattato fìlosofico.

Già nel '44 Gabriel Marcel aveva definito la filosofìa di Sartre come una dottrina «crudamente materialistica» e come un’autentica violenza che si esercita soprattutto sulle coscienze dei giovani [2]. Cattolici e comunisti si scagliano violentemente contro Sartre e l'esistenzialismo, ma l'aspra polemica non fa che accrescere la fortuna di Sartre e l'entusiasmo dei giovani nei suoi confronti:
«A sinistra, i settimanali e le riviste sono invase da articoli critici che pubblicano o non pubblicano. A destra si moltiplicano gli anatemi. Le ragazze nei collegi vengono messe in guardia contro l'esistenzialismo come contro il peccato del secolo. La Croix del 3 Giugno parla d'un pericolo “più grave del razionalismo del XVIII secolo e del positivismo del XIX”. E’ notevole che, quasi sem­pre, si rimandi a più tardi la discussione di fondo. Le critiche assu­mono la forza di avvertimenti ai fedeli, e l'opera di Sartre è desi­gnata come un veleno da cui bisogna guardarsi piuttosto che una filosofia da discutere; la si condanna in base alle sue conseguenze orribili più che per la sua falsità intrinseca. E' una questione d'urgenza, e la cosa più urgente è stabilire un cordone sanitario. Non è certo una prova di forza, nelle dottrine consolidate, rifiutarsi alla discussione. Se è vero che molti giovani accolgono con favore la nuova filosofia, per convincerli ci vuol altro che le critiche astiose che ignorano deliberatamente il problema posto dall'opera di Sartre»[3].

Il cattolico Mercier osserva come nella filosofia di Sartre non ci sia più posto per lo Spirito e come, in luogo del bene e della virtù (identi­ficazioni dell'essere), Sartre proponga la libertà come il nulla del­l'essere[4]. Non meno violento è l'attacco che padre Roger Troisfontaines rivolge a Sartre in un saggio a lui dedicato: «Cos'è un uomo che non ha ancora 40 anni e che frequenta il caffè? Guardatelo, finito su uno sgabello di tela incerata in un posto qualsiasi. Se vive abitualmente in questo luogo pubblico è perché non ha una casa propria, un focolare attorno al quale la sua famiglia potrebbe raccogliersi, dove potrebbe ricevere i suoi cari. Quelli che chiama amici sono dei vaghi compagni e l'amore lo fa con donne di passaggio. Di politica, ah! Egli discute sin troppo ma senza impegnarsi veramente se non per criticare o complottare: impegno sociale, vita civile, mestiere, tutto ciò che sarebbe valido, costruttivo finisce col morire su quella porta a vetri. Non parliamo poi di vita religiosa... né d'amore per la natura... Cosa ne resta in questo am­biente artificiale dove gli stessi prodotti della terra si consumano in piccoli bicchieri in uno stato di fermentazione avanzata? L'uomo al caffè, tolti tutti gli ormeggi, tagliato fuori da ogni rapporto organico col mondo, gli altri uomini e Dio, il fiume della vita l'ha respinto sulla sponda in solitudine»[5]

Nella seconda edizione del libro (1946) viene riportata una conversazione svoltasi a Bruxelles il 23 ottobre del 1945 tra Sartre e Troisfontaines: Sartre risponde alle accuse che gli erano state rivolte dal sacerdote e filosofo cattolico obiettando innanzi tutto a Troisfontaines di fare del caffè un male in sé e inoltre dicendo: «E' vero che tra­scorro le mie giornate al caffè, e dalla mattina alla sera. Ma voi l'interpretate male, poiché lì io sono ben più «impegnato» che a casa mia. Nella mia camera, ho voglia di distendermi sul letto. Al caffè lavoro: è là che ho com­posto i miei libri (...) Cosa mi attrae al caffè? E' un «milieu d'indifference» dove gli altri esistono senza preoccuparsi di me e senza che io mi occupi di loro. Gli avventori anonimi che si bisticciano con gran clamore al tavolo vicino al mio mi disturbano molto meno che una donna e dei bambini che si mettessero a camminare a passo di lupo per non molestarmi. Il peso di una famiglia mi sarebbe insopportabile. Mentre al caffè gli altri sono là, semplicemente. La porta si apre, una graziosa donna attraversa la sala, si siede, io la seguo con gli occhi poi tomo senza sforzo al mio foglio bianco: è passata come un movimento della mia coscienza; non di più». E ancora a Troisfontaines che lo accusa di essere contro Dio obietta: «II mondo è evidentemente assurdo e tutto per noi ha fine con la morte. E' perché hanno paura di questa esistenza gratuita, è per assicurarsi una ricompensa nell'al di là che gli uomini hanno inventato un Dio. Ma per noi che guardiamo la vita così com'è, non c'è tempo di occuparsi di queste chimere. Voi vi ingan­nate quando mi accusate di essere contro Dio: come si potrebbe essere contro ciò che non esiste? Sono senza Dio e ne sono fiero»[6].

Le critiche di parte marxista non sono né meno violente, né meno generiche. Le riassume lo stesso Sartre allorché Francis Ponge, che dirigeva il settimanale comunista, offre a Sartre la possibilità di rispon­dere alle accuse che il marxismo ufficiale faceva all'esistenzialismo sartriano [7]. di ispirarsi al filosofo tedesco e nazista Heidegger, di predicare un quietismo dell'angoscia, di compia­cersi dell'osceno e di mostrare più volentieri la cattiveria e la bas­sezza degli uomini che i loro buoni sentimenti.

Sartre non mette in questione l'appartenenza di Heidegger al Partito nazional-socialista, tuttavia osserva: Heidegger era filosofo molto prima di essere nazista, la sua filosofia non ha nulla a che vedere col nazismo, se ha aderito al Partito di Hitler è stato solo per opportunismo, per mancanza di carattere. Del resto assai spesso gli uomini non sono all'altezza delle loro opere: si può condannare Il Contratto Sociale perché Rousseau ha messo all'ospizio i suoi figli? Inoltre, che importa di Heidegger se l'esistenziali­smo svolgendo le proprie teorie si accorge di avere dei punti di contatto con questo filosofo? Che l'esistenzialismo si serva talora di tecniche e di metodi di Heidegger per accedere a nuovi problemi non significa, d'altronde, che accetti tutte le sue teorie: Marx non si è forse servito della dialettica he­geliana, si può dire per questo che Il Capitale sia un'opera prussiana? D'altra parte — aggiungerei — si è esagerato nel parlare di adesione di Heidegger al nazismo, e, certamente si è attribuita eccessiva importanza alla prolusione “L'autoaffermazione dell'Università tedesca” pronunciata nel '33 dal filosofo tedesco come rettore d'Università, carica alla quale rinunciò poco dopo, finendo anche con l'appartarsi dalla cultura ufficiale del nazismo.

Circa le altre accuse, Sartre risponderà in gran parte con gli argomenti che utilizzerà mesi dopo nella famosa conferenza svoltasi il 28 ottobre del '45 al Club Maintenant di Parigi. Questa conferenza fece scalpore per diversi motivi: l'ecces­siva affluenza di pubblico che comportò lo svenimento di molte donne, il fatto che, per l'enorme clamore, Sartre faticò molto a farsi intendere, l'impossibilità di dar seguito ad un dibattito dopo l'esposizione di Sartre. La conferenza fu così ripetuta in forma privata, in tale occasione si ebbe il vivace dibattito tra Sartre e Naville riprodotto poi nel volume L'existentialisme est un humanisme (Nagel, Paris, 1946). I temi trattati con intento di volgarizzazione, sono quelli tradizionali dell'esisten­zialismo: la distinzione tra essenza ed esistenza, la negazione di una natura umana, il tema della libertà e della scelta.

Il comunista Henri Lefebvre (Action, n. 40, 8 giugno 1945) tratta Sartre da idealista, da soggettivista, da fabbricante di cannoni contro il marxismo. In una intervista pubblicata da Les Lettres françaises il 24 novembre del '45 ancora il Lefebvre parla dell'esistenzia­lismo come di un «fenomeno di putredine perfettamente in linea con la decomposizione della cultura borghese». Lo psicologo marxista Pierre Naville accusa, tra l'altro, Sartre di propagandare i vecchi temi del liberalismo (libertà astratta, di­gnità della persona ecc...), di negare la storia sia umana che natura­le, di guardare con fastidio all'universo oggettivo facendone un perenne probabile, di predicare l'attendismo, di non assumere un impegno che abbia valore collettivo.

Dopo Naville è la volta dei grandi filosofi marxisti Garaudy e Lukacs, dei giornalisti comunisti J. Kanapa [8], H. Mougin, A. Lentin ecc... Le accuse sono sempre le stesse: idealismo, soggettivismo, solipsismo, immoralismo, irrazionalismo, ideologismo piccolo-bor­ghese, mancanza di storicità e di metodo scientifico. Persino la Pravda (il 24 gennaio 1947) finisce con l'occuparsi di Sartre e dell'esistenzialismo. In un articolo intitolato «Les Smertiakine de France» (riprodotto ironicamente su Les Temps Modernes, n.20, maggio 1947) del critico sovietico D. Zaslavuski, un violento attacco è condotto contro «gli stracotti nauseabondi e putridi che la propaganda borghese cerca di far passare per l'ultimo grido e l'espressione più originale della moda filosofica» e si dà questa definizione dell'esistenzialismo: «L'esistenzialismo, roba francese: esistenza, insegna che ogni processo storico è assurdo e fortuito, che ogni morale è menzognera. È la dottrina del vuoto spirituale, per essa non ci sono né possono esserci leggi o norme. Non c'è la storia, ma solo ‘historification’, non c'è morale ma solo ‘uno stile di vita’. Non ci sono né popoli, né società, ma unicamente l'interesse e il profìtto personale, in virtù del principio: Carpe diem».

Sartre viene descritto come un moralista sordido e cinico, seguace del filosofo mistico Sören Kierkegaard e del filosofo esisten­zialista Martin Heidegger, un uomo che ha trasformato l'Università di Friburgo in un letamaio fascista secondo le intenzioni delle giovani SS. I suoi libri sono posti all'indice perché godono il favore della borghesia reazionaria francese e del conservatorismo universitario americano: «Jean-Paul Sartre ha quarant'anni. Prima della guerra era professore di filosofìa. La sua opera fondamentale L'Etre et le .Néant conta più di 800 pagine, scritte nello stile della filosofìa universitaria tedesca. Gli stessi ammiratori di Sartre riconoscono che non riescono ad andare in fondo a questo enorme libro farraginoso. I suoi romanzi sono illeggibili» [9].

Non voglio entrare qui nel merito di una vera e propria storia della critica dell'esistenzialismo sartriano. Converrà tuttavia osservare che da quando la critica comincia ad interessarsi di Sartre e almeno sino al '47-'48 si assiste al fenomeno paradossale per cui via via che Sartre acquista popolarità, la maggior parte della critica tende sempre più a denigrarlo e ciò fa, per lo più, senza una lettura attenta dei suoi scritti filosofici, particolarmente di L'Etre et le Néant. Si tenta di liquidare Sartre filosofo sulla base della sola lettura di L'existentialisme est un humanisme, un testo che, nato da una conferenza divulgativa, è certamente tra i suoi più deboli, anche se dei più conosciuti. Questo, d'altra parte,  è il solo scritto che Sartre abbia in gran parte rinnegato[10]

 

 

S E G U E

 

 

sergio magaldi



[1] Cfr. M. Merleau-Ponty, Senso e non senso. II Saggiatore, Milano, 1962, p. 62.

 

[2] Cfr. G. Marcel, Homo Viator, Paris, 1944, pp. 248 e 296.

[3] Cfr. M. Merleau-Ponty, Senso e non senso. II Saggiatore, Milano, 1962, p. 95.

[4] Cfr. J. Mercier, Les ver dans le fruit,in  Etudes, febbraio 1945, p. 240.

 

[5] Cfr. R. Troisfontaines, Le Choix de Sartre, Aubier-Montaigne, Paris, 1945, pp. 51-52

[6] Sull'ateismo di Sartre si vedano: G. Monthaye, L'athéisme, le communisme et l'existentialisme, Paris, 1948; L. Stefanini, Esistenzialismo ateo ed esistenzialismo teistico, Padova, 1952; R. Figurelli, J.-P. Sartre Do ateismo ao antiteismo, Porto Alegre, 1962; J.L. Pintos, El ateismo del ultimo Sartre. Madrid, 1966. Inoltre, per il tentativo di dare un particolare significato al­l'ateismo sartriano: H. Paissac, Le Dieu de Sartre, Paris, 1950 (si invita a riflettere sul fatto che, nonostante il dichiarato e tranquillo ateismo, Dio è per Sartre non ciò che si nega puramente e semplicemente, ma ciò-che si respinge); R. Coffy, Dieu des athées, Marx-Sartre-Camus, Annecy, 1963 (anche se tutta l'opera di Sartre è un rifiuto di Dio, rifiuto motivato soprat­tutto dalla inconciliabilità tra libertà dell'uomo ed esistenza di Dio, il Dio che Sartre respinge è in realtà un Dio come «oggetto infinito» e come «soggetto solitario», cioè il Dio inteso come persona superiore dei deisti, non il Dio inteso come amore e comunione tra le persone).

 

[7] Cfr. J. P. Sartre, A propos de l'existentialisme: mise au point, arti­colo apparso su Action (n. 17, 29 dicembre 1944)

[8] J. Kanapa militante comunista e antico allievo di Sartre scriverà polemicamente: L’existentialisme n'est pas un humanisme, Paris, 1947.

[9]  F. Fé, che nel libro Sartre e il comunismo (La Nuova Italia, Firenze, 1970) si occupa di questa accusa, osserva giustamente: « Si noterà che in nessuna edizione L'Etre et le Néant contava "più di 800 pagine", quanto ai romanzi non erano né lunghi, né pesanti, né illeggibili, bastava riferirsi al successo che riscuotevano » (p. 70).

[10] A distanza di tempo M. A. Burnier spiega la fortuna di questo testo con il fatto che consentì a un buon numero di critici di Sartre, che avevano esitato a leggere L'Etre et le Néant, di attaccare Sartre senza eccessiva fatica e con la coscienza tranquilla (M-A- Bumier, Les Existentialistes et la politique, Gallimard, Paris, 1966. p. 31).

 

















































































giovedì 11 gennaio 2024

RILEGGERE SARTRE (P.3a. Sartre nel teatro e nel cinema)


                                                 "L'enfer c'est les autres"


 Meno di un anno fa, Riccardo De Benedetti su Avvenire si poneva un interrogativo a cui dava subito una risposta: “Che cosa resta di Sartre? Poco, ma decisivo”.

Sartre – osserva l’autore dell’articolo – è sempre stato in “situazione”, con ciò intendendo dire che egli ha quasi ininterrottamente inteso rappresentare il proprio tempo e quello della società e del mondo in cui viveva. È  certamente vero, almeno sino al maggio francese. E proprio per questo – continua l’autore – Sartre ha finito col pagare con la dimenticanza o addirittura con l’oblio. Vero anche questo, ma bisogna tener conto del fallimento politico della rivoluzione che avrebbe dovuto portare “l’immaginazione al potere” e che invece ha realizzato il successo di quanti speravano di sbarazzarsi una volta per tutte della lotta politica, limitandola al terrorismo più o meno compiacente e preparando, attraverso la liberazione del costume e dei consumi, l’avvento della globalizzazione, del cosiddetto capitalismo della sorveglianza e dell’era tecnologica.

A questo punto, conviene chiedersi con De Benedetti se non sia venuto il momento di rileggere Sartre, tenuto conto che, come dice, “alla sovrabbondanza della tecnica corrisponde un diminuire, sin quasi alla scomparsa, dell’uomo”.

Il “poco” che resta di Sartre è dunque una riflessione sul significato dell’esistenza in un mondo che ha finito per relegare l’essere umano ai margini della Storia. L’occasione è offerta, e direi non solo, da una nuova edizione de L’essere e il nulla proposta di recente dal Saggiatore per festeggiare gli ottanta anni dalla sua pubblicazione (1943-2023).

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Per una rilettura, il più possibile completa, di Sartre ripropongo di seguito in sette post la relazione, con opportune modifiche, a suo tempo presentata per un convegno di filosofia.

Per quanto si riferisce “all’ultimo Sartre” e alle polemiche accese dai suoi scritti più recenti, suggerisco il post: 



Si vedano ancora, su Sartre in generale, i video youtube seguenti:







 

RASSEGNA STAMPA sulla nuova edizione di  L’essere e il nulla, pubblicato da Il Saggiatore il 19 febbraio 2023

 

La riscossa esistenzialista

il manifesto

07 maggio 2023

 

Un'esistenza che precede l'essenza

Il Sole 24 Ore

05 marzo 2023

 

Che cosa resta di Sartre? Poco, ma decisivo

Avvenire

19 febbraio 2023

 

Una nuova veste per "L' essere e il nulla" di Jean-Paul Sartre

Critica Letteraria

18 febbraio 2023

 

Siamo condannati alla libertà

la Repubblica

25 gennaio 2023

 

SEGUE DA:

https://zibaldone-sergio.blogspot.com/2024/01/rileggere-sartre-p-1a-sartre-narratore.html

https://zibaldone-sergio.blogspot.com/2024/01/rileggere-sartre-p2a-sarte-filosofo.html


Sartre nel Teatro e nel Cinema

 

 La fama di Sartre – filosofo estraneo al mondo accademico – si accresce sempre di più anche in funzione della qualità che presto gli viene riconosciuta  di “geniale poligrafo” in virtù della sua testimonianza nella letteratura, nel teatro, nel cinema e persino nella psicologia.

 

L’Etre et le Néant fa seguito ai romanzi: La Nausée (1938) e Le Mur (1939), ai trattati di psicologia fenomenalogica: Esquisse d'une théorie des émotions (1939) e L'Imaginaire (1940), alla pièce Les Mouches (1943) e precede di poco l'altra pièce Huis Clos (1944), i romanzi L'Age de Raison (1945) e Le Sursis (1945) e la pubblica­zione della rivista Les Temps Modernes (ottobre 1945).


Le novelle di Le Mur (“Le Mur” – “La chambre” – “Erostrate” – “Inti­mité” – “L'Infance d'un chef”) gratificano definitivamente Sartre dell'epiteto di scrittore osceno e, ancora nel ’69  una insegnante del Liceo Vernon di Parigi viene trasferita per aver proposto agli studenti una dissertazione su Le Mur. Circa la diffusione di quest'opera, il 15 dicembre del 1965 la tele­visione francese presenta ai telespettatori, per la regia di Michel Mitrani, “La chambre”, una delle novelle di Le Mur (la T.V. presenta ciò che la scuola vieta tre anni più tardi!).

 

La rappresentazione televisiva di Le Mur  servirà poi ad una équipe del Centre de psychiatrie sociale diretta dal prof. Roger Bastide per svolgere un'inchiesta tra i telespettatori circa l'atteggiamento dell'opinione pubblica nei confronti dei malati di mente (si veda in pro­posito di P. Morin, “A propos de la représentation de la maladie mentale”, in Les Temps Modernes, n. 255, agosto 1967, pp. 337-361). Ciò mostra non solo il grado di diffusione dell'opera sartriana ma anche la fortuna che le opere di Sartre cominciano ad avere anche in campo psicologico e psichiatrico a partire dagli anni '60.

La prima pièce di Sartre, Les Mouches non è accolta benevolmente dalla critica: non si comprende l'appello rivolto ai francesi perché si scuotano dal gioco nazifascista, si sottolineano piuttosto i difetti stilistici dell'opera, si fa di Sartre drammaturgo un Giraudoux minore [1]. Ma la lezione di libertà è recepita negli ambienti intellettuali e fra i giovani e, all'indomani della liberazione, Les Mouches conoscerà la sua fortuna come «pièce politique».
Nel '68 può ancora significare qualcosa per il popolo cecoslovacco che inse­gue il miraggio della libertà [2].

Grande successo di critica e di pubblico ha invece Huis Clos presentata per la prima volta al teatro del Vieux - Colombier il 27 maggio del 1944. La pièce ha anche il merito di aver costretto critici di Sartre, uomini di cultura, filosofi e pubblico ad una lettura o rilettura del capitolo di L'Etre et le Néant: «Les relations concrétes avec autrui», di cui, infatti, la pièce può in un certo senso considerarsi espressione figurativa. Ciò contribuirà più tardi alla diffusione dell'opera fìlosofica di Sartre, al suo successo ma anche alle violente polemiche che da più parti si leveranno contro L'Etre et le Néant considerato ormai come il testo chiave per la compren­sione dell'esistenzialismo sartriano ma anche del suo sostanziale ateismo.

Comunque sia Huis Clos diviene subito un classico del teatro francese, europeo e mondiale. Ha quasi immediatamente successo fuori dei confini nazionali. In Inghilterra ne è vietata la rappresentazione dalla censura nel settembre del 1946, mentre in U.S.A. riceve nel 1947 il premio per la migliore pièce straniera. Se ne traggono films come Huis Clos di J. Audry (1954) e No Exit di Pedro Escudero e Tad Danielewski (1962), visioni televisive e registrazioni. Tale C. P. Alberts provò il bisogno di « completare » l'opera di Sartre scri­vendo delle scene supplementari che intitolò La porte ouverte - De Open Hel (La Haye, 1949).

 

Il cinema contribuisce solo in minima parte alla fortuna delle opere di Sartre, tuttavia il fatto che molti dei suoi romanzi e delle sue pièces abbiano una versione cinematografica indica sufficientemente, sia l'interesse che Sartre ha sempre manifestato per questa forma espressiva, sia il livello della sua popolarità. Oltre a Huis Clos, Les jeux sont faits, regia di J. Delannoy e sceneggiatura di Sartre, che ottiene una favorevole accoglienza di critica e di pubblico al festival di Cannes del 1947; Les Mains sales, regia di P. Rivers e sceneggiatura di Sartre, che appare sugli schermi parigini il 29 agosto del 1951 suscitando le reazioni del Partito Comunista Francese (P.C.F.).

 

Così, le proiezioni di Les Mains sales hanno luogo assai spesso sotto la protezione della polizia. In effetti l'adattamento cinematografico della pièce sartriana finisce per trasformare una disputa tra militanti comunisti in una requisitoria anticomunista; si osserva inoltre che le guardie del corpo di Hoederer somigliano più a dei gangsters dei films americani che a degli operai. Per la verità Sartre, già prima dell'apparizione del film, scinde le proprie responsabilità dalla strumentalizzazione antico­munista che se ne finì per dare. La critica fu piuttosto severa, ma il film ebbe grande successo commerciale. Notevole l'interpretazione di Pierre Brasseur e di Daniel Gèlin rispettivamente nella parte di Hoederer e di Hugo. Tra gli altri film:

La p... respecteuse, regia di Marcel Pagherò e Charles Brabant, dialoghi di Sartre e di Jacques Laurent Bost, fa la sua apparizione al festival di Venezia del 1952. Contro il film si chiede da parte di ambienti filoamericani l'applicazione della clausola del regolamento del festival che prevede il caso di ingiuria nei confronti di una nazione amica. Ciò suscita polemiche a non finire. Il film, benché discreto, rientra nella categoria del « dramma realista », dove la omonima pièce di Sartre si configura come una « commedia buffa ». Inoltre la prostituta Lizzie, che nella pièce è un personaggio negativo che interiorizza le mistificazioni e i valori dei bempensanti bianchi americani, nel film diviene un personaggio positivo che manifesta la propria solida­rietà nei confronti del negro cacciato per essere sottoposto a linciaggio.

Les Sorcières de Salem di Raymond Rouleau, con la sceneggiatura e i dialoghi di Sartre su rifacimento della pièce di Arthur Miller, The Crucible. Il film, presentato sugli schermi parigini il 26 aprile del 1957, conosce un certo successo, la critica, tuttavia, rimprovera Sartre di aver piegato il testo di Miller alla propria filosofia, per scopi politici. Il film è giudicato troppo lungo (due ore e mezzo di proiezione), i dialoghi di Sartre troppo letterari.

Kean, genio e sregolatezza di V. Gassman, film italiano mai distribuito in Francia, presentato al festival di Locamo del 1957 e tratto dalla commedia Kean di Alexandre Dumas adattata da Sartre. In Italia la critica accoglie favorevolmente il film. Ancora: Le Mur di Serge Roullet con i dialoghi di Sartre, presentato sugli schermi parigini il 23 ottobre 1967, è il solo film del quale Sartre si sia dichiarato soddisfatto. Ebbe un discreto successo. Ad altri film come: Les Orgueilleux di Yves Allégret; Freud, the secret passion di John Huston, Les Séquestrés d'Altona di Vittorio De Sica, tratti da opere di Sartre o con la sua diretta partecipazione, il filosofo e scrittore francese ritirò la propria adesione per disaccordi di varia natura sulla loro rea­lizzazione.

S E G U E

sergio magaldi



[1] Tra le prime critiche apparse sulla pièce, rappresentata per la prima volta il 3 giugno del 1943 al teatro della Cité di Parigi, segnaliamo: A. Laubreaux su « Le Petit Parisien », 5 giugno 1943 e su « L'Oeuvre » del 7 giugno; R. Purnal su « Comoedia » del 12 giugno; A. Castelot su « La Gerbe » del 17 giugno; F. Straub, su « Pariser Zeitung » del 17 giugno e, infine, tra le poche favorevoli: M. Leiris su « Les Lettres françaises », n. 12 e M. Merleau-Ponty, Compte rendu des Mouches, su « Confluences », n. 25, sett.-ott. 1943; pp. 514-16.

 

[2] Les Mouches fu rappresentata, presente Sartre, a Praga nel dicem­bre del 1968.

 


mercoledì 10 gennaio 2024

Viaggio nella Qabbalah – La Conoscenza Unificata (p.5ª)





Nelle puntate precedenti abbiamo visto come cibarsi del “frutto ancora acerbo” dell’Albero della conoscenza – secondo l’espressione del cabbalista spagnolo Joseph ben Abraham Gikatilla (1248-1305) – abbia comportato la dispersione delle scintille di luce provenienti dall’alto e causato l’origine del male fisico, morale e metafisico.

Che “la rottura dei vasi” (Shevirat haKelim) contenenti la luce divina dipenda dall’inevitabile conseguenza della narrazione contenuta nel Genesi biblico, o che si giustifichi in base ad una concezione perfezionata dal noto cabbalista Ytzach Luria (1534-1572) che parla di Tzitzum o restrizione della Totalità divina che lascia libero un punto dello spazio per dar vita ad un universo interamente umano – l’ascesa lungo l’Albero della vita, a partire dalla Sephirah Malkut, ha il fine di consentire il ritorno a Da’ath per cibarsi ancora una volta del frutto dell’Albero della conoscenza, colto però questa volta nella sua piena maturità e dunque come conoscenza unificata.

La nuova consapevolezza rende infine possibile varcare la porta che si affaccia sulla triade superiore dell’Albero della vita.
La sesta puntata di “Viaggio nella Qabbalah” andrà in rete lunedì 22 gennaio.

lunedì 8 gennaio 2024

SERIE A AL GIRO DI BOA


 

 

 

Il girone di andata della Serie A termina assegnando l’effimero titolo di “Campione d’inverno” all’Inter che con 48 punti precede la Juventus con 46.

 

Per la verità, all’Inter andrebbe assegnato il titolo per il miglior gioco sin qui mostrato tra tutte le 20 squadre del Campionato, ma non quello per il miglior punteggio che, senza i mancati interventi del VAR, spetterebbe probabilmente ai bianconeri. Mancano infatti alla Juve i 2 punti per un rigore solare non assegnato nella trasferta di Genoa, mentre all’Inter, nella partita di ieri, sono stati concessi 2 punti in più grazie al goal della vittoria realizzato contro il Verona, giudicato regolare da arbitro e VAR, nonostante il vistoso fallo di Bastoni sul difendente avversario. È vero che i rigori bisogna segnarli, ma anche nell’ipotesi che la Juve avesse sbagliato il suo contro il Genoa, il punteggio reale alla fine del girone di andata sarebbe stato di 46 punti sia per i bianconeri che per i neroazzurri.

 

Il 3° posto della classifica finale del girone di andata è occupato dal Milan con i suoi 39 punti che – al netto delle magie realizzate dal diavolo, tra agosto e ottobre che valsero ai rossoneri un bonus di 6 punti in più (cfr. post del 09 ottobre 2023 cliccando su https://zibaldone-sergio.blogspot.com/2023/10/serie-le-magie-dei-diavoli-rossoneri.html ), nonché della gara pareggiata l’11 novembre u.s. contro il Lecce, a cui fu annullato un goal bellissimo e regolare di Piccoli – in realtà sarebbero 32 (39-6-1=32).

 

Dal 4° al 10° posto troviamo ben sette squadre (e in realtà dovrebbero essere otto tra i 33 e i 27 punti!) divise soltanto da sei punti e cioè Fiorentina 33, Bologna 32, Atalanta e Lazio 30, Roma 29, Napoli 28 e Torino 27. Sono queste le candidate ad occupare l’ultimo posto disponibile in Champions, nonché a partecipare alle minori competizioni europee. Quattro in tutto, cinque è poco probabile. Gli accoppiamenti delle squadre italiane negli ottavi di Champions, infatti, non lasciano molto sperare in un risultato che serva a scalare i primi due posti del ranking europeo, maturando così il diritto alla partecipazione di una quinta squadra in Champions.

 

Tutto ciò premesso, si può prevedere con una certa attendibilità quale sarà l’esito del Campionato, almeno per quanto attiene l’assegnazione dello scudetto e la partecipazione alla Champions, la sola coppa che in realtà faccia gola per via degli ingenti premi in denaro. Sempre che naturalmente il girone di ritorno ricalchi quello di andata nel gioco (mediocre) e nelle valutazioni di arbitri e VAR (più che mediocri). 

 

L’ Inter vincerà lo scudetto e l’altra milanese si piazzerà al 3° posto e non è da escludere neppure il 2°. La Juve, dal canto suo, non potrà essere estromessa dalla Champions, almeno in base al punteggio. La lotta per il 4° posto utile per la Champions sarà in realtà più limitata di quanto non dica oggi la classifica: due o al massimo tre le squadre che se lo contenderanno e tra queste non ci sarà di sicuro la Roma, poco gradita negli ambienti che contano.

 

Più complicata la lotta per non retrocedere, ma anche qui si può già intuire qualcosa.

 

sergio magaldi