Clara Sanchez, Entra nella mia vita, Garzanti, Milano, 2013, pp.446
Entra en mi vida
di Clara Sánchez – pubblicato in Italia da Garzanti, finalmente col suo titolo
originale, a differenza dei due libri precedenti della scrittrice spagnola, tradotti
in italiano con i titoli impropri di Il
profumo delle foglie di limone e La voce invisibile del vento [vedi il
post Il sogno come terapia e verità…]
– si potrebbe definire un romanzo al femminile, non solo per l’argomento
trattato, ma anche perché sono soprattutto le figure femminili ad acquisire vita
e spessore nella narrazione. Da Verónica, protagonista ed eroina, a Betty, la
vittima che non esita a lottare ma che rimane sopraffatta dalla propria
ingenuità, a Lilí, espressione di forza e intraprendenza ma anche di egoismo cinico,
e così via, in una vasta gamma di personaggi che, nella loro diversità,
completano efficacemente l’affresco dell’universo femminino e che rappresentano
una scala di valori che dalla virtù ed dalla compassione scende sino al gradino
più infimo del comportamento umano.
Al contrario, le
figure maschili, peraltro superficialmente tratteggiate, sembrano senza
speranza e con loro la Sánchez non intende perdere troppo tempo. Ad accomunarle
tutte è la debolezza, forse con l’eccezione
di Daniel che, in pochi istanti di responsabilità e di coraggio, pretende di riscattare
l’atteggiamento di decenni. Debole è
Mateo, l’amore occasionale in cui s’imbatte Verónica, debole Ángel, il fratello
della ragazza, delicato e bisognoso di protezione, debole Petre, il bosniaco
guardaspalle di casa Valero che, nonostante l’ostentata forza fisica, va al
tappeto al primo colpo bene assestato. E quando non sono deboli, gli uomini
sono corrotti o si ubriacano e diventano molesti e/o violenti che “meritano” di
essere presi a calci nelle palle o ammazzati, oppure sono “marchette
letterarie” come nel caso dei fidanzati di Laura o addirittura fantasmi come
l’investigatore Martunis.
Insomma le donne di
Clara Sánchez possono amare o provare compassione, essere indifferenti oppure
odiare. Astute o ingenue, crudeli o virtuose, forti o deboli, rappresentano
comunque l’essenza della vita reale e
dell’uomo usano solo come specchio per guardare se stesse e per quel tanto che
serve al piacere e alla generazione, come ogni ape-regina che si rispetti.
Perché la vita reale è fatta di partorienti, di madri che allevano figli, di
mogli che si prendono cura della casa e della famiglia, di donne che vegliano
sui vecchi e sugli infermi e persino di donne in carriera più abili e
intraprendenti degli uomini stessi.
In tale
prospettiva, gli uomini raccontati dalla scrittrice si mostrano confusi,
superficiali, abitudinari e incapaci di accettare la sfida della cosiddetta
vita reale: le sole risposte sembrano essere, per il maschio di ogni età,
quelle della debolezza, della mancanza di fantasia, dello stordimento nell’alcool
e nelle droghe, del maschilismo, della violenza e del potere. Naturalmente, la
Sanchez si guarda bene dall’attribuire apertamente valori tanto rigidi all’universo
maschile, ma le storie che racconta parlano per lei. Al massimo, credo, sarebbe
disposta ad ammettere che donne e uomini hanno “vite e istinti diversi”,
“sensibilità differenti”.
C’è in ogni caso
nella scrittrice che vive a Madrid, la tendenza alla denuncia sociale,
mascherata dalle forti emozioni che riesce sapientemente a trarre dai fatti
della storia e della cronaca, trasferendoli nel “privato”. Così è stato per Il profumo delle foglie di limone,
contrariamente a ciò che ha sempre dichiarato, perché è dalla denuncia dei
criminali nazisti, lasciati incredibilmente fuggire in altri continenti, che il
romanzo trae forza e universalità, ancorché
la storia narrata tocchi profondamente la sfera del privato e dei sentimenti
individuali.
“Entra nella mia vita non è però un romanzo di denuncia, così come
non lo era Il profumo delle foglie di
limone. È una storia che smuove sentimenti profondi, gli stessi sentimenti
che questi fatti di cronaca hanno suscitato dentro di me” [Nota
dell’autrice].
“Potrei dire che la storia di questo romanzo è
inventata ma che la sua realtà è storica”.
Direi piuttosto che
la sua maniera di fare denuncia sociale abbia bisogno di una storia parallela
cui aggrapparsi, fatta di sentimenti ed emozioni individuali: un’esigenza di
scrittrice, un modo per coinvolgere maggiormente il pubblico femminile al quale
in prevalenza si rivolge. Certamente e comunque una formula di successo.
sergio magaldi
|
giovedì 25 luglio 2013
DENUNCIA SOCIALE E SENSIBILITA' AL FEMMINILE nell'ultimo romanzo di Clara Sanchez
domenica 14 luglio 2013
C'è L'INFERNO NEL FUTURO DEL MONDO?
Dan Brown, INFERNO, Mondadori, Milano, 2013, pp.522 |
Nel porre
l’interrogativo, sono portato a rispondere, forse come altri farebbero, che l’inferno non è solo il futuro ma è già il
presente dell’umanità. Basti pensare alle periferie dei grandi centri urbani e
alle periferie del mondo dove fame, malattie, degrado, incesto, prostituzione
infantile e violenze d’ogni genere dominano incontrastate. Ma l’inferno, cui si
riferisce il nuovo, ottimo romanzo di Dan Brown, è ben peggiore di quello che
purtroppo alcuni conoscono e che per fortuna altri immaginano soltanto. È l’
INFERNO di Dante, come afferma l’Ombra misteriosa che Robert Langdon – famoso
protagonista dei romanzi dello scrittore nordamericano – è costretto ad
inseguire, pur essendo braccato a sua volta:
“L’Inferno di Dante non è
finzione… è profezia!
Sofferenza e
tribolazione. Questo è il panorama del futuro.
L’umanità, se
non è tenuta a freno, agisce come una pestilenza, un cancro… Il numero degli
abitanti cresce a ogni generazione finché le risorse terrene che un tempo
alimentavano la nostra virtù e solidarietà si ridurranno gradualmente a zero,
svelando il mostro che è in noi, spingendoci a lottare fino alla morte per
nutrire i nostri piccoli.
Questo è
l’Inferno dantesco.
Questo è ciò
che ci attende.
Mentre il
futuro si avventa su di noi, alimentato dall’inesorabile matematica di Malthus,
noi restiamo in bilico sopra il primo cerchio dell’Inferno… e ci prepariamo a
precipitare più rapidamente di quanto abbiamo mai immaginato[…]
Non fare
nulla significa accettare un inferno dantesco… affollato di anime affamate e
sguazzanti nel peccato.
E così,
coraggiosamente, ho deciso di agire.
Qualcuno
inorridirà, ma la salvezza ha un prezzo.
Un giorno il
mondo arriverà a comprendere la bellezza del mio sacrificio.
Perché io
sono la vostra Salvezza.
Io sono
l’Ombra.
Io sono la
via che conduce all’era postumana.”[Cit., pp.167-168].
Il
riferimento che l’Ombra – dietro la quale forse si nasconde uno scienziato
geniale – fa a Malthus lascia pochi dubbi circa l’esistenza di un piano
diabolico per “contenere” la crescita demografica. Probabilmente un virus letale per decimare la popolazione
del pianeta che, raggiunto il miliardo agli inizi dell’Ottocento, ha ormai
superato i 7 miliardi di abitanti. L’accresciuto benessere degli ultimi due
secoli, il progresso scientifico e tecnologico che ha permesso di combattere efficacemente
le epidemie del passato, le guerre da continentali divenute regionali [in virtù
delle esigenze del mercato mondiale e della globalizzazione, ma anche per
l’accresciuta consapevolezza] sembrano smentire le previsioni matematiche di
Malthus: la popolazione tende a crescere in modo geometrico ma lo strumento che
in passato regolava il rapporto abitanti-disponibilità di cibo e risorse,
sottoforma di guerre di sterminio, epidemie, pestilenze e carestie, ora è
venuto meno. Secondo la filosofia dell’Ombra, il pericolo è ormai quello
dell’estinzione del genere umano, dopo un lungo periodo di indicibile
sofferenza. Peccato tanto più grave perché, mai come in questo momento, l’uomo
sembra avviato finalmente a varcare la soglia della superumanità. Perché il
sogno di Nietzsche si avveri e ad evitare l’estinzione degli umani, occorre
dunque intervenire: il sacrificio di alcuni consentirà agli altri, secondo il
principio darwiniano della sopravvivenza dei più forti, di proseguire nel loro
cammino evolutivo verso il superumano.
Tutto ha inizio con il risveglio di Robert
Langdon in un letto d’ospedale, dopo essere stato operato alla testa per una
ferita da arma da fuoco. Il professore non ricorda più nulla di quanto gli è capitato,
né del perché, dagli Stati Uniti, si trovi catapultato a Firenze, come gli
comunica Sienna Brooks, la giovane dottoressa che lo assiste e che poco dopo lo
aiuterà a fuggire dall’attentatrice, entrata in ospedale per portare a
compimento il proprio lavoro. Non è solo Vayentha – intenzionata ad ucciderlo –
a dargli la caccia. Due potenti organizzazioni,
una pubblica e l’altra privata, insieme al consolato americano e alla pubblica
sicurezza locale, per un motivo o per l’altro, cercano di catturarlo. Robert e
Sienna, divenuta sua complice, cercano scampo per tutta Firenze, a loro volta sulle
tracce dell’Ombra misteriosa che ha inscenato una sorta di macabra caccia al
tesoro. È il piccolo cilindro di metallo lucido, che Robert ritrova in una
tasca nascosta della sua giacca, ad aprire i giochi. Contiene un sigillo
decorato con un diavolo a tre teste e tre bocche che divorano altrettanti
uomini, simbolo medievale della peste nera. Sotto il demone, 7 lettere a
formare la parola SALIGIA, le iniziali in latino dei 7 peccati capitali: Superbia, Avaritia, Luxuria, Invidia, Gula, Ira, Acedia. Il sigillo, come un vecchio
proiettore per diapositive, emana una
foto ad alta definizione su una parete: è La
mappa dell’inferno del BOTTICELLI, chiaramente ispirata all’INFERNO di
Dante Alighieri.
Tanto gentile e tanto onesta pare
la donna mia quand’ella altrui saluta,
ch’ogne lingua deven tremando muta,
e li occhi no l’ardiscon di guardare.
Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente d’umiltà vestuta;
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare.
Mostrasi sì piacente a chi la mira,
che dà per li occhi una dolcezza al core,
che ’ntender no la può chi no la prova:
e par che de la sua labbia si mova
un spirito soave pien d’amore,
che va dicendo a l’anima: Sospira.
la donna mia quand’ella altrui saluta,
ch’ogne lingua deven tremando muta,
e li occhi no l’ardiscon di guardare.
Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente d’umiltà vestuta;
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare.
Mostrasi sì piacente a chi la mira,
che dà per li occhi una dolcezza al core,
che ’ntender no la può chi no la prova:
e par che de la sua labbia si mova
un spirito soave pien d’amore,
che va dicendo a l’anima: Sospira.
Santa Margherita dei Cerchi, dove da oltre
sette secoli si trova la tomba di Beatrice, è meta continua di pellegrinaggi degli
innamorati dal cuore spezzato.
Se mai continga che ‘l poema sacro
al quale ha posto mano e cielo e terra,
sì che m’ha fatto per molti anni macro,
vinca la crudeltà che fuor mi serra
del bello ovile ov’io dormi’ agnello,
nimico ai lupi che li danno guerra;
con altra voce omai, con altro vello
ritornerò poeta, e in sul fonte
del mio battesmo prenderò ‘l cappello; […]
La ricerca prosegue dunque presso il
Battistero di San Giovanni di Piazza del Duomo, lì dove Dante Alighieri – con
Shakespeare forse il più grande poeta universale che sia mai esistito – era
stato battezzato.
sergio magaldi
domenica 7 luglio 2013
IL SOGNO ALCHEMICO
Marcello Simoni, La Biblioteca perduta dell'alchimista, Newton Compton editori, Roma, Ottobre 2012, pp.329
Dopo il romanzo con cui ha vinto il premio Bancarella [vedi il post E' POSSIBILE PARLARE CON GLI ANGELI? LA RISPOSTA NEL ROMANZO "Il mercante di libri maledetti"...], Marcello Simoni esce con questo LA
BIBLIOTECA PERDUTA DELL’ALCHIMISTA, pubblicato per Newton Compton Editori.
Una storia senza pretese ma che si legge piacevolmente, tra personaggi reali e
di fantasia, e che ha come punto di riferimento il sogno alchemico della
trasformazione dei metalli vili in oro. Perché la ricerca, in alchimia, conobbe
sempre due dimensioni: quella condotta tra fornelli ed esperimenti e quella
analogica tesa ad ottenere la trasformazione della coscienza e l’acquisizione
dell’oro flosofico o spirituale [si veda il post ALCHIMIA, UN SAGGIO DI GIOELE MAGALDI
e ancora si vedano i post: AESH MEZAREPH o FUOCO CHE PURIFICA…e ALCHIMIA E QABALAH NEL I CAPITOLO DI AESH MEZAREPH].
|
Nella primavera dell’anno 1227, per ordine di Ferdinando III di
Castiglia e Léon [regnante tra il 1217 e il 1252] – detto “Il re delle tre
religioni” per l’equanime tolleranza nei confronti di cristiani, ebrei e musulmani
– il mercante di reliquie Ignazio da Toledo, suo figlio Uberto, il cavaliere
francese Willalme, coraggioso ma facile all’ira, e il nobile Filippo di
Lusignano partono per la Francia meridionale con il compito di ritrovare la
scomparsa e forse rapita Bianca di Castiglia [1188-1252], zia di Ferdinando III
e reggente del regno di Francia per il
figlio Luigi IX il Santo, dopo la morte del marito Luigi VIII.
Ferdinando III di Castiglia e Léon |
Le nozze tra Bianca di Castiglia e il re di Francia Luigi VIII |
Dopo varie e complesse vicende, Uberto si separererà dal
padre per ritrovare la Turba Philosophorum, trattato alchemico di
fondamentale importanza per comprendere il piano del Conte di Nigredo [nome
chiaramente ispirato alla prima fase dell’Opera], signore del castello di Airagne
e dedito alla fabbricazione dell’oro alchemico su larga scala. Un oro che
sembra a tutti identico a quello esistente in natura ma che, per essere
prodotto, richiede abbondanza di manodopera. Chi viene costretto a lavorare ad
Airagne, prima o poi si ammala di saturnismo, una malattia che in breve
conduce alla demenza e alla morte, con la necessità di far ricorso ad una
quantità sempre crescente di lavoratori forzati.
......ARISTEO disse: La
pietra è una Madre che concepisce il proprio Figlio e lo uccide e se lo mette
nel ventre. Esso allora diviene più perfetto di quel che prima non fosse e
d'essa si nutre. Poi egli uccide sua Madre, se la mette nel ventre e la fa
putrefare; e il Figlio diviene il persecutore di sua Madre, ed entrambi per un
certo tempo hanno comuni tribolazioni. Questo è uno dei massimi miracoli di cui
si sia mai sentito parlare, ed è vero, perché la Madre genera il Figlio e il
Figlio genera la propria Madre e l'uccide
SOCRATE disse: Sappiate
che i Filosofi hanno chiamato Acqua-di-Vita l'Acqua nostra, ed hanno detto
bene: giacché dapprima essa uccide il Corpo, poi lo fa vivere e lo rende
giovane.....
LA TURBA disse: Maestro,
tutto ciò che diciamo non è altro che far del fisso il volatile e del volatile
il fisso; poi, far di tutto qualcosa che non è né secco né umido, né freddo né
caldo, né duro né molle, né fisso né troppo volatile - qualcosa di intermedio
fra i due: giacché esso ha in sé due Nature insieme congiunte. E sappiate che
ciò si fa in sette buoni giorni, non in un momento. Poiché ogni alterazione avviene
a mezzo di continua azione e passione. Di ciò, prendete nota.
[Citazioni da
magiaonline.net/alchimia/turba.htm ]
Ignazio da Toledo diviso tra anelito di giustizia e
desiderio di conoscenza dei segreti della fabbricazione dell’oro, dovrà anche
guardarsi da nemici segreti che vogliono tenerlo lontano da Airagne, ubicato
non lontano dal famoso castello di Montségur, roccaforte dei Catari.
“L’ombra sotterranea tremava al crepitio delle
fiaccole. Dopo aver sfogliato a lungo, forse più del necessario, Ignazio
soffermò lo sguardo su una pagina del Turba philosophorum e si trovò di
fronte alla verità. Yutte le domande che si era posto nel corso della sua vita
sulla natura delle cose e sulla trasmutazione della materia sembravano trovare
risposta in quelle righe d’inchiostro. Avrebbe appreso segreti che solo a pochi
eletti era concesso conoscere. Ma tutto ciò non gli recò alcun sollievo, anzi,
accentuò in lui un senso di vuoto, come se nel suo animo si fosse aperto un
baratro. Gli fu necessario uno sforzo di concentrazione per dominarsi,
dopodiché fissò suo figlio, che dopo interminabili peripizie gli stava di nuovo
accanto. Quel pensiero gli diede forza”. [Op.cit.,p.265]
In conlusione, nel
nuovo libro di Simoni, si nota una certa superficialità nell’accennare alle
fasi del processo alchemico [nigredo-albedo-citrinitas-rubedo-cauda pavonis],
d’altra parte si tratta di un romanzo e non di un saggio sull’alchimia. Risulta
invece assai stimolante immaginare le operazioni che conducono alla
fabbricazione dell’oro alchemico in una dimensione industriale, con tanto di
impianti sofisticati che poco hanno a che vedere con le Officine artigianali in
cui lavoravano individualmente gli alchimisti del Medioevo e del Rinascimento.
sabato 6 luglio 2013
IL COMPORTAMENTO UMANO SEGUE LE LEGGI DELLA FISICA QUANTISTICA?
LA “RIDUZIONE” DELL’
ENTANGLEMENT PSICHICO NEL MOMENTO
DELLA DECISIONE
Di Alberto Zei
SOMMARIO - L’analogia dell’entanglement della fisica quantistica e il comportamento
umano in quanto espressione comune delle medesime leggi fisiche dell’ universo.
La coerenza delle leggi dell’universo
Con questo post si riprendono i concetti espressi in quello
precedente che si addentrava con l’entanglement quantistico negli spazi siderali; spazi dove particelle,
generate con caratteristiche
comuni, assumevano contemporaneamente
le medesime qualità quando una di
queste a causa della
“osservazione”, cambiava di
stato (carica, spin, ecc).
E’ vero che il libero arbitrio è la più grande espressione dell’
atto volitivo quando ciascuno di noi è
chiamato ad esprimere il libero pensiero su ciò che effettivamente intende e vuole. Quale è però, il grado di libertà che effettivamente ci
appartiene? Ad libitum? Potrebbe anche essere. Ma vediamo prima se
vi sono delle leggi universali che in qualche modo accomunano gli eventi.
Prendendo in prestito, per meglio sintetizzare l’idea, termini informatici, come il “software di base” riferendolo alla
intrinseca natura umana e il “software operativo” che simbolicamente renderebbe
efficace l’ espressione della volontà,
non si può fare a meno di pensare
che l’ umana natura si è sviluppata
nell’ ambito del medesimo
insieme, che in senso estensivo
si potrebbe dire, nell’ ambito delle stesse leggi dell’ universo.
Questa è una proposizione alla quale varrebbe la pena tentare
almeno, qualche timido approccio di risposta razionale.
Risaliamo dunque, a quegli
aspetti umani che in qualche modo rimarcano situazioni di sovrapposizioni comportamentali in analogia
con le leggi cosmiche che, come abbiamo
visto in precedenza con l’ entanglement, regolano il modo di reagire della materia o dell’energia
allorquando viene misurata o solo “osservata”.
Quando una persona “parla”, “va” o “fa” non esprime che il risultato del senso compiuto del termine; esprime un fatto
concluso, in accordo con uno dei principi fondamentali della logica: “Ciò che è non può non essere”.
L’ entanglement psichico
Come prima accennato, l’intento di comprendere qualcosa in più sul nostro stesso modo di essere
in condizioni comportamentali che
richiamano per analogia l’entanglement, dà anche un senso più pragmatico
alle decisioni che siamo indotti ad assumere nel corso della vita quotidiana.
Non sempre infatti, anzi molto raramente, le azioni sono
determinate da un atto di volontà pura, priva di conflittualità.
La sovrapposizione di stati emotivi presenti in tali condizioni conflittuali – circa
l’atteggiamento da assumere come risposta a situazioni usuali quanto ripetitive
con le quali abbiamo che fare nell’intero corso della vita – potrà, ad esempio,
essere: “aggressione” o “acquiescenza” o “fuga” o altro ancora.
Quando ci rendiamo conto
di essere anche astrattamente osservati (nel senso che l’ atto mentale in fieri, in qualche modo, è divenuto
noto), la contraddizione del comportamento da assumere che alberga nella natura
umana improvvisamente si delinea, proprio a causa dell’“osservazione”,
costringendoci a prendere una decisione.
Il limite della sovrapposizione
Si generano a questo punto
circostanze di natura comune con un altro partner per le quali si formano
situazioni emotive (nel senso più ampio del termine) la cui risposta consiste
nella scelta decisionale da adottare.
Dopo l’iniziale ambiguità e sovrapposizione di intenti
contrari sul fare o non fare, arriva il preciso momento in cui si opta per una linea comportamentale. Tra le contraddizioni che si frappongono nei nostri pensieri,
soprattutto quando si avverte la consapevolezza che le risposte emotive vengono
osservate, è proprio allora che,
rompendo ogni indugio, arriva, per l’improvvisa necessità di assumere un
atteggiamento, una risposta univoca.
Si tratta di un comportamento
specularmente simmetrico a quello dell’antagonista, anche se vengono più spesso sacrificati gli aspetti
logici e consequenziali per lasciare
spazio a quelli più convenienti. Questo
non cambia, però, il concetto.
Difficilmente la sovrapposizione
degli stati emotivi e razionali nell’
“entanglement” psichico può far
prevedere quale sarebbe la conclusione; ma una volta presa la decisione anche
l’ altro, l’antagonista, assume
immediatamente il medesimo atteggiamento sia pure manifestandolo con
caratteristiche specularmente opposte. E’un caso?
La “riduzione” nell’ entanglement psichico
Per quanto riguarda il momento della “riduzione”, cioè
dell’uscita dallo stato di
sovrapposizione di volontà
contrastanti, improvvisamente si
concretizza un preciso indirizzo
volitivo, in quanto l’intima verità viene, per così dire, allo scoperto, ossia
viene resa percepibile – non importa da chi –
come nell’entanglement particellare. È
infatti, la consapevolezza di ognuno di essere osservato che determina
la “riduzione”, con il relativo cambiamento
di stato.
Si tratta anche qui di sovrapposizioni di condizioni emotive,
dell’essere e del non essere che si districano dall’ entanglement in cui erano imbrigliati. Contemporaneamente anche l’altro partner assume una condizione
univoca e specularmente opposta.
Il corollario del teorema
Continuando ad applicare questo concetto matematico, si può notare
che, come nella reciprocità della condizione “entangled”, valga anche qui la
stessa legge che si determina nel momento in cui si realizza il “controllo”. Si
tratta della necessità di assumere
univocità di atteggiamento psichico e comportamentale, quando viene introdotto
all’interno della coscienza un elemento conflittuale esterno che corrisponde alla rivelazione di uno
degli stati di coscienza sovrapposti.
L’applicazione di questo principio, anche se in modo non
scientifico, viene adottato dalla
Pubblica sicurezza di quasi tutti i Paesi civili nei quali, per far confessare
i colpevoli di delitti, è stata abolita la tortura. La forza coercitiva usata
nei confronti degli indiziati di reato da parte della polizia, consiste nel mettere il colpevole di fronte
alla contraddizione della sua innocenza. La reazione coattiva che si sprigiona dalla rivelazione
(entanglement dall’ esterno) di uno degli
stati mentali di sovrapposizioni antagonistiche ne “riduce” la
molteplicità, l’eventuale colpevole preferendo, all’improvviso e insopportabile disagio psichico, la pace
dell’univocità emotiva che non può prescindere dalla confessione.
Spazio e soluzione di continuità
Si ricorda dal precedente post da cui questo trae spunto, che il cosiddetto “effetto di non località” dell’ entanglement
quantistico si realizzava quando una delle due entità particellari entangled fosse stata “esaminata” (con
l’idonea strumentazione). L’altra assumeva
immediatamente in modo speculare la medesime caratteristiche di carica o di spin anche se si fosse
trovata agli antipodi dell’ universo.
Il parallelismo anche nel
comportamento psichico dei
rapporti interpersonali è di meno immediata interpretazione, ma non
per questo non si verifica. Tutto avviene, infatti, come se si instaurasse tra le due entità emotive, un collegamento
diretto senza soluzione di
continuità, malgrado la distanza interposta.
Viene tuttavia a supporto
la gestalt o “psicologia della forma” a chiarire come la
percezione dell’evento possa essere
avvertita a livello di coscienza, a
prescindere da una separazione
spazio-temporale. Infatti, anche un evento che si verifica a ragguardevole
distanza, può essere
percepito telepaticamene dalla
mente del partner nello stesso modo di
un’informazione a tempo reale.
Radin Dean, Menti interconnesse, Mediterranee, Roma, 2013, pp.275 |
Si tratta quasi sempre di
una rivelazione emotiva piuttosto
che razionale. In genere si avverte soltanto la sensazione di ciò che avviene
attraverso la percezione nel momento in
cui si crea un collegamento di pensiero. In questo senso si esprime
anche G. Jung nelle considerazioni sulla sincronicità. Un altro piccolo esempio
eloquente nella quotidianità di ognuno,
lo si ha quando ci si accinge a telefonare a qualcuno e ci vediamo
precedere dalla stessa persona o
viceversa!
Massimo Teodorani, Sincronicità, Macro Edizioni, 3.a rist., 2011,pp.160 |
Al di là dello spazio-tempo
Sarebbe interessante penetrare ulteriormente il comportamento
umano, in un confronto comparato tra psicologia, antropologia e fisica
quantistica. E’ infatti più che
plausibile ritenere che leggi del cosmo
che dominano la materia, non soltanto non siano avulse dall’apparente libertà
dei comportamenti umani, ma che siano
le medesime che governano le energie psichiche dell’Uomo, posto
al centro sapienziale di tutto l’Universo, dove aleggia lo spirito della
grande creazione.
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Come Rodin Dean, Massimo Teodorani e tanti altri, l’autore del post
ritiene che una medesima legge valga per la materia di cui è fatto
l’universo e per il comportamento umano. Tesi di tutto rispetto. Io non
nascondo, tuttavia, di avere qualche perplessità in proposito. Perché – anche
se in qualche caso l’esperienza crede di poter accertare l’analogia tra
fenomeni fisico-cosmici e comportamenti psichici di individui umani di
un piccolo pianeta di una sola galassia, tra cento miliardi di galassie –
questa weltanshaaung mi sembra più che altro espressione dell’esigenza
della mente umana di ridurre tutto ad unità, secondo una visione
meccanicistica e deterministica della natura umana o, paradossalmente, in virtù
di una concezione misteriosofica e religiosa che, dimenticando la lezione di
Giordano Bruno degli “infiniti mondi in infiniti spazi”, fa dell’Uomo e della
Terra il centro dell’Universo, salvo poi a considerare l’individuo umano alla
stregua di un automa. Ciò che lo scientismo metafisico e/o teologico non riesce
a comprendere è che il senso dell’esistenza umana, posto che questa abbia un
senso, sta proprio nel risveglio della coscienza e nell’acquisizione della
libertà di contro alla “necessità” della natura.
sergio magaldi
martedì 2 luglio 2013
LE ULTIME FRONTIERE DELLA FISICA QUANTISTICA
L’ “ENTANGLEMENT” E LE ULTIME FRONTIERE DELLA FISICA QUANTISTICA |
di Alberto Zei
SOMMARIO - Si
tratta del paradosso spazio-temporale delle particelle sub atomiche che anche quando sono separate si comportano contemporaneamente nel
medesimo modo. Rivoluzionarie saranno
le imminenti applicazioni nel campo
della informatica. Ma non è tutto.
Vi sono delle situazioni nel mondo scientifico
precisamente della fisica quantistica che rispondono a delle condizioni apparentemente assurde in cui le attese di
risultato sono talmente intricate tra
loro da non poter prevedere in nessun modo come potranno definirsi se non dopo che uno degli eventi si è verificato.
Ciò è dovuto al fatto che lo stesso controllo
da parte di coloro che partecipano all’esperimento riesce di per sé a interferire determinandone il risultato nel preciso
istante che questo viene osservato.
Si tratta di un presupposto difficile ad essere compreso
dalla nostra mente razionale poiché l’ambiguità di una situazione di questo
genere ammetterebbe che un problema
regolato con leggi fisiche dell’universo possa essere determinato dallo spirito
di osservazione degli sperimentatori nell’istante che questi lo osservano.
Il dualismo onda
particella
Nella fisica
quantistica infatti, vi sono molti
esempi che realizzano una situazione
del genere. Tra di questi vi è quello
dell’ormai famoso gatto di Schrödinger
che nell’esperimento che lo coinvolge non sa di essere vivo o morto se non nel momento stesso in cui qualcuno
apre la porta dell’ambiente per controllarne lo stato vitale. E’ inutile scendere nei particolari
ripetendo il racconto ormai noto, ma
l’esemplificazione della sovrapposizione dello stato di vita o di morte del gatto
in questione corrisponde alla condizione di ambiguità che nella fisica
quantistica alcune particelle subatomiche assumono quando sono cogenerate.
Infatti, queste particelle (fotoni, elettroni, neutroni, ecc.) anche se una distanza siderale le separasse, inizialmente manterrebbero lo stesso stato
di ambiguità di forma d’onda o di corpuscolo particellare, fino a quando non si andasse a rivelare la
natura di una .della due. L’ altra,
fino allora incapace di uscire dalla propria promiscuità di forma d’onda o di corpuscolo particellare (materia o energia), assumerebbe istantaneamente la medesima natura di quella osservata
dallo sperimentatore fino ad avere
spin o carica perfettamente speculare.
Sovraposizione di
stati incongruenti
Il paradosso,
che alla luce del buon senso
non si dovrebbe realizzare, ha un duplice aspetto. Il primo consiste
nello stato di sovrapposizione
di essere e non essere onda o
particella; il secondo nel fatto di mantenersi in stato di
indeterminazione fino a quando non si
cercherà di “smascherare” attraverso
l’osservazione questa doppia indefinita natura.
Ecco che solo
allora, le due entità si presenteranno
candidamente vestite con il medesimo abito: particella l’una, particella
l’altra; onda l’una, onda l’altra. Insomma diverranno due gemelli ma concepiti in modo contrario, come si
trovassero davanti allo specchio, a
prescindere dalla distanza intercorrente tra di loro.
In linea teorica
se la prima onda particella rivelasse la propria natura nel laboratorio
vicino casa, la seconda si
comporterebbe istantaneamente nella stessa maniera anche se si trovasse nella galassia di Andromeda.
La trasformazione
di stato, a causa dell’interferenza
dell’osservazione umana che impone alle stesse entità di assumere le medesime
“sembianze”, prende corpo, come
detto, quando la prima delle due viene
controllata. Questo fondamentale
passaggio prende il nome di
“riduzione”.
Nel concreto
Se è vero, almeno
fino adesso, che l’entanglement
potrà trasportare segnali alla velocità superluminali, quindi
oltre il limite conosciuto della massima velocità nell’universo, è altrettanto vero che i segnali in questione non potranno contenere
informazione a causa della imprevedibilità della assunzione di stato (ad es:
positivo o negativo, spin up o down, ecc).
Per questa
fondamentale ragione, non essendo possibile imprimere in input alle “particelle
messaggere” alcuna informazione voluta,
resta chiaro che il segnale in
arrivo trascina con sé il peccato originale
della sua stessa aleatorietà. Un segnale senza informazione non serve a niente
(o quasi). Un altro modo per teorizzare l’entanglement senza coinvolgere
la insuperabilità della velocità della luce (“Relatività ristretta” di Einstein) è quello sostenuto da molti teorici secondo i quali le
particelle entangled sono parti di un unico sistema che però è collocato
in uno spazio più espanso e che quando reagisce, si comporta come una entità unica integrata. Per questa ragione la
contemporaneità di risposta non realizza
alcuna violazione del limite cosmico della massima velocità consentita.
L’entanglement comunque, costituisce la base di ricerca delle tecnologie emergenti per il processamento dati i quali,
unitamente all’indispensabile utilizzo
dei classici canali di supporto trasmissivo, consentiranno un prodigioso salto
di qualità alla informatica in generale e agli
elaboratori elettronici in particolare.
È bene però
precisare che il salto qualitativo non riguarda la velocità di trasmissione,
per le ragioni prima precisate, ma la
possibilità di superare il codice binario
(0,1) arricchendo l’informazione con la contemporanea trasmissione
informatica di altri dati come l’ orientamento
di spin.
La ricerca sulle
possibili applicazioni è, infatti, in
procinto di aprire alla computeristica una nuova era con una vera e propria
rivoluzione sulla quantità dei dati di elaborazione. Se questo avverrà, allora
sarà possibile eseguire un numero esorbitante di operazioni al secondo.
Il momento di “riduzione”
Ritornando al concetto dell’entanglement, la teoria sta spingendo l’indagine nel cuore
del sistema rappresentato soprattutto dal
momento della “riduzione”. Invero,
sappiamo che esiste ad un
istante del processo, il momento critico dal quale scatta la
commutazione ma ancora non riusciamo a
comprendere completamente quale sia il preciso fattore scatenante il
cambiamento.
Si deve, infatti,
tener conto che non solo queste entità
particellari si comportano nel
modo descritto quando una di queste
viene misurata, ma anche quando ci
si accinge a preparare la misura
quantunque questa non venga poi
eseguita.
A questo punto si
può ben comprendere su quale terreno l’entanglement ci ha condotto;
terreno che qualcuno non esiterebbe a considerare metafisico se non esoterico.
Le nuove frontiere della scienza
La prospettiva che si sviluppa nel campo della comunicazione ed in
particolare dell'informatica è quella della di un'intelligente applicazione
delle nuove possibilità offerte dall'entenglment. Omettendo una
esauriente descrizione del metodo, si
vuol porre soltanto in evidenza che
mentre l’informatica classica si avvale
del “bit” dotato soltanto
di due livelli di stato (zero o uno) l’entenglement offre invece con
il “qubit” (quantum bit) una
scala di valori praticamente senza soluzione di continuità così come può essere
l’orientamento sincrono degli spin di due o più particelle entangled.
Aggirare gli
ostacoli che si frappongono alle leggi
dell’universo per attivare ciò che si rende necessario al progresso della
scienza e dell’umanità, non è da poco. L’uomo possiede però la più potente arma
dell’universo che la forza del pensiero creativo espressa dalla sua volontà
Oltre la
dimensione reale
Molto ancora vi sarebbe da approfondire sulla
progressione degli eventi di coerenza che le particelle/onde assumono nella fisica quantistica.
Ma le leggi del
cosmo sono così differenti da quelle
che sovraintendono il comportamento umano?
Sarà interessante
esaminare, in una prossima occasione, se le leggi che dominano la materia e
l’energia siano le stesse che riguardano l’Uomo.
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