Il
Premio Nobel per la Fisica 2015 è stato assegnato con la seguente motivazione:“per
la scoperta delle oscillazioni del neutrino,
che dimostra che il neutrino ha massa”
Sono passati
alcuni mesi dal conferimento del premio Nobel 2015 ai due ricercatori, il
giapponese Takaaki Kajita e il canadese
Arthur B. McDonald, per aver dimostrato che tra tipi diversi di neutrini
(neutrino elettronico, neutrino muonico e neutrino tauonico) esiste una
differenza di massa.
di Alberto Zei
Qualche tempo più tardi
Le spiegazioni delle incongruenze che hanno
accompagnato la storia di queste fantomatiche particelle, ovvero dei neutrini, è costellata di affermazioni e di smentite.
Ciò perché le contraddizioni sulle caratteristiche dei neutrini sembrano bene attagliarsi alla natura del
particolarmente piccolo. In tal caso l’entanglement di
stati sovrapposti di differente natura potrebbe rivelarsi al momento dell’osservazione.
L’ipotesi dell’entanglement, così come si vedrà in seguito,
troverà un’altra condizione in cui i neutrini manifestano la loro mutevole natura.
Per tale ragione potrebbero
però essere valide le contraddizioni che questo tipo di ricerca non riesce a
lasciarsi alle spalle. Sarebbe, infatti, ancora possibile conferire paradossalmente
il medesimo riconoscimento a chi riuscisse a dimostrare, con il supporto
dell’osservazione e delle relative spiegazioni teorico-matematiche, che i
neutrini in certe condizioni, come quelle del loro trasferimento, sono
particelle che risultano prive di massa.
L’ inverso di questa situazione sussisterebbe, in tal caso, per
i neutrini all’interno della materia
condensata.
Forse l’unica certezza che
tuttavia viene adombrata con il “forse” è che i neutrini durante il loro
trasferimento non possono assumere una velocità superluminale in quanto tale
condizione violerebbe i presupposti su cui si fonda la
conoscenza della fisica attuale.
La massa dei neutrini
Lo studio del decadimento di un
neutrone in un protone che prevede la generazione di un elettrone non
rispettava il principio di conservazione dell’energia per mancanza ancora di qualcosa. Fu allora che Pauli suggerì che
doveva aggiungersi nell’equazione una
particella, mancante nel bilancio energetico. Così, Enrico Fermi, riflettendo
sull’equazione, chiamò questa nuova arrivata: “neutrino” (antineutrino
elettronico, nel caso di specie), introducendolo nel calcolo con la lettera
greca “ν” in modo da pareggiare
i conti energetici. Questo approccio fu sottoposto a moltissime critiche
e a molti tentativi di misura delle proprietà della nuova particella che, stante
la sua sconosciuta interazione con la materia, poteva assumere pratico significato solo attraverso la sua
eventuale “massa”. Ma la maggiore difficoltà era ed è stata proprio quella di misurarla.
Sin dalla metà del secolo scorso, i risultati teorici offerti
alla conoscenza, anche da parte dei nostri connazionali Majorana, Pontecorvo
e Fermi, hanno costituito decisivi passi verso la comprensione dei neutrini.
Si tratta di particelle
apparentemente insignificanti per la loro minima interazione con la materia, ed
in special modo con quella vivente. Di fatto i neutrini possono penetrare la
materia vivente, per miliardi e miliardi di volte in un secondo, così come
avviene, senza lasciare alcun danno né traccia del loro passaggio. Tuttavia
queste minuscole particelle, se da un lato non rivelano appieno la loro natura, dall’altro fanno comprendere
ciò che diversamente sarebbe impossibile conoscere, circa le relazioni nucleari
che si innescano all’interno del sole e
per estensione, anche delle altre stelle, ad una profondità
considerevole dalla superficie. Infatti,
gli sciami di neutrini che fuoriescono dal profondo del
nostro astro consentono di dedurre la tipologia delle reazioni nucleari che
si verificano all’interno dei corpi stellari.
Nella realtà dei fatti
Non sembri però, questa enorme
mancanza di influenza sulla materia, una esagerazione, in quanto i neutrini
provenienti dal sole e dallo spazio, percorrono da una parte all’altra la Terra, transitando all’ interno della materia
che, in rapporto alla loro
piccolezza, appare costituita da enormi
maglie (a loro volta fatte da altre maglie
alla stessa maniera). Queste particelle sono così minute da
attraversare senza perdersi
all’interno, non solo del nostro pianeta ma delle stelle e delle
galassie (qualche estrema eccezione è
pur sempre ammessa).
I grandi sforzi tecnologici compiuti dai laboratori
più sofisticati e più prestigiosi del mondo, tra cui il LNGS, nelle viscere del Gran Sasso d’Italia, hanno ottenuto modesti
successi per l’intercettazione di queste sfuggenti particelle, finora tuttavia con risultati più teorici che pratici.
Ma dopo le altalenanti
precisazioni da parte di illustri teorici di fisica quantistica, se queste minutissime
entità siano o non siano composte di
materia, ora il conferimento del Nobel 2015 ai due ricercatori
viene motivato dal fatto di averne
finalmente accertato la massa. L’esperimento cruciale per la sua definizione
deve però, essere ancora compiuto, e sembra che il Laboratorio del Gran Sasso
sia molto avanti in questa direzione dell’ “ultimo stato dell’arte”.
La famiglia leptonica
Sono qui tracciate alcune
sfaccettature di questo fantomatico frammento particellare misterioso e affascinante
che, come la “primula rossa”, tutti sanno che c’è ma nessuno sa dov’è.
Per quanto riguarda la
pratica rilevanza dei neutrini, nel
parco delle particelle non sembra al momento essercene più di tanta, in quanto la “polvere di stelle”, si fa per
dire, percepita con la loro presenza non sembra avere alcuna proprietà
autonoma. Anche il mutamento di sapore durante il percorso dei neutrini non è dovuto a una loro
autonomia ma all’entanglement con i partner maggiori della stessa famiglia.
La famiglia dei leptoni
allargata, com’è noto, è composta da elettroni e neutrini nella materia e
di antielettroni e antineutrini
nell’antimateria. Di questi ne esistono
tre tipologie tra loro correlate, cosi come sono correlati tra loro i membri di
una famiglia. Infatti, all’elettrone, al muone e al
tauone con massa progressivamente
crescente, fanno capo i rispettivi neutrini
che prendono l’attributo di elettronico, muonico e tauonico. La medesima
cosa avviene in maniera simmetrica,
nell’antimateria.
La nuova “verginità” scientifica
Parlando di soli neutrini, per
non appesantire il concetto con gli antineutrini e l’antimateria, va detto che già dalla metà del secolo scorso
è stato ipotizzato, matematicamente formulato e poi accettato da una parte dei
fisici che non si trattava di tre entità differenti ma che queste erano
espressione diversa di un unico e più stabile neutrino elettronico.
Tutto ciò il nostro Pontecorvo lo aveva già appurato
negli anni Cinquanta del secolo scorso. Solo
che per ragioni soprattutto politiche, la rivelazione di tale ipotesi, era
stata pubblicata in russo.
La ricerca teorica e le
sperimentazioni fatte da Pontecorvo non si avvalevano certo dei poderosi mezzi come quelli rappresentati dai
potentissimi e mastodontici rivelatori del Gran Sasso in Italia o del Super Kamiokande in Giappone, eppure la valenza di
questo scienziato, più o meno misteriosamente scomparso, aveva superato con la
teoria, l’efficacia dei nuovi mezzi di
indagine sperimentale del terzo millennio.
Per tali ragioni, l’
oscillazione di sapore che solo
adesso sembra essere stata scoperta, non potrà
acquistare, con il conferimento del premio Nobel, una nuova “verginità” scientifica.
L’ entanglement
La variazione di identità non è di poco conto in
quanto, come ora si afferma, implica una differenza di massa fra i tre tipi di
neutrini. Inoltre, se i neutrini contengono materia, con la oscillazione della loro identità detta “sapore”
durante il loro moto, si genera anche una variazione di massa. Ciò dovrebbe comportare a fronte della relatività ristretta anche un altalenante
rallentamento della velocità di
trasferimento, che invece non si
verifica!
L’entanglement è uno di più paradossali fenomeni delle fisica
quantistica e molto più esteso di quanto inizialmente si riteneva nei
comportamenti della materia e non solo.
D’altra parte l’oscillazione di
sapore dei neutrini, per esempio da elettronici a muonici, provenienti dalle
interazioni deboli del sole, avvengono negli alti strati della atmosfera in
quanto i corrispondenti elettroni con i quali risultano “entangled” (correlati
anche a distanza: si veda la teoria dell’entanglement) mutano con lo stesso
ritmo durante l’attraversamento della
atmosfera verso la Terra. Quindi non sono i neutrini, anche a causa della
pressoché impossibile interazione con la materia di ben altra densità, a interagire con l’atmosfera e per di più,
rarefatta; sono invece gli elettroni
“entangled” a innescare l’oscillazione. Questi infatti determinano con la loro, quella dei neutrini che percorrono lo spazio in stato di
sovrapposizione di sapore; sapore che poi assumono
per l’ effetto dell’”entanglement” con i corrispondenti elettroni .
Dubbi e contraddizioni
Di contraddizioni da superare
se ne ritrovano a sufficienza, come quella della velocità che dovrebbero avere i neutrini
secondo la “Relatività ristretta” e che dovrebbe essere quella luminale, ossia
quella della luce solo se i neutrini sono privi di massa. In caso contrario,
ossia di corpuscoli massivi, questi subirebbero un rallentamento in funzione
non lineare della quantità di materia di cui sarebbero costituiti.
Di quanto? Nessuno ancora può
dirlo con certezza. Vi è però una verità della fisica quantistica che riguarda
tutto l’universo, compreso il tempo. E’ infatti dimostrato matematicamente che
tutto è composto di quanti e cioè, di
entità elementari piccolissime al di sotto delle quali non c’è più
possibilità di scendere. Così anche il tempo scorre per quanti. Gli eventi sono
come fotogrammi di una pellicola che solo in sequenza danno l’illusione della
continuità.
I limiti della continuità
Ebbene, analogamente a quanto
detto, non è possibile nell’infinitamente piccolo concepire qualcosa, compreso
il tempo, che sia con continuità sempre più piccolo del più piccolo. Inoltre le
grandezze delle particelle primarie si
distinguono per grande differenza quantitativa dalle altre della stessa famiglia. In
apparente contraddizione i neutroni e i
protoni; ma solo questi ultimi sono particelle primarie e non possono perciò essere
comparati per densità di materia con i
neutroni, poiché questi sono dei composti e pertanto non costituiscono alcuna
eccezione alla regola, dal momento che le
leggi dell’universo non lo consentono. I cambiamenti di stato
dell’estremamente piccolo che compone l’estremamente grande, avvengono infatti
per salti discreti, ossia, per quanti.
Esplosione della
Supernova apparsa nel 1987
Alcune critiche e chiarimenti
Quando il CERN
nel 2011 fu vittima di quella terribile “cappellata” sulla misura della
velocità dei neutrini, ritenuta superiore a quella della luce, il tempo di
sopra avanzamento stimato in un tratto di 730 km era di 60 milionesimi
di secondo in più di quella luminale.
Ma una riprova empirica e inconfutabile che la
velocità dei neutrini e dei fotoni fosse la medesima della luce, era stata data
già dal 1987, quando arrivò sulla terra la visione (attraverso i fotoni) della
supernova distante dalla Terra circa 168 mila anni luce, apparsa nella Grande Nube di Magellano e che,
per qualche giorno, si manifestò in tutto il suo immenso fulgore.
Ebbene, in quella occasione, in
virtù di un numero trascendente di neutrini (e antineutrini)
scaturiti dalla disintegrazione del corpo celeste, i più grandi rivelatori del
mondo installati nei due emisferi, intercettarono un congruo numero di presenze
sui detectors.
Cinque ore più tardi della rivelazione dei neutrini, ebbe luogo la visione dei primissimi segni dell’ esplosione.
Questo fatto è di estrema
importanza scientifica poiché per la
prima volta al mondo si è avuta la inconfutabile certezza che la velocità dei neutrini e
quella dei fotoni, ossia quella della
luce, fosse la medesima
Differenze che restituiscono la
parità
La spiegazione è semplice in
quanto è vero che dopo un viaggio cosi lungo, i
neutrini arrivarono sulla Terra
alcune ore prima dei fotoni, ossia della luce dell’esplosione,
non perché avessero una diversa velocità
rispetto ai fotoni, ma solo per il fatto che erano stati espulsi prima, durante
l’ implosione; implosione che è la fase iniziale dell’ evento catastrofico delle
supernove. In questo tempo che dura poche ore, una parte considerevole dell’energia
della supernova, che collassa
comprimendo la materia, viene irradiata sotto forma di neutrini che si
formano quando gli elettroni e protoni dei nuclei si fondono
in neutroni.
Solo dopo alcune ore, per l’effetto
della compressione e del conseguente surriscaldamento
di tutta la materia siderale, si determina
per rimbalzo l’ evento opposto, ossia, l’ esplosione cosmica della
supernova. Questa, polverizza il corpo dell’astro
dal quale improvvisamente scaturisce una
immensa vampata di luce, ovvero, di fotoni. Ma la maggior parte dei neutrini
era già sfuggita prima, per effetto della sua piccolezza, attraverso le maglie
della materia, la quale si comprime nel tempo dell’implosione che anticipa di
qualche ora quello dell’esplosione.
Repertorio - Tracce di particelle di una collisione.
La granulosità del tempo
La differenza di poche ore, che
intercorre tra la partenza dei flussi di neutrini e quello dei fotoni, è
stata infatti riscontrata anche all’
arrivo, poiché neutrini e fotoni hanno
percorso lo spazio alla stessa velocità luminale (300mila km/sec.), mantenendo
pertanto tra di loro il medesimo
distacco della partenza.
Va però anche ricordato che la distanza della
supernova dalla Terra è di 168 mila
anni-luce e quindi proprio per la granulosità degli stessi quanti di
tempo, (teoricamente misurabili), non sarebbe possibile ottenere rispetto ai
fotoni, una differenza di arrivo esageratamente minima in rapporto alla distanza cosmica del
percorso superato. Ovviamente ciò che vale per l’anticipo, vale anche per un eventuale ritardo.
Se infatti, quella variazione
temporale di 60 milionesimi di secondo, che sembra un’inezia, del percorso
sperimentale di neutrini tra il CERN e il Laboratorio del Gran Sasso (LNGS) fosse parimenti applicata ai neutrini scaturiti dalla implosione della
supernova, allora questi sarebbero
arrivati sulla terra prima ancora dell’inizio della storia dell’umanità e cioè con
il congruo (è un eufemismo!) anticipo di
ben 4140 anni! Era quindi più che evidente, al momento dell’annuncio al
mondo da parte degli allora responsabili del CERN e del Gran Sasso che i neutrini non potevano essere dotati di velocità super-luminale e che una notizia di tal genere non poteva avere
alcuna possibilità di essere accettata per più di qualche settimana.
Mille teorie non valgono un fatto
Da una
parte ci troviamo di
fronte ad un fatto
inconfutabile, almeno per
il momento: “I neutrini hanno una
massa” poiché non sarebbe possibile negare la fiducia all’operato dei giudici di Stoccolma. Pertanto si
accetta anche che esista una differenza di massa fra i vari tipi di
neutrini, ovvero, tra i sapori, ma non si sa ancora quale sia la
massa di riferimento, per esempio se
quella del neutrino elettronico. L’affermazione
che:“I neutrini hanno una massa” non è ancora stata dimostrata
sperimentalmente. Ai Laboratori del Gran Sasso,
i lavori per la determinazione diretta della “massa del neutrino” stanno
continuando ma non si hanno previsione certe e/o affidabili sui tempi di attesa.
D’altra
parte, non sarà questo riconoscimento che Stoccolma fa della massa ad intervenire
sui cardini fondamentali e consolidati della nostra cultura scientifica
occidentale, e cioè su quelli della
relatività e in secondo luogo su quelli del Modello Standard e della relativa Teoria Standard.
In estrema sintesi si può dire che i neutrini
possono far “oscillare” la loro identità di sapore soltanto nel caso che gli
stessi siano dotati di massa; ma la certezza della massa dei tre sapori dei neutrini non può essere
confermata, senza ricorrere alla interpretazione sistematica tra i contenuti
dei seguenti presupposti:
· la mancanza
di massa è in accordo con la velocità
luminale della Relatività ristretta;
· la dotazione
di massa è stata riconosciuta dal conferimento del Premio Nobel
2015;
· la mancanza di
massa è in accordo con la Teoria
Standard;
· la dotazione
di massa è indispensabile per esprimere le variazioni di sapore;
· la mancanza di
massa corrisponde alla costatazione strumentale (degli Osservatori dei neutrini
dislocati intorno al mondo) che i fotoni provenienti dalla Supernova del 1987 e
i relativi neutrini sono arrivati sulla Terra in sostanziale contemporaneità.
Dove sta il vero?
In
merito alla velocità va detto che qualsiasi fermione, a causa della sensibile
differenza di massa tra le altre particelle, si differenzierebbe in velocità
rispetto a quella luminale, tanto che qualsiasi velocità si voglia attribuire
ai neutrini, non esistono esempi in natura di quanti, ossia di quantità di
grandezze fisiche (massa nel caso di specie) in progressione cosi ravvicinata
da non
consentire di distanziare i neutrini e i
fotoni neppure di “una tacca” dopo 168
millenni di viaggio comune.
Dalla
incompatibilità di questo combinato, deriva il fatto che alcuni dei presupposti indicati, tra cui quelli relativi al riconoscimento del Premio Nobel,
siano falsi.
Quali?Le
contraddizioni di oggi inverosimilmente reggeranno il confronto di domani?
Finalmente qualche certezza
Nel convegno organizzato dal
CESMA, con molta partecipazione di pubblico - in Viale dell’ Università, presso
la accogliente Casa dell’Aviatore di Roma - la prof.ssa Lucia Votano del LNGS ha messo in luce soprattutto il profilo storico
del concetto di neutrino nonché altri aspetti correlati. Ma la conoscenza
attualizzata della ricerca di questa sfuggevole particella è un argomento
altrettanto interessante che meriterebbe un approfondimento scientifico dedicato.
Dopo la sua relazione
sull’argomento riguardante la storia della ricerca dei neutrini, ha concesso ai presenti qualche domanda.
Tenuto conto sia della minore
velocità di percorso, rispetto a quella della luce, di particelle dotate di massa [cosi come dimostrato da
Einstein con la Relatività Ristretta], sia dell’identica velocità tra fotoni e
neutrini, è stato chiesto come si conciliasse la velocità luminale ormai più
che certa attribuita ai neutrini, con la loro dotazione di massa. La lapidaria risposta
della prof.ssa Votano è stata: “I neutrini sono un pochino meno veloci”.