giovedì 4 febbraio 2016

NUOVE PROSPETTIVE DELLA FISICA QUANTISTICA

 
Il Premio Nobel per la Fisica 2015 è stato assegnato con la seguente motivazione:“per la scoperta delle oscillazioni del neutrino, che dimostra che il neutrino ha massa”



 Sono passati alcuni mesi dal conferimento del premio Nobel 2015 ai due ricercatori, il giapponese Takaaki Kajita e il canadese Arthur B. McDonald, per aver dimostrato che tra tipi diversi di neutrini (neutrino elettronico, neutrino muonico e neutrino tauonico) esiste una differenza di massa.

di Alberto Zei


Qualche tempo più tardi
 Le spiegazioni delle incongruenze che hanno accompagnato la storia di queste fantomatiche particelle, ovvero dei neutrini,  è costellata di affermazioni e di smentite. Ciò perché le contraddizioni sulle caratteristiche dei  neutrini sembrano  bene attagliarsi alla natura del particolarmente piccolo. In tal caso l’entanglement  di  stati sovrapposti di differente natura potrebbe rivelarsi al momento dell’osservazione. L’ipotesi dell’entanglement, così come si vedrà in seguito, troverà un’altra condizione in cui i neutrini manifestano la loro mutevole natura.
Per tale ragione potrebbero però essere valide le contraddizioni che questo tipo di ricerca non riesce a lasciarsi alle spalle. Sarebbe, infatti, ancora possibile conferire paradossalmente il medesimo riconoscimento a chi riuscisse a dimostrare, con il supporto dell’osservazione e delle relative spiegazioni teorico-matematiche, che i neutrini in certe condizioni, come quelle del loro trasferimento, sono particelle che risultano prive di massa.
L’ inverso di questa  situazione sussisterebbe, in tal caso, per i  neutrini all’interno della materia condensata.
Forse l’unica certezza che tuttavia viene adombrata con il “forse” è che i neutrini durante il loro trasferimento non possono assumere una velocità superluminale in quanto tale condizione violerebbe i presupposti su cui si fonda  la  conoscenza della fisica attuale.

La massa dei neutrini
Lo studio del decadimento di un neutrone in un protone che prevede la generazione di un elettrone non rispettava il principio di conservazione dell’energia per mancanza ancora  di qualcosa. Fu allora che Pauli suggerì che doveva aggiungersi  nell’equazione una particella, mancante nel bilancio energetico. Così, Enrico Fermi, riflettendo sull’equazione, chiamò questa nuova arrivata: “neutrino” (antineutrino elettronico, nel caso di specie), introducendolo nel calcolo con la lettera greca “ν”  in modo da  pareggiare  i conti energetici. Questo approccio fu sottoposto a moltissime critiche e a molti tentativi di misura delle proprietà della nuova particella che, stante la sua sconosciuta interazione con la materia, poteva assumere pratico significato solo attraverso la sua eventuale  “massa”. Ma la maggiore  difficoltà era ed è stata proprio  quella di misurarla.
Sin dalla metà del secolo scorso, i risultati teorici  offerti alla  conoscenza, anche da parte  dei nostri connazionali Majorana, Pontecorvo e Fermi, hanno costituito decisivi passi verso la comprensione  dei neutrini.
Si tratta di particelle apparentemente insignificanti per la loro minima interazione con la materia, ed in special modo con quella vivente. Di fatto i neutrini possono penetrare la materia vivente, per miliardi e miliardi di volte in un secondo, così come avviene, senza lasciare alcun danno né traccia del loro passaggio. Tuttavia queste minuscole particelle, se da un lato non rivelano appieno la loro natura, dall’altro fanno comprendere ciò che diversamente sarebbe impossibile conoscere, circa le relazioni nucleari che si innescano all’interno del sole e  per estensione, anche delle altre stelle, ad una profondità considerevole  dalla superficie. Infatti, gli  sciami di  neutrini che fuoriescono dal profondo del nostro astro  consentono di dedurre la tipologia delle reazioni nucleari che si verificano all’interno dei corpi stellari.

Nella realtà dei fatti
Non sembri però, questa enorme mancanza di influenza sulla materia, una esagerazione, in quanto i neutrini provenienti dal sole e dallo spazio, percorrono da una  parte all’altra la Terra, transitando  all’ interno della  materia  che, in rapporto alla  loro piccolezza, appare costituita da  enormi maglie  (a loro volta fatte da altre maglie  alla stessa maniera). Queste  particelle sono così minute da attraversare  senza perdersi all’interno,  non solo del  nostro pianeta ma delle stelle e delle galassie (qualche estrema eccezione è  pur sempre ammessa).
I grandi  sforzi tecnologici compiuti dai laboratori più sofisticati e più prestigiosi del mondo, tra cui il LNGS, nelle viscere del Gran Sasso d’Italia, hanno ottenuto modesti successi per l’intercettazione di queste sfuggenti particelle, finora tuttavia con risultati  più teorici che  pratici.
Ma dopo le altalenanti precisazioni da parte di illustri teorici di fisica quantistica, se queste minutissime entità siano o non siano composte di  materia, ora il conferimento del Nobel 2015 ai due  ricercatori  viene motivato dal  fatto  di averne  finalmente accertato la massa. L’esperimento cruciale per la sua definizione deve però, essere ancora compiuto, e sembra che il Laboratorio del Gran Sasso sia molto avanti in questa direzione dell’ “ultimo stato dell’arte”.

La famiglia leptonica
Sono qui tracciate alcune sfaccettature di questo fantomatico frammento particellare misterioso e affascinante che, come la “primula rossa”, tutti sanno che c’è ma nessuno sa dov’è.
Per quanto riguarda la pratica  rilevanza dei neutrini, nel parco delle particelle non sembra al momento essercene più di tanta,  in quanto la “polvere di stelle”, si fa per dire, percepita con la loro presenza non sembra avere alcuna proprietà autonoma. Anche  il mutamento di sapore durante il percorso  dei neutrini non è dovuto a una loro autonomia ma all’entanglement  con i partner maggiori della stessa famiglia.
La famiglia dei leptoni allargata, com’è noto, è composta da elettroni e neutrini nella materia e di antielettroni e antineutrini nell’antimateria. Di questi  ne esistono tre tipologie tra loro correlate, cosi come sono correlati tra loro i membri di una  famiglia. Infatti,  all’elettrone, al  muone e al  tauone con massa progressivamente crescente, fanno capo i rispettivi neutrini  che prendono  l’attributo di elettronico, muonico e tauonico. La medesima cosa avviene in maniera  simmetrica, nell’antimateria.

La nuova “verginità” scientifica
Parlando di soli neutrini, per non appesantire il concetto con gli antineutrini e l’antimateria,  va detto che già dalla metà del secolo scorso è stato ipotizzato, matematicamente formulato e poi accettato da una parte dei fisici che non si trattava di tre entità differenti ma che queste erano espressione diversa di un unico e più stabile neutrino elettronico.
Tutto ciò  il nostro Pontecorvo lo aveva già appurato negli anni Cinquanta del secolo scorso. Solo che per ragioni soprattutto politiche, la rivelazione di tale ipotesi, era stata pubblicata in russo.
La ricerca teorica e le sperimentazioni fatte da Pontecorvo non si avvalevano certo dei poderosi  mezzi come quelli rappresentati dai potentissimi e mastodontici rivelatori del Gran Sasso in Italia o del Super Kamiokande in Giappone, eppure la valenza di questo scienziato, più o meno misteriosamente scomparso, aveva superato con la teoria, l’efficacia dei nuovi  mezzi di indagine sperimentale del terzo millennio.  
Per tali ragioni, l’ oscillazione di sapore  che solo adesso  sembra essere stata scoperta,  non potrà  acquistare, con il conferimento del premio Nobel, una nuova “verginità”  scientifica.   

L’ entanglement
La  variazione di identità non è di poco conto in quanto, come ora si afferma, implica una differenza di massa fra i tre tipi di neutrini. Inoltre, se i neutrini contengono materia, con la  oscillazione della loro identità detta “sapore” durante il loro moto, si genera anche una variazione di massa. Ciò dovrebbe comportare  a fronte della relatività ristretta anche un altalenante rallentamento della velocità  di trasferimento, che invece non  si verifica!




L’entanglement è uno di più paradossali fenomeni delle fisica quantistica e molto più esteso di quanto inizialmente si riteneva nei comportamenti della materia e non solo. 


D’altra parte l’oscillazione di sapore dei neutrini, per esempio da elettronici a muonici, provenienti dalle interazioni deboli del sole, avvengono negli alti strati della atmosfera in quanto i corrispondenti elettroni con i quali risultano “entangled” (correlati anche a distanza: si veda la teoria dell’entanglement) mutano con lo stesso ritmo durante l’attraversamento  della atmosfera verso la Terra. Quindi non sono i neutrini, anche a causa della pressoché impossibile interazione con la materia di ben altra densità,  a interagire con l’atmosfera e per di più, rarefatta; sono invece gli elettroni “entangled” a innescare l’oscillazione. Questi infatti  determinano con la loro, quella dei  neutrini che percorrono lo spazio in stato di sovrapposizione  di sapore; sapore che poi  assumono  per l’ effetto dell’”entanglement” con i corrispondenti elettroni .

Dubbi e contraddizioni
Di contraddizioni da superare se ne ritrovano a sufficienza, come quella della  velocità che dovrebbero avere i neutrini secondo la “Relatività ristretta” e che dovrebbe essere quella luminale, ossia quella della luce solo se i neutrini sono privi di massa. In caso contrario, ossia di corpuscoli massivi, questi subirebbero un rallentamento in funzione non lineare della quantità di materia di cui sarebbero costituiti.
Di quanto? Nessuno ancora può dirlo con certezza. Vi è però una verità della fisica quantistica che riguarda tutto l’universo, compreso il tempo. E’ infatti dimostrato matematicamente che tutto è composto di quanti e cioè, di  entità elementari piccolissime al di sotto delle quali non c’è più possibilità di scendere. Così anche il tempo scorre per quanti. Gli eventi sono come fotogrammi di una pellicola che solo in sequenza danno l’illusione della continuità.

I limiti della continuità
Ebbene, analogamente a quanto detto, non è possibile nell’infinitamente piccolo concepire qualcosa, compreso il tempo, che sia con continuità sempre più piccolo del più piccolo. Inoltre le grandezze delle  particelle primarie si distinguono per grande differenza quantitativa dalle altre della stessa famiglia. In  apparente contraddizione i neutroni e i protoni; ma solo questi ultimi sono particelle primarie e non possono perciò essere comparati  per densità di materia con i neutroni, poiché questi sono dei composti e pertanto non costituiscono alcuna eccezione alla regola, dal momento che le  leggi dell’universo non lo consentono. I cambiamenti di stato dell’estremamente piccolo che compone l’estremamente grande, avvengono infatti per salti discreti, ossia, per quanti.

    

Esplosione  della  Supernova  apparsa  nel 1987


 Alcune critiche e chiarimenti
 Quando il CERN  nel 2011 fu vittima di quella terribile “cappellata” sulla misura della velocità dei neutrini, ritenuta superiore a quella della luce, il tempo di sopra avanzamento stimato in un tratto di 730 km era di 60 milionesimi di secondo in più di quella luminale.
Ma una  riprova empirica e inconfutabile che la velocità  dei neutrini e dei fotoni  fosse la medesima della luce, era stata data già dal 1987, quando arrivò sulla terra la visione (attraverso i fotoni) della supernova distante dalla Terra circa 168 mila anni luce,  apparsa nella Grande Nube di Magellano e che, per qualche giorno, si manifestò in tutto il suo immenso fulgore.
Ebbene, in quella occasione, in virtù di un  numero  trascendente di neutrini (e antineutrini) scaturiti dalla disintegrazione del corpo celeste, i più grandi rivelatori del mondo installati nei due emisferi, intercettarono un congruo numero di presenze sui detectors.
Cinque ore  più tardi della rivelazione  dei neutrini, ebbe luogo la visione dei primissimi segni dell’ esplosione.
Questo fatto è di estrema importanza  scientifica poiché per la prima volta al mondo si è avuta la inconfutabile  certezza che la velocità dei neutrini e quella dei fotoni, ossia  quella della luce, fosse la medesima

Differenze che restituiscono  la parità
La spiegazione è semplice in quanto è vero che dopo un viaggio cosi lungo,  i  neutrini arrivarono  sulla Terra alcune ore  prima  dei fotoni, ossia della luce dell’esplosione, non perché avessero una diversa velocità rispetto ai fotoni, ma solo per il fatto che erano stati espulsi prima, durante l’ implosione; implosione che è la fase iniziale dell’ evento catastrofico delle supernove. In questo tempo che dura poche ore, una parte considerevole dell’energia della supernova, che collassa  comprimendo la materia, viene irradiata sotto forma di neutrini che si formano quando gli elettroni e protoni dei nuclei  si fondono  in neutroni.
Solo dopo alcune ore, per l’effetto della compressione e del conseguente  surriscaldamento di tutta la materia siderale, si determina  per rimbalzo l’ evento opposto, ossia, l’ esplosione cosmica della supernova. Questa,  polverizza il corpo dell’astro dal quale improvvisamente  scaturisce una immensa vampata di luce, ovvero, di fotoni. Ma la maggior parte dei neutrini era già sfuggita prima, per effetto della sua piccolezza, attraverso le maglie della materia, la quale si comprime nel tempo dell’implosione che anticipa di qualche ora quello dell’esplosione.



Repertorio - Tracce di particelle  di una collisione.


 La granulosità del tempo
La differenza di poche ore, che intercorre tra la partenza dei flussi di neutrini e quello dei fotoni, è stata  infatti riscontrata anche all’ arrivo, poiché  neutrini e fotoni hanno percorso lo spazio alla stessa velocità  luminale (300mila km/sec.), mantenendo pertanto  tra di loro il medesimo distacco della partenza.
Va però  anche ricordato che la distanza della supernova dalla Terra è di 168 mila  anni-luce e quindi proprio per la granulosità degli stessi quanti di tempo, (teoricamente misurabili), non sarebbe possibile ottenere rispetto ai fotoni, una differenza di arrivo esageratamente minima  in rapporto alla distanza  cosmica del  percorso superato. Ovviamente ciò che vale per  l’anticipo, vale  anche per un eventuale ritardo.
Se infatti, quella variazione temporale di 60 milionesimi di secondo, che sembra un’inezia, del percorso sperimentale di neutrini tra il CERN e il Laboratorio del Gran Sasso (LNGS) fosse parimenti applicata ai neutrini scaturiti dalla implosione della supernova, allora questi  sarebbero arrivati sulla terra prima ancora dell’inizio della storia dell’umanità e cioè con il congruo (è un eufemismo!) anticipo di ben 4140 anni! Era quindi più che evidente, al momento dell’annuncio al mondo da parte degli allora responsabili del CERN e del Gran Sasso  che i neutrini non potevano essere  dotati di velocità super-luminale e che  una notizia di tal genere non poteva avere alcuna possibilità di essere accettata per più di  qualche settimana.

Mille teorie non valgono un fatto
Da  una  parte ci  troviamo  di  fronte  ad   un fatto   inconfutabile,  almeno   per  il momento:  “I neutrini hanno una massa” poiché non sarebbe possibile negare la fiducia all’operato dei  giudici di Stoccolma.  Pertanto si  accetta anche che esista una differenza di massa fra i vari tipi di neutrini, ovvero, tra i  sapori, ma non si sa ancora quale sia la massa di riferimento,  per esempio se quella  del neutrino elettronico. L’affermazione che:“I neutrini hanno una massa” non è ancora stata dimostrata sperimentalmente. Ai Laboratori del Gran Sasso,  i lavori per la determinazione diretta della “massa del neutrino” stanno continuando ma non si hanno previsione certe e/o affidabili sui tempi di attesa.
D’altra parte, non sarà questo riconoscimento che Stoccolma fa della massa ad intervenire sui cardini fondamentali e consolidati della nostra cultura scientifica occidentale, e cioè  su quelli della relatività e in secondo luogo su quelli del Modello Standard e della  relativa Teoria Standard.
 In estrema sintesi si può dire che i neutrini possono far “oscillare” la loro identità di sapore soltanto nel caso che gli stessi siano dotati di massa; ma la certezza della massa dei  tre sapori dei neutrini non può essere confermata, senza ricorrere alla interpretazione sistematica tra i contenuti dei seguenti  presupposti:
·  la mancanza di massa è in accordo con la  velocità luminale della Relatività ristretta;
·  la dotazione di massa  è stata  riconosciuta dal conferimento del Premio Nobel 2015;
·    la mancanza di massa  è in accordo con la Teoria Standard;
· la dotazione di massa  è indispensabile  per esprimere le  variazioni di sapore;
·  la mancanza di massa corrisponde alla costatazione strumentale (degli Osservatori dei neutrini dislocati intorno al mondo) che i fotoni provenienti dalla Supernova del 1987 e i relativi neutrini sono arrivati sulla Terra in sostanziale contemporaneità.

Dove sta il vero?
In merito alla velocità va detto che qualsiasi fermione, a causa della sensibile differenza di massa tra le altre particelle, si differenzierebbe in velocità rispetto a quella luminale, tanto che qualsiasi velocità si voglia attribuire ai neutrini, non esistono esempi in natura di quanti, ossia di quantità  di grandezze fisiche (massa nel caso di specie) in progressione cosi ravvicinata da  non consentire di distanziare i neutrini  e i fotoni neppure di  “una tacca” dopo 168 millenni di viaggio comune.
Dalla incompatibilità di questo combinato, deriva il fatto che alcuni  dei presupposti indicati, tra cui quelli  relativi al riconoscimento del Premio Nobel, siano  falsi. 
Quali?Le contraddizioni di oggi inverosimilmente reggeranno il  confronto di domani?

Finalmente qualche certezza
Nel convegno organizzato dal CESMA, con molta partecipazione di pubblico - in Viale dell’ Università, presso la accogliente Casa dell’Aviatore di Roma - la prof.ssa Lucia Votano del LNGS ha messo  in luce soprattutto il profilo storico del  concetto di neutrino nonché  altri aspetti correlati. Ma la conoscenza attualizzata della ricerca di questa sfuggevole particella è un argomento altrettanto  interessante  che meriterebbe  un approfondimento scientifico dedicato. 
Dopo la sua relazione sull’argomento riguardante la storia della ricerca dei neutrini,  ha concesso ai  presenti qualche domanda. 
Tenuto conto sia della  minore  velocità di percorso, rispetto a quella della luce, di particelle  dotate di massa [cosi come dimostrato da Einstein con la Relatività Ristretta], sia dell’identica velocità tra fotoni e neutrini, è stato chiesto come si conciliasse la velocità luminale ormai più che certa attribuita ai neutrini, con la loro dotazione di massa. La lapidaria risposta della prof.ssa Votano  è stata: “I neutrini sono un pochino meno veloci”. 

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