SEGUE da: L’ebraismo di Kafka, parte I
C’è di più: chi prenderebbe le righe iniziali
del piccolo racconto “Il nuovo avvocato” [13] per
la trasposizione romanzesca del “Libro della trasmigrazione delle anime” della
scuola di Luria [14], chi
crederebbe seriamente che qui si stia parlando della dottrina del ghilghul ? [15] Altri
racconti, come “Un incrocio”, “Una relazione accademica” o “Il
cacciatore Gracco” lo testimoniano espressamente. Ecco allora la
grande comicità di Kafka, messa giustamente in luce da Thomas Mann, la sua
geniale capacità di fare incursione nel sacro per trarne argomento di riso. Ma
Kafka non dissacra, al contrario! Ci mostra invece che il grottesco finisce
spesso per essere, fatalmente, la dimensione umana di vivere il sacro.
Poco importa allora sapere se il riso sia
il sigillo che Kafka appone sulla tradizione o se, come sostiene Walter
Benjamin, ‘troverebbe la chiave per comprendere Kafka chi riuscisse a individuare
gli aspetti comici della teologia ebraica’ [16].
Prendiamo i romanzi e si vedrà subito, come già si è visto a proposito
del ghilghul, come siano
rivisitate da Kafka alcune tradizionali dottrine della Qabbalah. La
fisiognomica, per esempio, o arte di leggere i segni del viso e del corpo, è
oggetto di specifici trattati cabbalistici (come il Sefer Chokhmat haParzuf)
e costituisce una importante sezione dello Zohar. L’esito di un
processo, dice il commerciante Block a Josef K., può spesso dipendere dal viso
dell’accusato, specialmente dalla linea delle sue labbra.
Ecco un modo per
sorridere di un’antica dottrina e portarla dal cielo alla terra. Persino quando
si parla del ‘posto’ che la
Torah riserva ad ogni ebreo non muta la modalità kafkiana di
sorridere in faccia al destino. Nel breve racconto “Davanti alla legge”,
ripreso anche nelle ultime pagine del Processo, rivive la leggenda
del ‘guardiano della soglia’:
«Davanti alla Legge sta un usciere. A lui si rivolge un campagnolo e chiede di
entrare nella Legge. Ma l’usciere dice che per il momento non gli può
consentire l’accesso. L’uomo riflette, poi chiede se potrà entrare più tardi.
‘Forse’, dice l’usciere, ‘ma non ora’ (…) L’usciere gli offre uno sgabello e la
fa sedere vicino alla porta. Lì quello siede, giorni e anni. Compie parecchi
tentativi per essere ammesso nell’interno, stanca l’usciere con le sue
preghiere (…) L’uomo, che per il viaggio s’era provvisto d’un gran corredo,
ricorre a tutto, non importa se sono cose di valore, per corrompere l’usciere.
Quello non respinge i doni, ma dice: ‘Accetto solo perché tu non creda di avere
lasciato qualcosa d’intentato’. Per anni e anni, l’uomo non cessa d’osservare
l’usciere (…) Infine la sua vista s’indebolisce (…) Non ha più molto da vivere.
Prima della morte, tutte le vicende degli ultimi tempi, concentrate nella sua
testa, si traducono in una domanda che ancora non ha rivolto all’usciere (…)
‘Se tutti aspirano alla Legge’, dice l’uomo, ‘come mai, in tanti anni, nessuno,
oltre me, ha chiesto di entrare?’. Il
guardiano capisce che l’uomo è agli estremi e per farsi intendere ruggisce
contro il suo orecchio ormai chiuso: ‘Qui nessuno poteva entrare, la porta era
destinata solo a te. Ora me ne vado e la chiudo»[17].
Dove ha fallito l’uomo di campagna? La
risposta è nel Talmud ci ricorda Groezinger [18]. ‘Uomo di campagna’ è definito nel Talmud chi
non studia e non conosce la Torah. Ma c’è un’altra risposta
possibile: quest’uomo s’è messo in fila, ha sperato, ha pregato, ha lottato
sino all’ultimo cercando di passare con
ogni mezzo, lecito e illecito, senza accorgersi che il “posto” cui aspirava gli era
stato già riservato.
Il cabbalista teurgo fa di tutto pur di
attrarre la Shekinah nel mondo. Lo Zohar e
gran parte dei libri della tradizione assegnano simbolicamente alla Shekinah la
figura femminile. Naturalmente, ciò non significa che ogni donna rappresenti la
Shekinah, oltre tutto perché la donna nella tradizione ebraico-cabbalista è
vista anche come immagine di Lilith [19]. Sulla scia di altri autori, Groezinger coglie la stessa
ambivalenza nelle donne dei romanzi di Kafka, ma non può fare a meno di notare
che da loro deriva spesso un grande aiuto ai protagonisti.
Sappiamo già cosa Kafka pensi di questi aiuti.
Neppure l’avvocato Huld, che in ebraico significa grazia,
con riferimento alla sephirah Chesed, sembra in grado di salvare
Josef K. nel Processo. Sin dal primo approccio traspare qualche
difficoltà. L’avvocato abita in una casa scura e ciò che fa subito dire è di
essere ammalato. Quando finalmente appare a Josef K. e a suo zio,
l’avvocato Huld giace sofferente di cuore in un letto e Leni,
la segretaria-amante dice che egli, per le condizioni di salute, non può
trattare nessun affare. La cosa in apparenza più paradossale è che l’avvocato
quando si avvede della presenza di Josef K. e capisce che il vecchio amico non
è venuto ‘per fare visita ad un malato, ma per affari’, si rianima come per
incanto e, con grande sorpresa di Josef K., mostra di conoscere già tutto sul
processo. Ma l’impressione più interessante che si ricava da questo primo
incontro con Huld-grazia è che l’avvocato potrà fare ben poco per
Josef K. e che se un aiuto verrà, questo sarà opera di Leni-Shekinah.
Dunque l’aiuto femminile si rivela come un aiuto speciale che,
se non conduce a salvezza, è tuttavia di gran conforto.
Anche Frida nel Castello si
rivela un aiuto speciale e una presenza soccorritrice. Anche
lei, come Leni, è in contatto con l’Alto e per certo tempo si propone come
efficace intermediario tra l’agrimensore K. e il suo diretto superiore, l’ invisibile signor
Klamm. L’amore di Frida è ricambiato dall’agrimensore con riluttanza e
senza abbandono e benché si avveda che in lei ‘c’è qualcosa di allegro, di
libero’, egli ha
come l’impressione di smarrirsi nell’abbraccio della donna e teme che le
sue speranze di ascesa vadano in fumo [20].
Tutto ciò ha una implicazione metafisica: la
sephirah Chesed-grazia si rivela inefficace in un mondo creato e mantenuto con Ghevurah,
la sephirah del potere, del giudizio e del terrore. Ne sanno qualcosa i cabbalisti dello Zohar che
nel commentare la risposta di Dio ad Abramo [21] concordano nel ritenere che la discendenza viene ad
Abramo dal 'segreto del Nome', perché è dal fuoco di Ghevurah [22] che nel mondo nascono i frutti e ogni prodotto, non
dall'orizzonte inferiore delle stelle e delle costellazioni. Ne sa qualcosa il
cabbalista Eliya de Vidas che in Reshit Chokhmà parla di un
“tribunale sempre presente, che in ogni momento può intervenire nella vita
umana concreta con malattie e sofferenze di ogni tipo e il cui verdetto può
essere rinviato, ma può anche portare subito a morte” [23]. In siffatto universo, dunque, la Grazia (la sephirah Chesed) si rivela troppo
distante e periferica per mitigare il Giudizio (la sephirah Ghevurah), questo
compito sembra più che altro appartenere alla Shekinah che,
in sembianze femminili, quando discende, dell’Alto mantiene intatta la divina
presenza.
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13 “Abbiamo un nuovo
avvocato, il dottor Bucefalo. Esteriormente poco rammenta il tempo in cui era
ancora cavallo di battaglia di Alessandro di Macedonia. Certo chi conosce bene
le circostanze, nota alcuni particolari. Eppure vidi ultimamente sulla
scalinata esterna persino un semplicissimo usciere del Tribunale ammirare
l’avvocato con lo sguardo professionale del piccolo frequentatore delle corse,
mentre costui, tirando su i piedi con un passo che risonava sul marmo, saliva
di gradino in gradino”. (F. Kafka, I Racconti di Kafka, p.145)
14 Su Ytzchàq Luria Ashkenazi (1534-1572), figura centrale della nuova Qabbalah,
cfr.G.G.Scholem, La
Cabala , trad.it., Roma 1989, pp.80-86 e dello stesso
autore, Le grandi correnti della mistica ebraica, Il saggiatore,
Mondadori, Milano 1965, cap.VII.
15
Ghilghul l w g l g = 72, come i
nomi di Dio e come Chesed d s j grazia, quarta sephirah
dell’Albero. Il Ghilghul è insieme lo strumento divino della
misericordia e del giudizio. Essere
nel Ghilghul significa aver subito la condanna del tribunale
celeste ma trovarsi anche nella condizione di poter emendare le proprie colpe.
Per tale scopo, uno spirito può incarnarsi di nuovo nei figli o nei familiari,
ma anche in corpi di esseri a lui estranei, umani o di animali. Con una
differenza rispetto alla tradizionale concezione della reincarnazione: qui lo
spirito non si dà necessariamente un corpo nuovo ma può coabitare con altri
spiriti in corpi che spesso gli sono congeniali per affinità genetica.
16 Cfr.
W. Benjamin, Lettere 1913-1940, trad. it., Milano 1978, p.380
17 Cfr. F. Kafka, Racconti,
trad. it., di G. Zampa, Feltrinelli, VI Ediz., Milano 1965, pp. 137-139.
18 Cfr. K. E. Groezinger, op.cit.,
p.59
19
Secondo la tradizione, Lilith fu creata da Dio per far compagnia ad Adamo,
prima ancora di Eva. Senonché Adamo e Lilith non ebbero mai pace insieme,
perché quando egli voleva giacere con lei, la donna si offendeva per la
posizione impostale: ‘Perché mai devo stendermi sotto di te?’ chiese. ‘Anch’io
sono stata fatta di polvere e quindi sono tua uguale’. Poiché Adamo voleva
ottenere la sua ubbidienza con la forza, Lilith irata mormorò il sacro nome di
Dio, si librò nell’aria e lo abbandonò” (Cfr. R. Graves – R. Patai, I miti
ebraici, trad. it., TEA, Milano 1998, p. 79). Da Lilith, divenuta
prostituta del diavolo, nacquero i lilim. Sull’intera tradizione di
Lilith e sulle fonti che la ispirano cfr., op.cit., pp. 11, 78-84,
124, 127; e inoltre G. Busi, Simboli del pensiero ebraico, cit.,
pp.145-149. Si osservi che una ghematria di Lilith t y l y l
è Pot t p con lo stesso valore numerico di 480 e che in
ebraico è l’organo sessuale femminile, quasi a indicare l’alienazione demoniaca
del rappresentare la donna come vagina.
20 “Così passarono
ore, ore di palpito comune e di comune respiro; ore durante le quali K. ebbe
l’impressione costante di smarrirsi, o di essersi tanto addentrato in un paese
straniero come nessun uomo prima di lui aveva mai osato. In una terra ignota
dove l’aria stessa non aveva nessuno degli elementi dell’aria nativa, dove
pareva di soffocare tanto ci si sentiva estranei, e tuttavia non si poteva
fare altro in mezzo a quegli insani allettamenti che inoltrarsi ancora,
continuare a smarrirsi (…) era troppo felice di tenere Frida tra le mani,
troppo ansiosamente felice anche perché gli sembrava che se Frida lo
abbandonava, tutto quello che possedeva al mondo l’avrebbe abbandonato (…) ma
K. si alzò, si inginocchiò accanto a Frida e si guardò intorno nella mezza luce
grigiastra che precedeva l’alba. Che cosa era accaduto? Dov’erano le sue
speranze? Che cosa poteva aspettarsi da Frida, poiché tutto era svelato?” (cfr.
F. Kafka, Il castello, cit., pp.73-74)
21
Abramo aveva visto sul proprio zodiaco che non avrebbe avuto figli. Venne il
Signore e disse: ‘Guarda verso il cielo e conta le stelle, se pure riesci a
contarle tutte, così sarà la tua progenie’ (Genesi XV, 5)
22
Ghevurah o Din o Pachad (Potenza,
Giudizio e Terrore) sono gli attributi della quinta sephirah dell’Albero
23
Cfr. in K.E. Groezinger, op. cit., p.28. In proposito e per ciò che
si riferisce alla nota precedente, si veda ancora il libro di Giobbe:
‘Dio onnipotente mi ha colpito con le sue frecce, e io sono
pieno del loro veleno. Egli mi assale e mi terrorizza’(6:4) e
ancora: ‘Tu, o Dio, mi terrorizzi con gli incubi e mi spaventi
con le visioni’ (7:14) e infine: ‘Signore, perché dai importanza all’uomo?
Perché lo controlli ogni giorno e ogni momento lo metti alla prova?’
(7:17-18)
sergio magaldi