martedì 19 dicembre 2023

Viaggio nella Qabbalah - Il problema del male (p.4ª)





Lasciata Tipheret, centro e cuore dell’Albero, con la sua funzione riparatrice delle Sephirot cosiddette emotive, il quarto viaggio nella realtà della Qabbalah ci conduce a Gheburah, la 5.a Sephirah dell’Albero della vita, con le implicazioni che ne derivano per la questione della presenza del male nel mondo. La “Vexata quaestio” della Teodicea o “giustificazione divina” è così affrontata alla luce del racconto biblico e delle successive interpretazioni cabbalistiche. —————————————————————————————— 
 Versetti citati: Isaia 45, 6-7 "… perché sappiano dall'oriente fino all'occidente che non esiste dio fuori di me. Io sono il Signore e non v'è alcun altro. Io faccio il bene e provoco la sciagura; Io, il Signore, compio tutto questo". 
 Lamentazioni di Geremia 3, 38-39 "Dalla bocca dell'Altissimo non procedono forse le sventure e il bene? Perché si rammarica un essere vivente, un uomo, per i castighi dei suoi peccati?"
 Deuteronomio 30, 15 "Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male". 
 Qoelet 7, 13-14 "Osserva l'opera di Dio: chi può raddrizzare ciò che egli ha fatto curvo? Nel giorno lieto sta' allegro e nel giorno triste rifletti: Dio ha fatto tanto l'uno quanto l'altro, perché l'uomo non trovi nulla da incolparlo". 

mercoledì 6 dicembre 2023

Viaggio nella Qabbalah - I frutti dell'Albero della vita (p.3ª)




Le Sephirot sono i frutti che crescono sull’albero della vita, senza gustarne è impossibile operare la rettificazione (Tiqqun da destra a sinistra formata dalle lettere ebraiche Taw 400+Yud 10+Quf 100+Waw 6+Nun 50 = 566) di se stessi e del mondo intero (Tiqqun’olam).

Non cibarsi dei frutti dell’albero significa lasciare  che su di noi e sul mondo aleggi l’ombra della morte (Tzalmavet da destra a sinistra formata dalle lettere ebraiche Tzadé 90+Lamed 30+Mem 40+Waw 6+Taw 400 =566, lo stesso valore numerico di Tiqqun).


giovedì 30 novembre 2023

IL SOSIA DI MUSSOLINI

 Mussolini, la morte del duce, una delle pregevoli “giornate particolari” di Aldo Cazzullo, andata in onda su La 7 circa un mese fa mi ha richiamato alla mente Numero Zero, l’ultimo romanzo di Umberto Eco che risale a otto anni fa. Semplicemente perché Cazzullo cita sorridente dal teleschermo il grande scrittore a proposito della leggenda che a Piazzale Loreto non c’era il cadavere di Mussolini ma quello del suo sosia.

Numero Zero raccoglie i ricordi di un giornalista che lavora tra quotidiani di provincia, correzione di bozze, letture di manoscritti che non saranno mai pubblicati e che le case editrici non hanno voglia di leggere, tentativi falliti di scrittura in proprio. Sempre alla ricerca di una collocazione ufficiale, egli è infine avvicinato dal dottor Simei, un oscuro personaggio che, per conto terzi, gli offre per un anno ottanta milioni di lire esentasse [siamo nella Milano del 1992] per scrivere al suo posto un libro di cui poi si approprierà. Sarà il memoriale del direttore di un giornale, circa il lavoro di redazione di un quotidiano che non verrà mai alla luce e di cui saranno stampati, in pochissime copie, 12 numeri zero. Serviranno a chi paga – tale commendator Vimercate – per entrare nel salotto buono del potere. Si tratta di “un nuovo quotidiano disposto a dire la verità su tutto”. S’intitola Domani e avrà lo scopo di gettare nel panico il mondo della politica e della finanza. Non uscirà mai – ma questo per il momento deve restare segreto –  perché sarà solo lo strumento per una sorta di ricatto politico.

Per inciso: un quotidiano dall’omonimo titolo, “Domani”, sarà fondato cinque anni più tardi e chissà che ne avrebbe pensato Umberto Eco se fosse stato ancora vivo. Ma, naturalmente, il quotidiano mai nato del romanzo nulla ha a che vedere con il quotidiano della realtà in uscita il 15 settembre del 2020!

Tra i redattori del fantomatico quotidiano c’è tale Romano Braggadocio (l’inglesismo del cognome non a caso significa “spaccone”, “fanfarone”), che sembra specializzato in scoop soprattutto storici. Braggadocio rivela confidenzialmente (anche se poi finisce per parlarne col direttore di Domani e nella “data fatidica” del 25 aprile si incontrerà con qualcuno che su quei giorni del ’45 la sapeva lunga) al giornalista incaricato di scrivere il memoriale che gli sarà scippato di avere uno scoop “da far vendere centomila copie a Domani, se fosse già in vendita”. Si tratta della chiave di volta per comprendere tutti complotti della Prima Repubblica, tra i quali si annovera il golpe di Junio Valerio Borghese del ‘70 e la vicenda di Gladio. “È dinamite e riguarda Mussolini”, rivela Braggadocio al suo interlocutore, per poi continuare col racconto della “vulgata comune” sugli ultimi giorni di Benito Mussolini (pp. 103-123 di Numero Zero).

“Vulgata comune” ma per la verità assai poco diffusa, direi, visto che i libri di storia per le scuole medie e superiori vi accennano appena e l’iniziativa lodevole di Aldo Cazzullo la propone ma solo parzialmente per la TV soltanto oggi. Più generiche ancora le ricostruzioni televisive del passato. Naturalmente non mancano le monografie sull’argomento, anche con documenti d’archivio dei servizi segreti americani, ma si tratta di lavori destinati alle élite.

Ma ecco lo scoop di Braggadocio: il Mussolini  arrestato a Dongo dai partigiani Bill e Pedro (rispettivamente Urbano Lazzaro vice-commissario dei partigiani della 52a Brigata Garibaldi e il conte Pier Luigi Bellini delle Stelle, comandante della 52a Brigata Clerici, facente parte della I Divisione Garibaldi), mentre travestito da soldato dell’esercito tedesco in ritirata tenta di lasciare l’Italia, non è il vero Mussolini, così come non lo è quello ucciso a colpi di mitra in un vialetto di Giulino di Mezzegra. Non è lui ma il suo sosia. Le prove? Braggadocio dice di avere molte frecce al suo arco e in particolare: 1)La testimonianza del giornalista repubblichino Gaetano Cabella al quale Mussolini concede l’ultima intervista qualche giorno prima della cattura e quella successiva del partigiano Pedro:

«Cabella annota nelle sue memorie: “Subito osservai che Mussolini stava benissimo in salute, contrariamente alle voci che correvano. Stava infinitamente meglio dell’ultima volta che l’avevo visto… andiamo a leggere le memorie di Pedro… È  seduto a destra della porta, vicino a una grande tavola. Non sapessi che è lui, non lo riconoscerei, forse. È vecchio, emaciato, impaurito… Ti pare che un uomo possa dimagrire così in sette giorni? Dunque l’uomo che parlava con Cabella e quello che parlava con Pedro non erano la stessa persona” (pp.116-117) »

2)”… l’ipotesi del sosia è l’unica che spieghi perché lo pseudo-Mussolini abbia evitato di farsi vedere dalla famiglia a Como. Non si poteva permettere che il segreto della sostituzione si allargasse all’intera cerchia famigliare.”

A questo punto l’obiezione del suo ascoltatore. E Claretta Petacci, che lo raggiunge quando già non è più a Como, perché si sarebbe fatta ammazzare con lui, se era il sosia di Mussolini? Chi lo aveva arrestato e lo stesso colonnello Valerio (alias Walter Audisio deputato dal ’48 al ’62 e senatore dal ’63 al ’68)  che gli aveva sparato non lo avevano mai visto di persona, ma lei non poteva essersi ingannata!

Replica Braggadocio: “È la storia più patetica: lei lo raggiunge pensando di ritrovare lui, quello vero, e subito viene istruita da qualcuno, deve far finta di prendere il sosia per il vero Mussolini, per rendere ancor più credibile la storia…”

“Ma tutta la scena finale – replica il suo interlocutore – , con lei che gli si aggrappa e vuole morire con lui?”(pp.119-120)

E Braggadocio osserva che questo è solo quello che il colonnello Valerio ci ha raccontato.

3)La perizia medica sul cadavere di Mussolini dopo l’esposizione a piazzale Loreto: “…E se continui a leggere vedrai che nello stomaco non è stata rinvenuta traccia di ulcera, e però tutti sappiamo che Mussolini ne soffriva, né si parla di tracce di sifilide, eppure era voce corrente che il defunto fosse sifilitico a uno stato avanzato. Nota inoltre che Georg Zachariae, il medico tedesco che aveva curato il Duce a Salò, avrebbe poco dopo testimoniato che il suo paziente aveva la pressione bassa, anemia, fegato ingrossato, crampi allo stomaco, intestini rattrappiti e stitichezza acuta. E invece, secondo l’autopsia, tutto era a posto, fegato di volume e di aspetto regolare sia in superficie che al taglio, vie biliari sane, reni e surreni indenni, vie urinarie e genitali normali.” (p.144)

Secondo Braggadocio, Mussolini era stato salvato dal Vaticano, per tramite del cardinale Schuster, arcivescovo di Milano dal ’29 al ’54 dello secolo scorso e che l’ormai santo Giovanni Paolo II aveva proclamato “beato” il 12 maggio del ’96. Lo stesso cardinale  che pochi giorni prima della cattura aveva fatto incontrare il Duce con una delegazione del Comitato di Liberazione Nazionale, nel vano tentativo si salvargli la vita. E nel Vaticano era stato nascosto o più probabilmente fatto emigrare in Argentina come tanti criminali nazisti e fascisti.

A questo punto della narrazione entra in gioco il collegamento con le drammatiche vicende della Prima Repubblica: Gladio tenta di conquistare il potere in Italia e si serve di Junio Valerio Borghese che tra il 7 e l’8 dicembre del ’70 ha preparato il colpo di stato che riporterà al governo Mussolini, fatto tornare in gran fretta dall’Argentina o già presente in Italia. Ma quando tutto è pronto, e i congiurati hanno già occupato posizioni strategiche, il golpe è annullato e Borghese si rifugia in Spagna. Che è successo? Il vecchio Duce, che ormai ha 87 anni, è improvvisamente scomparso, questa volta definitivamente. E così conclude Braggadocio la sua narrazione:

“Mancando la figura del Duce, nessuna Gladio poteva più sperare di conquistare il potere… Gladio si unisce a tutte quelle forze occulte che tentano di destabilizzare l’Italia per rendere insopportabile l’ascesa delle sinistre e preparare le condizioni per nuove forme di repressione, fatte con tutti i crismi della legalità.” (p.181)

I fatti narrati in Numero Zero si svolgono tra il lunedì 6 aprile 1992 e l’11 giugno dello stesso anno. I giornali di domenica 7 giugno 1992 recano in cronaca la notizia dell’omicidio di Romano Braggadocio. L’ipotesi è che indagando sul circuito della prostituzione sia stato punito da qualche “magnaccia”.

In conclusione, direi che il paradosso del sosia di Mussolini serva ad Umberto Eco per siglare, sottoforma di romanzo fantastico, venato di ironia ma anche di garbata amarezza, il suo testamento politico: nessuno dei tanti misteri della Prima Repubblica è stato o sarà mai svelato, l’unica verità è che ognuno di questi misteri è costellato di cadaveri più o meno eccellenti che hanno spento un poco alla volta, per così dire, la volontà di sapere.

 sergio magaldi

 

 

 

 

 

 

 



 

martedì 21 novembre 2023

Viaggio nella Qabbalah – L'ascesa lungo l'Albero della Vita (p.2ª)



Abbiamo iniziato questo “viaggio” soffermandoci sul significato di “Qabbalah” e l’abbiamo proseguito introducendo il discorso sulle 10 Sephiroth, con particolare riferimento a Da’at che, pur non essendo una Sephirah, fa parte ugualmente dell’Albero della Vita. Per questa analisi, ci siamo serviti anche del commento dei versetti di Genesi, II, 8-9.

Riprendiamo il cammino ancora con uno sguardo in generale sull’Albero della Vita e sulle sue caratteristiche per poi assaporare uno per uno “i frutti” che dell’Albero fanno parte, a cominciare da Malchuth. 


lunedì 6 novembre 2023

Viaggio nella Qabbalah


Iniziando il viaggio nella Qabbalah  sorgono subito i primi interrogativi:  che significa Qabbalah? Quali altri significati ha questa parola se si considerano le sue ghematrie?
L'albero della vita ha dieci sephiroth, in realtà però sembra contenerne undici. Che significa? Cos'è esattamente l'undicesima che non è una sephirah?
Attraverso le 231 Porte della Conoscenza si poteva fabbricare un Golem. Com'era possibile?

venerdì 27 ottobre 2023

IL CENTRO SAPIENZIALE DELL' UNIVERSO


 

Talvolta gli inaspettati incontri che si fanno sembrano quasi pilotati da rare coincidenze; come quella  che ha portato chi scrive ad individuare un quadro fra i tanti esposti nei vari locali di una nave da crociera.

 

 

di Alberto Zei

 

 

 Il quadro qui rappresentato del pittore  Raimondo Briata si esprime attraverso la caratteristica di un’arte figurativa simbolica a cui professionalmente  egli  si dedica.  Si tratta di un quadro esposto in una nave da crociera, nel luogo più rappresentativo e conviviale in cui si concentrano i massimi simboli attrattivi degli ospiti di bordo.

 

Questo artista che in genere stilizza nelle sue opere le caratteristiche emblematiche  delle grandi strutture, da quelle interne delle gigantesche navi da crociera che solcano i sette mari,  a quelle che con pochi segni ritraggono visioni emblematiche nelle varie città del mondo, questa volta ha inteso  ritrarre con una efficace chiave semiotica la rappresentazione universale del  mondo intero in difesa della vita. Cosa questa che da un punto di vista massonico si accosta anche per i simbolismi di contorno, con la Gerusalemme Terrena. L’ autore, infatti, espone  i simboli dell‘ esistenza e gli attuali pericoli ecologici tra i quali, come si vedrà,  inserisce  metaforicamente  il significato sapienziale dell’ Universo. Alla architettura delle immagini stilizzate e apparentemente scollegate, il pittore  ha saputo esprimere in tutta coerenza con il senso dell’ opera anche la sintesi che simboleggia un importante aspetto  dello spirito  massonico.

 

Attraverso le varie figure stilizzate che  compongono il quadro l’ opera  è simbolicamente improntata sull’ inizio del “tutto” nel contesto dell’esistenza umana. Il quadro si compone di numerose figure di soggetti, di tratteggi,  di globi parzialmente accennati, del contorno delle circonferenze in configurazione spaziale,  di decorazioni tipo gran pavese in verticale del dipinto, di una grande spirale e di piccole sezioni circolari all’interno di una più grande da cui dipartono filamenti curvilinei.

 

“Picture in  picture” - In ogni espressione creativa, al di là del “tale e quale”,  è sempre contenuta l’intenzione recondita dell’autore di celare  il significato, talvolta anche inconscio, che offre però all’osservatore che intende approfondire il contenuto, una diversa chiave di lettura per il  risultato finale. Ecco che anche nel quadro così realizzato, ad una più  attenta analisi, emerge nei tratteggi, nelle figure di sub-assieme  e nelle connessioni tra di loro, l’altra faccia della stessa medaglia. E’ questa soprattutto che conferisce  al quadro con il simbolismo dell’intera creazione il valore aggiunto di una lettura supplementare a cui l’autore si riferisce.

 

In questo  quadro di Briata, la quasi  totalità  di figure allegoriche costituiscono un interessante messaggio dell’attuale pericolo ecologico che incombe sul nostro pianeta.

 

Il valore simbolico -  La raffigurazione circolare al centro del quadro, di colore biancastro con appendici filamentose esterne,  richiama l’opalescenza tipica del riferimento vitale dell’ origine umana della vita; mentre i tre punti che il pittore ha dipinto non a caso proprio all’interno del cerchio, esprimono a loro volta, il simbolismo pitagorico che conduce alla formazione della “Sacra Tetractis”, ossia del Tutto.

 

In effetti, l’Uno si identifica con la “Monade”  pitagorica, ossia con il generatore del “Tutto” il quale,  esclude per definizione che qualsiasi altro riferimento possa avere la medesima capacità creatrice. Infatti la “Diade”, che contiene il  primo plurale, non potrebbe esistere se non si componesse con l’immagine speculare della stessa Monade. La “Diade” a sua volta, unita alla Monade, forma la “Triade”: il numero considerato perfetto in quanto completo; è così via fino alla “Sacra Tetractis” che rappresenta l’ intero universo e il suo significato sapienziale costituito  dalla presenza umana. Essere uomo però, non significa invocare il libero arbitrio per sottrarsi alle leggi cosmiche ma, viceversa, esserne condizionato e nello stesso tempo custode.

 

Nella raffigurazione simbolica delle figure  dipinte nel quadro, si nota alla destra, l’emblematico segno spiralizzante del Sole che espande luce e vita sulla Terra attraverso lo spazio dove sono tratteggiati in modo incompleto altri pianeti, posti dietro il simbolo dell’esistenza umana.

 

Il valore del verde - Tutto avviene così, e così  continuerà ad avvenire  se le condizioni di contorno a quelle del nostro pianeta  saranno compatibili con il principio naturale necessario per mantenere la sopravvivenza. Questi vincoli riferiti alla maggior cura necessaria alla vegetazione della Terra sono raffigurati nel quadro da un  filare  di verdi globi con  sopra un cenno di fiore punteggiato in giallo. Il filare è posto tra la spirale generatrice del Sole e il simbolo della vita  al centro del quadro. Si tratta del restante verde sulla Terra ormai subordinato non più alla natura ma alla  tecnologia umana a cui il pittore allude con lo squadrato  supporto metallico di sostegno.

 

La semantica dell’ opera - Il riferimento semantico, a cui allude l’ autore nel contesto pittorico, è simboleggiato come un ammonimento sulla necessità di non alterare le risorse naturali che la Terra offre. In tal senso alla sinistra del dipinto  il pittore ha ritratto la raffigurazione di micidiali ingranaggi cosmici che in caso contrario, alludono per la loro dimensione, alle conseguenze drammatiche di una catastrofe senza scampo. 

 

In sintesi l’ opera così costruita al di là della sua caratteristica dei tratti, delle forme e dello stile, ha un profondo contenuto simbolico che non sembra però finalizzato  alla interpretazione di un pubblico generico, in quanto il significato dell’opera non potrà essere penetrato facilmente da chiunque in transito su una nave da crociera.

 

Forse proprio per questo il dipinto assume maggior valore  in quanto l’  autore  identificabile in un “uomo libero e di buoni costumi”, ha creato una rappresentazione dell’architettura finalizzata, come detto, alla Gerusalemme Terrena senza preoccuparsi del riconoscimento del significato semantico da parte del pubblico, ma per l’ intima sua coerenza ad una scuola universale di pensiero. 


martedì 24 ottobre 2023

Una Milonga a Portopiccolo



 Un commissario di polizia - amante del tango e della milonga, una variazione popolare più veloce e appassionata della celebre danza - risolve proprio alla vigilia della pensione il caso di due ragazze scomparse  a distanza di pochi mesi l'una dall'altra.

La narrazione si svolge per lo più in quella che Umberto Saba definisce una città di "scontrosa grazia": Trieste e i suoi dintorni. 

domenica 22 ottobre 2023

I NUMERI SACRI DELLA TRADIZIONE OCCIDENTALE (Parte II)


 

 S E G U E   DA:


I  NUMERI  SACRI  DELLA  TRADIZIONE  OCCIDENTALE  (Parte I)

 

 Sinonimo di spiritualità, la triade fu posta sin dall’antichità a fondamento del Pantheon di molte religioni. I pitagorici si limitavano a rappresentarla e onorarla con la quarta lettera maiuscola dell’alfabeto greco: il Delta. La Massoneria pone il Delta ad Oriente tra il Sole e la Luna. Il manoscritto rinvenuto dal Locke nel 1696, pubblicato solo nel 1748 e attribuito alla mano di Enrico VI d’Inghilterra [1421-1471], nel definire la Massoneria “la conoscenza della natura  e la comprensione delle forze che sono in essa”, dichiara espressamente l’esistenza di un legame tra la Massoneria e la scuola pitagorica di Crotone [530 a. C.]. Le Costituzioni di Anderson fanno esplicito riferimento a Pitagora e le Old Charges riconoscono, sulla scia della tradizione pitagorica, il primato in Massoneria dei numeri dispari sui numeri pari. È così che nella tradizione della libera muratoria il 3, il 5 e il 7 assumono una particolare rilevanza. Il 3, innanzi tutto, che rappresenta la cifra dell’apprendista e la sua età massonica e del cui simbolismo il Tempio è colmo, come testimonia già la “Spiegazione della Tavola di Tracciamento di Primo Grado” del Rituale Emulation:

 

«La copertura della Loggia di Liberi Muratori – vi si dice tra l’altro – è una volta celeste di diversi colori, alta quanto il Cielo. Noi, come Muratori, speriamo di arrivarvi con l’aiuto di una Scala, nelle Scritture chiamata Scala di Giacobbe. Essa è fatta di molti gradini o pioli, che indicano altrettante virtù morali e specialmente le tre principali: la Fede, la Speranza e la Carità. Fede nel Grande Architetto dell’Universo, Speranza nella salvezza e l’essere in spirito di Carità con tutti gli uomini. Essa sale fino al Cielo poggiando sul Volume della Legge Sacra poiché, mediante le dottrine contenute in quel Libro Sacro, ci viene insegnato a credere negli ordinamenti della Divina Provvidenza, la quale credenza fortifica la nostra Fede e ci rende capaci di salire il primo scalino. Questa Fede crea spontaneamente in noi la Speranza di diventare compartecipi delle promesse benedette lì indicate; questa Speranza ci mette in grado di salire il secondo gradino; ma il terzo ed ultimo, che è la Carità, racchiude il tutto. Il Muratore che possiede questa virtù nel suo senso più ampio può essere giustamente ritenuto colui che ha raggiunto l’apice della sua professione: figurativamente parlando, una Casa Eterea velata agli occhi mortali dal cielo stellato, qui emblematicamente indicato da sette stelle che alludono ad altrettanti Muratori regolarmente costituiti, senza il cui numero nessuna Loggia è perfetta né alcun candidato può essere legalmente iniziato nell’Ordine».

 

 Il riferimento alla sacra triade è così evidente nel tempio che per l’iniziato della Massoneria è sufficiente la semplice osservazione. È presente anche nel catechismo degli antichi rituali, così, per esempio nel Manoscritto di Wilkinson del 1727 [rinvenuto nel 1946 da un fratello della Gran Loggia Unita d’Inghilterra] si legge tra l’altro:

 

 

DOMANDA - Come sei stato ammesso nella Loggia?

A. - Con tre grandi colpi.

 

DOMANDA - Che cosa hai visto quando ti sei introdotto nella Loggia?

A. - Tre grandi luci.

 

DOMANDA. - Cosa rappresentano?

A. - Il Sole, la  Luna  e un maestro muratore.

 

DOMANDA - Perché così?

A. - Il Sole regola il giorno, la Luna  la Notte  e il Maestro Muratore la Loggia.

 

 Platone inizia il dialogo del Timeo con Socrate che rivolge al filosofo pitagorico Timeo di Locri questa domanda:

 

Uno, due, tre: e dov'è, caro Timeo, il quarto?”

 

 Socrate si riferisce qui ad un quarto ospite, ma argutamente pone implicitamente a Timeo una domanda ben diversa: come si passa dal 3 al 4? Dallo spirito alla materia? Probabilmente a Socrate non bastava sapere che il 4 era per i pitagorici il primo numero pari né che, se si passa dal punto alla linea, dalla linea al piano e si aggiunge un quarto punto si ottiene lo spazio, il quadrato, le 4 direzioni, i 4 punti cardinali, i 4 angoli della terra [Isaia 11:12], in una parola il quaternario, il mondo nel quale viviamo. Ciò che preme a Socrate e, attraverso di lui, a Platone è sapere dello spirito che dà vita alla materia, dell’anima che vivifica il corpo.

 

Giunti al quattro, tutto è compiuto: dal punto o uno siamo passati al due e abbiamo ricavato la linea, dal due al tre e ne abbiamo ricavato il piano, dal tre al quattro e abbiamo trovato lo spazio, oltre non si può andare, tanto nella prospettiva della manifestazione dall’uno che con i numeri creativi e la loro rappresentazione geometrica che di necessità avviene nello spazio. Nella somma di  1 + 2 + 3 + 4 = 10, che i pitagorici rappresentavano con la la tetractys sacra, sulla quale l’iniziato della scuola pitagorica era chiamato a giurare, sono presenti tutti i numeri e insieme la molteplicità infinita. Anzi, a guardar bene i numeri primordiali da cui tutto discende sono soltanto nove, il dieci altro non essendo che la riproposizione dell’unità su un altro piano, e del nulla [1 e 0, uno e zero], esattamente come nell’albero della vita o albero delle Sephiroth [sepher =numero]: da Kether, attraverso un processo che va da sinistra a destra passando per Binah, Hochmah [che insieme alla prima Sephirah costituiscono la triade suprema], Gheburah, Chesed, Tipheret, Hud, Netzach e Yesod e sino alla decima Sephirah, cioè Malchut, il regno o la terra.

 

S  E  G  U  E


sergio magaldi

lunedì 16 ottobre 2023

I NUMERI SACRI DELLA TRADIZIONE OCCIDENTALE


 

 Se s’intende per sacro ciò che per sua propria natura si sottrae al senso comune della percezione ordinaria e che tuttavia s’impone alla coscienza dell’uomo, suscitando in lui un sentimento di stupore e insieme di vaga dipendenza, si può comprendere la sacralità attribuita a certi numeri della tradizione occidentale e non solo. Innanzi tutto l’uno, che Pitagora chiamava A-pollo [dall’alfa privativo greco e dunque “senza molteplicità”] e fonte di ogni altro numero e che egli rappresentava con un punto.

 

L’uno, principio creatore per Platone, condizione essenziale di ogni altro essere per i neoplatonici, sinonimo di Dio nelle religioni monoteistiche, punto di luce generato dallo Tzimtzum nella tradizione cabbalistica, parola formata da destra a sinistra dalle lettere ebraiche, Tzadé-Mem-Tzadé-Waw-Mem, con valore numerico di 266 che si ricava dalla somma di ciascuna lettera che la compone e cioè, sempre da destra a sinistra: 90+40+90+6+40=266.

Solo per chi legge il font ebraico:  \ w x m x  Tzimtzum

Per ghematria [1] Tzimtzum ha lo stesso valore numerico di Matzpun, coscienza,  formato da destra a sinistra dalle lettere ebraiche: Mem-Tzadé-Pe-Waw-Nun, cioè: 40+90+80+6+50=266.

Solo per chi legge il font ebraico:  } w p x m   Matzpun

In Qabbalah, con lo Tzimtzum si suole rappresentare il ritrarsi di Dio, inteso come totalità, per lasciare libero un punto, generatore di un Cosmo di cui l’uomo prenderà progressivamente coscienza in tutti i suoi aspetti e significati.

 Tuttavia, il punto nato dalla ritrazione divina, se lo si riguarda dalla parte della totalità non è più 1, ma 2. Non a caso il Genesi inizia con “Bereshit barà Elohim… cioè con la lettera Beth che vale 2 e che è una lettera chiusa davanti e aperta dopo di sé ad indicare che in principio è 2 e che nulla si può dire di ciò che lo precede. In questo senso, 1 e 2 già per i pitagorici non sono numeri, perché l’uno è il principio dei numeri dispari, mentre il due lo è dei numeri pari. Il 2 però non è autonomo dall’unità perché, in senso aritmetico lo si ricava addizionando l’uno all’uno e in senso geometrico tracciando una linea da un punto ad un altro punto. Insomma perché si manifesti la dualità occorre la volontà dell’uno di manifestarsi, facendosi altro da sé, ma nel farsi altro l’uno dà vita al 2 che rappresenta ciò che gli si contrappone e genera la coppia degli opposti. 

Non a caso il Genesi esprime la parziale negatività del 2, allorché parlando dei giorni della creazione, solo per il secondo giorno, all’apparire delle acque, Dio omette di dire “che era cosa buona”.

 

 Il 2 è il solo numero che moltiplicato o sommato per se stesso dia lo stesso risultato. Su un piano sottile questo significa che, senza un “elemento” che gli si aggiunga per vivificarlo, la condizione umana è destinata a permanere nella contrapposizione e nella conflittualità.

 

Non a caso Il tempio massonico ricorda la legge binaria che caratterizza la realtà con la colonna di Boaz, forza, formata da destra a sinistra dalle lettere o consonanti ebraiche Bet-Ayin-Zain con valore numerico di 79, cioè 2+70+7, lo stesso per ghematria di Deah, conoscenza, formata da Daleth-Ayin-He cioè 4+70+5=79.

Solo per chi legge il font ebraico rispettivamente: z  u b   Boaz e

 h u d   Deah.

 

L’altra colonna del tempio massonico è Yakhin, rettitudine, stabilità, formata dalle lettere Yud-Kaf-Yud-Nun, cioè: 10+20+10+50=90, lo stesso valore numerico di Maim, acqua, Mem-Yud-Mem: 40+10+40=90 e Man, manna, Mem-Nun: 40+50=90.

Solo per chi legge il font ebraico rispettivamente: } y k y  Yakhin,

\ y m  Maim e  } m  Man.

 

Inoltre, il valore numerico di entrambe le colonne, Boaz e Yakhin, 79+90, dà 169, che è la ghematria di Taamim, le note musicali che formano la melodia per cantare la Torah: Teth-Ayin-Mem-Yud-Mem cioè:9+70+40+10+40=169; la stessa di Teqes, rito, formata da Teth-Qof-Samekh, 9+100+60=169.

 

Altri simboli della dualità sono nel tempio massonico il pavimento a scacchi bianchi e neri dell’interno, nonché la squadra e il compasso, posti sull’ara, ma unificati e vivificati dal Volume della Legge Sacra.

 

 Infatti, solo con il 3 si opera la riconciliazione della dualità e della contrapposizione:1+2=3. Per Pitagora il 3 è anche il primo numero vero e proprio ed è dispari, è l’uno nella forma dell’unificato. Rappresenta il mistero che riconcilia la manifestazione con la propria fonte. È il numero sacro per eccellenza dei pitagorici nel quale l’uno si autorivela e diviene conoscibile. In geometria si realizza con il passaggio dal punto alla linea, dalla linea al piano e alla figura del triangolo. La triade, come unione della monade con la diade, manifesta il principio [1], il mezzo [2] e il fine [3], ed esprime anche dal punto di vista aritmetico la completezza dello spirito: sommando o moltiplicando tra loro l’uno, il due e il tre, il loro prodotto non cambia [1+2+3 =6, 1x2x3=6].

 S E G U E


sergio magaldi



[1] Con Ghematria  nella Qabbalah si intende l’identico valore numerico attribuito a due o più parole o ad un’intera frase: dall’ identità numerica nasce una corrispondenza concettuale tra parole e/o frasi.


lunedì 9 ottobre 2023

SERIE A: LE MAGIE DEI DIAVOLI ROSSONERI


 

 

 

 Alla seconda sosta del Campionato per le qualificazioni nazionali agli Europei del 2024, il Milan si ritrova in testa alla classifica con 21 punti dopo 8 partite disputate, di cui 7 vinte e una persa clamorosamente per 5-1.

 

Ebbene sì, i diavoli rossoneri sono riusciti a vincere anche sabato scorso a Marassi contro il Genoa con una rete di Pulisic che, realizzata grazie all’apporto dell’avambraccio visibile anche ad occhio nudo, ha ingannato non solo l’arbitro ma anche i giudici del VAR. E non soltanto loro, dal momento che l’esperto di Dazn, l’ex arbitro Luca Marelli, ha commentato l’episodio citando il regolamento il quale dispone che senza certezze il goal non possa essere annullato! Il bello è che mentre l’ex arbitro ripeteva più volte la norma regolamentare ai suoi interlocutori, Dazn faceva scorrere opportunamente le immagini dove era visibile in tutta evidenza il pallone che Pulisic prima controlla con l’avambraccio, poi sfiora col braccio per indirizzarlo infine sul piede e battere a rete. Per la verità, Parolo e gli altri ex calciatori chiamati a commentare l’episodio con Marelli – evidentemente  meno suscettibili degli altri alle “magie” – facevano inutilmente notare, non solo per la loro esperienza di campo ma soprattutto in ossequio alla fisica, che se il pallone fosse stato aggiustato solo col petto non sarebbe ricaduto sul piede di Pulisic in linea retta come invece è accaduto.

 

Da notare poi che l’episodio clamoroso del goal segnato grazie all’aiuto dell’avambraccio è passato nei commenti di gran parte dei media in seconda linea, preceduto dalla narrazione/visione del rocambolesco finale di partita, dove Giroud s’improvvisa grande portiere in sostituzione di Maignan, espulso (non per l’intervento diretto dell’arbitro, ma grazie al VAR che questa volta non si è lasciato ingannare!) per aver involontariamente affondato un ginocchio sulla gola di un avversario.

 

Così, i diavoli rossoneri mettono in cascina 2 punti in più che si aggiungono agli altri 2+2, frutto di tre rigori inesistenti delle gare contro Torino e Roma, tutti evidentemente prodotti da altrettante “magie”. D’altra parte, il Milan per la grande mole di gioco che produce ha una notevole capacità di procurarsi rigori, tant’è che ne detiene il record della serie A con i 20 ottenuti nel Campionato 2020/2021. C’è da dire, tuttavia, che i rossoneri – a differenza della gara contro il Genoa – disputarono a Roma una grande partita meritando certo sul piano del gioco la vittoria che, tuttavia, non sarebbe arrivata senza il “rigore magico”. In totale fanno 6 punti che sottratti ai 21 porterebbero a 15 il punteggio reale del Milan. Punti che non gli consentirebbero oggi lo scavalcamento dell’Inter (con cui ha perso di recente per 5-1) e il relativo primato in classifica.

 

Del resto, anche l’Inter nella stessa giornata di sabato 7 ottobre ha goduto della sua piccola “magia”: ha evitato l’espulsione di Lautaro Martinez ammonito per un fallo al 58’, ma non per quello precedente al 19’ quando cinturava platealmente Ferguson in piena area di rigore. La verifica del VAR portava al sacrosanto rigore a favore del Bologna ma a nessuna ammonizione! Anche in questo caso c’entra il regolamento?!

 

Subito dopo la sosta il Milan attende la Juventus a San Siro. Da sportivo mi auguro che i bianconeri abbiano gli occhi ben aperti nell’eventualità di nuove “insidie magiche” e che altrettanto facciano tutti i giudici di gara. 

 

sergio magaldi


domenica 8 ottobre 2023

M O U R I N H O E S O N E R A T O ?!


 

 

 La notizia apparsa ieri a tutta pagina sul “Corriere dello Sport”, secondo cui José Mourinho sarebbe esonerato in caso di sconfitta di oggi a Cagliari, offre l’opportunità per una riflessione sull’operato della proprietà nonché su quella del direttore sportivo e dell’allenatore della società giallorossa.

Innanzi tutto è implicita una domanda: in caso di vittoria della Roma a Cagliari la questione si ripresenterebbe all’indomani della sosta per le partite della nazionale, con la sfida casalinga contro il Monza? Per quanto nell’articolo nulla si dica in proposito, tutto lascia pensare che la risposta sia affermativa se è vera l’altra notizia e cioè che il sostituto di Mourinho sarebbe stato già individuato nella persona di Hans-Dieter Flick, noto soprattutto per il Sextuple, cioè per la vittoria in sei competizioni nella stessa stagione (2020) e per la successiva nomina a direttore tecnico della nazionale tedesca (2021-2023), sino al recente esonero dopo la sconfitta casalinga per 4-1 della Germania contro il Giappone.

Per la verità la società giallorossa ha subito respinto come “fake” la notizia e, d’altra parte, che una società che non ha speso un soldo per il mercato di quest’anno (e solo 7 in quello di un anno fa), in ossequio alle norme europee riguardanti le squadre indebitate, possa licenziare Mourinho pagandogli stipendio e penale e poi pagare un altro allenatore costoso come Flick era sembrato subito poco credibile. Nondimeno resta valida la necessità di qualche chiarimento in merito.

Il ventilato esonero di Mourinho sarebbe motivato dal rendimento della squadra nelle nove partite ufficiali fin qui disputate tra Campionato ed Europa League, con 4 vittorie, 2 pareggi e 3 sconfitte, ma soprattutto dal magro bottino raccolto in Campionato con 2 vittorie, 2 pareggi e 3 sconfitte. Nulla invece da rimproverare all’allenatore portoghese per i due anni precedenti, al contrario! Con la vittoria nella Conference League e la finale dell’ultima edizione dell’Europa League, tenendo soprattutto conto che la Roma non vinceva e/o non disputava una finale europea da tempo quasi immemorabile!

Tutto ciò premesso, c’è da chiedersi come la proprietà non si renda conto che la squadra risulta notevolmente indebolita rispetto all’anno scorso. Forse ingannata da chi ha parlato addirittura di un mercato da 8 in pagella! Vediamo: In difesa mancano Ibañez venduto per circa 30 milioni e Smalling che, infortunato, sin qui non ha praticamente mai giocato. L’arrivo di Ndicka non può aver compensato le mancanze, anche tenendo conto del recente infortunio di Llorente, peraltro solo confermato rispetto all’anno scorso. Sulle fasce, l’unica novità è l’acquisto di Kristensen, sin qui apparso solo un’alternativa a Karsdop. A centrocampo vanno via Matic, Wijnaldum, Darboe e Camara e arrivano Paredes, Renato Sanchez e Aouar. Il primo deludente nella Juventus dell’anno scorso, il secondo e il terzo reduci da infortuni, nuovamente infortunati e quindi poco utilizzati, soprattutto un campione come Renato Sanchez per il quale il direttore sportivo ha parlato di una scommessa! In attacco invece l’unico grande vero colpo di mercato: l’arrivo di Lukaku (in sostituzione di Abraham infortunato e, peraltro, per un anno soltanto, senza garanzie in assoluto per il futuro), giunto a Roma per merito esclusivo di Dan Friedkin, che con un colpo di teatro è andato a prelevarlo a Londra guidando personalmente il proprio aereo. Infine, l’altro attaccante giunto al posto del partente Solbakken, è l’iraniano Azmoun, in 9 partite visto in campo più o meno e in tutto per circa mezz’ora!

Alla luce di quanto sopra, come è possibile imputare a Mourinho il calo di rendimento della squadra? Probabilmente la proprietà non conosce in modo approfondito il mondo del calcio, ma perché ha consentito la politica del “Vorrei ma non posso” che ha portato all’ingaggio di giocatori più o meno considerati importanti o addirittura campioni, liberi sul mercato e dunque a parametro zero perché reduci da infortuni anche gravi? Non sarebbe stato meglio qualche acquisto mirato di giocatori sani, magari utilizzando una parte degli oltre 60 milioni ricavati dalla vendita di Ibañez  e di giovani promettenti come Volpato, Tahirovic e Missori?

In definitiva, se proprio qualcosa si vuole rimproverare a Mourinho, riguarda il suo primo anno alla Roma quando mise fuori rosa, tra gli altri, giocatori come Pedro e Kluivert. Troppo poco per chiedere oggi l’esonero di un allenatore che non solo ha la fiducia della squadra e del pubblico (sempre più numeroso all’Olimpico, con relativi maggiori incassi), ma che soprattutto ha dimostrato di saper vincere pur tra tante difficoltà e sviste arbitrali.

 

sergio magaldi


domenica 30 luglio 2023

IL MITO DELL'ANROGINO E LA PIETRA FILOSOFALE (Parte terza)


  S E G U E   D A:


IL MITO DELL'ANDROGINO E LA PIETRA FILOSOFALE (Parte prima)


IL MITO DELL'ANDROGINO E LA PIETRA FILOSOFALE (Parte seconda)



  Dio-Uno è davvero il Grande Androgino descritto nel primo capitolo del Genesi, in alcuni trattati ermetici e nel pantheon delle diverse religioni? In contrasto con quanto si afferma sia nel Pimandro che nell' Asclepio, nel già menzionato discorso del nous ad Ermete, la soluzione prospettata, nonostante l'apparente dualismo, è decisamente in armonia col pensiero complessivo dell'ermetismo. Per un verso Dio, come principio trascendente, è incorporeo e dunque privo di forma, per altro verso Dio, creatore del cosmo, presenta tutte le forme attraverso i corpi.

Poiché, dunque, c'è forma solo per rapporto alla materia, Dio non ha forma, né può improntare di sé una qualsiasi forma da trasmettere all'uomo. Analogamente per gli Stoici Dio non ha forma umana: "Omitto de figura dei dicere, quia Stoici negant habere ullam formam deum (Preferisco non parlare dell'aspetto di dio, perché gli Stoici escludono del tutto che Dio abbia forma)", scrive Lattanzio (Stoici antichi, cit., fr. (B.f)1057, p. 899) e Clemente Alessandrino annota: "Dio per ascoltare non ha bisogno di avere forma umana, né gli servono i sensi, come dicevano gli Stoici, in specie quello della vista e dell'udito..." (Ibid., fr. (B.f)1058, p.901). 

Del pari si osservi che anche Giordano Bruno, nel De la causa, principio et Uno, ma anche negli altri dialoghi londinesi esclude che a Dio appartenga la forma umana, vuoi che questo significhi un comune sentire con l'eleatismo e il pitagorismo, vuoi magari con l’ermetismo o piuttosto con lo stoicismo.

D’altra parte, in Bruno non si tratta di una totale identificazione di Dio e Universo (Cosmo), come vorrebbe un’interpretazione panteistica della “nolana filosofia”, neppure si tratta tuttavia di una trascendenza divina rispetto allo stesso Universo: Dio è Uno e Tutto in Tutto (in ogni aspetto della realtà), l’Universo è Uno e Tutto ma non è in Tutto perché è composto di parti. 

In conclusione dunque androgino è il Cosmo, non l'uomo, nel senso che si manifesta nell'azione congiunta o separata della femmina e del maschio, e benché si dica che il Cosmo è formato a immagine di Dio,  la sua somiglianza, poiché Dio è privo di forma, si estrinseca nell'unicità e nell'immortalità, ma già differisce nel principio stesso della sua esistenza, armonico in sé ma suscettibile di contrasto e separazione nell'individuazione delle forme del divenire. Tant'è che gli ermetici lo dicono bello, ma non buono  ad indicare che è soggetto a passione e corruzione, non in sé, ma nel tempo e nello spazio. 

Cosa, d'altra parte, ci fa persuasi che il cosmo è uno, visto che la realtà si manifesta sempre nella forma della polarità e della contrapposizione (maschio - femmina, male - bene, odio - amore, luce - tenebre, giorno - notte, vita - morte...)? Non potendo creare un altro se stesso, se non come identità di sé, Dio scelse di formare, sì un dio, perché, a propria immagine e somiglianza, lo fece uno e immortale, ma un dio visibile e sensibile nella dualità, non tanto perché costui percepisse ma perché potesse essere percepito ([1]): nacque così l'androgino, primo mattone della costruzione del cosmo, mirabile pietra grezza in cui la trinità converge nell'unità ancora indistinta e caotica ([2]),  unico e vero figlio di Dio, logos divino in cui Dio si è fatto carne. Questi e solo questi è l' Adam Qadmon, l'androgino primordiale, il caos primigenio che contiene indifferenziati il principio maschile e il principio femminile, e per mezzo del quale nasce l'ordine (kosmos) e si conoscono le forme transeunti e molteplici del reale.

Sotto questo profilo, l'intera storia, non solo dell'umanità, ma di tutte le forme esistenti e di quelle di là da venire, altro non è che la grande epopea dell'Ermete Trismegisto, il mercurio tre volte grande, non perché - come è stato detto - egli sia figura umana dotata di straordinaria saggezza e signore nei tre regni, bensì, perché è l'anima di tutte le fasi della Grande Opera. Dove il mercurio è tre volte grande? Nell'essere materia prima dell'Opera, nel morire e nel saper rinascere. Egli è ad un tempo la pietra grezza, la pietra lavorata e la pietra filosofale. Non a caso il suo nome greco, Ermes, significa pilastro di pietra e in tale forma veniva spesso rappresentato. Nella mitologia greca, egli è padre di Ermafrodito (l'androgino, la pietra grezza), generatogli da Afrodite nata dalla spuma del mare, fecondata dai genitali recisi di Urano.

Cosa fa l'alchimista con arte spagirica? Egli separa l'unità indistinta e caotica degli elementi (sale, zolfo e mercurio) che formano la pietra che non è una pietra e li ricompone nell'unità mirabile e aurea della pietra filosofale.

Analogamente nella tradizione ebraica, il sigillo o esagramma di Salomone contiene, racchiusi in un cerchio (sale - terra), due triangoli contrapposti e incrociati, simboli del fuoco (zolfo) e dell'acqua (mercurio). L'esortazione contenuta nella Tavola di Smeraldo può essere compiuta: 'lavare col fuoco e bruciare con l'acqua'. E lo Zohar, in un passo che ha per tema la dialettica luce - oscurità, così ripropone il significato della creazione umana fatta a immagine e somiglianza di Dio:

    "‘A nostra immagine' corrisponde alla luce (principio maschile). 'A nostra somiglianza' corrisponde all'oscurità (principio femminile), che è una veste per la luce "([3]).

Nell'androgino ermetico, il maschio (la luce, il fuoco, il sole) è oscurato (velato) dalla femmina (la veste bianca della luna).

La tradizione cristiana si spinge anche oltre. Sa che può vincere osando attribuire alla figura umana le caratteristiche di Dio. Nella Lettera agli Efesini, Paolo di Tarso chiama Cristo pietra principale. Con Cristo (poco importa, sotto questo riguardo, se egli sia davvero esistito), la chiesa di Pietro ha inteso realizzare il 'sogno divino' di Adamo di trasformare la terra nell'oro dello spirito. Cristo, come Adamo, non nasce di donna, egli è figlio unigenito di Dio. A differenza di Adamo, egli finisce con l’ubbidire al padre: accetta infine la morte, ma per avere vita eterna. Il suo calvario addita la via da seguire per trasformare il piombo in oro, la pietra grezza in pietra filosofale. Risorge, infine, dalla tomba per essere lievito di vita. Egli è sì 'la via, la verità e la vita' ma solo come metafora dello spirito immortale presente nel primo mattone con cui Dio ha formato il Cosmo. 

 

sergio magaldi

 


 

[1] Cfr., Asclepio, 8, in Discorsi, cit., p. 183

[2] A Roma, sull'architrave della Porta Ermetica di piazza Vittorio, è inciso il sigillo di Salomone sormontato da una croce. Ai piedi della croce, un cerchio che al centro ne contiene uno più piccolo. Sigillo e cerchi sono chiusi da un cerchio più grande dove tutt'attorno è scritto in latino: "Tre sono le meraviglie: Dio e l'uomo, la madre e la vergine, il trino e l'uno". Ecco 'il miracolo della cosa una' di cui si parla nella Tavola smeraldina di Ermete Trismegisto.

[3] Cfr., Zohar, I, 22a-b.