Zenone di Elea [V sec.a.C.] formulò il più celebre
paradosso della Storia, quello di 'Achille e della
tartaruga':"In una gara di corsa,se il piè veloce
Achille parte con un leggero svantaggio su una tar-
taruga, non riuscirà mai a raggiungerla".
In queste ore di celebrazione mediatica
del presidente del consiglio Monti, impegnato sul fronte americano, viene da
chiedersi quali meriti egli abbia contratto in patria e all’estero per
raccogliere un così vasto numero di consensi. Il paradosso Monti consiste
proprio nel fatto che più il suo governo “colpisce” la maggior parte degli
italiani più aumenta il numero di coloro che lo sostengono. La spiegazione, pur
nella sua complessità, è abbastanza semplice. In un precedente articolo [ cfr.
in questo stesso blog “Corporazioni di tutta Italia unitevi!”],
vagheggiavo la formula che uno stato contemporaneo neo-liberista deve adottare
per far fronte agli attacchi speculativi di chi detiene e controlla il potere
finanziario sul pianeta. Uno stato che al tempo stesso di quel potere
voglia assecondare i disegni. Gli obiettivi da perseguire ad ogni costo sono: il
pareggio di bilancio e la riduzione del debito pubblico. Gli
strumenti più idonei a conseguirli sono le tasse e la riduzione di stipendi e
pensioni. Scrivevo allora tra l’altro:
“Lo Stato contemporaneo ha
necessità di tassare i cittadini oltre la decenza? Non lo farà
con tutti e allo stesso modo[…] Per prima cosa lo Stato colpirà i poveri
[termine che non va confuso con quello in uso nei secoli scorsi, perché si
tratta di salariati al limite della sopravvivenza e comunque in grado di essere
tassati alla fonte del loro modestissimo reddito], non solo e non tanto perché
sono il maggior numero [il che pare, ma non lo è, addirittura un paradosso dal
punto di vista della “pericolosità sociale”], quanto perché, di là di qualche
lamentazione di facciata, non hanno nei media chi possa difenderli con
interesse e credibilità […] Il secondo atto consisterà nel colpire il ceto
medio con reddito più o meno accertabile alla fonte […]”.
A questo punto- osservavo- sarà utile introdurre dei diversivi:
“Si comincerà col far finta di perseguire anche i ricchi,
termine con il quale si designa oggi non solo il detentore di grandi sostanze,
più o meno palesi, ma anche i grandi boiardi, i dirigenti di banche ed enti
pubblici e privati, nonché i membri delle corporazioni di arti, mestieri,
professioni e della politica che, come dicevo sopra, in una Democrazia degenerata
in Partitocrazia, è una vera e propria corporazione”.
È noto a tutti che per una larga parte dei membri delle
suddette corporazioni, una buona fetta della ricchezza è assicurata
dagli statuti degli Ordini, vecchi di circa un secolo e/o da regole talmente
rigide da scoraggiare l’ingresso di nuovi soggetti nel mestiere, nell’arte o
nella professione, a meno che non si tratti di figli, parenti e amici di coloro
che ne fanno già parte. Questa, d’altra parte, è la regola aurea a
difesa di ogni lobby e corporazione. È
noto altresì all’opinione pubblica che un’altra fetta della stessa ricchezza
– per molti degli appartenenti alle corporazioni, esistenti di diritto e di
fatto in Italia – proviene dall’evasione fiscale e, allorché si parla di
politici e di soggetti che abbiano a che fare con la cosa pubblica,
dalla corruzione.
Liberalizzazioni e lotta all’evasione fiscale
saranno allora le successive “mosse” dello Stato neo-liberista che voglia al
tempo stesso vedere crescere il consenso attorno a sé e proclamarsi “giusto ed
equo”, osservavo ancora in quell’articolo. Le corporazioni si solleveranno,
aggiungevo, minacciando di paralizzare il Paese e costringendo il governo, in
un tacito gioco delle parti, a fare non mini-liberalizzazioni, ma pseudo-liberalizzazioni.
E la lotta contro gli evasori si farà spettacolarizzando, con l’invio di
squadre di ispettori fiscali a frugare nelle tasche di chi trascorre le vacanze
nelle località alla moda o si aggira nelle strade più lussuose delle città a
fare shopping, e ancora con la pubblicità televisiva e radiofonica,
pagata dai cittadini [sarebbe interessante sapere per quale ammontare di spesa
e con quali “ritorni”], con battute “demenziali” o almeno inutili del tipo: “Se
le tasse le pagano tutti, le tasse ripagano tutti” o “Esistono vari tipi
di parassiti, ma quello peggiore di tutti è il parassita fiscale”.
Non basta, Lo Stato proclamerà solennemente – scrivevo ancora in
quell’articolo – “che d’ora
in avanti si procederà con il ‘controllo incrociato’ che non è, come si
potrebbe pensare e sarebbe auspicabile, il riscontro tra le fatture
rilasciate da professionisti commercianti e artigiani e le relative detrazioni
fiscali dei comuni cittadini, ma semplicemente il confronto tra il reddito
dichiarato e le spese effettuate da un soggetto fiscale. Insomma il “redditometro”
di antica memoria, già sperimentato in passato con i risultati che tutti
conoscono…”
Concludevo l’articolo osservando che, assolti tutti i precedenti
impegni, il governo dello Stato neo-liberista si sarebbe dedicato infine a
liberalizzare il
mercato del lavoro, l’unica riforma “liberale” che veramente gli preme e
che sostanzialmente si riduce alla possibilità di licenziare, nel
pubblico come nel privato.
Ebbene, se si guarda a quanto è accaduto nei giorni scorsi e sta
accadendo in questi, si vedrà che il presidente Monti non ha fatto altro che adottare
alla lettera il modello ad uso dello Stato neo-liberista contemporaneo,
pseudo-liberalizzazioni comprese. I lettori ricorderanno come nei giorni
passati tutte le categorie “liberalizzate” minacciassero scioperi: dai tassisti
ai benzinai, dai farmacisti ai notai e agli avvocati ecc… Tassisti a parte [la
corporazione più debole], chi si ricorda più delle tante minacce corporative
di paralizzare il Paese? Riprenderanno nei prossimi giorni, se il decreto
dovesse essere approvato così com’è dai due rami del Parlamento? Ne dubito. È
chiaro ormai il principio che ispira questo governo: “colpire i deboli, facendo
credere di voler colpire anche i forti”. In fondo nulla di nuovo sotto il sole,
anzi no, perché, a differenza del passato, questa volta si proclama la
ferma volontà di dividere i sacrifici in eguale misura tra tutte le
classi sociali. E c’è chi ci crede o fa finta di crederci, persino il
presidente della Repubblica.
Lo stato neo-liberista non può permetterselo: il suo credo
sta proprio nel promuovere le distanze sociali, per incrementare il capitale
finanziario, rassicurare una ristretta élite dirigente, impadronirsi di beni pubblici in svendita e
insieme poter disporre di una forza-lavoro più malleabile e a più basso costo.
Un po’ come sta avvenendo in tutte le nazioni occidentali. Cos’è l’Europa? Un
duopolio franco-tedesco per imporre le proprie leggi agli altri membri. Il
demone della “crescita” è talmente presente in questa Weltanschauung che
si guarda con invidia alla Cina, alla sua “crescita” annuale in doppia cifra,
uno stato sedicente comunista che può vantare la forza-lavoro a più basso costo
dell’universo industrializzato. Il progressivo smantellamento del Welfare
in Occidente, soprattutto in quello dove predominano classi politiche corrotte,
evasione fiscale, debito pubblico elevato e criminalità organizzata,
rappresenta la chiave di volta del progetto neo-liberista di dominio del
mondo.
Non a caso da oltre Oceano Monti ci tiene a far sapere che la
riforma del mercato del lavoro in Italia è ormai prossima. Può tutto ciò non
garantirgli il plauso di coloro che da sempre gravitano, più o meno da vicino,
nell’orbita del potere finanziario? A quale
uomo politico italiano, anche se spacciato per tecnico, sarebbe riuscito quanto
è riuscito a Monti? La risposta è: “a nessun altro” e questo spiega in nuce
la misura del consenso e il perché, “orbitanti” a parte, egli goda, a quel che
ne dicono i sondaggi più o meno interessati, del favore della maggioranza degli
italiani.
Il paradosso Monti si basa innanzi tutto sul fatto che, a
sostenerlo, è proprio quel ceto medio su cui si è abbattuta maggiormente
la scure del governo. Se così non fosse, non si vede come potrebbe raggiungere
nei sondaggi una così alta percentuale di consensi. Perché? Proviamo a
esaminarne le ragioni, molte delle quali sono, come sempre accade in queste
circostanze, di natura sociologica e psichica:
1)Innanzi tutto l’assoluta
inefficienza della classe politica tradizionale, la sua trasversale corruzione,
la mancanza di un leader carismatico, caduto ormai il falso idolo che
piaceva non solo alla “buona” borghesia, ma anche al ceto medio e
persino ai poveri, modello del self-made-man, vincente e
fortunato in cui rispecchiare il riscatto delle proprie frustrazioni.
2)Il fatto che il ceto medio,
aumenti della benzina a parte e poco altro, non abbia ancora “assaporato” sino
in fondo tutte le misure varate dal governo e che verranno alla “degustazione”
solo nei prossimi mesi, con l’aumento dell’Iva al 23%, la consueta denuncia dei
redditi, il pagamento della nuova Ici.
3)La figura stessa di Monti:
fisica e morale. Un capo di governo che parla poco, sorride meno, che sembra
respirare e muoversi a sangue freddo, un “ragionier robotico” per alcuni, ma
per la maggior parte un uomo inattaccabile, al di sopra dei partiti e delle
passioni dei comuni mortali, e del quale si dice che goda del favore dei poteri
forti, il che non guasta per la psiche dell’uomo medio. Un leader
che dà l’impressione si sapersi “intrufolare” tra Merkel e Sarkozy, che in
statura sorpassa di una spanna, un uomo asciutto e sobrio che dichiara
candidamente di voler insegnare la sobrietà e un nuovo modo di vivere agli
italiani, un presidente che va negli U.S.A., parla speditamente l’inglese con
Obama, con gli esponenti del potere finanziaro, con i giornalisti e al
quale il Time “regala” la copertina con l’esaltante interrogativo: “Può
quest’uomo salvare l’Europa?”.
4) Un presidente del consiglio
che piace a sinistra, è esaltato al centro e non spiace alla destra. L’unico
governante che negli ultimi tempi abbia saputo tranquillizzare gli italiani per
via dell’abbattimento di oltre cento punti del “famigerato” spread. Ma
sulla questione dello spread e del suo “saliscendi”, visto che proprio
Venerdì scorso, a chiusura della settimana borsistica e con Monti in visita a
Obama, è risalito in un sol giorno di circa 30 punti, sarà bene andarsi a
leggere in rete il pregevole articolo di Sergio Di Cori Modigliani di Mercoledì 8 Febbraio:”Mario
Monti al Grande Appuntamento con Barack Obama”.
5) Il mito di Cincinnato, il
dittatore che Tito Livio definì “spes unica imperii populi romani”. Di
un uomo che, distolto dagli studi e dalle abituali occupazioni, salvata
l’Italia, tornerà in gran fretta ad “arare il proprio campicello”.
L’elenco potrebbe continuare, ma credo che quelli accennati siano
motivi sufficienti a spiegare il paradosso Monti.
Ciò detto, c’è forse un secondo paradosso che giustifica il primo.
Per quanto ingrato possa apparire agli occhi dei detrattori del “ragioner
robotico” e apprezzabile da parte dei suoi sostenitori. L’Italia, non potrebbe,
anche volendo, sfilarsi dal novero degli stati neo-liberisti che in Europa la
fanno ormai da padroni. A meno che… a meno che non si verificasse l’ipotesi
accennata nel citato articolo di Sergio Di Cori Modigliani. Ipotesi suggestiva,
ma quanto mai improbabile, non solo perché proprio a Wall Street pulsa
il cuore dell’alta finanza, ma anche perché il presidente Obama, pur con tutte
le sue velleità, non ha dato segno sino ad oggi di volere e/o saper gestire una
politica economica di segno contrario a quel potere finanziario che fa
il bello e il cattivo tempo e che si annida nelle radici stesse del suo Paese.
Insomma, che lo voglia o no, l’Italia è condannata ad una politica
economica neo-liberista. Chi saprebbe gestirla meglio di Monti? Non certo i leaders
dei principali partiti politici, tutti assimilabili tra loro quanto a capacità,
conoscenza e impotenza dei modi e dei tempi di gestire una crisi decisa a
tavolino dai poteri forti. Né certamente i Dini, i Ciampi, i Giuliano
Amato se potessero o ne esistessero degli altri. Valga per tutti l’esempio
delle cosiddette liberalizzazioni. Per quanto Monti abbia fatto solo pseudo-liberalizzazioni,
il parlamento italiano, formato in gran parte da rappresentanti degli ordini
professionali, ha già presentato una moltitudine di emendamenti, più di 400
solo di PD e PDL che pure appoggiano il governo, per togliere anche quel
pochissimo di liberale contenuto nel decreto. E per quanto ci sia qualche
giornalista che stimo, affermare il contrario e cioè che se quegli emendamenti
fossero accolti si avrebbe una vera liberalizzazione, resto dell’idea
che gli emendamenti approvati sarebbero solo quelli per “togliere” e non per
“aggiungere”.
Dunque, con Mario Monti, piaccia o no, e personalmente mi costa
ammetterlo, l’Italia ha scelto “il meglio” con cui allinearsi al volere dei poteri
forti che con paziente sagacia hanno tessuto la tela promovendo e favorendo
attraverso il controllo dei media, prima la più grande immigrazione di
popoli che si sia mai vista in Occidente, poi l’introduzione dell’euro, l’Europa
economica a direzione franco-tedesca, il mercato globale, e infine la crisi
irreversibile degli stati nazionali con la “cinesizzazione” della classe
media. Troppo tardi ormai per tornare indietro. Anche se ci si può provare.
sergio magaldi