La quasi totalità dei media,
nazionali e internazionali, parla questa mattina di una sostanziale
ingovernabilità del Paese, dopo il risultato elettorale che assegna alla Camera la vittoria alla coalizione di centro-sinistra, per una manciata di voti presa in più degli avversari di
centro-destra, e grazie ad i meccanismi di una legge elettorale più iniqua,
sotto il profilo democratico, persino della legge Acerbo voluta dai fascisti
nel 1923 e della cosiddetta “Legge truffa” approvata dai democristiani
trent’anni dopo. Com’è noto, tuttavia, la netta maggioranza, comunque
conseguita alla Camera, non basta per governare al Senato, dove la coalizione
PD-SEL può fare maggioranza solo
alleandosi contemporaneamente con il Centro di Monti e con il
Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo o anche soltanto con quest’ultimo.
Non
mancano i soli “epimeteici” commenti, quelli del “senno di poi”, per ciò che il
PD avrebbe dovuto fare e non ha fatto quando godeva di un vantaggio che tutti i
sondaggi davano ben oltre il 10% sui diretti avversari del PDL e della Lega. Primo
fra tutti, quello di non essere andati subito al voto dopo la caduta del
governo Berlusconi: se il PD, grazie all’intermediazione del presidente
Napolitano, non avesse approvato le misure impopolari volute dal governo dei
tecnici su commissione dell’Eurogermania e avesse dato immediatamente la parola
agli elettori, in quel momento avrebbe sicuramente stravinto. Molti di quelli
che oggi sostengono questa tesi, parlarono allora di “scelta responsabile” del
PD. Un altro commento tardivo, che pure sembra godere di molta fortuna in
questo momento, è quello di non aver scelto Renzi come candidato da opporre al
centro-destra. In tal caso, si dice che Berlusconi non sarebbe sceso in campo
[ne siamo proprio sicuri?] e che la vittoria sarebbe stata a portata di mano
del centro-sinistra. Può darsi, ma ho più di un dubbio in proposito e ho
l’impressione che a quel punto una parte dell’elettorato di sinistra si sarebbe
orientato su Rivoluzione Civile di Ingroia… Comunque sia, non ha molto senso
parlarne ora. Un terzo commento, infine, che avevo anticipato ampiamente nei
miei post, ma che soltanto ora ascolto dai soliti ineffabili
rappresentanti del cosiddetto Quarto potere italiano, riguarda la campagna
elettorale di basso profilo voluta dal PD, con un segretario-candidato che
compariva in Tv e nei teatri bofonchiando con aria annoiata e proclamandosi
certo della vittoria, per dire soltanto che la sua coalizione avrebbe smacchiato
il giaguario, combattuto l’evasione fiscale abolendo la circolazione del denaro
contante, riformato l’IMU col renderlo un’imposta progressiva, peggiorando
persino le misure del governo Prodi, introdotto una
patrimoniale sui beni immobili di valore superiore al milione di euro,
l’equivalente del costo di una sola casa di media grandezza in una grande città… Dunque
una nuova tassa sulle abitazioni degli italiani!
La scelta del PD
di non andare al voto e di appoggiare “responsabilmente” il governo Monti
poteva in quel momento anche rivelarsi saggia sotto il profilo dell’interesse
nazionale, se effettivamente fosse stata “responsabile”, se cioè il Partito
Democratico non avesse calvalcato insieme al tecnocrate filotedesco la tigre
della ripresa finanziaria del Paese, divorando nel contempo le già malridotte
risorse dei cittadini e dei piccoli e medi imprenditori, aumentando la
disoccupazione e favorendo la recessione. In diversi post di allora
mettevo in evidenza che questa politica di mera sudditanza ai Poteri Forti da
una parte, alla classe politica e ai ceti privilegiati dall’altra [Che ne è
stato della riduzione dei costi della politica, dell’abolizione delle
Province, di un’autentica riforma delle Corporazioni, dell’IMU da far pagare
alla Chiesa e così via dicendo?], avrebbe finito col pagarla per primo il PD. Eppure la coalizione di centro-sinistra
continuava a sentirsi sicura della vittoria, anche in forza dei sondaggi che
la davano in testa con un buon margine di vantaggio sui diretti
avversari. Errori di prospettiva, incapacità di comprendere il malessere che
montava tra i cittadini o mera volontà di gestire il quotidiano? Forse tutte e
tre le cose.
Per quanto
paradossale possa sembrare, il voto che complessivamente esce dalle urne mostra
una maturità politica degli italiani ben superiore a quella dei suoi
rappresentanti politici. Il ceto medio-alto, nel quale si annovera la fitta
schiera degli evasori fiscali [quelli veri] non poteva non riprendersi
il “suo” Berlusconi, come pure una buona fetta della piccola borghesia e dei
ceti popolari, stregati ancora una
volta dalle tante promesse mai mantenute dal Cavaliere e dal suo indubbio
carisma. Un’esigua parte interclassista della società, guidata da vip timorati di Dio e nostalgici delle antiche maggioranze
cattoliche, sceglie il rassicurante e ideologicamente eclettico Monti, benedetto da Casini. Si
può dar loro torto, considerando le ataviche preoccupazioni che una parte del
PD suscita ancora nelle loro menti devote? Se, tuttavia, non se la sono sentita
di correre tra le braccia del Cavaliere, giudicato un peccatore impenitente?
Infine, un italiano su quattro [con oltre il 25% dei consensi il M5S è alla Camera il primo partito
italiano] sceglie il movimento di Beppe Grillo, come unica vera e nuova proposta rispetto a
quelle degli altri partiti, alle quali non si crede più o che vere proposte non
sono mai state. Non un semplice voto di protesta come ci si affretta a
concludere, ma una sentenza sul presente e sul passato e una speranza
per il futuro.
In questo quadro, solo sinteticamente
rappresentato, un’opportunità straordinaria esce dalle urne per la coalizione
di centro-sinistra, se il suo intento non era solo quello, peraltro non riuscito,
di smacchiare il giaguario. Concordi il PD, visto che finalmente ha l’occasione
storica per farlo, alcune misure da poter condividere con il Movimento 5
Stelle: non il salario di cittadinanza
che per ora costerebbe troppo, ma concrete misure per la ripresa dell’occupazione
e per impedire la chiusura delle piccole imprese, non l’uscita dall’Europa ma
il fermo proposito di battersi per un’Europa diversa, non l’elezione al
Quirinale dei Monti, dei Prodi, degli Amato ma finalmente di una donna che non
venga né dagli apparati di partito né dalla tecnocrazia [e non sia la Borletti Buitoni celebrata da Crozza], non una difesa di questa
legge elettorale che gli assegna alla Camera una maggioranza bulgara, ma norme
di autentico rispetto della democrazia rappresentativa, non parole generiche
per i giovani che entrano nel mondo del lavoro, ma misure immediate ed
efficaci, non la conservazione di privilegi corporativi, ma il tetto di
stipendi pensioni e liquidazioni plurimilionarie dei dirigenti pubblici e privati e il dimezzamento, non dei parlamentari, ma dei loro stipendi, non
la lotta all’evasione fiscale, ritirando il denaro contante in circolazione, ma con
il controllo incrociato di fatture che il consumatore possa detrarre dalle
tasse… Ce n’è per un programma di legislatura. Ma l’incredibile opportunità non
riguarda solo il PD. Se il volto raccolto dal M5S non è, come penso, un mero
voto di protesta, anche al movimento di Beppe Grillo si offre la possibilità
straordinaria di incidere davvero sul tessuto vivo della società italiana, di renderla finalmente più
equa e più onesta, facendo in modo che un sogno si tramuti in realtà.
sergio magaldi