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ciascun titolo per leggere. I termini in grassetto, riportati una sola volta
all’interno della stessa voce, indicano altrettante voci del glossario
essenziale per lo studio della Qabbalah.
Etz Da‘at
Etz
Da‘at o albero della conoscenza è strettamente collegato al serpente
tentatore e, del resto, Rabbi Lev, il creatore del Golem, in Sepher Netivot Olam (“Il libro delle vie del mondo”)
sostiene la parentela tra l'uomo e il serpente. Secondo una leggenda talmudica,
alla morte di un uomo, dalla sua spina dorsale nasce un serpente. La ghematria
di Nachash, che si scrive da destra a sinistra con le lettere Nun-Chet-Shin
(50+8+300=358=7), stesso numero minore di Eden: Ayin-Daleth-Nun=70+4+50=124=7] è la stessa di Mashiach, messia,
scritto con le lettere Mem-Shin-Yud-Nun
(8+10+300+40)=358=7 e di Choshen, pettorale: Chet-Shin-Nun
(50+300+8)=358=7. Il messia può essere scudo e salvezza oppure divenire un astuto
tentatore. Il serpente, come strumento di Samaele (diavolo) che lo cavalca, è
in realtà un cammello assai prezioso nel deserto. In Genesi Rabbah
(XX,2) si fa notare che dopo che Adamo ed Eva ebbero mangiato, Dio discute con
loro, ma non col serpente che viene immediatamente condannato (Genesi,
3, 14), perché parlare con lui è inutile, egli è astuto ed avrebbe sostenuto
che così come Dio aveva dato un ordine, lui aveva suggerito un'altra scelta.
Non si deve parlare con lui perché è un incantatore: di qui la tradizione
cristiana che identifica i suoi incantesimi verbali con quelli del demonio:
"Sì... sì... no... no, il resto è del maligno". L'astuto
serpente aveva sopraffatto Eva, è detto in Genesi Rabbah XIX, 4, facendo
insinuazioni sul suo creatore e affermando: “Dio ha mangiato di quest'albero
e poi ha creato il mondo, per questo vi ha detto di non cibarvene, perché non
possiate creare altri mondi... e divenire come lui".
Gli
studiosi della Torah s'interrogarono a lungo su che albero fosse quello
della conoscenza e dunque sul frutto che il serpente dette ad Eva ed Eva ad
Adamo. Furono sempre indecisi tra quattro frutti: il grano, l’uva, il cedro e
il fico. Alcuni dissero: “è il grano”, altri risposero: “anche
se la conoscenza ci viene dal grano, è scritto albero e non esiste un albero
del grano”. Rabbi Jehudah b. Ilaj disse che era uva perché in Deuteronomio
è scritto: “la loro uva è uva velenosa ed i grappoli sono grappoli
amari”. Quell’uva, infatti, fu amara al mondo esiliato da Dio. Qualcuno si
alzò e disse: “non è l’uva perché da lei viene il vino che è il simbolo
della vera conoscenza della Torah e della sua dolcezza. E la vite da cui
l’uva viene è come Israele che si appoggia alla Torah”. Rabbi Abbà di
Akko disse: “era un cedro, come sta scritto in Genesi: la donna vide che era
buono l’albero da mangiarsi”. E spiegò: “l’unico albero che si mangia
come il frutto è il cedro, non ci nutriamo forse dei suoi germogli freschi?”.
“No – disse Rabbi José – è il fico”. E chiarì prima i motivi per
cui non era il cedro. “L’albero della conoscenza del bene e del male
– aveva concluso Rabbi José – è dunque il fico, perché fu l’unico albero ad
accogliere Adamo ed Eva dopo il peccato; cioè, l’albero di cui mangiarono il
frutto che provocò la malattia, fu anche l’unico ad offrire le foglie del
farmaco temporaneo”. Ma anche Rabbi José trovò i suoi oppositori e
qualcuno disse che non era il fico, il frutto della caduta,
perché il fico è come la Torah. L’albero del fico ha radici morbide e
che, tuttavia, s’infiltrano anche nella roccia più dura, proprio come la Torah.
E questo è un albero i cui frutti si raccolgono un po’ per volta, come solo un
po’ alla volta è possibile studiare la Torah. E come il fico è un albero
che fin tanto che lo frughi trovi frutti, così è la Torah che più si
studia, più se ne traggono insegnamenti. E insomma il vero frutto dell’albero
della conoscenza non fu mai trovato.
Esaminiamo
ora cosa si dice dei due alberi in Genesi, II, 8: “E il Signore
Dio piantò un giardino in Eden [Gan Eden= 53+124=177=15=6; cioè Tiphereth, la sesta sephirah
dell’albero delle sephiroth o
colonna di mezzo] a oriente, e vi pose l’uomo che aveva formato, 9:
E il Signore Dio fece spuntare dal suolo tutti gli alberi belli a vedersi, dai
frutti soavi al gusto. Fece crescere Etz Chayyim gan betrok (l'albero
della vita entro o in mezzo al giardino) e l'albero della conoscenza (del
bene e del male)” [Etz Da‘at, cioè: ’Ayin-Tzade e
Daleth-’Ayin-Taw = 160+474=634=13=4
con lo stesso valore numerico di Amud
Hashidrah, colonna vertebrale e
di Yar-din, il fiume del giudizio, il
quaternario. Diverso invece il valore numerico dell’albero della vita: Etz
Chayyim: 160+8+10+10+40=228=12=3. I due alberi sono dunque distinti
anche nel loro minore valore numerico, ma l’unità dei due alberi [la loro somma
e la loro moltiplicazione] fa scomparire nuovamente il valore dell’albero della
conoscenza. La loro somma produce il 7,
come Nachash, serpente,
Eden, paradiso, Mashiach, messia e Choshen, pettorale, e la loro moltiplicazione nuovamente il 3 [4x3=12=3], il valore dell’albero
della vita.
Così continua Genesi II, 10: “Dall’Eden
sgorgava ad irrigare il paradiso, un fiume che dal paradiso si sprigionava in 4
fiumi diversi II, 15: Il Signore Dio perciò prese l'uomo e lo pose ad abitare
nel giardino di Eden
affinché lo coltivasse e lo custodisse, 16: Gli diede questo comandamento: ‘mangia
pure di ogni albero del giardino 17: ma dell'albero della
conoscenza del bene e del male non ne mangiare, perché nel giorno in cui ne
avrai mangiato certamente morirai’, III,
1 Il serpente [...] disse alla donna: ‘Perché Dio vi ha comandato di non
mangiare del frutto di tutte le piante del giardino?’ 2-3: la donna
disse al serpente: ‘Dei frutti di qualunque albero del giardino noi possiamo
mangiare, ma del frutto dell'albero che sta betrok gan, (entro o in mezzo al giardino), Dio ha
detto: ‘Non ne mangiate, anzi non lo toccate altrimenti morirete’, 4-5: ma
il serpente disse alla donna: ‘No, voi non morrete. Anzi, Dio sa bene che in
qualunque giorno ne mangerete, si apriranno i vostri occhi e sarete come lui,
conoscitori del bene e del male’. Dopo di che (III,6) la donna tocca e
mangia e ne dà ad Adamo.”.
Che si tratti di un solo albero non c’è dubbio. La
stessa Eva, nel rispondere al serpente, non nomina l'albero della vita né lo
distingue da quello della conoscenza, ma chiarisce al serpente che l'albero di
cui è proibito toccare e mangiare i frutti è quello che si trova in mezzo o per
entro il giardino. Esattamente quel che è detto con quel Etz Chayyim gan
betrok… (l’albero della vita che sta in mezzo o entro…) del versetto II, 9.
L'albero
della vita distinto da quello della conoscenza si trova menzionato solo nel
versetto II, 9 del racconto biblico e lo incontreremo nuovamente solo alla fine
della vicenda, quando Adamo ed Eva avranno già consumato il frutto.
D'altra parte e ancora: se gli alberi fossero stati due e i frutti
dell'albero della vita non fossero stati proibiti, l'uomo avrebbe potuto
mangiarne e rendersi immortale prima ancora di assaggiare i frutti dell'albero
della conoscenza. E se erano proibiti anche i frutti dell'albero della vita,
allora gli alberi da cui era vietato mangiare sarebbero stati due e non uno
soltanto come si ribadisce più volte. Si deduce da tutto ciò: in mezzo o entro
l’Eden c'è un giardino irrigato (Fiume del Giudizio) in cui solo Adamo ed Eva
possono entrare e che hanno il dovere di custodire. Come abbiamo già visto
questo giardino è un luogo chiuso, circondato dai Palazzi divini che si trovano
al centro del Gan Eden. Per entro (be-trok) il giardino in realtà si
trova un solo Albero, l'albero della vita che per tutti gli uomini diviene
albero della conoscenza del bene e del male, allorché Adamo ed Eva lo toccano e
ne mangiano il frutto proibito. Questa stessa interpretazione si trova nel
Chassidismo: "Il primo uomo peccò a causa dell'albero della conoscenza
e introdusse una divisione tra tale albero e quello della vita" osserva
Baal Shem Tov. In altri
termini, l'albero della conoscenza sta all'albero della vita, come l’occulta e
misteriosa Da’at,
che peraltro non è una Sephirah, sta all'albero delle Sephiroth. E Da’at non è una Sephirah
perché in origine non appartiene all'Albero, analogamente la conoscenza diventa un progetto umano ma non è parte
originaria del progetto divino. Del resto, “il segreto dell'albero della vita
collegato a quello della conoscenza”, come in Sha 'aré Orah (“Le Porte
della Luce”) afferma Joseph Gikatila,
è ben noto ai cabbalisti prima ancora dei Chassidim. Già l'autore del Sepher
bahir si mostra convinto che non ci sia che un solo albero. Qui è
Dio a parlare in veste di agricoltore archetipico (22, 14b): "Io sono
colui che ha piantato quest'albero...tutto
ho fissato in esso e l'ho chiamato Totalità, giacché da esso tutto
dipende e da esso tutto deriva". Cos'è quest'albero? Lo dice
ancora il Sepher bahir (119
e 85): "le forze del Santo, benedetto egli sia, sono poste una dentro
l'altra e assomigliano a un albero. Come l'albero dà frutti grazie all'acqua,
così il Santo, benedetto egli sia, accresce le forze dell'albero per mezzo
dell'acqua [...] Grazie a cosa sgorgano le acque? Grazie [...] alla Shekinah..."
GALGAL
Galgal è la ruota celeste che designa lo
zodiaco. Nel Bahir (106) è l’utero o
ventre ed ‘è nell’anno come un re nella
provincia’ (Sepher Yetzirah,6:3). Non definisce il tempo ma vi si trova
dentro. Le 22 lettere dell’alfabeto ebraico in connessione con Galgal formano le 231 Porte della
conoscenza, come è scritto nel Sepher
Yetzirah (2:4): ‘22 lettere… Le collocò in circolo come un
muro con 231 Porte’. Netiv, sentiero, ha valore numerico 462,
sommando le 4 lettere dell’alfabeto ebraico che formano la parola
(Nun 50+ Taw 400+ Yud 10+ Beth 2 =462). La metà del suo valore è 231, il numero
delle porte della Conoscenza, attraverso le quali si accede a tutta la realtà. Israele le rappresenta
simbolicamente: la parola Israel si
scrive in ebraico con le lettere Yud-Shin-Resh-Aleph-Lamed, lettere che si
possono suddividere in Iesh
[Yud-Shin] - Rela [Resh-Lamed-Aleph] che significa “Sono 231” . In tal senso,
Israele perde
qui i suoi connotati di realtà storico-geografica ed etnica per acquisire la
dimensione dell’universalità.
GAON
Titolo onorifico attribuito ad un leader spirituale. Il più
noto fu il Gaon di Vilna [1720-1797], Eliyahu ben Shlomo Zalman, lituano,
rabbino e maestro di Qabbalah.
sergio magaldi