Non c'è forse maggiore equivoco di quello generato dalla figura dell'androgino. La fonte è
nei due noti versetti del Genesi biblico, in cui è detto che Dio creò
l'uomo a propria immagine e somiglianza (Genesi, 1:26) e che lo creò
maschio e femmina (Genesi, 1:27).
Da
allora non si è smesso quasi di assegnare a Dio entrambi i sessi, tralasciando di indagare
la natura reale del frutto della divina creazione.
“Il fatto che uomo e donna siano
creati a immagine di Dio sottintende che Dio sia un'entità maschile/femminile,
e non solo maschile", scrive G. Dreifuss [1].
Tesi, questa, condivisa da autori come Kaplan e Moshe Idel. Dreifuss, tuttavia,
osserva che 'nel giudaismo normativo questa immagine di un'entità divina
maschile/femminile non trova espressione' (Ibid., p. 31), mentre è
presente nella letteratura midrashica (Genesi Rabbah 8:1 e 17:6, Levitico
Rabbah, 14:1, Midrash Salmi, 139, bEruvim, 18°),
contrariamente a ciò che sostiene E. Zolla (The Androgyne. Fusion of the
Sexes, trad.it., Incontro con l'androgino, red edizioni, Como, 1995,
p. 57), un autore che, per la verità, non sembra avere molta dimestichezza con
'la tradizione esoterica ebraica' cui, pure, dedica un paragrafo del suo libro.
L'immagine maschile/femminile della divinità è anche ben presente nella
Qabbalah dello Zohar e, soprattutto, nella Qabbalah luriana dei Partzufim,
dove il carattere antropomorfico della divinità è addirittura esaltato. Fa
tuttavia notare Moshe Idel che in nessun caso l'unione del maschio e della
femmina è funzionale all’emergere di una divinità androgina, ma è piuttosto
'l'insistenza per l'ottenimento di una relazione armoniosa tra principi
opposti, la cui esistenza separata è indispensabile per il benessere
dell'intero universo. O per dirla con altre parole: la cabala teosofica non ha
cercato una ristrutturazione drastica dell'esistenza, sia attraverso la
trasformazione del femminile in maschile, sia attraverso la loro fusione finale
in un'entità bisessuata o asessuata... Nella concezione gnostica, il mondo
inferiore deve sforzarsi di copiare la regola superiore dell'androginia o della
asessualità. L'attitudine gnostica risulta essere a certo riguardo simile
all'attitudine cristiana di fronte alla sessualità, esse costituiscono un
aspetto importante del loro più generale rigetto di questo mondo; le
escatologie gnostiche e cristiane propongono una salvezza spirituale che
riguarda sia la restaurazione dell'androginia paradisiaca sia uno statuto di
asessualità per il credente.' (cfr. M. Idel, Cabala ed erotismo,
Mimesis, Milano, 1993, pp. 35 - 36). Più avanti, in nota, Moshe Idel riporta,
condividendolo, il pensiero del Meeks (The image of the Androgyne, p.
186): "Nell'ebraismo, il mito dell'androgino serve a risolvere un dilemma
esegetico e a consolidare la monogamia". E Moshe Idel osserva: "In
ogni caso, la cabala estatica utilizza a volte una produzione di immagini
androginiche, sotto l'influenza della filosofia greca, e attraverso la
mediazione delle opere di Maimonide...Un'altra differenza cruciale tra le
concezioni ebraiche e greche dell'androginia è la visione ebraica positiva
della separazione tra il maschio e la femmina, mentre in Platone la separazione
è vista come una punizione..." ( M. Idel, op.cit., nota 84, p. 55).
Potremmo
parimenti scoprire che l'Adam Qadmon non è in alcun modo da confondersi
con un ipotetico uomo cosmico di natura bisessuale e neppure con la sua larvata
presenza asessuata e tuttavia spiritualmente comprensiva tanto del principio
femminile che di quello maschile. E pare proprio che le due interpretazioni si
dividano il campo, l'una inferendo che l'androgino Adamo è il riflesso di Dio,
l'altra osservando che l'androginia di Adamo è soltanto spirituale perché
l'uomo fu creato a immagine e somiglianza di Dio ma solo per lo spirito.
Così,
chi attribuisce fisicità e umanità all'Adam Qadmon non sfugge alla
necessità di dover attribuire a Dio forma e bisessualità, chi, al contrario,
opta per lo spirito, perde, per così dire, il bandolo della matassa perché
concepisce Adamo, prima ancora del peccato che lo escluderà dalla condizione
edenica e immortale, come un essere metà spirito, per ciò che è fatto a
immagine e somiglianza di Dio, e metà carne, per ciò che, fisicamente, egli è
fatto di terra (Adamah). Ma, se è fatto di terra, Adamo,
nascendo, è già condannato al male e alla morte, a meno che...a meno che il
compito affidatogli non sia proprio quella di trasformare la propria terra
corruttibile in metallo incorruttibile. Ma, chiamato alla prova, Adamo fallisce
e, in luogo dell'oro, mostra intatta la zavorra con cui è stato formato
dal suo creatore.
E’
interessante osservare come il cabbalista medievale Joseph Gikatila attribuisca
la 'caduta' di Adamo al non aver saputo attendere che il frutto
dell'albero fosse maturo, prima di cibarsene. Fu dunque l'impazienza a
perdere il genere umano precipitandolo nel regno della vita e della morte. Il
frutto dell'albero della vita si mutò così nel frutto dell'albero della
conoscenza del bene e del male.
Scrive
Gikatila in Cha 'aré Orah (Le Porte della Luce):
"Il serpente
primordiale...inflisse un danno alla luna (la sephirah Malkhout) per via del
primo uomo, il quale...non attese che (il serpente) mangiasse la propria
parte...nel qual caso l'albero sarebbe stato chiamato del bene e non del male e
lui avrebbe potuto mangiarne tanto quanto ne desiderasse: ne avrebbe mangiato e
avrebbe vissuto per sempre (Genesi, 3:22), secondo il segreto
dell'albero della vita collegato a quello della conoscenza..." (f. 105a).
La
luna, che nel linguaggio cabbalistico rappresenta anche la terra,
nell'accezione ermetica simboleggia la materia prima. Il serpente,
simbolo ctonio per eccellenza, bene traduce la forma di Adamo
fatta di terra, non già le sembianze di Dio, privo di forma ma spesso
idolatrato come Grande Androgino.
Tutto
ciò dimostra che in origine non c'è che un albero e che questo è l’albero della vita e che la terra
si sarebbe trasformata se Adamo avesse saputo attendere. I denti non gli si
sarebbero legati se egli non si fosse cibato del frutto ancora acerbo.
Solo mangiando del frutto maturo, segno dell'avvenuta trasformazione,
Adamo avrebbe guadagnato l'immortalità.
D'altra
parte, la prova cui Adamo dovette sottostare non fu capriccio divino.
Dio, infatti, non avrebbe potuto concepirlo del tutto identico a sé, creando un
altro se stesso, ma solo a propria immagine e somiglianza, così come fece,
mediante il suo spirito e dandogli forma col fango della terra (Genesi,
2:7). La presunzione e l'impazienza persero Adamo. La prima, nel fargli credere
di essere in tutto e per tutto simile a Dio (mentre Dio non ha forma), la
seconda nel ritenere che, in breve tempo, anche il suo potere sarebbe stato
identico a quello di Dio. Scrive
ancora Gikatila in Sod ha - Nahach (Il Segreto del Serpente):
"... E' per questo
motivo che Dio comanda al primo uomo di non toccare l'albero della conoscenza,
fin quando il bene e il male fossero stati associati, sebbene l'uno fosse
all'interno e l'altro all'esterno. Occorreva attendere che ne fosse staccato il
prepuzio, com'è detto: tratterete i loro frutti come prepuzio (Levitico,19:23),
ora è scritto: prese del suo frutto e ne mangiò (Genesi,3:6). Introdusse
un idolo nel Palazzo (T.B. Ta'anit 28b) e l'impurità penetrò all'interno."
(f. 276a-b).
Il
prepuzio è la scorza dura, assimilabile alla terra (Adamah) di cui è
fatto Adamo. Solo quando la scorza fosse caduta, il frutto, ormai maturo,
avrebbe potuto essere mangiato e la terra di Adamo si sarebbe mutata nell'oro
dello spirito. Il 'sogno divino' di mutare la terra in oro è votato allo
scacco? Il Golem ha fallito la prova? Peggio per lui! Che ci riprovi da solo,
ma fuori dell'Eden e in condizioni difficili. Saranno proprio le difficoltà ad
acuire il suo ingegno e forse un giorno gli riuscirà finalmente di rendere al
creatore la terra ricevuta... trasformata in oro. [SEGUE]
[1] G. Dreifuss, Maschio e femmina li creò. L'amore e i suoi simboli nelle scritture ebraiche, La Giuntina, Firenze, 1996, p. 30