Il
Milan vince il suo diciannovesimo scudetto, conteso sino all’ultima giornata
con l’Inter che avrebbe potuto bissare il successo della stagione 2020/2021 se
non fosse capitolata nella partita di recupero a Bologna, dove pure si era
trovata in vantaggio, così come pure in vantaggio era stata nell’ultimo scontro
diretto con i rossoneri. Vince il Milan meritatamente, ancorché nella prima
parte del Campionato abbia incontrato lo sguardo favorevole degli dei del
calcio: non per i rigori ricevuti, decisamente in numero inferiore (8) rispetto
a quelli dell’anno scorso (20!), ma per via di un atteggiamento genericamente benigno
di cui ha potuto usufruire, tranne forse in una partita soltanto! Lo vince
grazie al suo collettivo e ad una organizzazione di gioco che ha fatto della
velocità, dell’agonismo e delle verticalizzazioni il suo punto di forza. Perde
lo scudetto l’Inter che aveva forse l’organico migliore del Campionato, ma
Inzaghi si consola con gli altri due titoli a disposizione: Super Coppa e Coppa
Italia. Gli stessi titoli vinti l’anno passato dalla Juventus e che non sono
stati sufficienti a Pirlo, al suo primo anno da allenatore, per evitare
l’esonero, così come l’anno precedente non era stato sufficiente a Sarri
vincere lo scudetto. Già, perché la Juve – non tanto il popolo bianconero
quanto i suoi dirigenti – anelava il ritorno di Allegri, vincitore di 5
scudetti con i bianconeri negli anni in cui Milan e Inter non erano più
competitivi al massimo livello.
Dal canto suo, la Juventus del “nuovo” ciclo, per la prima volta dopo 11 anni non si assicura almeno un titolo, ma consegue certamente un primato: quello di aver espresso il peggior calcio di tutta la Serie A ancorché, grazie al crollo dell’Atalanta, sia riuscita qualificarsi per la Champions del prossimo anno. Una squadra inguardabile anche quando ha inanellato una serie di risultati utili quanto striminziti nel punteggio. Perché tutto si può dire di Allegri ma non che non sia capace di vincere. Alla sua maniera, si capisce, divenuta ormai inattuale per continuare a primeggiare in un Campionato, sia pure mediocre, come la Serie A. Se il Milan (come in passato l’Atalanta) si è mostrata la più forte nel verticalizzare, la Juventus vanta il primato di stucchevoli passaggi orizzontali dei difensori ai centrocampisti e viceversa, con la difesa sempre bassa e senza avere un gioco vero e proprio, affidandosi per andare in goal alle ripartenze dei singoli, mancando del tutto la visione di una strategia offensiva degna di questo nome. Nonostante il gesto apprezzabile dei dirigenti bianconeri di portare Dusan Vlahovic a Torino nel mese di gennaio, si spiega così il diverso numero di reti realizzate dalla punta serba nella Juve rispetto ai goal segnati con la Fiorentina nella prima parte del Campionato. E c’è da scommettere che prima o poi Allegri farà anche di Vlahovic un centrocampista e/o un difensore, così come in passato ha fatto con Dybala che, guarda caso e incidenti a parte, ha avuto l’anno migliore – di questi ultimi – con Sarri che l’aveva riproposto nel suo ruolo naturale. Dopo l’addio al grande Giorgio Chiellini, purtroppo neppure l’argentino sarà più della Juve, non me la sento però di criticare la dirigenza della Juventus per almeno 4 motivi: 1) Il contratto lungo e oneroso - quasi come quello di Allegri - chiesto dal giocatore 2) La scarsa disponibilità di Dybala ad accettare cessioni mentre ha un contratto in corso, come nel caso che riguardò lo scambio con Lukaku 3) I frequenti incidenti di gioco degli ultimi anni 4) L’allenatore che l’avrebbe diretto.
Ad ogni buon conto, se Dybala non avrà incidenti, dovunque vada sentiremo ancora parlare di lui, sempre che sia riproposto come attaccante vero.
Il Napoli con il terzo posto ha fatto il suo, ma avrebbe potuto fare meglio e lottare per lo scudetto sino all’ultimo, ma sembra proprio che – come già avvenuto con la Roma – manchi a Spalletti la fortuna o non so che altro per vincere il suo primo scudetto in Serie A.
La Lazio di Sarri raggiunge il quinto posto e la qualificazione all’Europa League con una rosa di 14-15 giocatori, in più di una occasione mostrando il miglior calcio della Serie A.
Deludente l’Atalanta, giunta non tanto alla fine di un ciclo ma forse solo alla necessità di una ripartenza che ridefinisca i propri obiettivi.
Bene la Fiorentina che, priva di Vlahovic da gennaio e quasi rischiando la retrocessione lo scorso anno, raggiunge la qualificazione per una Coppa europea.
Sospeso il giudizio sulla Roma di Mourinho in vista della finale di Conference League di domani. Se i giallorossi giocheranno come nell’ultima partita a Torino potrebbero finalmente alzare al cielo una Coppa europea, dopo la discussa Coppa delle Fiere vinta, nella stagione 1960/1961, in finale contro il Birmingham; se saranno quelli visti a Firenze o all’Olimpico contro il Venezia difficilmente riusciranno a non perdere. Resta comunque il fatto positivo della qualificazione all’Europa League e di essere – unica squadra italiana – tra le sei finaliste delle Coppe europee.