Non voglio entrare sulla questione del
referendum costituzionale del prossimo ottobre, né esaminare, almeno per ora,
le ragioni del comitato del no e neppure quelle del comitato dei sì. Mi sembra
infatti abbastanza pretestuoso il confronto avviato con largo anticipo e già
con così grande eco sulla stampa e sui media. Anche se la spiegazione di questo
fenomeno è abbastanza semplice: nell’imminenza di elezioni amministrative, dove
i candidati di tutti i partiti non brillano per fantasia nel proporre soluzioni
per far fronte alla paralisi delle grandi città [e del resto come potrebbero
con buchi di bilancio che solo nella capitale ammontano a oltre 13 miliardi di
euro, facendo dei cittadini romani i più tassati d’Italia?], è più conveniente
spostare l’attenzione degli elettori sul terreno della politica, piuttosto che
su quello del territorio urbano che, per citare solo uno dei tanti problemi,
nulla ha da invidiare alle voragini di bilancio.
Prima ancora del voto referendario di ottobre,
dunque, è già con le prossime tornate elettorali del 5 e del 19 giugno, si apre
il confronto tra le ragioni del renzismo
e quelle dell’antirenzismo. In questo
clima abbastanza sconcertante che lascia almeno presagire la totale impotenza
dei futuri amministratori e che per così dire la butta in politica, sale il
dibattito sulla nuova legge elettorale, concepita in stretta connessione con le
riforme costituzionali, infatti ove queste fossero respinte dagli elettori nel
referendum di autunno, avremmo il sistema maggioritario alla Camera e il
vecchio sistema al Senato, con il risultato dell’ingovernabilità e di dover
rimettere mano per l’ennesima volta alla legge elettorale e con molta
probabilità si tornerebbe al sistema proporzionale o a qualche ibrido pasticcio
come la vigente legge elettorale che ha prodotto il governo delle cosiddette larghe intese. A questo riguardo mi ha
sorpreso non poco il post pubblicato sul sito ufficiale del Movimento
Roosevelt, e il suo titolo inquietante: Il
maggioritario come nemico della democrazia. Ebbene, l’idea cardine del
breve articolo, a firma di uno tra i più
lucidi dirigenti del movimento, verso il quale resta intatta la mia stima
personale, è che la panacea di tutti i mali della “cittadinanza” sia il ritorno al sistema proporzionale e che “il punto vero della questione politica è la
legge elettorale. Finché non si abbatte il sistema maggioritario e lo
sbarramento del 4%, qualsiasi idea innovativa e libertaria è condannata
dalla tirannia della maggioranza, dal conformismo mediocre dei padroncini di
partito”.
Premesso che nella nuova legge elettore
italiana, che andrà in vigore dal prossimo luglio, lo sbarramento è in realtà
del 3% e che “i padroncini di partito”
ci saranno sempre, sia che si voti col maggioritario che col proporzionale,
perché non dipendono dal sistema adottato, ma dalla “selezione naturale”
all’interno di ciascun partito e in ragione di molte variabili [capacità,
astuzia, costume, denaro, clientele e molto altro], resta difficile da
comprendere l’affermazione che il sistema maggioritario sia il vero nemico
della democrazia. Sarebbe come dire che la democrazia francese e le democrazie
dei paesi anglosassoni non sono in realtà vere democrazie, ma – secondo una
tesi cara oggi soprattutto a certa destra e a certa sinistra – democrazie
puramente strumentali per l’egemonia interna e internazionale. Insomma, sarebbe
da sciocchi vedere nelle due rivoluzioni inglesi del XVII Secolo, nella
rivoluzioni americana e francese del XVIII Secolo, con il principio della
tolleranza religiosa, il riconoscimento della sovranità popolare, della libertà
di pensiero, di espressione e di stampa, dei diritti umani fondamentali, i
prodromi delle democrazie liberali dei secoli successivi. Infatti, con una
legge elettorale fondamentalmente maggioritaria, Gran Bretagna, Stati Uniti e
Francia avrebbero introdotto nei loro ordinamenti e nei loro paesi il germe
della tirannide. Laddove Spagna, Germania e l’Italia, che hanno conosciuto le
peggiori dittature del XX Secolo, sarebbero autentiche democrazie in virtù del
sistema proporzionale. La Spagna, grazie alla sua legge elettorale, non riesce
a formare un governo ormai da sei mesi, e intanto il “regime” di Rajoy si mantiene
saldamente al potere e guadagna tempo e spazio per confermarsi nell’immediato
futuro. In Germania, governa la Merkel grazie alla Große Koalition tra
democristiani [CDU] e socialdemocratici [SPD]. Grande coalizione, peraltro resa
possibile dalla favorevole congiuntura economica, determinata dall’unificazione
con l’altra Germania – pagata a caro
prezzo dal resto d’Europa – e dall’introduzione della moneta unica (euro) in un
mondo globalizzato. E l’Italia? Democristiana per mezzo secolo grazie al sistema proporzionale che storicamente ha
sempre favorito i partiti di centro, di volta in volta alleati con partiti
piccoli e medi di centrodestra o di centrosinistra; ancora oggi, con l’attuale
legge elettorale [un ibrido indecoroso, dove per il Senato vige un sistema
prevalentemente proporzionale], per governare se stesso il nostro Paese ha
fatto ricorso al governo delle larghe
intese, prima con l’alleanza tra il PD
e Forza Italia di Silvio Berlusconi,
poi con quella tra il PD e il nuovo centrodestra di Alfano. E sin qui siamo al presente.
Il futuro potrebbe essere una legge elettorale col sistema maggioritario a
doppio turno, cioè con il premio di maggioranza accordato alla lista, e non
alle coalizioni dei partiti, allorché la singola lista raggiunga il 40% dei
voti espressi e, in caso contrario, il ballottaggio tra le due liste che
abbiano ottenuto il maggior numero di voti. Si può ancora discutere se il 40%,
tenuto conto del crescente astensionismo elettorale, non sia da elevare sino al
45%, resta la validità di un sistema elettorale semplice e chiaro e sicuramente
democratico.
L’idea che la democrazia sia il luogo “dove
uno vale uno” e che tutte le espressioni politiche debbano trovare
rappresentanza è, se sostenuta in buona fede, un’idea stupenda. Ma il governo
di un Paese non è o non dovrebbe essere altra cosa dalla possibilità che le
proposte della maggior parte dei cittadini siano convertite in realtà. Non
viene a questo punto il dubbio che il sistema proporzionale, almeno come lo
abbiamo conosciuto in Italia e in Europa, col rendere arduo, complesso o
addirittura impossibile il diritto-dovere della governabilità di una società
civile, finisca col favorire chi controlla la ricchezza, i governi di centro,
il trasformismo, la corruzione, i compromessi, l’immobilismo, il ricatto di
esigue minoranze, la proliferazione di partitini attratti dalla possibilità di
mettere le mani sui finanziamenti pubblici?
sergio magaldi