sabato 14 maggio 2016

IL NOACHISMO ALLA FONTE DEI DIRITTI UMANI [1°Che cos'è il Noachismo?]




   Anche tra persone di una cosiddetta “certa cultura”, sembra regnare una quasi totale ignoranza su cosa debba intendersi per “Noachismo”. Si va da una generica informazione circa Noè e la costruzione dell’arca per sfuggire al diluvio universale – talora in una rappresentazione mitopoietica per trastullare i fanciulli – sino ad una identificazione di ebraismo e noachismo, considerato quest’ultimo alla stregua di una religione giudaica minore. Equivoco generato da un qualunquismo diffuso ad arte, ma talora alimentato inconsapevolmente anche da fonti che, nell’intento di distinguere la legge mosaica da quella noachide, finiscono per suscitare l’idea di una supremazia ebraica, ancorché gravata di maggiori responsabilità: al popolo eletto è stata data la Torah con i suoi 613 precetti, a tutti gli altri popoli una legge di soli 7 precetti.
 La mia impressione è che la distinzione, operata quasi sempre nella massima buona fede, abbia contribuito non poco alla scarsa diffusione del noachismo. Tant’è che anche tra i più consapevoli, ma pur sempre inclini al pregiudizio, e persino all’interno di un certo laicismo, s’è andata affermando l’idea che la legge noachide altro non sia che una costruzione del Talmud, un’invenzione rabbinica per affermare o riaffermare il primato di Israele. Il Talmud (insegnamento) è una raccolta enciclopedica della tradizione ebraica, compilata durante un periodo di circa ottocento anni, dal 300 a.C. al 55 d.C., in Palestina e in Babilonia. Si compone di norme morali (Halakhah) e di materiale narrativo di genere vario (Haggadah).
 In realtà, i 7 precetti noachidi, come vedremo più avanti, sono tutti contenuti nella Bibbia, pur non ispirandosi ad alcuna religione ma unicamente pretendendo alla fondazione di un’etica universale basata sul diritto di natura e sui principi di civile convivenza. La legge noachide nulla ha a che vedere con la legge ebraica, per il semplice motivo che la sua formulazione precede Mosé, la rivelazione del monte Sinai e la nascita del popolo di Israele con Abramo, Isacco e Giacobbe. E, benché di questi 7 precetti soltanto uno inviti ad agire e i restanti 6 si limitino a vietare, appare chiaramente come dal loro insieme si riveli la fonte dei diritti universali che l’umanità, anche a costo di sangue e di sacrifici, ha progressivamente conquistato nel corso del suo lungo cammino.
  Quando il Signore – narra la Bibbia – vide la malvagità dell’uomo, si pentì di averlo creato e decise di distruggerlo insieme a tutti gli altri esseri che popolavano la terra. Ma Noè, uomo giusto e integro per il suo tempo, “trovò grazia ai suoi occhi” [Genesi 6,8]. Allora il Signore invitò Noè a costruirsi, per scampare al diluvio, un’arca di legno di gofer, parola la cui radice, in ebraico, è la stessa della parola gofrit che significa zolfo. Arca in ebraico è Tebah, formata da una Taw [400], una Beth [2] e una He [5], vale dunque 407, per ghematria lo stesso numero di Or Qadmon che significa “Luce primordiale”. Il termine ghematria è una metatesi della parola greca grammatèia e si fonda sul valore numerico attribuito ad ogni lettera dell’alfabeto. Il valore numerico dato dai cabbalisti a una singola parola o a un’intera proposizione comporta perciò la possibilità di stabilire analogie (sodot o ‘segreti numerologici’) cariche di significato tra parole o intere frasi dello stesso valore numerico.

 Perché il Signore scelse l’acqua e non, per esempio, il fuoco per distruggere l’umanità indegna? Una risposta è contenuta nel trattato Noah [Noè] dello Zohar o ‘Libro dello Splendore’, un vero e proprio corpo completo di letteratura cabbalistica che si compone di 24 sezioni oltre ad alcuni trattati. Il Tetragramma è il nome del Signore nella manifestazione ed è formato da quattro lettere dell’alfabeto ebraico: una Yud iniziale e una Wav, separati da una prima He e da una seconda He finale. Quando sulla terra ogni ordine fu sovvertito, le lettere maschili, Yud e Wav, si ritirarono dalla realtà manifesta e lasciarono le lettere femminili, le due He, da sole: la conseguenza fu che le acque superiori e le acque inferiori, che Adonai aveva separato nei giorni della creazione, si riunissero e distruggessero il mondo.

 Noè ospiterà nell’arca, oltre ai figli e alla moglie, il maschio e la femmina di ogni specie animale. Egli uscirà con i suoi dall’arca dopo circa 12 mesi, una volta che il corvo si sia accertato del calo delle acque e la colomba abbia recato nel becco la prova della nuova viridescenza della terra.

 Il Manoscritto di Graham [1726] – cosiddetto dal maestro venerabile di una loggia londinese che lo redasse e che testimonia dell’interesse della prima Massoneria storica per il noachismo –  ci dice che nell’arca era contenuto un segreto, ma che i figli di Noè non lo trovarono. Tutto l’episodio biblico di Noè, del resto, parla il linguaggio ermetico o segreto. A cominciare dall’arca che troppo ricorda l’atanòr, per continuare con i primi animali che Noè fece uscire dall’arca: il corvo, seguito dalla colomba, secondo la massima scolpita sulla romana porta ermetica di Piazza Vittorio, sotto il simbolo di Saturno: Quando in tua domo nigri corvi parturient albas columbas tunc vocaberis sapiens, cioè: ‘Quando nella tua casa negri corvi partoriranno bianche colombe allora sarai chiamato saggio’.  E ancora: col ramoscello d’ulivo simbolo della prima viridescenza, poi con l’arcobaleno che, nella varietà dei suoi colori è l’annuncio della bontà dell’Opera e perciò dell’alleanza divina e della rettificazione; per finire con la vigna di Noè e il suo vino.

 Il racconto biblico prosegue prima con la descrizione dell’arcobaleno o ‘arco dell’alleanza’ tra il Signore e Noè, poi con la maledizione di Noè contro suo figlio Cam e i discendenti cananiti, forse proprio per aver scoperto il segreto.  Il senso occulto dell'ubriachezza di Noé è appunto da ricercare nel tentativo di entrare nello stesso stato di coscienza di Adamo, ma ancora una volta la bevanda della conoscenza si rivela troppo forte per i limiti umani. Tutto il segreto di Noè, del resto, sembra riassumersi in tre versetti, Genesi 9:20-22, in cui è detto che Noè, uomo di terra, piantò una vigna e che bevuto del vino si ubriacò e si scoprì all’interno della sua tenda mentre Cam, suo figlio e padre di Canaan, vide la sua nudità.

 La tesi di Graham, del resto, trova conferma anche in Zohar (I, 36a) dove è detto che nel giardino di Eden, Eva avrebbe pigiato grappoli d'uva per darli poi ad Adamo, e poco dopo (I,73a) che Noé si sarebbe ubriacato di quel vino non per ripetere il peccato di Adamo ma per desiderio di conoscenza, cioè "per investigare sul peccato che era stato del primo uomo; non quindi per aderire ad esso ma per averne conoscenza e restaurare il mondo. Ma non vi riuscì. Pigiò i grappoli per esaminare quella vite ma quando giunse a quel punto si ubriacò e si scoperse..."

 In altri termini, pur non volendolo, Noè commette lo stesso errore di Adamo e per questo è punito con tutta la sua discendenza, cioè l’umanità intera. Ma il Signore ha promesso che questa volta non ci sarà più un diluvio a distruggere la terra [Gen.9,11].

 Noè si scrive in ebraico con la lettera Nun [valore numerico 50], seguita da una .Heth [valore 8]. In totale, dunque, Noè vale 58, e per ghematria ha lo stesso valore della frase “Cuore del Tetragramma”. Al numero del Tetragramma che è 26 bisogna infatti aggiungere 32 che è il valore di Lev, cuore [Lamed=30, Beth=2]. Il numero 58 è anche il numero di Nogah, il pianeta Venere, che si scrive con la Nun iniziale, la Ghimel [valore 3] e la He [valore 5] cioè: 50+3+5 = 58.

 Sdegnato dal comportamento di tutti gli esseri viventi, il Signore è combattuto tra la volontà di distruggere per sempre uomini e animali e il desiderio di tentare ancora con loro, e sceglie Noè, uomo giusto, e lo fa simbolo della speranza che ripone in una umanità nuova che sarà formata dai “B’nai Noach”, o figli di Noè [Ecco perché Noè è detto “Cuore del Tetragramma”], e affida a lui e ai suoi discendenti il compito di popolare la terra [Gen.9,1]. La ghematria del pianeta Venere sta qui a rappresentare simbolicamente l’eros cosmico.

 Nel rifondare il piano della creazione, Adonai rivede le primitive decisioni e stabilisce una nuova alleanza. Consente, per esempio, agli esseri umani di cibarsi della carne degli animali [Gen. 9, 3], ciò che era stato proibito ad Adamo, quando gli aveva imposto di nutrirsi soltanto di erba verde [Gen.1, 29-30]. Il mutato parere, che peraltro lascia inalterati alcuni dei comandamenti già rivolti ad Adamo, origina dalla consapevolezza che ormai “l’inclinazione del cuore dell’uomo è malvagia sin dalla sua adolescenza” [Gen.8,21], da quando, cioè, dopo la caduta di Adamo ed Eva, gli esseri umani indossano la veste di pelle [Gen.3,21].

 Ma Adonai impone almeno di non cibarsi di un animale vivo, dopo averlo smembrato [Gen. 9,4] e questo divieto costituisce una delle sette leggi noachide. E subito dopo il Signore comanda a Noè e ai suoi discendenti, cioè all’intera umanità, di non spargere il sangue dell’uomo, di non uccidere [Gen. 9, 5-6] e questa è un’altra delle leggi noachide.

[SEGUE]
sergio magaldi


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