SEGUE DA:
NOTE SULLA QABBALAH: parte I, la teurgia (clicca sul titolo per leggere)
NOTE SULLA QABBALAH: parte II, antecedenti storici delloZohar (clicca sul titolo per leggere)
NOTE SULLA QABBALAH: parte III, astrologia cabbalistica (clicca sul
titolo per leggere)
NOTE SULLA QABBALAH: parte IV, l’uno e le porte della conoscenza(clicca sul titolo per leggere)
NOTE SULLA QABBALAH: parte V, l’uno e l’unificato (clicca sul titolo
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QABBALAH E GNOSTICISMO
I concetti sin qui esaminati del Sepher Bahir mi inducono a riprendere il
tema ricorrente dei rapporti tra Qabbalah e Gnosticismo, cui si accennava
sopra. In passato, si era soliti ricercare le radici dello gnosticismo nella
mitologia iranica: Zarathushtra o Zoroastro profeta leggendario vissuto forse
tra il 1000 e il 600 av. Cristo e iniziato di Ahura Mazda, dio del bene e della
luce cui si contrappone Arimane, dio del male e delle tenebre. Il libro sacro
del Mazdeismo è l’Avesta, composto di
Inni in cui si parla soprattutto di sacrifici, di rituali, del destino
dell’anima e della vita del profeta. Simbolo rituale per eccellenza del
Mazdeismo è il fuoco (custodito in edifici quadrati e visibile all’esterno) e i
sacrifici ne sono il più importante corollario. In epoca più tarda s’inserisce
nel Mazdeismo la figura del dio vedico Mitra, in funzione di divinità maschile,
solare e guerriera. Alcuni studiosi sono convinti che il Mazdeismo, lungi
dall’essere un dualismo, come per lo più si ritiene, sia in realtà un monismo
puro: che cosa possono – si dice – le forze oscure del male di fronte alla Luce
e al Bene? Le potenze del male devono accontentarsi d’ingannare gli uomini e di
tentarli, ma è sufficiente osservare i precetti della Legge e gli esorcismi (Avesta) per allontanarli e compiere la
‘buona scelta’ secondo la volontà di Ahura Mazda che concede la salvezza ai
giusti e lungo tormento ai malvagi (Zarathushtra). Se il rapporto tra lo
gnosticismo e la mitologia iranica è vero da un punto di vista generale
(considerando, però, che la lotta tra Luce e Tenebre si è radicalizzata
rispetto al Mazdeismo), dopo il ritrovamento e la pubblicazione di molti testi
gnostici, tra il 1947 e il 1955, si può osservare che elementi tratti dalle
antiche credenze mesopotamiche e dall’Antico Testamento siano più diretti e
abbondanti di quelli che sembrano confluiti dall’Iran preislamico. Prima di
tutto le molte esegesi del mito sumerico di una divinità salvatrice e
portatrice di ‘acque superiori’ nel mondo umano dominato dalle ‘acque
inferiori’. Gli gnostici, inoltre, avrebbero conosciuto l’Antico Testamento non
solo nella forma dei libri della Legge e dei profeti canonici, ma anche nella
veste degli apocrifi e dei loro commentari. Questo bagaglio biblico poté essere
sfruttato da alcune sette giudaiche che sarebbero, appunto, alle origini dello
gnosticismo. Una conferma in tal senso viene sia dalle dottrine dei Minim [citati anche in Zohar], eretici ebrei la cui
interpretazione della Legge fu animata da radicale dualismo ma che, a modo
loro, si collegavano alla gnosi ebraica della Merkavà. La fonte ebraica delle sette gnostiche è ugualmente
attestata dalla comunità religiosa dei mandei (mandayé=gnostici) ancora
presente lungo le rive dell’Eufrate e del Tigri e che utilizza come lingua
religiosa l’aramaico orientale. La concezione mandea è dualistica: mondo della
Luce e mondo delle Tenebre si contrappongono come nemici da sempre. Talora,
però, si parla di uno spirito decaduto dalla luce e che sarebbe all’origine
delle tenebre. Il demiurgo forma l’universo da una condensazione di acqua
tenebrosa. Il punto culminante della formazione del mondo consiste
nell’attività di Adam Qadmon, il cui corpo appartiene al demiurgo, ma il cui
spirito viene dal mondo della luce. Mani (Babilonia 216 - 277? ) si propone
come l’ultimo di una serie di messaggeri celesti (dopo Adamo, Zoroastro, Buddha
e Gesù), tutti inviati dalla Luce suprema. Esistono tre fasi del Tempo: una
prima fase che inizia con la separazione
originaria di Luce-Tenebre, Bene-Male, Spirito-Materia, una seconda fase in cui
tutto si trova mescolato insieme e che corrisponde all’epoca attuale e infine
una terza fase in cui saranno ripristinate le divisioni primordiali senza
possibilità di nuove mescolanze. Tuttavia, il momento che sembra caratterizzare il sorgere dello Gnosticismo è
quello in cui alcuni esegeti biblici delle sette ebraiche sopra citate
pensarono di stabilire una distinzione tra il Dio supremo e il demiurgo di
questo mondo. Si citò a sostegno il cosiddetto doppio preambolo del Genesi
(I,1-II,3 e II, 4 e sgg.), nonché la distinzione tra Elohim e il Tetragramma.
Alla concezione gnostica
sugli Elohim, si richiamano tutti coloro che in forza del nome plurale
non lo fanno corrispondere al Dio unico. Per quanto si possa osservare che
nella lingua ebraica non esiste il plurale maiestatico e forse neppure quello
cosiddetto di astrazione, resta il fatto che diversi nomi ebraici che terminano
in im [plurale maschile], in oth
[plurale femminile] o in ayim [duale] reggono tuttavia verbi, aggettivi
e pronomi al singolare, come per esempio Ba'alim, proprietario. D’altra
parte, non sembra neppure convincente la tesi che in Elohim si
manifesterebbe insieme l’esistenza umana e divina, il creatore e la creatura;
non solo perché la prima volta che Elohim viene nominato, gli esseri
umani ancora non esistono – tant’è che dopo la creazione dell’uomo ad Elohim si
aggiunge anche il nome del Tetragramma – quanto e soprattutto perché l’assunto
implica una concezione antropomorfica della divinità, tutta intrisa di
modernità, e che di certo non appartiene ai primi cabbalisti storici, propensi
piuttosto a sottolineare l’estrema distanza tra Dio e l’uomo. C’è poi chi utilizzando
Elohim al plurale – come si diceva sopra – si collega alla visione
gnostica e vi aggiunge di suo. Tra costoro, la voce più nota in Italia è quella
di Mauro Biglino che ha collaborato come esperto di ebraico biblico al progetto
editoriale delle Edizioni San Paolo, con
la traduzione di 17 libri del testo masoretico della Bibbia, sino a quando è
stato sollevato dall’incarico per evidenti ragioni di incompatibilità. Biglino,
nei suoi libri e nelle sue molte interviste, sostiene di lasciar parlare l’Antico
Testamento per quello che è, attenendosi alla vera traduzione del
testo e senza modificarlo per secondi fini di natura teologica. In tale ottica,
egli propone questa versione dei primi versetti di Genesi: “In
principio [il gruppo degli] Elohim modificò [formò] un luogo dove c’erano delle
acque e della terra [con una diga e una bonifica]. La terra era deserto e
desolazione […]”. Secondo il fantasioso Biglino, la Bibbia non parla di Dio
e non è un libro sacro, è bensì la cronologia di eventi reali accaduti tra la
Mesopotamia e la Cananea dopo che gli Elohim, colonizzatori venuti dallo spazio
e dotati di poteri straordinari, presero possesso del pianeta terra. Elyòn, il
capo riconosciuto degli Elohim, definì i confini delle nazioni e le divise tra
i suoi. A Yahweh che era tra i più giovani e
tra i meno importanti degli Elohim, Elyòn assegnò il potere su un popolo
che vagava disperatamente nel deserto. A suffragio della sua tesi, Biglino cita
numerosi passi biblici che sarebbe troppo lungo e persino fuorviante riportare
in questo contesto. Per concludere, dirò soltanto che, secondo Biglino,
l’anello mancante della catena del darwinismo è rappresentato dall’esperimento
di ingegneria genetica degli Elohim che mescolarono il proprio DNA con quello
degli ominidi o scimmie antropomorfe dando vita agli uomini. Questo – a suo
giudizio – significa il noto versetto del Genesi[1:26]: “Elohim disse
poi: ‘Facciamo un uomo a nostra immagine e somiglianza’ […]”. Tzelem,
secondo Biglino, non vuol dire immagine ma “un quid di materiale che contiene
l’immagine” e che viene estratto [dalla radice verbale tzalàm che
significa tagliare via, estrarre”]; in altre parole ciò che oggi chiamiamo DNA.
Per pura curiosità, si osservi che Tzelem [90+30+40 = 160] s l x ha
diverse ghematrie, tra cui: Etz, albero; Qesef, argento; Nafal,
cadere, Qain, Caino, Qilel, maledire. L’esperimento degli Elohim
riuscì solo parzialmente. Chiusi nel Gan Eden [che Biglino dice di tradurre
alla lettera in “luogo recintato e protetto”] questi primi prototipi umani di
entrambi i sessi [gli adamiti], che avevano bisogno di essere
ulteriormente perfezionati, dovettero in qualche modo sfuggire al controllo
degli Elohim e cominciarono a popolare la terra; da allora gli Elohim
rafforzarono la guardia dell’accesso al Gan Eden [luogo di esperimenti di
ingegneria genetica] nel timore che gli adamiti s’impadronissero dei
loro segreti. In questa prospettiva, gli Elohim, opportunamente celati,
potrebbero ancora essere tra di noi.
La
condanna della creazione materiale comporterà da parte delle sette gnostiche la
maledizione del dio dell’Antico Testamento e del suo profeta Mosè. Dal
Giordano, da Antiochia, dall’Asia Minore queste sette raggiunsero Alessandria.
Ai tempi di Traiano (53-117 d.C.) si conosce già una setta operante formata da
Samaritani e da Elkesaiti, in quelli di
Adriano (76-138 d.C.), gli gnostici Basilide, Carpocrate e Valentino insegnano
in Alessandria. Successivamente l’egizio Valentino diffonderà a Roma una gnosi
impregnata di cristianesimo. Altri gnostici importanti furono Teodoto, del
quale Clemente Alessandrino ci ha conservato numerose citazioni, e Marco il
mago che praticò la teurgia a Roma e nella valle del Rodano. Molto più tardi
Plotino (205-270 d.C.), riprendendo il concetto del Demiurgo buono, contenuto
nel Timeo di Platone (427-347
a .C), polemizza contro gli gnostici, scrivendo la nona sezione della II Enneade che ha per
titolo: Contro coloro che sostengono che il Demiurgo di questo mondo
è cattivo e che il Cosmo è cattivo.
L’atteggiamento che
accomuna le varie sette gnostiche è l’interrogativo circa il significato della
presenza umana in questo mondo infimo. Alcuni frammenti di testi gnostici, come
il LXXVIII degli Estratti di Teodoto
e il XV capitolo degli Atti di Tommaso
pongono la domanda in modo esplicito: “Di dove veniamo? Chi siamo? Dove
andiamo?” La Gnosi si propone di dare una risposta a questi interrogativi, ma
la conoscenza perfetta è riservata agli eletti e agli iniziati. La risposta è
affidata al mito: il mondo materiale è il prodotto di una rottura avvenuta
all’interno del mondo superiore, quando una componente degli Eoni (universi
completi e temporali emanati in armoniche coppie o sizigie dal Plèroma o Totalità o Pienezza) pretende di generare da
sola: è questo il caso di Sophia-Saggezza-Conoscenza (testi di
riferimento: Pistis Sophia e Libro segreto di Giovanni) che per
vanità decide di operare da sola imitando il Pleroma. Ne nasce una potenza
deforme dal viso di leone e dal corpo di serpente. Per la vergogna Sophia la
nasconde al Pleroma mediante un velo (cielo stellato). Ialdabaoth, questo il nome della creatura leonina e serpentiforme,
pur conservando una scintilla divina trasmessagli dalla madre Sophia, è
separato dal mondo della Luce, dal Pleroma. Egli ha, come unico dominio, le
acque dell’abisso tenebroso che trasforma in materia. Come il dio del Genesi, con il quale viene identificato,
egli fluttua al di sopra di questo abisso e genera due serie di dodici potenze
o Arconti (gli Elohim) e cioè: i 12 segni zodiacali, i 7 pianeti e i 5 sovrani
degli elementi (Acqua-Aria-Fuoco-Terra-Vento). Al servizio di questi Arconti si
forma una gerarchia di Arcangeli e di Angeli: in tutto 365 membri. La
conoscenza del nome segreto di queste potenze rendeva possibile compiere opere
di magia. A questo punto Ialdabaoth, ormai soddisfatto, grida: ‘Io sono un dio geloso e non esiste altro
dio fuori di me (Isaia XLV, 7). Di qui prende corpo l’interpretazione della
doppia creazione, presente - a giudizio degli gnostici - in Genesi: l’una secondo il cap.I, 26 (‘Facciamo l’uomo a immagine
nostra…’), l’altra secondo Genesi
II,7 (‘Il Signore Dio formò l’uomo di polvere della terra…’). All’Adamo Qadmom,
all’Adamo primordiale è qui contrapposto l’Adamo-golem fabbricato dagli Elohim
che resta a terra privo di vita, sinché il Pleroma, per recuperare quella parte
del Tutto che gli è sfuggita per la vanità di Sophia, riesce con l’inganno a
convincere Ialdabaoth a insufflare il proprio spirito nella bocca di Adamo.
Così la scintilla di luce si allontana da lui per rifugiarsi nell’uomo. Per
punirlo e trattenerlo, gli Elohim escogitano allora per l’uomo una doppia
prigione: la veste o prigione di carne e il cosiddetto Gan Eden. Gli Elohim,
tuttavia, non possono impedire al Pleroma di nascondere nei frutti di due alberi
la gnosi e l’immortalità e di inviare, sottoforma di serpente, un Salvatore
(per questa ragione Mashiach Messia j y c m ha valore numerico:8+10+300+40=358, come Nachash
Serpente c
j n (300+8+50= 358) perché
convinca l’uomo a cibarsi del frutto dell’Albero della conoscenza. La
successiva cacciata dal Paradiso, in un cosmo ancora più in basso, è frutto
della punizione degli Elohim e del loro timore che l’uomo, dopo la conoscenza,
ottenga anche l’immortalità. Il rovesciamento del mito di Adamo ed Eva porta
come conseguenza la volontà di contraddire la Legge biblica perché opera di un
creatore perverso e, al contrario, di esaltare il serpente (setta gnostica
degli Ofiti). La caratteristica degli gnostici fu di proliferare in tanti
gruppuscoli e di privilegiare determinati ambiti esoterici. I testi delle
rivelazioni gnostiche e i loro rituali si presentavano come segreti: il divieto
di rivelarli ai profani si accompagnava, alla fine di alcuni manoscritti, con
anatemi che si ritenevano terribili per chiunque eventualmente intendesse
divulgarli. Tra i segreti più velati, la celebrazione di ‘strane eucarestie’
che si diffusero anche a Roma per l’azione dello gnostico e teurgo Marco il
mago e dei suoi discepoli. L’escatologia gnostica, pur con varie accentuazioni,
prevede la possibilità di recuperare le particelle di luce precipitate nel
cosmo, perché il Pleroma o Totalità o Pienezza della Luce ha immesso
nell’umanità prigioniera la ‘goccia’ luminosa e la gnosi. Si tratta perciò di
destare gli eletti, ricordando ad essi la loro radice celeste e rivelando loro
i segreti. A tale scopo sono preposti dei salvatori, dei profeti, degli spiriti
eccezionali, tutti inviati dall’alto e capaci di accrescere la conoscenza,
spargendo in basso le acque superiori delle sorgenti celesti.
[S E G U E]
Sergio
Magaldi