domenica 27 giugno 2010
ALCHIMIA, UN SAGGIO DI GIOELE MAGALDI
venerdì 25 giugno 2010
IL KARMA DI LIPPI E QUELLO DELLA JUVENTUS
Siamo sul 2-1 per la Slovacchia, un filo di speranza ci tiene ancora legati al mondiale, forse basterebbe un pari: uno slovacco va alla rimessa laterale, i centrali italiani (Cannavaro e Chiellini che quest’anno hanno guidato la quart’ultima difesa del Campionato, quella della Juve) si schierano entrambi a ridosso di un avversario che potrebbe ricevere palla (ma Lippi non gli ha “insegnato” che uno dei due dovrebbe restare in area di rigore? Perché non urla dal bordo-campo? Malinconico, sembra riflettere piuttosto sul Karma che inesorabilmente sta per abbattersi su di lui). La palla è lanciata intelligentemente a scavalcare i due centrali, in uno spazio deserto della cosiddetta difesa italiana, dalle retrovie slovacche si lancia come un fulmine un altro slovacco, De Rossi ha un bel vantaggio su di lui ma si lascia raggiungere e scavalcare, Marchetti, il tremulo neo-portiere della nazionale, non è da meno degli altri: corre goffamente incontro al giocatore che lo uccella con un pallone a mezz’altezza. L’Italia è eliminata dal Mondiale, giustamente direi, e un contrito ed umile (!) Lippi esordisce in Conferenza-Stampa, assumendosi ogni responsabilità (a costo zero, visto che il nuovo c.t. della Nazionale è Prandelli, ormai da circa un mese!) – egli dice – “per non aver saputo preparare psicologicamente (?!) i suoi prima di questa importante sfida”. Ammissione che non significa niente, ma che gli serve da scudo per evitare le domande imbarazzanti che, d’altra parte nessuno gli fa (?!), circa le scelte effettuate prima del Mondiale, durante, e ancora in questa partita: riproponendo per la terza volta Pepe al posto di Camoranesi, Gattuso invece di Pirlo, Jaquinta (punta centrale!) al posto di Quagliarella e/o Pazzini. E corre ai ripari nella ripresa esattamente come aveva fatto nelle due precedenti partite, cambiando subito ben tre giocatori, questa volta lasciando fuori Camoranesi che se non altro gli aveva portato fortuna, consentendo all’Italia di agguantare il pareggio sia contro il Paraguay che contro la Nuova Zelanda.
Il Karma di Lippi s’è presentato al momento giusto, anche se l’ineffabile c.t. della nazionale azzurra ci sembra ancora in debito con la fortuna: vincitore di scudetti e di coppe (quando la Juve abbondava di campioni), inaspettatamente e fortunosamente campione del mondo nel 2006, esce ora di scena con la disfatta più grande di tutti i tempi: l’Italia calcistica ultima del proprio girone eliminatorio, il più facile in assoluto. Non ripeterò quanto vengo dicendo dal mese di Aprile e che ho ribadito anche l’altro ieri. Osservo soltanto come la stampa nazionale, calcistica e non, accompagni ora con strepiti e urla il tonfo inevitabile di Lippi, mentre neppure una voce s’era levata in precedenza per chiedere con forza ed autorevolezza a Lippi e alla Federcalcio (ma esiste?!) di reclutare i vari Cassano, Balottelli, Giuseppe Rossi, Perrotta, Totti, Del Piero, Cassani e Cassetti e i tanti altri lasciati a casa inopinatamente e che pure avevano ben meritato nell’ultimo Campionato. Per non parlare dei cosiddetti commentatori, ex-calciatori e giornalisti targati Rai, da un giorno all’altro passati tranquillamente dall’esaltare Lippi come “l’unico autentico fuoriclasse della nazionale italiana di calcio”, a considerarlo il principale artefice della vergogna con cui siamo stati sbattuti, noi campioni del mondo uscenti, fuori dal Mondiale. Con l’eccezione, naturalmente, di qualcuno “più bravo e più sereno degli altri” che nel giorno della disfatta, invece di chiedergli dove crede di aver sbagliato (anche se Lippi avrebbe ripetuto il solito ritornello di non aver saputo preparare i suoi sotto l’aspetto psicologico… ma Lippi è anche psicologo?!), si rivolge a lui amabilmente, chiamandolo “uomo vero”…
In conclusione, non voglio nascondere la mia preoccupazione che il Karma di Lippi finisca per ripercuotersi anche sulla Juve (perpetuando il karma di quest’anno), alla quale – come sempre – i soliti esperti di calcio-mercato attribuiscono una campagna coi fiocchi, ma che al momento ha acquistato, oltre alla coppia Del Neri-Marotta, preferita a Benitez, il già menzionato Pepe (12 milioni di euro!) che anche ieri ha messo in evidenza di che pasta è fatto e il portiere Storari (4,5 milioni), chiamato a sostituire Buffon che resterà fuori almeno 4-5 mesi, ciò che non è una novità ormai da diversi anni… Se incerti sono gli acquisti della Juve, certe sarebbero invece alcune partenze, tra le quali si danno per sicure quelle di Camoranesi e Trezeguet, tra i pochi (infortuni a parte) a non aver demeritato nel disastroso Campionato della Juve di quest’anno.
mercoledì 23 giugno 2010
IL MUSEO DELL'INNOCENZA, romanzo di ORHAN PAMUK, EINAUDI, 2009
MONDIALI: LIPPI E LA NAZIONALE, PEPE E LA JUVE
Non ho espresso il mio parere sulla nazionale di calcio alla vigilia dei mondiali, per non unirmi al coro dei tanti neo-detrattori di Lippi e ho voluto attendere il momento dell’esordio. Dopo la partita col Paraguay ho atteso ancora…anche perché quanto pensavo dell’Italia calcistica l’avevo già detto nell’articolo del lontano Giovedì 2 Aprile che i lettori del Blog trovano in archivio.
Tutto è andato come “doveva”: le mancate convocazioni di Cassano, Balotelli, Giuseppe Rossi, Perrotta (ma Gattuso sì!), Totti e Del Piero, i numerosi errori in sede tattica, nell’attribuzione dei ruoli e nella scelta degli interpreti fanno di questa nazionale una squadra grigia che pareggia a stento con il Paraguay dando tuttavia l’impressione di essere in ripresa (dopo le due disastrose amichevoli) e soprattutto che ripete lo stesso risultato addirittura con la Nuova Zelanda grazie ad un rigore inesistente! Pure, l’impegno non è mancato e si ha l’impressione che “gli uomini di Lippi” non siano in condizione di fare di più. Naturalmente ci sono anche gli alibi: l’infortunio di Buffon e di Pirlo. Ma il Buffon di quest’anno è un portiere come un altro e Pirlo non è più il “regista” che tutti c’invidiavano nel 2006.
Lippi ha portato in Sud Africa calciatori già vicini alla pensione e/o che hanno fatto le riserve in campionato oppure che hanno giocato pochissimo per via dei numerosi infortuni. Ha fatto blocco per tutto l’anno con ben 9 giocatori della Juve (ridotti poi a 6) che, tra campionato e coppe ha perso più di 20 partite. Per l’attacco ha attinto dall’Udinese che si è salvata a stento dalla serie B. È vero che Di Natale è il capocannoniere della A con ben 29 goal, ma ha più di 32 anni e in nazionale non ha mai entusiasmato. Il bello tuttavia è che, nelle prime due partite del Mondiale, Di Natale non è stato titolare.
Lippi ha invece lanciato Pepe (Udinese), un giocatore in panchina per buona parte del campionato, e che ha mostrato al Mondiale tanta buona volontà ma scarso profitto, col risultato di indurre la Juve all’ennesimo acquisto sbagliato, per di più per la somma di 12 milioni di euro! Quella stessa Juve che continua imperterrita con gli errori degli ultimi anni e non ha ancora imparato la lezione: si lascia soffiare Benitez dall’Inter con la motivazione che sarebbe costato troppo, per assumere la celebrata coppia della Samp, reduce dal “trionfo” del quarto posto in campionato e che non costa meno, con un allenatore (Del Neri) che ha fallito a Roma, nel Porto e nella seconda volta del Chievo.
Lippi ha portato con sé Pazzini ma gli ha preferito Gilardino che non segna dal mese di Marzo e persino Jaquinta assente dai campi tra Novembre a Maggio. E Pazzini, Lippi ha diviso da Cassano, lasciato tranquillamente a casa, sparigliando una coppia di attaccanti che s’intende a meraviglia e che ha prodotto gioco e goal.
Lippi ha lasciato a casa Balotelli l’unico italiano di colore ed anche il più forte tra gli attaccanti italiani e PROPRIO NEL MONDIALE AFRICANO. Perché? Per la gioia del tifo razzista e/o provinciale che vede come fumo agli occhi il nero italiano e/o l’oriundo in nazionale, dimentico che le maggiori squadre europee si servono addirittura di uno stuolo di “naturalizzati”, inevitabile conseguenza della società globalizzata (e non solo)? Ma qui la responsabilità non è solo di Lippi, almeno nel caso di Balotelli sarebbe dovuta intervenire la Federcalcio (?!). Si tratta di un giocatore valutato non meno di 30-40 milioni di euro, ma a Lippi non andava bene, perché “ lui ha a cuore l’unità del gruppo” o perché “l’unico vero fuoriclasse dell’Italia è lui”, come solo qualche giorno fa continuavano ad affermare i soliti ineffabili commentatori, ex calciatori e/o giornalisti, targati Rai.
L’augurio, comunque, è che l’Italia batta la “fortissima” Slovacchia (si mormora che dovrebbe rientrare nelle file azzurre “un campione straordinario” come Gattuso!) e superi i turni eliminatori. Nelle circostanze attuali sarebbe addirittura un trionfo cedere all’Olanda negli “Ottavi”, evitando di tornare a casa per aver dovuto soccombere, noi campioni del mondo uscenti, alle “potentissime” nazionali del nostro girone: Paraguay, Nuova Zelanda e Slovacchia.
Facile ironia a parte, auguro naturalmente agli azzurri di bissare il successo del 2006, senza preoccuparmi che qualcuno mi prenda per pazzo…
mercoledì 16 giugno 2010
Niccolò Ammaniti - CHE LA FESTA COMINCI- Einaudi 2009, pp.328
Un romanzo, questo di Niccolò Ammaniti, che sembra iniziare in “tono minore”, percorrendo le strade consuete della narrativa italiana contemporanea e che invece subito ti trasporta in uno scenario bizzarro, al limite tra realtà e surreale, animato di personaggi prevedibili e tuttavia presentati al limite dell’esasperazione, in un linguaggio niente affatto paludato, nel suo giusto equilibrio tra satira e dissacrazione.
Da una parte Saverio e le Belve di Abaddon, setta satanica di Oriolo Romano, cui il diavolo non riuscirà a rubare l’anima, dall’altra Fabrizio Ciba, noto scrittore, un narciso sempre in cerca di successo e di avventure. In mezzo, una turba di personaggi che interpretano se stessi secondo i canoni etico-estetici richiesti dall’odierna società globalizzata. Tra loro, un parvenu, naturalmente ricchissimo e cafone, che metterà a disposizione dei propri ospiti, per una festa che rappresenti anche un evento straordinario nella vita cittadina e nazionale, la maestosa Villa Ada romana, acquistata da un comune imbelle e poco preoccupato (come sempre) di difendere le bellezze artistiche e naturali del proprio territorio.
In virtù di fattori naturali e/o storicamente determinati, forse anche imputabili a quel tanto o poco di sovrannaturale che penetra nelle vicende umane, il paradiso annunciato dalle cronache mondane, nel quale tutti vorrebbero essere invitati, si trasforma ben presto in un inferno dantesco dove ognuno finisce col trovare quel che cerca veramente e merita, o quasi.
Un romanzo in più tratti incalzante per chi nella lettura ama il ritmo e rifugge dai
cosiddetti “tempi morti” della narrazione, che qualche volta ti costringono a pensare,
ma più spesso annoiano. Un finale da castigat ridendo mores che tuttavia non dispiace.