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I termini in grassetto rappresentano altrettante
voci del glossario essenziale per lo studio della Qabbalah.
DEVEQUTH
Significa
“devozione” a qualcuno o comunione con…, ma esprime significati differenti:
nella Qabbalah medievale, dei cabalisti di Provenza e di Girona, denota
l’aspirazione all’unione con Dio, ma insieme l’infinita lontananza che separa
l’uomo dal suo creatore. Isacco il cieco
[1160-1235] e i suoi allievi escludono la possibilità di annullamento
nell’estasi divina, ritengono piuttosto che un avvicinamento all’Uno sia
possibile attraverso lo studio e la meditazione. Diversamente, il Chassidismo,
un movimento degli ebrei askenaziti, fondato dal cabalista Ba’al Shem Tov nel XVIII
secolo, considera la Devequth come l’atto di fede con cui avvicinarsi a Dio,
senza bisogno di mediazioni intellettuali o di particolari riflessioni.
DIN
ECHAD
ELOHIM
“Elohim è un epiteto o attributo che significa
dominatore di qualcosa, o giudice; qualche volta si intende in senso assoluto,
quando vuol dire il Sovrano che domina tutto il mondo; altre volte [è usato] in
particolare, quando denota alcune potestà o virtù celesti, o qualcuna delle
nature, o qualche giudice umano e questo nome ha forma plurale, perché si usava
fra le nazioni che facevano immagini, e credevano che in ciascuna di esse,
risiedessero alcune virtù delle sfere celesti, e cose simili a queste; e
consideravano ognuna di esse come dio, e tutte in generale chiamavano dèi, e
giuravano per essi, come se questi [dèi] dominassero su di loro; ed erano molti
[…] Quegli era il Creatore del mondo, e lo designò per mezzo di parole e di
attributi, e Lo chiamò YHWH”. [Yehudah
ha-Lewi, Il re dei Khàzari, Universale Bollati Boringhieri, Torino,
1991, pp. 191 e 193].
La distinzione tra Elohim e il Tetragramma
caratterizzò varie sette gnostiche di derivazione ebraica, nel senso di stabilire
una distinzione tra il Dio supremo e il demiurgo di questo mondo. Si citò a
sostegno il cosiddetto doppio preambolo del Genesi (I,1-II,3 e II, 4 e sgg.).
La condanna della creazione materiale comporterà da parte di queste sette la
maledizione del dio dell’Antico Testamento e del suo profeta Mosè. Il rovesciamento del mito di Adamo ed Eva ha come
conseguenza la volontà di contraddire la legge biblica perché opera di un
creatore perverso e, al contrario, di esaltare il serpente (setta gnostica
degli Ofiti). La caratteristica degli gnostici fu di proliferare in tanti
gruppuscoli e di privilegiare determinati ambiti esoterici. I testi delle
rivelazioni gnostiche e i loro rituali si presentavano come segreti: il divieto
di rivelarli ai profani si accompagnava, alla fine di alcuni manoscritti, con
anatemi che si ritenevano terribili per chiunque eventualmente intendesse
divulgarli.
Alla concezione gnostica sugli Elohim,
si richiamano tutti coloro che in forza del nome plurale non lo fanno
corrispondere al Dio unico. Per quanto si possa osservare che nella lingua
ebraica non esiste il plurale maiestatico e forse neppure quello cosiddetto di
astrazione, resta il fatto che diversi nomi ebraici che terminano in im [plurale maschile], in oth
[plurale femminile] o in ayim [duale] reggono tuttavia verbi, aggettivi
e pronomi al singolare, come per esempio Ba'alim, proprietario. D’altra
parte, non sembra neppure convincente la tesi che in Elohim si
manifesterebbe insieme l’esistenza umana e divina, il creatore e la creatura;
non solo perché la prima volta che Elohim viene nominato, gli esseri
umani ancora non esistono – tant’è che dopo la creazione dell’uomo ad Elohim si
aggiunge anche il nome del Tetragramma – quanto e soprattutto perché l’assunto
implica una concezione antropomorfica della divinità, tutta intrisa di
modernità, e che di certo non appartiene ai primi cabbalisti storici, propensi
piuttosto a sottolineare l’estrema distanza tra Dio e l’uomo. C’è poi chi
utilizzando Elohim al plurale – come si diceva sopra – si collega alla
visione gnostica e vi aggiunge di suo. Tra costoro, la voce più nota in Italia
è quella di Mauro Biglino che ha collaborato come esperto di ebraico biblico al
progetto editoriale delle Edizioni San Paolo, con la traduzione di 17 libri del testo
masoretico della Bibbia, sino a quando è stato sollevato dall’incarico per
evidenti ragioni di incompatibilità. Biglino, nei suoi libri e nelle sue molte
interviste, sostiene di lasciar parlare l’Antico Testamento per quello
che è, attenendosi alla vera traduzione del testo e senza modificarlo
per secondi fini di natura teologica. In tale ottica, egli propone questa
versione dei primi versetti di Genesi: “In principio [il gruppo
degli] Elohim modificò [formò] un luogo dove c’erano delle acque e della terra
[con una diga e una bonifica]. La terra era deserto e desolazione […]”.
Secondo il fantasioso Biglino, la Bibbia non parla di Dio e non è un libro
sacro, è bensì la cronologia di eventi reali accaduti tra la Mesopotamia e la
Cananea dopo che gli Elohim, colonizzatori venuti dallo spazio e dotati di
poteri straordinari, presero possesso del pianeta terra. Elyòn, il capo
riconosciuto degli Elohim, definì i confini delle nazioni e le divise tra i
suoi. A Yahweh che era tra i più giovani e
tra i meno importanti degli Elohim, Elyòn assegnò il potere su un popolo
che vagava disperatamente nel deserto. A suffragio della sua tesi, Biglino cita
numerosi passi biblici che sarebbe troppo lungo e persino fuorviante riportare
in questo contesto. Per concludere, dirò soltanto che, secondo Biglino,
l’anello mancante della catena del darwinismo è rappresentato dall’esperimento
di ingegneria genetica degli Elohim che mescolarono il proprio DNA con quello
degli ominidi [nella scala evolutiva appena un gradino sopra le scimmie
antropomorfe] dando vita agli uomini. Questo – a suo giudizio – significa il
noto versetto del Genesi[1:26]: “Elohim disse poi: ‘Facciamo un
uomo a nostra immagine e somiglianza’ […]”. Tzelem, secondo Biglino, non
vuol dire immagine ma “un quid di materiale che contiene l’immagine” e che
viene estratto [dalla radice verbale tzalàm che significa tagliare via,
estrarre”]; in altre parole ciò che oggi chiamiamo DNA. Per pura curiosità, si
osservi che Tzelem che si scrive
con le lettere ebraiche Tzade-Lamed-Mem [90+30+40 = 160] ha diverse ghematrie,
tra cui: Etz, albero; Qesef, argento; Nafal, cadere, Qain,
Caino, Qilel, maledire. L’esperimento degli Elohim riuscì solo
parzialmente. Chiusi nel Gan Eden [che Biglino dice di tradurre alla lettera in
“luogo recintato e protetto”] questi primi prototipi umani di entrambi i sessi
[gli adamiti], che avevano bisogno di essere ulteriormente perfezionati,
dovettero in qualche modo sfuggire al controllo degli Elohim e cominciarono a
popolare la terra; da allora gli Elohim rafforzarono la guardia dell’accesso al
Gan Eden [luogo di esperimenti di ingegneria genetica] nel timore che gli adamiti
s’impadronissero dei loro segreti.
sergio magaldi
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