lunedì 27 febbraio 2012

LA LIBRERIA DEI NUOVI INIZI ovvero far l'amore con un fantasma ti rimette al mondo!



ANJALI  BANERJEE, La libreria dei nuovi inizi, Rizzoli, 2011, pp.342  


Ossessionata [non a caso il titolo originale del libro è Haunting Jasmine] dal pensiero di Robert, il marito americano che l’ha tradita e abbandonata per un’altra donna e che per questo motivo non esita ripetutamente a definire “un delinquente”, Jasmine Mistry, un’indiana trapiantata in America con tutta la famiglia [proprio come l’autrice del libro] si reca da Los Angeles a Shelter Island per sostituire temporaneamente alla guida di una libreria, situata in un edificio vittoriano dall’aria misteriosa, la non più giovane zia Ruma che deve recarsi in India per “questioni di cuore”. Forse un’operazione chirurgica? Solo alla fine del romanzo se ne saprà di più.



 Edizione  Mondolibri, RCS Libri S.p.A, Milano, 2011, pp.338


Inizia così, poco a poco, la lenta “conversione” di Jasmine che da consulente finanziaria o qualcosa di simile deve mutarsi rapidamente in appassionata conduttrice di una “speciale” libreria dove gli scrittori, più o meno famosi e defunti, fanno sentire la loro “presenza”, dove si organizzano amorevoli sedute di adulti e bambini, dove una statua di bronzo di Ganesh, il dio indiano dalla testa di elefante, sembra fatta apposta per spaventare i clienti e per trasmettere loro il senso del mistero.

 Senso che, tuttavia, il lettore avverte pochissimo, per la prosa quasi da “romanzo rosa” di Anjali Banerjee, prevedibile e per di più costellata di “frasi fatte” d’ineffabile spessore [almeno nella traduzione italiana] del tipo: Muoio dalla voglia di una doccia calda e di una tazza di caffè bollente o Mi sento come se mi fosse appena arrivato un pugno in pieno stomaco o Mi mordo il labbro per evitare di cantargliene quattroe via dicendo.

 Neppure il riferimento a Ganesh – che pure nel finale del romanzo sarà chiamato a svolgere il ruolo di deus ex machina – sembra dar corpo ad una narrazione che permane ingenua, infantile e “dolciastra”, più adatta forse ad un racconto per ragazzi o per garbate giovinette d’altri tempi, illuse della vita e dell’amore. Un genere dal quale certamente la scrittrice avrà colto maggiori soddisfazioni. Ganesh, com’è noto, è il dio dalla testa di elefante che, nella tradizione indiana, al suono dell’OM, il mantra sacro, dette origine all’universo descrivendone le forme attraverso la danza. Una raffigurazione di sicuro irrazionale del Principio creativo e che fa sorridere gli occidentali. Di qui la sua forza dirompente di contro ai miti pseudorazionali con cui l’Occidente ha di volta in volta inteso rappresentare le proprie divinità.

 Irrazionale che calza a pennello per questo romanzo: parlare con i grandi spiriti del passato, senza creare le condizioni di un “realismo magico”, sa di superficiale e d’ingenuo e appiattisce l’intera vicenda nella direzione di un esito falsamente tranquillizzante e fabulistico. Ciò che puntualmente accadrà nelle ultime pagine del romanzo, quando tutto tornerà al “posto giusto”: la zia Ruma, la famiglia, la trasgressione razionalizzata, i vivi, i morti e persino la sorella di Jasmine che non vuole più sposare l’amato fidanzato per timore che lui in futuro possa tradirla, ma che alla fine cederà alle pressioni dell’amata sorella che ha ritrovato intatta la fiducia nella vita e nell’amore, dopo essere andata a letto con il fantasma di uno scrittore filantropo e avventuriero che si aggira per la libreria.

 Un libro da leggere, forse, prima di addormentarsi, per chi voglia ritrovare serenità, illusioni e gioia di vivere.


sergio magaldi
        


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