giovedì 31 gennaio 2019

I SENTIERI DELL'ALBERO, Parte Terza (XXX)



SEGUE DA:



I sentieri dell’Albero della vita sono i rami che collegano tra loro i frutti sino alla sommità dell’albero e sono in tutto trentadue. I frutti altro non sono che le Sephiroth, dette anche ‘luci’ o ‘forme pure’ del molteplice. Sono 10 e rappresentano i numeri primordiali della creazione, perché per quanto si possa continuare a contare all’infinito non si troveranno che dieci numeri, anzi nove, essendo il 10 niente altro che la riproposizione dell’unità.

Si dispongono al centro, alla destra e alla sinistra dell’albero e ad ogni Sephirah  è attribuito un nome e un numero. Alla colonna centrale appartengono: 1 Kether  Corona o Altezza Superiore,  6 Tiphereth Armonia, Bellezza o Compassione,  9 Yesod  Fondamento, Generazione o Alleanza, 10 Malchuth  Regno o Esilio. Alla colonna di destra: 2 Chokmah  Sapienza o Principio, 4 Chesed Grazia o Misericordia, 7 Netzach  Eternità o Vittoria. Alla colonna di sinistra: 3 Binah  Intelligenza o Ritorno,  5 Gheburah  Potenza o Giudizio,  8 Hod Gloria o Splendore.

Esaminerò brevemente i sentieri che corrono tra le cinque Sephiroth cosiddette emotive. I sentieri partono dal basso e seguono idealmente le spire di un serpente che, ascendendo lungo l’Albero, poggia la coda su Malkuth, la decima Sephirah, il corpo su Yesod, Hod e Netzach e che con la lingua lambisce Tiphereth, la sesta Sephirah


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IL TRENTESIMO SENTIERO

Il Trentesimo sentiero va da Yesod a Hod
          d w h     d w s y
La lettera del sentiero è Ain  u  
                     
Decima lettera semplice u Ain, scritta nel suo ‘riempimento’ cioè con le lettere Ain-Yud-Nun significa occhio. Anche graficamente la lettera, con i due punti in alto, rappresenta gli occhi e con le linee convergenti i nervi ottici.

In tutte le tradizioni l’occhio è simbolo di sapienza. E’ l’occhio di chi vuol vedere ciò che altri non vedono e di chi vuol salire dove altri non salgono. L’intenzione di questo desiderio ascetico è buono. Ma chi procede con egoismo e superbia finisce nel Nulla. E ‘Nulla’ è appunto il significato della lettera.

Salendo su questo sentiero, si avanza per una terra fertile e ombreggiata, tranquilla in apparenza, dove improvvisamente si aprono crateri di fuoco, cascate di acque sorgive e paludi. Si può utilizzare il fuoco per cuocere il cibo e l’acqua per lavare o dissetarsi, ma occorre fare attenzione a non affogare o bruciarsi, evitando anche il contatto con la melma che ci farebbe ammalare, costringendoci ad abbandonare di gran fretta il sentiero.

Se si usa prudenza, molto si apprende qui sopra dove gli elementi, in apparente antagonismo, si combinano nella creazione di forme che non hanno la densità di quelle che s’incontrano sul sentiero che proviene da Malkhut – dove, pure, avvicinandosi a Yesod si mutano in visioni simboliche – ma che, per il loro essere diafane, sono più facilmente plasmabili.

Si direbbe quasi che le parole e le immagini di Hod, nell’ascendere da Yesod, accentuino il loro dinamismo, trasformandosi in viventi creature. La flessibile sostanza mercuriale di Hod, nell’attingere all’inesauribile serbatoio degli archetipi di Yesod, si organizza e si struttura in sostanze eteree, animate al pari di quelle reali, ma altrettanto illusorie. E per quanto la loro fluttuante natura le assegni al sogno piuttosto che alla realtà, l’energia che vi circola è talora ben più potente di quella generata dalle forme fisiche corrispondenti. Di queste certamente più pericolose perché più subdole. Il cammino sul sentiero consiste nell’evocarle, nel riconoscerle e nel saperle padroneggiare. Ma se l’occhio si inganna e la mente si illude si viene trascinati nel vortice della follia o, se si è spinti da desiderio d’onnipotenza, si finisce col perdere tutto. E se la follia è pena a se stessa, l’Albero violato dalla ubris reclama il riequilibrio della bilancia.

sergio magaldi







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