Oggi 27 gennaio 2019 – anniversario della
liberazione del campo di concentramento di Auschwitz, avvenuta il 27 gennaio
del 1945 da parte della 60.a armata sovietica del maresciallo Ivan Konev – è un giorno che non si può dimenticare.
Per celebrare la Giornata della Memoria,
riporto di seguito un brano dell’introduzione da me scritta per il libro “Racconti
della Shoah” di F. Giannetti (pref. R. Di Segni)
Gli interrogativi “metafisici” del combattente Lello
Nel corso della breve intervista che Lello Perugia - il “Cesare” del romanzo di Primo Levi - concede a Fulvio Giannetti, emergono tre
interrogativi inquietanti, ai quali, umilmente, l’intervistato non pretende di
dare risposta, parendo il suo intento più un invito alla riflessione che un
accertamento della verità.
“Perché i nazisti volevano far scomparire gli
ebrei dalla faccia della terra?”
[…] Lello osserva che questa volontà fu davvero
diabolica e che, forse, l’intera questione è di natura metafisica, ciò che
nelle sue intenzioni equivale ad affermare l’impossibilità della risposta,
anche se egli si limita a dire che si tratta di una domanda alla quale è
difficile rispondere. E infatti, sull’argomento sono stati scritti trattati che
hanno dato solo spiegazioni parziali. Né potrebbe essere diversamente, le ragioni
ultime dimorando pur sempre nelle profondità dell’inconscio individuale e
collettivo, difficilmente accessibili all’indagine umana. Certo, la volontà del
genocidio non sembra esclusiva dell’anima del nazista. Ma poi è
certo che i nazisti avessero un’anima? O non è piuttosto l’anima, d’après James Hillman, un “da farsi”, una costruzione
individuale che procede per tentativi, dubbi e tra mille difficoltà? Ad ogni
buon conto, la volontà del genocidio è stata sempre presente nella storia e ha centrato
talora l’obiettivo, laddove si è trattato di distruggere o asservire altri
popoli, per sostituirsi ad essi nel governo di territori, o quando questi
popoli non seppero far valere – avrebbe detto Hegel – la necessità storica e
culturale del loro stesso sussistere o, ciò che è lo stesso, quando non
rientravano più nei piani della cosiddetta Ragione storica. Insomma, la storia
ci mostra esempi molteplici di massacri e distruzioni di massa, ma neppure un
caso assimilabile alla “soluzione finale” progettata dai nazisti contro gli
ebrei[…]
Ha ragione Lello. Possiamo continuare ad esaminare
la questione all’infinito, ma è difficile rispondere esaurientemente e in modo
conclusivo.
“Perché Kappler chiese alla comunità ebraica di Roma
proprio cinquanta chili d’oro?”
Ecco un secondo interrogativo
che Lello definisce metafisico […] una questione che potrebbe essere affrontata
solo in una prospettiva religiosa o magari nell’ambito della tradizione
ebraico-cabbalistica. Egli non si sente in grado di dare una risposta, ma
lascia intendere che dietro quel numero, Cinquanta,
può nascondersi un significato preciso e magari un mistero sui quali altri e
non lui sono forse in grado indagare. Egli non sa molto di ghematrie, ma ha
sentito parlare dei numeri della tradizione, sa che cinquanta sono le Porte
dell’intelligenza (Binah, la terza
sephirah dell’Albero della vita) e che 50 è anche la cifra dell’intera manifestazione, che si ottiene dalla somma del
valore numerico delle due lettere dell’alfabeto ebraico che formano Kol, Tutto (la parola si compone di una Kaf e di
una Lamed cioè: 20+30=50). Cinquanta è anche il numero di Adamah, la terra di Adamo, formata dalle
lettere Alef-Daleth-Mem-He: 1+4+40+5= 50.
Lello non sa o non dice che 50 è
anche la cifra di Yam, mare (Una Yud
e una Mem: 10+40), simbolo dei segreti dell’inconscio, e di Mi, Chi? (Mem-Yud: 40+10=50), la
possibilità stessa di effettuare domande. Non dice o non sa che, al negativo,
50 è anche la cifra di Tame, impuro
(Teth-Mem-Aleph: 9+40+1=50 ) e
di Jezabel :
Aleph-Yud-Zain-Beth-Lamed:1+10+7+2+30=50, la regina malvagia,
adoratrice di Baal e della dea Asera, che sterminò i profeti di Dio, ma 100 di
loro furono soccorsi e nascosti in due grotte, 50 e 50, e si salvarono (I Re, 18, 13). E Gezabel finì sbranata dai
cani.
“Perché ci siamo lasciati massacrare senza combattere?”
Lello considera metafisico
anche questo interrogativo. Solo perché ai suoi occhi appare inconcepibile
essersi lasciati massacrare in sei milioni e senza neppure opporre resistenza.
Lui che, prima di essere deportato ad Auschwitz, i tedeschi li ha davvero
combattuti. Lui che sembra far proprie le parole di sua madre Emma, che
volentieri avrebbe destinato i 50 chili d’oro, da consegnare a Kappler in
cambio di una improbabile salvezza, all’acquisto di armi per combattere. E
anche laddove la ribellione gli appare inutile o impossibile, per la condizione
disumana alla quale i nazisti li hanno ridotti nei campi di sterminio, non
trattiene un moto spontaneo dell’anima nell’attribuire alla rivolta di
Auschwitz del 6 Ottobre del ’44 – che portò alla distruzione di uno dei forni
crematori – il merito di aver rallentato le esecuzioni con il gas.
sergio magaldi
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