Marcello Simoni, La Biblioteca perduta dell'alchimista, Newton Compton editori, Roma, Ottobre 2012, pp.329
Dopo il romanzo con cui ha vinto il premio Bancarella [vedi il post E' POSSIBILE PARLARE CON GLI ANGELI? LA RISPOSTA NEL ROMANZO "Il mercante di libri maledetti"...], Marcello Simoni esce con questo LA
BIBLIOTECA PERDUTA DELL’ALCHIMISTA, pubblicato per Newton Compton Editori.
Una storia senza pretese ma che si legge piacevolmente, tra personaggi reali e
di fantasia, e che ha come punto di riferimento il sogno alchemico della
trasformazione dei metalli vili in oro. Perché la ricerca, in alchimia, conobbe
sempre due dimensioni: quella condotta tra fornelli ed esperimenti e quella
analogica tesa ad ottenere la trasformazione della coscienza e l’acquisizione
dell’oro flosofico o spirituale [si veda il post ALCHIMIA, UN SAGGIO DI GIOELE MAGALDI
e ancora si vedano i post: AESH MEZAREPH o FUOCO CHE PURIFICA…e ALCHIMIA E QABALAH NEL I CAPITOLO DI AESH MEZAREPH].
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Nella primavera dell’anno 1227, per ordine di Ferdinando III di
Castiglia e Léon [regnante tra il 1217 e il 1252] – detto “Il re delle tre
religioni” per l’equanime tolleranza nei confronti di cristiani, ebrei e musulmani
– il mercante di reliquie Ignazio da Toledo, suo figlio Uberto, il cavaliere
francese Willalme, coraggioso ma facile all’ira, e il nobile Filippo di
Lusignano partono per la Francia meridionale con il compito di ritrovare la
scomparsa e forse rapita Bianca di Castiglia [1188-1252], zia di Ferdinando III
e reggente del regno di Francia per il
figlio Luigi IX il Santo, dopo la morte del marito Luigi VIII.
Ferdinando III di Castiglia e Léon |
Le nozze tra Bianca di Castiglia e il re di Francia Luigi VIII |
Dopo varie e complesse vicende, Uberto si separererà dal
padre per ritrovare la Turba Philosophorum, trattato alchemico di
fondamentale importanza per comprendere il piano del Conte di Nigredo [nome
chiaramente ispirato alla prima fase dell’Opera], signore del castello di Airagne
e dedito alla fabbricazione dell’oro alchemico su larga scala. Un oro che
sembra a tutti identico a quello esistente in natura ma che, per essere
prodotto, richiede abbondanza di manodopera. Chi viene costretto a lavorare ad
Airagne, prima o poi si ammala di saturnismo, una malattia che in breve
conduce alla demenza e alla morte, con la necessità di far ricorso ad una
quantità sempre crescente di lavoratori forzati.
......ARISTEO disse: La
pietra è una Madre che concepisce il proprio Figlio e lo uccide e se lo mette
nel ventre. Esso allora diviene più perfetto di quel che prima non fosse e
d'essa si nutre. Poi egli uccide sua Madre, se la mette nel ventre e la fa
putrefare; e il Figlio diviene il persecutore di sua Madre, ed entrambi per un
certo tempo hanno comuni tribolazioni. Questo è uno dei massimi miracoli di cui
si sia mai sentito parlare, ed è vero, perché la Madre genera il Figlio e il
Figlio genera la propria Madre e l'uccide
SOCRATE disse: Sappiate
che i Filosofi hanno chiamato Acqua-di-Vita l'Acqua nostra, ed hanno detto
bene: giacché dapprima essa uccide il Corpo, poi lo fa vivere e lo rende
giovane.....
LA TURBA disse: Maestro,
tutto ciò che diciamo non è altro che far del fisso il volatile e del volatile
il fisso; poi, far di tutto qualcosa che non è né secco né umido, né freddo né
caldo, né duro né molle, né fisso né troppo volatile - qualcosa di intermedio
fra i due: giacché esso ha in sé due Nature insieme congiunte. E sappiate che
ciò si fa in sette buoni giorni, non in un momento. Poiché ogni alterazione avviene
a mezzo di continua azione e passione. Di ciò, prendete nota.
[Citazioni da
magiaonline.net/alchimia/turba.htm ]
Ignazio da Toledo diviso tra anelito di giustizia e
desiderio di conoscenza dei segreti della fabbricazione dell’oro, dovrà anche
guardarsi da nemici segreti che vogliono tenerlo lontano da Airagne, ubicato
non lontano dal famoso castello di Montségur, roccaforte dei Catari.
“L’ombra sotterranea tremava al crepitio delle
fiaccole. Dopo aver sfogliato a lungo, forse più del necessario, Ignazio
soffermò lo sguardo su una pagina del Turba philosophorum e si trovò di
fronte alla verità. Yutte le domande che si era posto nel corso della sua vita
sulla natura delle cose e sulla trasmutazione della materia sembravano trovare
risposta in quelle righe d’inchiostro. Avrebbe appreso segreti che solo a pochi
eletti era concesso conoscere. Ma tutto ciò non gli recò alcun sollievo, anzi,
accentuò in lui un senso di vuoto, come se nel suo animo si fosse aperto un
baratro. Gli fu necessario uno sforzo di concentrazione per dominarsi,
dopodiché fissò suo figlio, che dopo interminabili peripizie gli stava di nuovo
accanto. Quel pensiero gli diede forza”. [Op.cit.,p.265]
In conlusione, nel
nuovo libro di Simoni, si nota una certa superficialità nell’accennare alle
fasi del processo alchemico [nigredo-albedo-citrinitas-rubedo-cauda pavonis],
d’altra parte si tratta di un romanzo e non di un saggio sull’alchimia. Risulta
invece assai stimolante immaginare le operazioni che conducono alla
fabbricazione dell’oro alchemico in una dimensione industriale, con tanto di
impianti sofisticati che poco hanno a che vedere con le Officine artigianali in
cui lavoravano individualmente gli alchimisti del Medioevo e del Rinascimento.
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