Meno di un anno fa, Riccardo De
Benedetti su Avvenire si poneva un interrogativo a cui dava
subito una risposta: “Che cosa resta di Sartre? Poco, ma decisivo”.
Sartre – osserva l’autore dell’articolo – è
sempre stato in “situazione”, con ciò intendendo dire che egli ha quasi
ininterrottamente inteso rappresentare il proprio tempo e quello della società
e del mondo in cui viveva. È certamente vero, almeno sino al maggio
francese. E proprio per questo – continua l’autore – Sartre ha finito col pagare
con la dimenticanza o addirittura con l’oblio. Vero anche questo, ma bisogna
tener conto del fallimento politico della rivoluzione che avrebbe dovuto
portare “l’immaginazione al potere” e che invece ha realizzato il successo di
quanti speravano di sbarazzarsi una volta per tutte della lotta politica,
limitandola al terrorismo più o meno compiacente e preparando, attraverso la
liberazione del costume e dei consumi, l’avvento della globalizzazione, del
cosiddetto capitalismo della sorveglianza e dell’era tecnologica.
A questo punto, conviene chiedersi con De
Benedetti se non sia venuto il momento di rileggere Sartre, tenuto conto
che, come dice, “alla sovrabbondanza della tecnica corrisponde un diminuire,
sin quasi alla scomparsa, dell’uomo”.
Il “poco” che resta di Sartre è dunque una
riflessione sul significato dell’esistenza in un mondo che ha finito per
relegare l’essere umano ai margini della Storia. L’occasione è offerta, e direi
non solo, da una nuova edizione de L’essere e il nulla proposta
di recente dal Saggiatore per festeggiare gli ottanta anni dalla sua
pubblicazione (1943-2023).
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Per una rilettura, il più possibile
completa, di Sartre ripropongo di seguito in sette post la relazione, con
opportune modifiche, a suo tempo presentata per un convegno di filosofia.
Per quanto si riferisce “all’ultimo Sartre” e alle polemiche accese dai suoi scritti più recenti, suggerisco il post:
https://zibaldone-sergio.blogspot.com/2019/08/le-ultime-interviste-di-sartre-lespoir.html
Si vedano ancora, su Sartre in generale, i video youtube
seguenti:
RASSEGNA STAMPA sulla nuova edizione di L’essere e il
nulla, pubblicato da Il Saggiatore il 19 febbraio 2023
Un'esistenza che precede l'essenza
Che cosa resta di Sartre? Poco, ma decisivo
Una nuova veste per "L' essere e il nulla" di Jean-Paul Sartre
Siamo condannati alla libertà.
https://zibaldone-sergio.blogspot.com/2024/01/rileggere-sartre-p-1a-sartre-narratore.html
https://zibaldone-sergio.blogspot.com/2024/01/rileggere-sartre-p2a-sarte-filosofo.html
https://zibaldone-sergio.blogspot.com/2024/01/rileggere-sartre-p3a-sartre-nel-teatro.html
https://zibaldone-sergio.blogspot.com/2024/01/rileggere-sartre-p4a-sartre-nella.html
Sartre nella
revisione della critica
Già nel '48 è in atto una revisione della
critica: cominciano i cattolici, ma solo dopo che sono apparsi i primi
contributi scientifici sull'opera di Sartre. In Le problème moral et la pensée de Sartre (Editions du Myrte, Paris,
1947), F. Jeanson ricostruisce adeguatamente il senso di L'Etre et le Néant e degli scritti che vi si riconnettono. Sartre
stesso, in una breve prefazione al testo (pp. 13-14), riconosce la validità del
metodo seguito dal Jeanson nell'esposizione del suo pensiero.
Un altro autore, G. Varet, in L'ontologie de Sartre, (P.U.F., Paris,
1948) scrive: «II debito che la filosola francese ha verso Sartre consiste nel
fatto che L'Etre et le Néant è la
prima esposizione di fenomenologia sistematica che sia stata mai fatta in
Francia e la migliore introduzione alle opere dei filosofi tedeschi. Il punto
di partenza della filosofìa di Sartre è lo sviluppo sistematico della
riflessione cartesiana alla luce dell'idea husserliana di intenzionalità: il suo tentativo più valido (anche se
votato allo scacco) è quello di risolvere il problema dell'Essere ricorrendo
alla descrizione fenomenologica (pp. 1-3)». Il libro fornisce inoltre una accurata
esposizione del maggior testo filosofìco di Sartre.
Sulla scia di questi autori, Henry Duméry
nelle pagine introduttive del suo libro Foi
et Interrogation, dopo aver osservato che sul piano fìlosofìco non esiste
ateismo più virulento di quello sartriano, afferma che «bon gré mal gré»,
occorre affrontare questa filosofìa per molti aspetti sconcertante ma della
quale sono innegabili il vigore, l'influenza e l'ambiguità. D'altra parte –
continua Dumery – sarebbe disonesto
travestire per meglio rifiutarle le tesi sartriane, si tratta invece di
accostarsi a Sartre senza partito preso, soprattutto dopo aver letto gli
scritti di Jeanson, il primo dei critici ad aver valutato positivamente le
opere di Sartre. In conclusione il Duméry, pur tenendo ben ferma la sua
opposizione nei confronti dell'ateismo sartriano si augura di far comprendere
sino in fondo – nella parte del suo libro dedicata allo studio del filosofo
francese – il valore teoretico delle analisi di Sartre[1].
Con gli anni '50 si viene componendo,
nella valutazione del sartrismo, quella scissione tra critica e pubblico del
precedente decennio. La conoscenza di Sartre ha ormai varcato i confini nazionali
dando vita ad una fioritura di studi sui vari aspetti della sua opera. Anche la
critica marxista muta completamente d'orizzonte dopo l'avvicinamento di Sartre
al P.C.F. e all'U.R.S.S [2].
Nel 1960 Sartre pubblica La Critique de la raison dialectique,
frutto di una riflessione iniziata negli anni '50. I primi giudizi sono
sostanzialmente favorevoli, anche se si sottolinea talora la soluzione di
continuità tra quest'opera e L'Etre et le Néant [3], oppure
se ne afferma la continuità per porre l'accento sui medesimi vizi di fondo che
sarebbero presenti nelle due opere.
Così è per il filosofo comunista Roger
Garaudy in Perspectives de l'homme (P.U.F., Paris 3" ed. 1961 e la nuova
edizione accresciuta del 1969). La I edizione dell'opera del Garaudy è del
1959, già poteva, dunque, tener conto di “Question de méthode” che costituisce
la prefazione di Critique de la raison
dialectique. Sorvolando sull'evoluzione del pensiero sartriano (ciò che non
necessariamente è indice di frattura tra L'Etre
et le Néant e La Critique de la
raison dialectique), Garaudy ribadisce nei confronti di Sartre e
dell'esistenzialismo l'accusa di irrazionalismo e sostiene la contraddittorietà
dell'esistenzialismo sartriano costretto a scegliere tra un atto di fede
irrazionale e una integrazione con il marxismo che non potrebbe realizzarsi se
non con l'abbandono delle premesse irrazionali dell'esistenzialismo stesso. Il
libro contiene anche (pp. 111-114, I ed.) una lettera-risposta di Sartre: in
precedenza, infatti, Garaudy gli aveva sottoposto il manoscritto pregandolo di
commentarlo. In tale lettera Sartre ribadisce la piena conciliabilità tra
esistenzialismo e marxismo secondo quanto aveva già sostenuto in “Question de mèthode”.
Un violento attacco alle posizioni della
«Critique» è portato da Lévy-Strauss nel capitolo conclusivo di La pensée Sauvage (Paris 1962) ed è già
preludio alla cosiddetta svolta degli anni Sessanta in cui si comincia a
parlare di crisi del sartrismo nonostante l'attribuzione del Nobel a Sartre nel
'64, premio peraltro rifiutato.[4] .
La polemica che la « nuova » cultura
francese conduce nei confronti del sartrismo incalza e l'interesse per Sartre
decresce a misura che si afferma l'interesse per lo strutturalismo
(Lévy-Strauss, Foucault), per la psicanalisi (Lacan) e soprattutto per il
marxismo strutturalistico di Althusser. D'altra parte, proprio agli inizi degli
anni Sessanta si viene sviluppando in Francia un attacco contro la filosofia da
parte delle scienze umane. Ciò comporta, non solo una attenuazione d'interesse
per il Sartre filosofo (il quale continua ad assegnare alla filosofia il
compito di una analisi totalizzante del reale), ma anche per il Sartre marxista,
dal momento che, fermo restando l'oggettivismo del marxismo ortodosso, il
materialismo storico dialettico appare sempre meno interessato al tentativo
sartriano di «soggettivazione» e, per contro, sempre più sollecitato ad
utilizzare epistemologia e scienze umane, privilegiando — di contro al
soggetto e alla prassi storica — il concetto di struttura. Ma. Come si vedrà,
la stessa realtà francese si appresta a ridimensionare il marxismo
strutturalistico con l'esplosione rivoluzionaria del maggio del '68.
[1] Cfr. H. Duméry, Foi et Interrogation, Téqui,
Paris, 1953, p. XIII. L'opera comprende una sezione (La question Sartre, pp.
73-123) che raggruppa scritti su Sartre che vanno dal '
Per i rapporti di Sartre con il comunismo, sino al 1970, si rimanda al citato
libro di F. Fé.
[2] Per i rapporti di
Sartre con il comunismo, sino al 1970, si rimanda al citato libro di F.
[3] Così S. Doubrowsky
in Nouvelle Revue Française, sett.-ott.-nov. 1961.
[4] Sulla questione relativa al rifiuto del premio
Nobel da parte di Sartre si vedano di M. Contat-M. Rybalka, op. cit., le pp.
401-408. Cfr. inoltre: R. Jean, Non récupérable, ou Sartre prix Nobel, in «
Cahiers du Sud », nov.-dic., 1964.
S E G U E
sergio magaldi
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