I risultati di domenica 3 gennaio, alla
ripresa del Campionato dopo la pausa natalizia, confermano il primo e forse
definitivo verdetto maturato già nelle due giornate che hanno preceduto la
pausa. Infatti, anche se mancano ancora 23 giornate
al termine, non mi pare ci siano dubbi sul fatto che la lotta per lo scudetto sia
ormai ridotta al rango di un derby milanese. E va detto subito ciò non senza
merito delle due squadre. Il Milan ha messo in mostra un gioco semplice quanto
efficace basato su velocità e verticalizzazioni, merito di Pioli ma anche dei
suoi giocatori più giovani, di un portiere come Donnarumma e di un fuoriclasse
come Ibrahimovic. l’Inter, non nuova ai “primati natalizi” (con Spalletti nel
2018 e con Conte nel 2019), questa volta sembra in grado di “resistere” sino in
fondo, grazie alla tenacia di Conte, alle parate del solito Handanovic e
soprattutto ai goal di Lukaku, ma anche per l’abbondanza della sua rosa e per
il fatto che non sarà impegnata nelle coppe europee.
Milan e Inter sono al primo e al secondo posto della classifica, rispettivamente con 7 e 6 punti di vantaggio sulla Roma al terzo posto, ma oltre a ciò tutto sembra annunciare la volontà degli dei del calcio che il massimo trofeo dello sport nazionale, dopo dieci anni, debba lasciare Torino per riprendere la strada di Milano dove, l’ultima volta, si era fermato per sette anni, con i due titoli del Milan e i 4+1 dell’Inter (con +1 intendo lo scudetto vinto sul campo dalla Juventus e arbitrariamente assegnato alla seconda classificata). Ne sono un segno manifesto i tanti risultati recuperati negli ultimi istanti di gioco dalle squadre milanesi, gli episodi fortunati, le interpretazioni arbitrali, i 10 rigori concessi al Milan su 15 partite giocate, la sentenza della giunta del Coni dello scorso 22 dicembre che, soltanto due ore prima della disputa di Juventus-Fiorentina, rovescia le due sentenze precedenti della Lega Calcio che, in applicazione delle disposizioni anti-Covid, aveva giustamente decretato la vittoria a tavolino della Juve contro il Napoli che non si era presentato a Torino per giocare la partita. In quel pomeriggio, la squadra bianconera perdeva di colpo sei punti: ai 3 tolti per effetto della sentenza se ne aggiungevano altri 3 non conquistati sul campo per la sconfitta ad opera della Fiorentina che non vinceva da mesi e navigava sul fondo della classifica. Difficile dire se la disfatta juventina dipenda da fragilità nervosa dovuta alla sentenza del Coni di qualche ora prima, dal dover giocare in dieci per l’espulsione di Cuadrado, dalla mancata espulsione per doppio fallo di un avversario e dal vedersi negare due rigori oppure da altro. Secondo me concorrono tutti questi elementi, laddove per “altro” intendo riferirmi a quanto già detto in un post scritto al termine della nona giornata: «I bianconeri hanno avuto sin qui forse il calendario più facile della Serie A ma non ne hanno approfittato. Ben cinque i pareggi, l’ultimo quello di Benevento di sabato pomeriggio, tre sole vittorie con Sampdoria, Spezia e Cagliari, oltre a quella a tavolino sul Napoli. Delle cosiddette grandi, i bianconeri hanno incontrato solo Roma e Lazio, pareggiando con entrambe. Un bilancio magro che non lascia ben presagire, una constatazione sin troppo facile: senza Ronaldo la squadra non vince, non bastando neppure i goal di un grande Morata, vanificati da una cattiva organizzazione di gioco. La squadra sembra assumere sempre più le caratteristiche del suo allenatore, senza grinta e determinazione, le armi tradizionali dei bianconeri. E la mano di Pirlo – grande campione come calciatore, da allenatore giudicabile purtroppo solo in base alle partite ufficiali sin qui disputate in carriera con la Juve – si vede in campo. Si ostina nell’errore che fu già di Sarri, ma non di Allegri, di far giocare Cuadrado stabilmente terzino, togliendolo dal ruolo che sino a due anni fa aveva sempre avuto di esterno alto, pronto anche ad accentrarsi per trovare le punte e i goal con i suoi assist che, nonostante tutto, continua a fare, al prezzo di un gran dispendio di energia e talora di perdita di lucidità al momento di difendere. Fa giocare Danilo centrale di difesa, sia pure con la motivazione dei tanti infortuni, schiera spesso Frabotta, giovane di belle speranze, esterno basso a sinistra che nello scendere sulla propria fascia perde facilmente la palla innestando la ripartenza degli avversari. E l’idea di difendere a quattro e di attaccare con tre difendenti si rivela spesso improduttiva e pericolosa, generando confusione in mezzo al campo, dove i centrocampisti sono alternati senza una logica, come è accaduto contro il Benevento, con Ramsey e Rabiot – a mio parere alternativi – fatti giocare insieme…».
Precipitata la Juve a 10 punti dalla vetta della classifica, poco c’è da sperare nelle altre squadre - comunque abituate a lottare per il vertice - nel contrastare l’ascesa di Milan e Inter. Sino alla disputa del primo tempo della partita con l’Atalanta, la Roma lasciava sperare di potersi inserire nella lotta per lo scudetto. I giallorossi chiudevano i primi 45 minuti in vantaggio di un goal e dopo aver offerto una grande prestazione. Nel secondo tempo tutto precipitava: i bergamaschi facevano gli opportuni cambi mentre la Roma stava a guardare, rinunciando persino all’ingresso di Villar (un giovane e già grande centrocampista) al posto di uno spento Pellegrini. Fonseca - pur meritevole in tante occasioni - per giustificare la propria strana inerzia, ha parlato incredibilmente di “mutato atteggiamento” della sua squadra nel secondo tempo, di “scarsa attenzione” e di “mentalità da bambini”. In realtà, la stanchezza giallorossa ha determinato il disastro: padrona ormai di un centrocampo dove a contrastare restava il solo Veretout, la squadra di Gasperini dilagava, andando a segno quattro volte. D’altro canto, l’Atalanta pareggiava la successiva partita con il Bologna. Difficile che l’assalto allo strapotere delle milanesi venga dal Napoli. Dopo le due sconfitte con Inter e Lazio, la sentenza del Coni pareva rianimarla, ma nell’ultima gara prima della pausa non andava oltre il pareggio casalingo con il Torino, ultima in classifica. Ridimensionati anche il Sassuolo, dopo le sonore sconfitte con Inter e Atalanta, e una Lazio battuta negli ultimi istanti di gioco da un Milan, fortunato come sempre, ma anche dalle scelte inspiegabili del pur bravo Inzaghi: sostituzioni di Immobile e Milinkovic, ingresso di Muriqi invece di Caicedo che tante partite aveva risolto ai biancazzurri nei finali di partita.
Eppure, c’è chi si dice ancora convinto che la Juventus possa rientrare nella lotta per lo scudetto: domani incontrerà il Milan e se dovesse vincere si porterebbe a 7 punti dalla capolista con la prospettiva di portarsi a – 4 se dovesse vincere anche il recupero della partita non giocata col Napoli. Troppa grazia: i bianconeri dovrebbero poi vincere anche con Inter, Sassuolo e Bologna per chiudere degnamente il girone di andata. Personalmente resto convinto che la Juve di quest’anno dovrà faticare non poco per conquistare un posto utile della classifica per andare in Champions. Il motivo non è soltanto legato all’inesperienza dell’allenatore. Al di là delle favole interessate che si raccontano in giro è la rosa della Juventus a risultare carente e ciò soprattutto per le scelte di mercato fatte dopo il grande colpo dell’acquisto di Ronaldo: esterno basso a sinistra a sostituire Alex Sandro, prima per lungo infortunio, ora per sopraggiunto covid, c’è il solo Frabotta (!). E se si utilizza invece Danilo, allora esterno basso a destra resta il solo Cuadrado, che ha sempre dimostrato di essere un grande e decisivo giocatore per la Juve ma che non è un terzino! A centrocampo c’è abbondanza ma con molti equivoci, questi effettivamente dipesi dalle scelte di Pirlo. In attacco, infine, a Ronaldo e Morata non ci sono alternative, perché Dybala, purtroppo dai tempi di Allegri, ha smesso di fare la punta.
Naturalmente i miracoli sono sempre possibili. La vittoria per 3-0 di Barcellona ne è una prova, ma quella è stata l’unica partita veramente convincente della Juve ed è stata anche l’unica in cui Pirlo ha schierato il 4-4-2, con Cuadrado nella posizione in cui lo faceva giocare Allegri, cioè nella condizione di realizzare assist per le punte.
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