Alla vigilia della stangata annunciata, credo sia doveroso fare alcune riflessioni, anche perché da giorni i media non fanno che anticipare le misure che saranno adottate e proposte al parlamento dal governo Monti. Nelle ultime ore con buona credibilità, perché nel frattempo sono intervenute le consultazioni con partiti e sindacati o meglio le “parti sociali” hanno avuto modo di ascoltare sulla questione il presidente del consiglio dei ministri. Si parla di ripristino dell’ICI sulla prima casa, aumento dell’ICI sulla seconda casa, aumento del 30% delle rendite catastali, aumento di un paio di punti sull’IRPEF dei redditi superiori ai 75.000 Euro lordi, aumento dell’IVA di uno o due punti, tassa sulle imbarcazioni e i generi di lusso, riforma delle pensioni con il metodo contributivo per tutti, l’anticipo dell’abolizione delle pensioni di anzianità, il posticipo dell’età pensionabile per le donne, il blocco dell’adeguamento al costo della vita anche delle pensioni più basse, nuove norme per modificare l’allegro vitalizio dei parlamentari, diminuzione delle tasse sulle imprese per favorire la cosiddetta crescita. E forse altro ancora, come il tetto massimo dei pagamenti in contanti. Se di tutto questo si tratta, si comprende bene lo stupore persino della Merkel. Quel che meno si comprende è se queste misure siano state declinate all’insegna del rigore e dell’equità come era stato precipitosamente annunciato.
A me pare si tratti di misure per la maggior parte recessive che colpiscono innanzi tutto la piccola e media borghesia, riducendone di colpo i consumi e che nel fatto finiscono per vanificare anche l’eventuale e improbabile “crescita”. Provvedimenti nella sostanza contraddittori dunque, e che di equo hanno soltanto l’obiettivo di non dispiacere molto al PD: si abbattono con violenza sul patrimonio immobiliare degli italiani, molti dei quali saranno costretti per pagare le nuove tasse a svendere le proprie case [provate a sommare gli aumenti dell’ICI al contemporaneo aumento di un terzo delle attuali rendite catastali!], aumentano l’IRPEF per i redditi più alti, senza diminuirlo per i più bassi. Tassare la Casa e aumentare l’IRPEF: le misure da sempre adottate dalle sinistre in epoca di crisi vera o presunta, manca solo il prelievo sui conti correnti su cui in passato si esercitò con maestria il ministro Amato. Nello stesso tempo, tuttavia, al PDL si offrono alcuni contentini: non ci sono patrimoniali sui beni superiori al milione e mezzo [come si ventilava] e si attaccano le pensioni [questa volta dispiacendo al PD e al sindacato] secondo un’ottica che il precedente governo di centro-destra [con l’eccezione della Lega] avrebbe volentieri portato avanti se ne avesse avuto la possibilità e la forza. Non s’introduce però un tetto massimo sulle pensioni e qui di nuovo a non dispiacersi troppo è il PDL. Con un colpo al cerchio e uno alla botte, chiamato equità, il governo Monti spera così di portare a casa l’intero pacchetto di provvedimenti, dando per scontate le reciproche lamentele d’ufficio dei due maggiori partiti italiani.
Mi auguro che le cose stiano diversamente e che i provvedimenti, quando li conosceremo domani, siano altri, ma temo che non sia così. Eppure, continuo ancora a sperare nella saggezza di Monti e del suo governo, specialmente del ministro Passera che sa bene cosa sia la recessione che con questi provvedimenti diverrebbe inesorabilmente stabile. Si dirà, ma quali altre misure si potevano prendere per evitare il fallimento del Paese?
Sulle pensioni, era inevitabile adeguarsi ai maggiori paesi europei, altrimenti ha ragione la Germania quando osserva che è inconcepibile che i cittadini tedeschi vadano in pensione a 67 anni, mentre quelli italiani anche molto prima dei 60. E si poteva introdurre il tetto sulle pensioni massime, già esistente in Europa. Quale equità è quella che stabilisce il blocco delle pensioni più basse e consente pensioni di decine e decine di migliaia di euro, con liquidazioni [come è accaduto in questi giorni] di ben cinque milioni e mezzo a dirigenti a dir poco chiacchierati per il loro comportamento in attività di servizio? Si poteva dimezzare il costo della politica. Si è detto che l’intervento sulla politica è più una misura esemplare che un mezzo realmente efficace di ridurre le spese dello stato. Chi lo dice è in malafede o non conosce la matematica: l’insieme della politica [rimborsi ai partiti, stipendi dei parlamentari, dei consiglieri regionali, provinciali, comunali, dei portaborse, delle istituzioni varie, con l’aggiunta dei vari incredibili privilegi, comprese anche le spese sanitarie totali per i conviventi more uxorio dei parlamentari, misura incredibile fatta approvare a suo tempo dall’onorevole Casini] costa allo Stato circa 30 miliardi di euro all’anno. Quanti lo sanno? Dimezzando la cifra si potrebbe subito contare su una manovra di ben 15 miliardi! E la lotta agli evasori? Si crede davvero che misura in tal senso sia evitare i pagamenti in contanti oltre i cinquecento o i mille euro, che nel migliore dei casi potrebbe solo servire a rallentare il flusso inarrestabile della corruzione? E non si tratta solo di scovare i soggetti sconosciuti al fisco che, con qualche rara eccezione, resteranno sconosciuti. Si tratta piuttosto di colpire coloro che denunciano redditi ridicoli rispetto al loro tenore di vita. Mi riferisco ai membri delle numerose corporazioni presenti in Italia. Non c’è solo la casta della politica. Ci sono le caste dei cosiddetti professionisti: medici, avvocati, notai, commercialisti ma anche gli idraulici, i tecnici specializzati, i negozianti ecc… che denunciano redditi ridicoli perché almeno i 2/3 dei loro guadagni sono in nero. E infine, perché non privatizzare tutte le aziende pubbliche che di continuo necessitano di soldi dello Stato e che tuttavia sono in deficit, pur continuando a pagare stipendi altissimi ai propri dirigenti e laute prebende a consulenti fantasmi?
Solo alcuni esempi che da soli basterebbero a ricavare molto di più delle risorse individuate con la manovra annunciata e che servirebbero anche ad abbassare sia le tasse delle imprese produttive, sia quelle dei lavoratori a più basso reddito, dando alle prime la possibilità di nuovi investimenti, ai secondi di consumare maggiormente evitando così la recessione, il vero spettro che si aggirerà nel nostro paese se davvero saranno quelle di cui si parla le misure adottate dal governo Monti.
Sergio Magaldi
Non sono d'accordo con la privatizzazione. Se un'aziensda è in perdita, licenzi i manager e metti quelli che l'azienda me la fanno funzionare.
RispondiEliminaPrivatizzare aziende di Stato significa sempre togliere ricchezza allo Stato.
Per tutto il resto concordo.
Bel pezzo.