sabato 22 marzo 2025

DAL FUOCO ALL’ACQUA: RIVOLUZIONE IDROGENO


 

 Si può osservare la nascita e lo sviluppo delle civiltà e delle culture da molteplici punti di vista: sotto quello della lotta per il possesso dei mezzi di produzione, o magari sotto quello dell’evolversi dello spirito umano in un ambito idealistico che assegna alla coscienza un ruolo fondamentale nel fare storia quasi in contrapposizione alla natura. O ancora: si può pensare che sia l’eros la chiave per aprire la porta della comprensione della realtà, della società e del grado di civiltà raggiunto, come capitò a Marcuse nel suo notissimo saggio – oggi ormai desueto e forse persino sconosciuto alle nuove generazioni. Mi riferisco a Eros e Civiltà (1955), che il filosofo tedesco scrisse riprendendo le analisi freudiane de Il disagio della civiltà (1930) e dove il cosiddetto “Principio del piacere” si contrappone al “Principio di realtà” per dimostrare che senza repressione una civiltà in quanto tale non esisterebbe neppure. 

 Si può continuare in questa ricerca, peraltro fruttuosa e stimolante, di trovare un principio che giustifichi l’evoluzione umana, ma difficilmente ci si allontanerà dalla periferia della comprensione se non si parte da un presupposto che sottenda tutti gli altri e che soprattutto smetta di considerare la Storia in contrapposizione alla Natura. Perché è la Natura che offre alla Storia gli strumenti utili alla nascita e al cammino della civiltà. E per quanto gli esseri umani si sforzino nel dimostrare che la Natura va piegata con la forza perché riveli i suoi segreti, la verità è che i doni della Natura sono a portata di mano solo che si sappia e si voglia riconoscerli, comprenderli e utilizzarli.

 E il dono più grande della Natura è quello che si collega alle Fonti di Energia. L’energia che è alla base di ogni azione umana. Il mito di Prometeo ci aiuta forse a comprendere qual è stato ed è attualmente l’atteggiamento umano nei confronti delle fonti di energia. La dea Atena offre spontaneamente al titano la prima fonte di energia: il fuoco, ma cosa fa Prometeo? La offre all’umanità, però nello stesso momento in cui vuole ingannare gli dei che della natura sono i custodi. Zeus consente al titano e agli uomini l’uso del fuoco e la cottura delle carni ma ne pretende le parti migliori e Prometeo lo inganna inducendolo a scegliere le carni in apparenza più belle ma che in realtà, sotto la strato di grasso superficiale, contengono solo le ossa dell’animale sacrificato.

 Con il dono del fuoco nasce il primo stadio di civiltà e cultura, non tanto perché gli esseri umani possono ora riscaldarsi ma soprattutto perché cambia la loro alimentazione: dal crudo al cotto, il cibo diviene ora lo strumento di un’autentica rivoluzione, persino fisica, come ben vide e analizzò l’antropologo Claude Lévi Strauss nel suo saggio, appunto Il crudo e il cotto, pubblicato nel 1966, lo stesso anno in cui appare con gran successo la seconda edizione di Eros e Civiltà di Marcuse.

 L’inganno di Prometeo a Zeus comporta che il fuoco venga sottratto all’umanità, ma Prometeo lo ruba e lo consegna di nuovo agli umani. Cosa insegna il mito? Che d’ora in avanti l’accaparramento delle fonti di energia sarà il frutto di inganno e rapina. E che la storia della civiltà sia scandita dalla storia dell’energia lo propone ancora un altro saggio, questa volta più recente, del 2021: Energia e Società. Una Storia, Hoepli 2021, di Vaclav Smil, un ambientalista ceco naturalizzato canadese, docente emerito presso la Facoltà di Scienze ambientali dell'Università di Manitoba a Winnipeg.

 Per Smil l’energia può a buon diritto essere definita come “l’unica vera moneta universale”, per il cui possesso popoli e nazioni sono stati spesso in guerra fra di loro. Se l’energia del carbone è stata la fonte dominante  per la nascita della società industriale, l’energia del petrolio è tuttora alla base della società contemporanea. Sono entrambe fonti destinate ad esaurirsi, geolocalizzate e per di più inquinanti. Dalla loro penuria e non solo, dipende la differenza tra le regioni ricche e povere del mondo. 

 Se è vero che costi di produzione e innovazioni tecnologiche servono a spiegare il prevalere di una fonte su tutte le altre, è altrettanto vero che dovremmo interrogarci sul perché è stato fatto così poco per esplorare sino in fondo altre fonti di energia, oltre a quelle ricavate da fossili e terre rare. La penuria crescente delle fonti energetiche tradizionali – come giustamente ebbe ad osservare Jean Paul Sartre – costituisce tuttavia uno stimolo alla ricerca di nuove organizzazioni del campo materiale. Ed ecco le fonti di energia rinnovabili, cosiddette perché si reintegrano naturalmente in base a processi fisici ricorrenti. Sole, vento e soprattutto acqua, risorsa rinnovabile per eccellenza almeno sino a quando riusciremo a contenere l’inquinamento, salvaguardando l’ambiente. D’altra parte eolico e fotovoltaico hanno problemi relativi alla propria natura: rinnovabili, perché sempre presenti in natura, conoscono tuttavia una penuria intrinseca causata dalla notte e dalla mancanza di vento. Inoltre, se per catturare la forza del vento è necessario riempire lo spazio di ingombranti aerogeneratori simili ai vecchi mulini, per strano paradosso i pannelli fotovoltaici sui tetti possono essere travolti proprio dalla forza del vento. Senza contare le difficoltà e i costi relativi alla loro conservazione,  allo stoccaggio dell’energia prodotta  e alla distribuzione

 Jules Verne tra il 1874 e il 1875 pubblicò su una rivista il romanzo L’isola misteriosa in cui fece la previsione che l’acqua sarebbe divenuta un giorno il combustibile utile per sostituire il carbone. Vorrei subito aggiungere che non si trattava di una previsione difficile considerando che l’acqua per migliaia di anni era stata utilizzata come fonte di energia nell’irrigazione dei campi, nella macina e nella lavorazione del legname. E’ un fatto però che pochi anni dopo l’affermazione di Verne, si comincino a costruire centrali idroelettriche per generare elettricità pulita. Conosciamo i limiti di questa fonte di energia: non solo geografici ma anche collegati al costo notevole degli investimenti e al rischio di inquinamento ambientale e di modifica dell’ecosistema, generato dal basso livello di ossigeno disciolto nell'acqua di fiumi e torrenti.

 Il cosiddetto “mistero” dell’acqua in realtà ha inizio molto tempo prima, quando uno dei sette sapienti dell’antichità, il filosofo Talete di Mileto (640/625 - 548/545 a. C.) ne fa l’arké, cioè il principio primo di tutte le cose. Oltre il mito, quel che è certo è che l’acqua porta con sé il dono della vita. La Terra stessa è un dono dell’Acqua, come implicitamente afferma Dante nei versetti 121-123 del XXXIV Canto dell’Inferno, quando descrive la caduta di Lucifero dal cielo, mentre la terra si nasconde sotto l’acqua:

 

Da questa parte cadde giù dal cielo;

e la terra, che pria di qua si sporse,

per paura di lui fé del mar velo.

 

 Vista dagli astronauti da notevole distanza la Terra non è che un puntino azzurro, perché la terra non è che concrezione dell’acqua, ed è il principale elemento del corpo umano. Non a caso l’alfabeto ebraico ha tre consonanti, dette lettere madri, ciascuna rappresentativa di un elemento della tradizione: Shin per il fuoco, Alef per l’aria e Mem per l’acqua, e l’elemento terra non è rappresentato o meglio è rappresentato dalla Mem, cioè dall’acqua. Acqua in ebraico è MAIM (מַיִם)  e una delle sue ghematrie (aventi cioè lo stesso valore numerico delle lettere, cioè 90) è MAN (מָן), la Manna che, apprendiamo dalla Bibbia, salva la vita di un popolo smarrito nel deserto.

 La formula dell’acqua, come a tutti è noto, è HO, due atomi di idrogeno per un atomo di ossigeno, quando per effetto di una esplosione, Big Bang o altro, questo gas, il più leggero di tutti, circa 15 volte più leggero dell’aria, si unisce all’ossigeno che, a quanto pare, è il risultato delle reazioni termonucleari delle stelle e dell’esplosione delle supernove.

 E nell’idrogeno si è visto giustamente il futuro dell’umanità, come energia pulita a zero emissioni nocive. Isolato per la prima volta dall’alchimista, medico e mago Paracelso (1493-1541), mescolando metalli e acidi forti, ma solo come gas infiammabile, non riconosciuto neppure più tardi (1766) dal chimico inglese Henry Cavendish che riprese l’esperimento di Paracelso, descrivendo tuttavia con precisione quella che a lui parve “aria infiammabile”, l’idrogeno fu infine riconosciuto come elemento autonomo e generatore di acqua da Lavoisier nel 1783 (Þdwr gšnoj).

 L’idrogeno di cui parlo, naturalmente, non si trova in natura, se non come idrogeno bianco, assai raro e che non è quello dai cosiddetti multiformi colori, soprattutto il grigio, attualmente prodotto con relativo inquinamento, ma è l’idrogeno verde che si ottiene per elettrolisi dall’acqua scindendolo dall’ossigeno. E  di qui inizia la “rivoluzione idrogeno”. Sino ad ora ritardata dal fatto che la scissione  richiede energia elettrica prelevata da fossili o, a caro prezzo, da energie rinnovabili. Insomma un serpente che si morde la coda, anche perché come e più delle altre fonti rinnovabili e non inquinanti, l’idrogeno per essere isolato, conservato e distribuito, necessità di operazioni costose e per nulla agevoli.

 In altri termini, solo un sistema diverso e meno costoso dell’elettrolisi per separarlo dall’ossigeno renderebbe subito conveniente l’idrogeno come fonte di energia rinnovabile. Se insieme si trovasse anche il modo di ovviare alle spese ingenti e agli inconvenienti relativi al suo stoccaggio, trasporto e distribuzione, potendo il gas essere prodotto e utilizzato in loco, la rivoluzione idrogeno sarebbe finalmente compiuta. E sarebbe una rivoluzione dalle proporzioni inimmaginabili, culturalmente e socialmente persino più radicale di quella prodotta dal fuoco. 

 Il venir meno della penuria, nel reperimento dell’energia necessaria alla vita, porrebbe fine, forse definitivamente, ai conflitti tra Paese e Paese e la conseguente riduzione delle spese militari in tutte le regioni del globo gioverebbe forse a combattere la povertà, tenuto conto che ancora oggi più di 100 milioni di individui sopravvivono con meno di 2 dollari al giorno. Non si tratta tanto di cavalcare l’utopia, perché se, nella prospettiva della penuria, i rapporti umani sono stati sin qui caratterizzati dalla logica dell’antagonismo e della lotta, si può ragionevolmente pensare che i conflitti cesserebbero o comunque finirebbero progressivamente con l’attenuarsi in un mondo che, per la prima volta nella Storia, ci mettesse di fronte alla scomparsa della penuria nel reperimento e nell’utilizzo, in ogni area del mondo, della più importante e durevole fonte di energia non inquinante. 

 Insomma, la “rivoluzione idrogeno”  può significare che la vita avrebbe più durata e sapore, con l’acquisizione di beni e prodotti culturali alla portata del maggior numero di persone. 

 Sergio Magaldi  


 


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