lunedì 25 novembre 2024

Replica / Viaggio nella Qabbalah – La Conoscenza Unificata (p.5ª)




Il dualismo sembra essere la condizione stessa dell'esserci della realtà umana. Per il noto cabbalista Itzach Luria, infatti, il nostro mondo nasce dal cosiddetto Tzimtzum, cioè da un "arretrare" del Signore da un punto della totalità infinita che, da quell'istante, diventa un punto dello spaziotempo, di un mondo altro dal Signore stesso che lo pone in essere. 

Senza questa "estraneazione" di Adonai da se stesso, non esisterebbe la coscienza umana: non a caso Matzpun (coscienza) ha lo stesso valore numerico di Tzimtzum: 266. Matzpun si scrive infatti con le lettere Mem-Tzade-Phe-Waw-Nun, cioè: 40+90+80+6+50 = 266 e Tzimtzum si scrive con le lettere Tzade-Mem-Tzade-Waw-Mem, cioè: 90+40+90+6+40 =266.

Da questo momento si pone il problema del superamento del dualismo. Da'at che non è una Sephirah ha il compito  di realizzare la conoscenza unificata che diventa così il fine di un progetto interamente umano.

Da questo punto di vista, il Cantico de' Cantici rappresenta simbolicamente una conoscenza che voglia ritrovare l'unità del tutto almeno sotto la forma dell'unificazione.

domenica 10 novembre 2024

REPLICA / Viaggio nella Qabbalah - Il problema del male (p.4ª)




L’ascesa virtuale lungo l’Albero della vita ci conduce ora alla Sephirah Ghevourah che rappresenta il rigore, il giudizio, la severità, ma anche la forza e la potenza come attestano alcune ghematrie della parola con valore 216. Naturalmente, Ghevourah va considerata sull’Albero non isolatamente ma in relazione alla Sephirah che apparentemente le si oppone: Chesed che manifesta la grazia e la misericordia divina.

 

Ghevourah è comunque ritenuta il punto di frattura delle scintille di luce provenienti dall’alto e quindi l’origine stessa della presenza nel mondo del male fisico, metafisico e morale.

 

In realtà le interpretazioni sull’origine del male sono di diversa natura, tanto in rapporto alla Bibbia che alla tradizione cabbalistica. I primi versetti di Genesi parlano di una sostanziale preesistenza delle tenebre e dunque del male inteso come “mancanza di luce” e di una terra come di un abisso sul quale interviene lo spirito di Elohim. La Bibbia poi contraddice questa interpretazione laddove si ripete costantemente che al Signore appartiene sia il bene che il male e che, d’altra parte, quest’ultimo dipende dal comportamento umano, a cominciare dal “peccato” di Adamo ed Eva.

 

Nella Qabbalah, l’insorgere del male viene fatto risalire non solo alla “fretta” con cui Adamo ed Eva vollero cibarsi del frutto dell’Albero della conoscenza (Daat, che non è una Sephirah perché non fa parte del progetto divino), ma anche alla “Rottura dei vasi” – prima di tutti il recipiente o vaso di Ghevourah – causata dallo Tzimtzum, cioè dal ritrarsi del Signore da un punto della Totalità, lasciando libera una luce troppo forte per essere assorbita dalle cosiddette Sephiroth emotive.

 

Dunque, il male, originato dalla caduta delle scintille di luce tra le scorze dell’Albero della vita o Qliphoth, non dipende più dal cosiddetto peccato originale, né da una scelta divina deliberata, bensì dall’esserci stesso di un universo separato dalla totalità dell’Essere. Si ripropone così il vecchio discorso della teodicea circa l’onnipotenza divina.