L’EQUIVOCO
DI FONDO NELL’INTERPRETAZIONE della Qabbalah ebraica da parte cristiana è già
evidente nelle prime pagine dello Zohar,
Folio 16b:
«La creazione fu operata dalla volontà del
misterioso Infinito. Quando il Verbo (designato dalla lettera He, la madre e la
figlia) si manifestò, si unì al Padre (la lettera Yod) per dispensare la luce,
che, incompatibile con la materia fintanto che procedeva soltanto dal Padre,
diviene accessibile alla materia quando essa procede dal padre e dal Verbo. Il
Verbo che è designato dalla parola Elohim non ha reso la materia suscettibile
di tutta la luce celeste: le ha assegnato certi limiti».
Ne
discende: A) che Elohim rappresenta la materia vivificata, cioè la Natura nella
sua unità-pluralità (Elohim plurale con il verbo al singolare: Bereshit barà Elohim) B) lo spirito di Dio che “aleggia sulla
superficie delle acque” è Ruach HaQodesh, talora identificato nello Zohar con la Shekinah, e che è sì lo
Spirito del Santo ma non la terza persona della Santissima Trinità dei
cristiani C) nel Tetragramma, leggendo da destra a
sinistra, h w h y (traslitterazione italiana: Yud-He-Wav-He) sono rappresentati
il padre (Yud), la madre (prima He), il
figlio (Wav) e la figlia (seconda He), cioè il PRINCIPIO MASCHILE E IL
PRINCIPIO FEMMINILE (Matzah, il pane azzimo, Zohar, Folio157a, è l’esempio della mancanza del principio maschile. I sette re di Edom perirono tutti
per la mancanza del principio femminile. Solo Hadar, l’ottavo re, che conobbe la
femmina non morì unificando i due
principi). La lettera He del Tetragramma, dunque, non rappresenta lo Spirito
Santo, come nell’interpretazione cristiana, ma il Verbo, cioè l’Elohim-Natura
in cui abita il principio femminile. Per questo nello Zohar la lettera He,
rappresenta sia il Verbo che il femminile. Il dogma cristiano della Santissima
Trinità si basa perciò su una lettura errata del Tetragramma: le due lettere He
del Nome vengono ridotte ad una e quest’una non rappresenta più il femminile ma
lo Spirito Santo come terza persona della Trinità (Padre, Figlio e Spirito Santo).
Pico
della Mirandola, che insieme a Johannes Reuchlin è considerato tra i fondatori
della Cabala cristiana, nella 14.ma Conclusione sostiene che:
«Per mezzo della lettera Shin, che sta
al centro del nome YhSwh (Gesù), ci viene cabalisticamente comunicato che il
mondo fu integralmente in pace, raggiungendo la sua perfezione, quando lo Yud
(la prima lettera del nome) si congiunse col Vav (la quarta lettera del nome),
cosa che è avvenuta in Cristo che fu vero Dio e Uomo»
Reuchlin,
dal canto suo riprende il concetto di Pico, affermando che il Tetragramma si
realizza solo nel Pentagramma, col nome di Yeshu (Gesù), cioè con l’inserimento
della lettera Shin all’interno del nome di quattro lettere, e questo è per lui
il vero nome di Dio nell’età della grazia, come Shaddai (Dio della steppa) lo
era stato nell’era della natura e il Tetragramma nell’età della legge.
Secondo la Qabbalah ebraica la Shin benché lettera iniziale
di Shaddai, uno dei nomi di Dio, e di Shalom, pace, non può essere inserita nel
Tetragramma che parla di un principio
maschile e di un principio femminile riuniti insieme (Genesi, I:26-7, “A immagine di Dio fu creato l’essere umano, maschio e femmina lo creò”), anche
considerando che la lettera Shin è l’iniziale della parola Sheqer che significa falso e che è formata dalle lettere Shin, Quf e
Resh, dove Quf significa scimmia e Resh è la lettera iniziale di Reshah (male).
L’idea
di utilizzare la Qabbalah ebraica per interpretare la Sacra Scrittura in senso
cristiano fu dovuta soprattutto all’opera di convertiti che avevano il
vantaggio di poter leggere nell’originale i testi della mistica ebraica; né c’è
da meravigliarsi che la Chiesa se ne sia servita al duplice scopo di mostrare
l’antichità e dunque la legittimità dei dogmi cristiani e al fine di convertire
gli ebrei al cristianesimo. In questa
prospettiva, neppure mancò l’apporto di grandi pensatori cristiani - sinceri
ammiratori dei sapienti cabbalisti - come Pico della Mirandola, che prima
ancora di apprendere la lingua ebraica si fece tradurre in latino, da Elia del
Medigo e Flavio Mitridate, diverse opera della tradizione cabbalistica, o di
Johannes Reuchlin che studiò e conobbe l’ebraico, tanto da proporne addirittura
una grammatica e al quale, sulla scia di Pico, si deve con il De arte cabalistica una sorta di summa della cosiddetta Cabala
cristiana. Né a questo sapere furono estranei dottissimi religiosi del XVI
secolo, come il frate francescano Francesco Zorzi con il suo De Harmonia mundi totius o il frate
agostiniano e Generale dell’Ordine, Egidio da Viterbo che dedicò un’opera in
latino alla figura della Shekinah.
Pur
se con intenti conversionistici, ma sempre animati di autentico spirito di conoscenza,
la maggior parte degli studiosi cristiani collaborò con i dotti ebrei per circa
un secolo, sino al momento in cui la Chiesa iniziò una vera e propria
persecuzione contro gli “impenitenti e testardi ebrei”. Dopo di allora, la
Cabala cristiana servì di supporto all’esoterismo occidentale come nel caso del
De occulta Philosophia di Cornelio
Agrippa o nel proporre concezioni spurie della Qabbalah ebraica, come con la Cabala denudata di Knorr von Rosenroth,
scritta tra il 1677 e il 1684, o con la più tarda Cabala mistica della
britannica Dion Fortune (1890-1946), senza neppure escludere veri e propri
tratti degenerativi in ambito occultistico da parte di personaggi come Eliphas
Lévi, Helena Blavatski, Papus, Aleister Crowley, detto anche Frater
Perdurabo, e molti altri.
Da
parte ebraica (e non solo dei rabbini), per largo tratto la Qabbalah fu vista
negativamente in quanto considerata strumento per la conversione degli ebrei.
Tant’è che, nel XIX secolo, l’organizzazione berlinese della Wissenschaft
des Judentums (“Scienza del giudaismo”) condannò la Qabbalah come una
corrente corrotta e dannosa per il giudaismo, proprio per aver fornito ai
cristiani, attraverso sottili analisi interpretative non sempre ortodosse, un potente strumento di conversione degli
ebrei. Tutto ciò, proprio quando la Chiesa cattolica si era ormai liberata da
ogni coinvolgimento con la Cabala cristiana e infuriava la conversione forzata
degli ebrei. Una prima rivalutazione della Qabbalah si ebbe solo nel 1843 con
la pubblicazione di La Kabbale ou la philosophie religieuse
des Hébreux di Adolphe Franck, ma,
per una piena riabilitazione della mistica ebraica agli occhi del mondo giudaico
e non solo, bisognerà attendere il secolo successivo con gli studi e le opere
di Gershom Scholem (1897-1982), il quale, peraltro, manifestò sempre grande
ammirazione per Johannes Reuchlin che, pure, d’après Pico della Mirandola, era
stato considerato il vero e proprio padre della Cabala cristiana.
In
conclusione, l’equivoco di fondo nell’interpretazione cristiana della Qabbalah
ebraica - laddove avvenuta in buona fede - si basa su una lettura non sempre
approfondita, e talora persino corrotta, soprattutto dello Zohar, l’opera più
completa della letteratura cabbalistica che, per la verità, in alcuni passi,
relativamente alla Sacra Scrittura, si lascia andare ad affermazioni in
apparenza contraddittorie e tali da lasciare spazio alle interessate esigenze
degli interpreti cristiani. Così fu per la dottrina dello Spirito Santo, per i dogmi
della Santissima Trinità e dell’immacolata concezione di Maria e soprattutto per
la nascita stessa della religione cristiana, fondata sulla divinità di Gesù
Cristo e dunque sull’incarnazione umana di Dio.
sergio magaldi