venerdì 27 luglio 2012

EUROPEISTI ED EUROSCETTICI




 Ieri, nel suo editoriale su il Giornale, Vittorio Feltri dava il benvenuto a coloro che entrano a far parte della squadra degli euroscettici. Tra costoro ci sarebbe anche Monti che avrebbe espresso più di una perplessità sulla nascita effettiva di un’Europa politica. Non mi sembra, quest’ultima, una grande novità, dal momento che il Presidente del consiglio e senatore a vita [“per meriti futuri”, parrebbe l’unica giustificazione della sua nomina da parte di Napolitano] ha sempre manifestato di avere a cuore l’Europa economica, gestita a Bruxelles e a Francoforte, nel solco dell’egemonia tedesca e secondo i parametri dell’alta finanza, piuttosto che l’Europa dei popoli.

 La cosa più interessante, tuttavia, è costatare che in base ai soliti sondaggi, gli italiani sarebbero passati dal primo posto come europeisti, al primo come euroscettici. Facile comprenderne la ragione, sempre che il sondaggio sia attendibile. Occorre tuttavia riflettere che non tutti gli europeisti sono uguali e non tutti gli euroscettici la pensano allo stesso modo.

 Infatti, si può essere europeisti al modo in cui lo fu Prodi, che fece pagare agli italiani persino un obolo per entrare nel paradiso dell’euro, che accettò il cambio umiliante della lira con l’euro, che magnificò, nel plauso della stragrande maggioranza dei media, degli esperti accademici e dei politici, l’ingresso del nostro Paese in un’Europa economica, dove era sin troppo chiaro che le regole le avrebbero dettate i più forti [tra cui non certo l’Italia] a danno dei più deboli [tra i quali si faceva credere non vi fosse l’Italia], con il risultato che è sotto gli occhi di tutti.

 Europeisti sono Draghi e company, con i tecnocrati o politici loro delegati al governo europeo e/o delle singole nazioni, preoccupati di proteggere il nuovo verbo dettato dal mercato globale e dalla finanza internazionale, che consiste essenzialmente nello speculare, facendo finta di punire giustamente i Pigs, “il ventre molle dell’Europa”, colpevole del generale malessere che attraversa attualmente l'intero continente. 

 In tale contesto, un ruolo strategico fondamentale lo esercita la Francia [di Sarkozy o di Hollande poco importa] e il suo mai sopito sogno di grandeur. Vero spartiacque tra cicale e formiche, tra i Pigs e i cosiddetti paesi virtuosi, la Francia, almeno per il momento, non sarà attaccata dai Panzer  a colpi di spread. Mentre alla Germania è concesso ancora una volta d’intonare il canto di sempre, quel Deutshland, Deutshland Über Alles, über alles in der Welt… scritto da August Heinrich Hoffmann von Fallersleben, sull’inno (1797) di Joseph Haydn per l'imperatore del Sacro Romano Impero.  Nato per esaltare un nobile spirito patriottico, finisce con l’essere il canto di guerra  di chi pretende egemonizzare l’Europa e il mondo intero. Lo canteranno i teutonici, come sempre, per un certo tratto della Storia, finché gli si spegnerà sulle labbra, come è già avvenuto e come avverrà quando sarà chiaro per tutti che il fine di questa vera e propria terza guerra mondiale è la caduta dell’euro e la proletarizzazione dell’Europa, Francia e Germania comprese.







 Ci sono poi, tra gli europeisti, i “pinguini impazziti”, come li definisce acutamente Sergio Di Cori Modigliani nel post del 22 Luglio del suo blog. Pionieri che credono sia venuto il momento di cercare altri spazi pur di salvare la specie. Sono coloro che credono e si battono con tutte le forze per dimostrare che è possibile mutare rotta, fuggire da questa Europa moribonda per far nascere gli Stati Uniti d’Europa, con una sola politica, un solo popolo, una sola legge, un solo P.I.L. e un identico prelievo fiscale.

 Agli uni e agli altri rispondono gli euroscettici. Quelli dell’ultima ora, e del piccolo cabotaggio, che in passato hanno sbagliato i propri conti e che oggi si pentono e quelli di sempre che oppongono un ragionamento semplice nella sua banale evidenza: il paragone con gli Stati Uniti d’America non regge. Innanzi tutto perché il popolo americano, pur con tutte le successive  e molteplici integrazioni, conserva da sempre l’unità linguistica e culturale degli anglosassoni, ceppo fondamentale di riferimento.

 In secondo luogo, ed è un po’ il rovescio della medaglia, perché l’Europa è formata da troppi popoli, lingue, costumi e tradizioni diverse, da paesi che per secoli hanno egemonizzato l’intero pianeta, facendosi guerra l’uno con l’altro.

 La cosiddetta Europa cristiana è un’invenzione religiosa. Schiava sotto Roma, proprio come l’Italia cantata da Goffredo Mameli, succube delle orde germaniche e delle scorribande arabe, l’Europa una all’insegna del trono e dell’altare, sotto Carlo Magno e il Sacro Romano Impero dei tedeschi, resta un continente in cui predominano gli egoismi nazionali e l’inimicizia dei popoli, di là dei tanti proclami. 

 Disponibile ancora l’Europa, come una nobile decaduta, a rappresentare l’Occidente, fulcro della storia del mondo, ma nel complesso imbelle e incapace di una politica unitaria, come si è ben visto, quando solo poco più di sessant’anni fa, senza l’aiuto degli americani, stava per cadere sotto la schiavitù del nazismo.

 Pure, la Storia è dalla parte dei “pinguini impazziti”. Gli euroscettici di sempre [non gli opportunisti] non hanno torto nell’immediato, ma il futuro del continente è nelle mani dei pionieri, perché “l’astuzia della ragione” non può non volere per il domani, quello che oggi appare ancora un’utopia: gli Stati Uniti d’Europa.


sergio magaldi

4 commenti:

  1. Ho letto con molto interesse questo post, dal quale ho tutto da imparare. Vorrei però osservare che il pessimismo da Lei espresso riguardo alla diversità dei popoli europei diventa meno giustificato se si guarda alle ultime due generazioni, ossia grosso modo a quella parte di europei che hanno oggi dai venti ai cinquant'anni. Sebbene non abbia dati numerici sotto mano, mi sembra di poter dire che una parte consistente di queste persone conosce una forma di integrazione europea del tutto inedita nel storia del nostro continente. Sarebbe interessante procurarsi i dati sul numero di famiglie e di imprese (per non parlare di università e istituti di ricerca, che sono per natura cosmopoliti) i cui membri appartengono alla più diverse nazionalità europee, e che convivono, nel bene e nel male, al di là delle differenze lingustiche e culturali - proprio come hanno fatto negli ultimi centocinquant'anni gli italiani. E mi sembra che questo sia anche il frutto di un programma politico illuminato che, pur all'interno di un percorso tortuoso, negli ultimi trent'anni ha spinto i giovani europei a spostarsi e a conoscersi.
    D'altra parte è vero che le Sue considerazioni appaiono ben più fondate se ci si concentra sui governi e sulle segreterie politiche… E naturalmente se una politica reazionaria e nazionalista prendesse provvedimenti volti a distruggere l'integrazione europea (anzitutto puntando ad accentuare le differenze economiche tra una zona e l'altra) la gente tenderebbe a ritirarsi nei vecchi confini. Mi chiedo però, già oggi, a quale prezzo, non solo umano, ma anzitutto economico, sociale e culturale: viene da pensare - con qualche brivido - agli anni Venti e Trenta. Ma mentre l'integrazione europea che il nazifascismo e la guerra distrussero brutalmente riguardava solamente un'élite, quella che (se non sbaglio) esiste oggi è assai più diffusa, radicata e intrecciata… Quel che vorrei dire, insomma, è che i "pinguini impazziti" sono molto più numerosi di quanto sembra emergere dalla Sua peraltro convincente analisi, anche se la grande maggioranza di essi non ne è consapevole e non si pone problemi politici di questo genere.
    Che poi sia sempre possibile, invece di lasciarli vivere, crescere e moltiplicarsi, castrarli o sterminarli, è un altro paio di maniche.
    Molto cordialmente
    Cecilia Asso

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    1. Lei ha certamente ragione nel sostenere che il processo di integrazione europea sia andato aumentando a tutti i livelli con le ultime generazioni e che le diversità tra i popoli europei si siano attenuate. Questo fenomeno, però, non riguarda solo gli europei, perché potrebbe riproporsi per tutti i cittadini del mondo. Le cause di questa “minore distanza” tra gli abitanti del pianeta sono molteplici, ma tra le principali basti ricordare la televisione, l’informatica, lo studio crescente di lingue e tradizioni diverse, l’accresciuto benessere e il relativo consumismo generato da idee e simboli semplici e universali, il mercato globale e così via. Come sempre accade, tuttavia, gli elementi innovativi generano contraddizioni. Nel nostro caso, infatti, se da una parte sono in grado di attenuare le varie forme di razzismo e di aumentare la presa di coscienza di un maggior numero di persone circa i veri problemi dell’umanità, dall’altra rischiano di favorire il conformismo e l’assuefazione dei più alla gratificazione tecnologica fine a se stessa, con l’illusione di essere tutti più uniti, solo perché siamo tutti un po’ più schiavi degli stessi bisogni e degli stessi “giocattoli”. E la cosa peggiore è che finiamo sempre più col delegare ai professionisti della politica regole e modalità della convivenza civile. In questa prospettiva è facile comprendere come in un’epoca di crisi, indotta e/o reale, l’interesse individuale, corporativo e/o nazionale, le divisioni tra i popoli, le contese e le inimicizie tornino a farsi sentire. Inoltre, il dato europeo non è confortante se osservato sotto il profilo storico e sociologico: nel vecchio continente si misurano tra loro quasi tutte le lingue e le tradizioni del mondo. D’altra parte, se così non fosse, noi avremmo già gli Stati Uniti d’Europa. Questo però non significa essere pessimisti: credo anch’io nel futuro dell’Europa e dei “pinguini impazziti” penso che non sarà facile sterminarli. Anche il Suo intervento mi conforta in tal senso. L’unico interrogativo che mi resta è di sapere quante generazioni occorreranno ancora perché il processo di un’autentica unità europea si compia. La ringrazio e la saluto con amicizia.

      Sergio Magaldi

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  2. Sergio, grazie di cuore.
    Si sarà al prossimo incontro con i professori dell'MMT?

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    1. Grazie a te Andrea. A quale delle molteplici iniziative di MMT ti riferisci?

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