sabato 18 marzo 2017

I SORTEGGI sempre più intelligenti del CALCIO EUROPEO




 L’ennesimo sorteggio “intelligente” si è consumato ieri con la pesca delle otto palline per designare i quattro accoppiamenti dei quarti di finale della Champions League 2016-2017. La mano è stata quella di un ex calciatore famoso, la mente organizzativa quella degli organi federali del calcio europeo, lo spirito, come sempre, quello degli dei del calcio che hanno ispirato le guide dell’UEFA nella scelta della mano che avrebbe tratto dall’urna il relativo verdetto. La divina provvidenza ha così evitato, ancorché dopo gli ottavi sia sempre possibile, che le tre squadre spagnole [Atletico Madrid-Barcellona-Real Madrid], per un capriccio del sorteggio, si scontrassero tra di loro, come pure le due tedesche [Bayern Monaco e Borussia Dortmund]; ha fatto in modo di garantire, secondo una sperimentata consuetudine, che alle semifinali siano presenti una o due delle squadre meno accreditate per la vittoria finale, grazie agli scontri che nei quarti vedranno di fronte l’Atletico Madrid contro il Leicester e il Borussia Dortmund contro il Monaco e, per contro, ha messo di fronte le restanti quattro squadre: la Juventus con il Barcellona e il Bayern Monaco con il Real Madrid, considerate le favorite di quest’anno per sollevare la coppa più prestigiosa del calcio europeo e forse mondiale.

 Quante possibilità ha l’unica squadra italiana, rimasta nelle competizioni europee, di passare il turno, accedendo alle semifinali? Se si fa riferimento alla finale di Champions del 2015, poche, davvero poche. Dopo lo scampato pericolo degli ottavi di finale – dove il Barcellona nella partita di andata ha incassato quattro goal senza segnarne alcuno, ma ha compiuto il miracolo nel ritorno al Nou Camp rifilando sei goal al Paris Saint Germain, di cui tre negli ultimi minuti e quello decisivo, dopo il quinto arrivato incredibilmente su rigore, a venti secondi dalla fine dei tempi supplementari – si ha la consapevolezza di quanto sia importante il club catalano nell’economia delle già citate divinità del pallone. Si ha un bel dire che il Barcellona non è più quella di due anni fa e che la Juve si è nel frattempo rafforzata, ma i bianconeri sono davvero più forti,  con Pjanic, Cuadrado, Mandzukic, Higuain e Dybala [che ormai segna solo su rigore] e senza Pirlo, Vidal, Pogba, Morata e Tevez e con un pacchetto difensivo, per ragioni anagrafiche, meno impenetrabile di prima? Sulla carta forse sì, ed è vero che la Juventus da qualche tempo ha cominciato a giocare all’europea, ma è proprio certo che il gioco di Allegri con quattro attaccanti sia davvero più offensivo di quello con i tre centrali, con cui ha giocato sino a poco tempo fa? A giudicare da quello che si vede in campo e anche dal numero dei goal che segna mediamente si direbbe di no, anche se bisogna ammettere che almeno ne ha guadagnato lo spettacolo. Pur apprezzando lo sforzo della società per rafforzare la squadra e renderla maggiormente competitiva in Europa, continuo a pensare che ai bianconeri manchi un grande centrocampista per tentare la grande impresa  e anche un’organizzazione più razionale di gioco, in grado di mettere Higuain nelle condizioni di finalizzare a rete più spesso, così come il Napoli della scorsa stagione riusciva a fare con l’argentino. Tutto ciò premesso, nulla è impossibile, gli dei del calcio permettendo.

 Intanto e purtroppo, l’altra squadra italiana rimasta in campo nelle competizioni europee, la Roma, esce di scena, vuoi perché condannata dal solito sorteggio intelligente a scontrarsi già negli ottavi di Europa League con una delle squadre accreditate per la vittoria finale, nonostante avesse vinto il proprio girone eliminatorio e superato nei sedicesimi di finale gli spagnoli del Villarreal [un avversario non dei più facili tra le 16 squadre rimaste in campo], vuoi per la mancanza di ricambi all’altezza dei titolari, dopo il top di rendimento raggiunto con la splendida vittoria di San Sirio contro l’Inter, vuoi per un’organizzazione di gioco che non le ha permesso di difendere il vantaggio di un goal nella trasferta di Lione, incassandone addirittura tre, vuoi infine per almeno un rigore non concesso nella partita di ritorno e soprattutto per il tempo ridicolo concesso a Totti [entrato solo a cinque minuti dalla fine] quando nella recente partita dell’Olimpico serviva solo un goal [il terzo] per la qualificazione e mancavano ancora 35 minuti al fischio finale.

 In conclusione, dispiace osservare che le competizioni europee del calcio, che appassionano milioni di persone, siano quasi interamente affidate ai sorteggi intelligenti ispirati dagli dei del pallone e non lasciati laicamente al caso.


sergio magaldi  

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