L’ennesimo
sorteggio “intelligente” si è consumato ieri con la pesca delle otto palline
per designare i quattro accoppiamenti dei quarti di finale della Champions
League 2016-2017. La mano è stata quella di un ex calciatore famoso, la mente
organizzativa quella degli organi federali del calcio europeo, lo spirito, come
sempre, quello degli dei del calcio che hanno ispirato le guide dell’UEFA nella
scelta della mano che avrebbe tratto dall’urna il relativo verdetto. La divina
provvidenza ha così evitato, ancorché dopo gli ottavi sia sempre possibile, che le tre
squadre spagnole [Atletico Madrid-Barcellona-Real Madrid], per un capriccio del sorteggio, si scontrassero tra di loro, come pure le due tedesche [Bayern
Monaco e Borussia Dortmund]; ha fatto in modo di garantire, secondo una
sperimentata consuetudine, che alle semifinali siano presenti una o due delle
squadre meno accreditate per la vittoria finale, grazie agli scontri che nei
quarti vedranno di fronte l’Atletico Madrid contro il Leicester e il Borussia
Dortmund contro il Monaco e, per contro, ha messo di fronte le restanti quattro
squadre: la Juventus con il Barcellona e il Bayern Monaco con il Real Madrid,
considerate le favorite di quest’anno per sollevare la coppa più
prestigiosa del calcio europeo e forse mondiale.
Quante possibilità ha l’unica squadra
italiana, rimasta nelle competizioni europee, di passare il turno, accedendo
alle semifinali? Se si fa riferimento alla finale di Champions del 2015, poche,
davvero poche. Dopo lo scampato pericolo degli ottavi di finale – dove il
Barcellona nella partita di andata ha incassato quattro goal senza segnarne
alcuno, ma ha compiuto il miracolo nel ritorno al Nou Camp rifilando sei goal
al Paris Saint Germain, di cui tre negli ultimi minuti e quello decisivo, dopo
il quinto arrivato incredibilmente su rigore, a venti secondi dalla fine dei
tempi supplementari – si ha la consapevolezza di quanto sia importante il club
catalano nell’economia delle già citate divinità del pallone. Si ha un bel dire
che il Barcellona non è più quella di due anni fa e che la Juve si è nel
frattempo rafforzata, ma i bianconeri sono davvero più forti, con Pjanic, Cuadrado, Mandzukic, Higuain e
Dybala [che ormai segna solo su rigore] e senza Pirlo, Vidal, Pogba, Morata e
Tevez e con un pacchetto difensivo, per ragioni anagrafiche, meno impenetrabile
di prima? Sulla carta forse sì, ed è vero che la Juventus da qualche tempo ha
cominciato a giocare all’europea, ma è proprio certo che il gioco di Allegri
con quattro attaccanti sia davvero più offensivo di quello con i tre centrali,
con cui ha giocato sino a poco tempo fa? A giudicare da quello che si vede in
campo e anche dal numero dei goal che segna mediamente si direbbe di no, anche
se bisogna ammettere che almeno ne ha guadagnato lo spettacolo. Pur apprezzando lo
sforzo della società per rafforzare la squadra e renderla maggiormente
competitiva in Europa, continuo a pensare che ai bianconeri manchi un grande
centrocampista per tentare la grande impresa e anche un’organizzazione più razionale di
gioco, in grado di mettere Higuain nelle condizioni di finalizzare a rete più
spesso, così come il Napoli della scorsa stagione riusciva a fare con
l’argentino. Tutto ciò premesso, nulla è impossibile, gli dei del calcio
permettendo.
Intanto e purtroppo, l’altra squadra italiana
rimasta in campo nelle competizioni europee, la Roma, esce di scena, vuoi
perché condannata dal solito sorteggio intelligente a scontrarsi già negli
ottavi di Europa League con una delle squadre accreditate per la vittoria
finale, nonostante avesse vinto il proprio girone eliminatorio e superato nei
sedicesimi di finale gli spagnoli del Villarreal [un avversario non dei più
facili tra le 16 squadre rimaste in campo], vuoi per la mancanza di ricambi
all’altezza dei titolari, dopo il top di rendimento raggiunto con la splendida
vittoria di San Sirio contro l’Inter, vuoi per un’organizzazione di gioco che
non le ha permesso di difendere il vantaggio di un goal nella trasferta di
Lione, incassandone addirittura tre, vuoi infine per almeno un rigore non
concesso nella partita di ritorno e soprattutto per il tempo ridicolo concesso
a Totti [entrato solo a cinque minuti dalla fine] quando nella recente partita
dell’Olimpico serviva solo un goal [il terzo] per la qualificazione e mancavano
ancora 35 minuti al fischio finale.
In conclusione, dispiace osservare che le
competizioni europee del calcio, che appassionano milioni di persone, siano
quasi interamente affidate ai sorteggi intelligenti ispirati dagli dei del
pallone e non lasciati laicamente al caso.
sergio
magaldi
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